Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Sinistro stradale e possibile testimonianza del parente trasportato

Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Sinistro stradale e possibile testimonianza del parente trasportato

9. Il ricorso va accolto, nei limiti di seguito precisati. 
9.1. Il primo motivo è fondato. 
9.1.1. Il giudice d’appello, infatti, non solo ha rilevato d’ufficio – circostanza non contestata neppure dalla controricorrente (OMISSIS) – l’incapacità a testimoniare di S. A. e M. P. (dando rilievo, per entrambi, alla condizione di terzi trasportati a bordo della vettura di proprietà dell’attore, nonché, per il secondo, al rapporto di parentela che lo legava all’odierno ricorrente), ma ha fatto, poi, discendere da tale incapacità, si ribadisce non tempestivamente eccepita da alcuna delle parti, una sorta di presunzione di inattendibilità di quanto da essi dichiarato. 
Si legge, invero, nella sentenza impugnata che la ricostruzione dei fatti, operata – nella loro relazione di servizio – dai militi accorsi sul luogo del sinistro, secondo cui l’odierno ricorrente “ometteva di dare la precedenza” alla vettura condotta dalla C.A., nonché confermata da uno di essi (l’appuntato scelto L. B.) in sede di esame testimoniale, è risultata “sorretta da elementi logici coerenti” (per vero, non meglio precisati in sentenza, aspetto investito dal terzo motivo di ricorso). Orbene, secondo la sentenza impugnata, a fronte di tale ricostruzione “parte attrice e odierna appellante avrebbe dovuto fornire una ricostruzione di valore logico decisamente prevalente, il che non è stato perché l’elemento di sostegno alla ricostruzione alternativa (la testimonianza di due persone trasportate, entrambi danneggiati, come dagli stessi affermato nel corso dell’udienza del 7.4.2014, una delle quali fratello convivente del conducente dell’autovettura, della cui attendibilità soggettiva era comunque lecito dubitare) è stato congruamente ritenuto meno solido dell’elemento estraneo che sostiene la ricostruzione degli operanti”, ovvero la “testimonianza di persona certamente presente ai fatti, sentita nell’immediatezza, senza alcun legame con una delle parti, che, peraltro, le confermava in sede di udienza”. 
In questo modo, il giudice d’appello ha erroneamente “sovrapposto” profili – l’incapacità a testimoniare ex art. 246 cod. proc. civ. (peraltro, come detto, non eccepita da alcuno), e l’inattendibilità delle dichiarazioni dei testi – che avrebbe dovuto tenere distinti, finendo, così, per dare prevalenza ad una ricostruzione, non tanto perché “sorretta da elementi logici coerenti”, quanto, piuttosto, perché quella “alternativa” risultava affetta da un vizio inerente alla condizione soggettiva dei due testi. 
In questo modo, pertanto, il Tribunale di Imperia ha disatteso il principio secondo cui la “capacità a testimoniare differisce dalla valutazione sull’attendibilità del teste, operando le stesse su piani diversi, atteso che l’una, ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., dipende dalla presenza di un interesse giuridico (non di mero fatto) che potrebbe legittimare la partecipazione del teste al giudizio, mentre la seconda afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità” (cfr., tra le più recenti, Cass. Sez. 2, ord. 9 agosto 2019, n. 21239, Rv. 655201-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 30 settembre 2021, n. 26547, Rv. 662440-01). 
Tale principio impone, dunque, di superare il rilievo della controricorrente, secondo cui “la violazione dell’art. 246 cod. proc. civ.” non avrebbe “inficiato il percorso argomentativo” della sentenza impugnata, né “determinato il rigetto dell’appello”, e ciò perché, pur avendo il Tribunale di Imperia “rilevato l’incapacità a testimoniare di entrambi i testi intimati da parte attrice, ha ritenuto, condividendo la valutazione del Giudice di pace, più attendibile la dichiarazione di A. V., testimone imparziale”, a differenza degli altri. 
Il rilievo, come detto, non è persuasivo, giacché – nel caso di specie – la maggiore attendibilità del teste V. è stata apprezzata, non sul piano di un confronto della plausibilità delle dichiarazioni rese dallo stesso e dagli altri testi, bensì (come finisce con il riconoscere la stessa controricorrente), sull’essere costui “imparziale”, diversamente dai testi “incapaci”, A. e P.G.. 
10. I restanti motivi restano assorbiti dall’accoglimento del primo. 
11. In conclusione, il ricorso va accolto in relazione al suo primo motivo e la sentenza impugnata cassata in relazione, con rinvio al Tribunale d’Imperia, in persona di diverso magistrato, per la decisione sul merito e per la liquidazione delle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto: 
“l’incapacità a testimoniare – da eccepirsi tempestivamente dalla parte e non rilevabile d’ufficio – resta distinta dalla valutazione della attendibilità del teste, attenendo esse a profili del tutto diversi”. 
12. Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196

Cass. civ., III, ord. 09.09.2025, n. 24867

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