*Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Ricorso all’autotutela nella fase esecutiva del contratto di appalto e provvedimento di risoluzione della P.A.

*Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Ricorso all’autotutela nella fase esecutiva del contratto di appalto e provvedimento di risoluzione della P.A.

1. Con sentenza n. 513/2025 il T.A.R. della Lombardia, sede di Milano, ha accolto il ricorso proposto dalla S.r.l. Celsius per l’annullamento:

a) della determinazione dell’Area Alberghiero – Economale e Provveditorato della Azienda di servizi alla persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio n. AEP/57/2024 con la quale è stato deciso di procedere alla risoluzione del contratto del servizio di pulizia, sanificazione, facchinaggio e manutenzione delle aree verdi con Celsius S.r.l., “in ossequio a quanto disposto con la Delibera Anac n. 614 del 20.12.2022, atteso l’esito negativo della verifica del possesso continuativo del requisito della regolarità contributiva in capo a Gi.Zeta S.r.l. ai fini dell’autorizzazione al subentro di Celsius S.r.l.”;

b) della determinazione del medesimo ente n. AEP/60/2024 con la quale è stato deciso lo “scorrimento di graduatoria, ai sensi dell’art. 110, comma 1, del D. Lgs 50/2016” e di procedere alla “aggiudicazione, ai sensi dell’art. 32, comma 5 e 33, comma 1, del D. Lgs. 50/2016, del servizio di pulizia, sanificazione, facchinaggio e manutenzione delle aree verdi presso le Strutture amministrate dall’ASP IMMeS e PAT, alla ditta Team Service soc. Consortile a r.l.”.

L’indicata sentenza è stata impugnata con ricorso in appello dalla controinteressata Team Service.

Nessuna delle parti appellate si è costituita in giudizio.

Il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 16 ottobre 2025.

2. La gara oggetto del presente giudizio, bandita il 30 ottobre 2019, aveva visto al primo posto della relativa graduatoria il r.t.i. Dussmann/Project, poi escluso a seguito della verifica di anomalia dell’offerta (il ricorso avverso il provvedimento di esclusione è stato respinto dal T.A.R. della Lombardia con sentenza n. 2208/2022, passata in giudicato a seguito della sentenza di questo Consiglio di Stato n. 3703/2023 che ha dato atto della rinuncia al ricorso in appello).

La gara è stata quindi aggiudicata alla Gi.Zeta S.r.l., che il 27 aprile 2021 aveva stipulato un contratto di affitto di ramo d’azienda con la Celsius S.r.l..

Come ricorda la sentenza di primo grado, “Tra le gare indicate nell’allegato 7 al contratto (doc. 5 ric.), vi era anche quella bandita dal PAT e, quindi, Celsius, in quanto affittuaria del ramo di azienda di Gi.Zeta, avrebbe acquisito il diritto all’aggiudicazione dell’appalto ove fosse stato escluso il RTI primo in graduatoria”.

3. Il contratto veniva quindi stipulato il 21 novembre 2022 fra la stazione appaltante e Celsius S.c.a.r.l.

A seguito di richiesta formulata dal secondo graduato (r.t.i. Nigra) il 13 ottobre 2022, l’A.N.A.C. il successivo 20 dicembre emetteva il parere di precontenzioso (delibera n. 614) che in sostanza imponeva alla stazione appaltante una rinnovata verifica dei requisiti a seguito del contratto di affitto del ramo di azienda (l’appellante espone che il ricorso avverso detto parere è stato dichiarato inammissibile dal T.A.R. del Lazio con sentenza n. 16959/2023, non impugnata).

Dopo un’interlocuzione con l’aggiudicataria (e con la seconda graduata), seguiva l’adozione dei provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado; successivamente all’adozione di tali provvedimenti, il contratto è stato aggiudicato all’odierna appellante (e non a Nigra, seconda graduata).

La determinazione di scorrimento (n. 60) impugnata in primo grado (documento n. 2 allegato al ricorso di primo grado) in proposito ne chiarisce le ragioni: “considerate le risultanze dell’interpello di cui sopra che di seguito si riportano: N.S.I. Nigra Servizi Italia (subentrata a COOP. 2012 SOC. COOP per fusione): non conferma l’offerta economica effettuando ulteriori proposte; CoopeService Soc. Coop: non conferma l’offerta economica; Team Service soc. Consortile a r.l.: conferma l’offerta economica e le condizioni estensive”.

Da qui la condizione di diretta controinteressata, rispetto al ricorso proposto da Celsius (e accolto in primo grado) di Team Service, odierna appellante (che subentrerebbe nella condizione di aggiudicataria, ove il ricorso di primo grado fosse respinto).

4. Tanto premesso, il T.A.R. ha anzitutto respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione, osservando come il provvedimento di risoluzione impugnato, nonostante il nomen iuris, fosse in realtà un annullamento dell’aggiudicazione; nonché l’eccezione di inammissibilità del ricorso per genericità dei motivi.

Quindi ha ritenuto fondata la censura di violazione del termine per l’annullamento d’ufficio stabilito dall’art. 21-nonies l. n. 241/1990, decorrente dal provvedimento di aggiudicazione del 3 febbraio 2022: “Non può pertanto essere condivisa l’affermazione di parte resistente secondo cui avrebbe eseguito la verifica del possesso continuativo del requisito di regolarità contributiva in capo a GiZeta ai fini dell’autorizzazione al subentro di Celsius s.r.l. “in ossequio a quanto disposto con la Delibera Anac n. 614 del 20.12.2022”, atteso che la stazione appaltante ha omesso di procedere alle doverose verifiche sia ai fini dell’autorizzazione al subentro di Celsius nella procedura di gara sia quando, il 19 aprile 2022, il RTI Nigra aveva informalmente avvisato la stazione appaltante in merito all’irregolarità contributiva in capo a GiZeta. 4.3. Gli argomenti addotti dalla stazione appaltante per giustificare le omesse e ritardate verifiche sulla segnalata irregolarità contributiva non scalfiscono l’illegittimità del provvedimento impugnato, dal momento che sulla doverosità delle verifiche si era espressa anche l’Anac, con il parere del 20 dicembre 2022 e la pendenza dei ricorsi proposti dalla Celsius avverso il parere di precontenzioso dell’Autorità non impediva al PAT di procedere al riesame della legittimità della partecipazione di Gi.Zeta e del subentro”.

Né il superamento di tale termine, secondo il primo giudice, può giustificarsi con il concorso dell’aggiudicataria, posto che “la stazione appaltante non ha neppure dato prova della sussistenza di “false rappresentazioni dei fatti” o di “dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci” da parte del ricorrente o della sua dante causa, uniche ipotesi – del comma 2bis dell’art. 21 nonies – che avrebbero consentito all’amministrazione di prescindere dall’osservanza dei detti termini. 4.3.5. Risulta invece dalla documentazione in atti che la ricorrente ha continuato a svolgere il servizio oggetto del contratto per diciotto mesi, e anche successivamente alla richiesta del DURC del 17 gennaio 2023, senza che il PAT avesse messo più in discussione la legittimità della aggiudicazione”.

Il T.A.R. ha anche accolto la censura di difetto di motivazione, ritenendo che il provvedimento di autotutela non abbia dato conto di una adeguata ponderazione degl’interessi coinvolti.

5. L’appellante con i primi due motivi impugna il capo sulla giurisdizione.

Il primo motivo risulta manifestamente infondato alla luce della giurisprudenza (si vedano, esemplificativamente, le sentenze n. 5589/2022 e n. 4079/2023 di questo Consiglio di Stato, che il Collegio condivide e alle quali si riporta) sulla sopravvivenza del potere di autotutela sull’aggiudicazione all’avvenuta stipula del contratto (ove la ragione dell’autotutela attenga non a vicende della fase esecutiva del rapporto negoziale, ma alla fase genetica dello stesso, relativa al procedimento di evidenza pubblica di selezione del contraente).

L’appellante valorizza il fatto che il potere di risoluzione qui sarebbe stato esercitato sulla base di una clausola contrattuale: ma tale dato non assume valore oltre il piano meramente nominale, che non muta la natura del potere e degli effetti del suo esercizio, considerata peraltro la chiara motivazione del provvedimento impugnato in primo grado.

6. È infatti irrilevante non solo, come rilevato dal T.A.R., la denominazione di “risoluzione” attribuita al provvedimento, ma anche la circostanza che in esso sia stato richiamato l’articolo 3 del contratto di appalto (da intendersi quale clausola risolutiva espressa), atteso che per pacifica giurisprudenza l’individuazione della giurisdizione consegue a una verifica sostanziale del potere esercitato dalla stazione appaltante, essendo non decisivi a tal fine sia il nomen impiegato, sia la circostanza che l’atto sia adottato durante la fase di esecuzione del contratto, in quanto deve essere comunque ricondotta alla sfera pubblicistica dell’autotutela la determinazione che sia espressione di un potere di controllo sulla serie procedimentale dell’evidenza pubblica anziché essere determinata da inadempimento o da altre vicende occorse nella fase di esecuzione (cfr. Cass. civ., sez. un., 27 gennaio 2014, n. 1530; id., 29 agosto 2008, n. 21928; Cons. Stato, sez. III, 22 maggio 2025, n. 4385; id., sez. V, 22 maggio 2015 n. 2562; id., 17 marzo 2010, n. 1554).

7. Tanto è avvenuto nel caso di specie, laddove l’Amministrazione è pervenuta al censurato atto di “risoluzione” all’esito dell’esercizio di un’attività, sia pure posta in essere solo a seguito di sollecitazioni di altro concorrente e del parere di precontenzioso dell’ANAC, che concerne la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione in capo alla dante causa dell’aggiudicataria (che era subentrata in corso di procedura all’originaria offerente, per effetto di cessione di azienda), e pertanto in esercizio di un potere di chiara natura pubblicistica, afferente al regolare e legittimo svolgimento della fase di evidenza pubblica a monte del contratto.

Quanto sopra trova conferma nella successiva condotta della stessa stazione appaltante, la quale ha proceduto a scorrimento della graduatoria e a nuova aggiudicazione in favore della originaria terza graduata, ciò che non sarebbe stato possibile laddove, come sostiene l’appellante, si fosse trattato di un mero atto civilistico di risoluzione contrattuale tale da non pregiudicare la retrostante aggiudicazione disposta in favore della stessa odierna istante.

8. Il secondo motivo contesta ulteriormente, nello specifico l’esistenza di un potere di autotutela dopo che si sia stipulato il contratto (in realtà più che altro contesta un’argomentazione motivazionale), ed è pertanto infondato per la medesima ragione.

9. Il terzo motivo censura il capo della sentenza gravata che ha accolto il ricorso sulla base dei riconosciuti vizi di legittimità (relativi alla disciplina del potere di annullamento in autotutela): l’errore di qualificazione denunciato nei primi due motivi ad avviso dell’appellante determinerebbe l’erroneità anche di questo capo di sentenza; il quale però sarebbe viziato anche in via autonoma perché non avrebbe adeguatamente considerato che GiZeta ha falsamente attestato il requisito di regolarità contributiva, il che eliderebbe il limite temporale dell’autoannullamento.

In argomento va anzitutto osservato che il mezzo, secondo la stessa prospettazione della parte appellante, è costruito in termini di propedeuticità/consequenzialità rispetto alle censure precedentemente esaminate: nel senso che la fondatezza dei primi due motivi costituirebbe il presupposto logico-giuridico del terzo.

Ciò implica che la riconosciuta infondatezza dei primi due motivi priva di presupposto quello in esame.

10. Va peraltro ulteriormente osservato che l’appellante lamenta che l’interpretazione data dal primo giudice, e condivisa dal Collegio, “sarebbe in aperta violazione dell’art. 1367 Cod. Civ., a mente del quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”.

In realtà l’articolo 3 del contratto di appalto alla luce di quanto fin qui osservato più che una clausola risolutiva espressa appare configurare un impegno, preso dall’Amministrazione a titolo cautelativo, ad attenersi comunque a quelle che sarebbero state le determinazioni dell’ANAC, stante la natura doverosa del potere di verifica dei requisiti e il fatto che nella specie vi era “dubbio” sulla latitudine della sua estensione, in ragione dell’interpretazione del c.d. principio di continuità del possesso dei requisiti di partecipazione alle gare (dunque, come una sorta di autovincolo in punto di esercizio del potere – pubblicistico – di autotutela).

Così inteso, il ridetto articolo 3 del contratto finiva per integrare una pattuizione reiterativa della previsione di un potere spettante comunque alla stazione appaltante in forza della generale disciplina positiva del procedimento di evidenza pubblica, a fronte della quale il richiamo di parte appellante alla regola interpretativa di cui all’articolo 1367 c.c. non può certo autorizzare interpretazioni contra jus della volontà contrattuale.

Infatti, una volta acclarata la natura pubblicistica e di autotutela del potere esercitato dalla stazione appaltante (come sopra chiarito), ed il corretto significato dell’articolo 3 del contratto, quest’ultimo, ove interpretato nel senso di consentire un annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione – sia pure sotto la qualificazione nominale della “risoluzione” contrattuale – anche oltre il termine perentorio di dodici mesi di cui all’articolo 21-nonies, l. n. 241/1990, andrebbe certamente considerato nullo siccome contrastante con una norma imperativa (che regola i limiti temporali dell’esercizio del ridetto potere di autotutela: limiti evidentemente non derogabili pattiziamente, in considerazione della natura della norma che li pone).

11. Infine, l’ultimo motivo censura la “mancata dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato dall’appellante”.

Il mezzo, in realtà, si limita a rilevare che la sentenza appellata non ha dichiarato l’inefficacia del contratto stipulato dall’Amministrazione con l’odierna appellante in conseguenza dell’impugnato provvedimento di “risoluzione”.

Il Collegio ne prende atto, senza però che al riguardo si debba statuire alcunché, essendo questa semmai un’attività di pertinenza della stazione appaltante in sede di esecuzione del decisum giudiziale.

Al di là, dunque, della sussistenza o meno di un interesse giuridicamente rilevante dell’odierna appellante alla declaratoria di inefficacia in questione, va segnalato comunque che la recente sentenza n. 4385/2025 di questa Sezione ha chiarito che l’annullamento (giurisdizionale) dell’aggiudicazione comporta inefficacia del contratto.

12. In conclusione, il ricorso in appello è infondato, e come tale deve essere respinto.

Nulla dev’essere statuito sulle spese del giudizio, non essendosi costituita la parte appellata.

CONSIGLIO DI STATO, III – sentenza 29.10.2025 n. 8390

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