1.- Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti della GPI S.p.A., in proprio e quale mandataria del costituendo r.t.i. specificato in atti, contro la Regione Toscana e la Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli altri Ministeri indicati in epigrafe e nei confronti della Accenture S.p.A., in proprio e quale mandataria del costituendo r.t.i. specificato in atti.
L’impugnazione è stata proposta per l’annullamento degli atti relativi all’esclusione della ricorrente dalla gara indetta dalla Regione Toscana per l’affidamento dei servizi per lo sviluppo e manutenzione (comprensivi di progettazione, gestione, assistenza) dei sistemi informativi che hanno come dominio applicativo le politiche del lavoro la formazione e l’orientamento, l’istruzione e la gestione e rendicontazione dei fondi comunitari – Giunta regionale e altri Enti del territorio regionale (CIGB0D734B06F) disposta “in ragione dell’omessa dichiarazione di cui all’art. 47 del Decreto-Legge 31 maggio 2021 n. 77 conv. con modificazioni dalla L. 29 luglio 2021 n. 108, da parte della mandante Data Pos S.r.l. in ordine all’impegno di assicurare l’assunzione della quota di occupazione giovanile e femminile”.
1.1. La sentenza premette quanto segue:
– con decreto dirigenziale del 4.03.2024 e con successivo bando di gara pubblicato in data 11.04.2024, la Regione Toscana, quale soggetto aggregatore, ha indetto una procedura per l’affidamento, per conto della stessa Regione e di altri enti e amministrazioni pubbliche e loro società in house, dei servizi sopra specificati, da aggiudicarsi mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa da individuarsi sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo;
– il disciplinare di gara prevedeva, all’art. 9 (dedicato a “Requisiti di partecipazione e/o condizioni di esecuzione”), che i concorrenti si impegnassero, a pena di esclusione, ad assicurare, in caso di aggiudicazione del contratto, in relazione alle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, una quota pari al 30% per cento di occupazione giovanile e una quota pari al 30% per cento di occupazione femminile, calcolate secondo le modalità di cui alle linee guida approvate con decreto ministeriale della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento delle pari opportunità, del 7.12.2021 (recante “Adozione delle linee guida volte a favorire la pari opportunità di genere e generazionali, nonché l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del PNC”);
– ai sensi dell’art. 15 del disciplinare, il suddetto impegno avrebbe dovuto essere formulato mediante dichiarazione integrativa alla domanda di partecipazione, da redigersi secondo il modello A.1 allegato alla documentazione di gara;
– nel termine previsto dal bando e successivamente prorogato, GPI S.p.A. presentava la propria domanda di partecipazione alla gara quale mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese che vedeva come mandanti Engineering Ingegneria Informatica S.p.A., Business Integration Partners S.p.A., TD Group Italia S.r.l. e Data Pos S.r.l.;
– con nota del 31.05.2024, la stazione appaltante comunicava a GPI che, nel corso dell’esame della documentazione amministrativa del raggruppamento, erano emerse alcune criticità; tra queste, in particolare, veniva rilevato che la dichiarazione di impegno di cui all’art. 9 del disciplinare di gara era stata prestata da tutti i membri ad eccezione della mandante Data Pos S.r.l., la quale aveva invece «barrato/cancellato la stessa dichiarazione», come infatti si evinceva dalla documentazione agli atti del giudizio;
– la stazione appaltante attivava, pertanto, il soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 101 del d.lgs. n. 36/2023, anche al fine di ottenere i chiarimenti necessari per consentire all’amministrazione di valutare l’ammissibilità della domanda del raggruppamento;
– GPI riscontrava la richiesta di chiarimenti della stazione appaltante con la missiva del 6.06.2024, alla quale erano allegate le nuove dichiarazioni integrative “corrette” della mandante Data Pos;
– quest’ultima rappresentava che nel modello A.1 trasmesso con la domanda di partecipazione, la dichiarazione relativa all’occupazione giovanile e all’occupazione femminile era stata barrata per mero errore materiale e provvedeva a riformulare la stessa dichiarazione conformemente alle indicazioni contenute nel disciplinare;
– con nota del 7.06.2024, il Presidente del seggio di gara comunicava a GPI che, in esito all’esame della documentazione prodotta in sede di soccorso istruttorio, nella successiva seduta di gara sarebbe stata disposta l’esclusione del raggruppamento «in ragione dell’omessa dichiarazione di cui all’art 47 del Decreto Legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 2021, n.108, da parte della mandante Data Pos s.r.l in ordine all’impegno di assicurare l’assunzione della quota di occupazione giovanile e femminile», e ciò in considerazione del fatto che «[l]a tardiva dichiarazione trasmessa in sede di soccorso istruttorio da parte della mandante Data Pos s.r.l..r.l., non [poteva] essere accettata, pena la violazione del principio di par condicio, essendo espressamente previsto dal disciplinare di gara al punto 9 l’obbligatorietà di tale dichiarazione, a pena di esclusione e la sua non soccorribilità mediante soccorso istruttorio al punto 14»;
– con nota del 12.06.2024 GPI argomentava sull’ammissibilità della domanda di partecipazione alla gara e, comunque, rappresentava alla stazione appaltante che nella stessa data del 12.06.2024 Data Pos aveva esercitato il recesso unilaterale dal raggruppamento temporaneo, che per l’effetto risultava a quel punto costituito da GPI S.p.A. (mandataria) e da Engineering Ingegneria Informatica S.p.A., Business Integration Partners S.p.A. e TD Group Italia S.r.l. (mandanti), circostanza che, ai sensi degli artt. 68 e 97 del d.lgs. n. 36/2023, avrebbe imposto alla stazione appaltante di ammetterlo alla gara;
– non avendo ricevuto riscontro alla nota cui si è fatto appena riferimento, con ricorso notificato il 5.07.2024 e depositato il 10.07.2024, GPI ha impugnato dinnanzi al competente Tribunale amministrativo regionale gli atti della procedura indicati nell’epigrafe della sentenza appellata – e, in particolare, la nota del 7.06.2024 – e ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare.
1.2. Il T.a.r. – illustrati i cinque motivi di ricorso, cui hanno resistito la Regione Campania, nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri indicati in epigrafe – ha riferito dei seguenti atti adottati successivamente dalla stazione appaltante:
– con nota del 9.07.2024, la Presidente di gara riscontrava la missiva di GPI del 12.06.2024 e comunicava che l’istanza volta a scongiurare l’esclusione del raggruppamento nella successiva seduta di gara non poteva essere accolta in ragione della inapplicabilità alla fattispecie degli artt. 97 e 68 del codice dei contratti pubblici;
– con decreto del 22.07.2024, la dirigente responsabile del Settore contratti della Regione Toscana approvava i verbali di gara delle sedute del 23.05.2024, del 24.05.2024 e del 19.07.2024 e disponeva l’esclusione del RTI GPI S.p.A.;
– l’esclusione del raggruppamento veniva infine comunicata alla mandataria GPI con nota trasmessa a mezzo della piattaforma START il 25.07.2024.
1.2.1. Il T.a.r. ha dato atto della proposizione da parte della ricorrente di sei motivi aggiunti contro tali atti, di cui il primo formulato per vizio di incompetenza (in quanto il provvedimento di esclusione era stato adottato dal dirigente del settore contratti e non dal r.u.p., che sarebbe stato invece competente ai sensi dell’art. 7, lett. d) dell’allegato I.2 del d.lgs. n. 36/2023) e gli altri cinque costituenti “pedissequa riproposizione dei cinque motivi del ricorso introduttivo”.
1.2.2. Il T.a.r. ha poi dato atto di ulteriori motivi aggiunti proposti contro la delibera della Giunta regionale della Toscana n. 1258 del 30 ottobre 2023, aventi ad oggetto la questione di competenza già oggetto del primo dei precedenti motivi aggiunti.
1.3. Dichiarato inammissibile il ricorso proposto contro la nota del 7 giugno 2024, ritenuta priva di valenza provvedimentale, e respinte le censure concernenti il vizio di incompetenza, le altre censure sono state tutte esaminate e respinte nell’ordine che segue:
1) per prima, quella compendiata nel quarto motivo aggiunto (corrispondente al terzo motivo del ricorso introduttivo), relativa all’art. 9 del disciplinare di gara (che prevedeva l’impegno oggetto della contestata dichiarazione integrativa), ritenuto dalla ricorrente illegittimo per l’asserita inapplicabilità della disposizione dell’art. 47, comma 4, del d.l. n. 77/2021, perché l’appalto in oggetto non sarebbe (attualmente) finanziato con fondi PNRR;
2) la censura del secondo motivo aggiunto (corrispondente al primo motivo del ricorso introduttivo), relativa ai contenuti ed alle modalità di compilazione delle dichiarazioni richieste dalla legge di gara, nonché di conseguenza all’assunto della ricorrente secondo cui la dichiarazione della mandante allegata all’offerta avrebbe dovuto essere considerata frutto di mero “errore materiale”;
3) la censura del terzo articolato motivo aggiunto (corrispondente al secondo motivo del ricorso introduttivo), relativa all’asserita contraddittorietà della condotta della stazione appaltante, che ha attivato il soccorso istruttorio, salvo poi a ritenere l’omessa dichiarazione non sanabile con tale rimedio, e comunque relativa all’asserita ammissibilità del soccorso istruttorio nella fattispecie de qua;
4) la censura del quinto motivo aggiunto (corrispondente al quarto motivo del ricorso introduttivo), riguardante la solidarietà tra i componenti del r.t.i., che avrebbe dovuto comportare, secondo la ricorrente, che l’assunzione dell’obbligo da parte di tutti, ad eccezione della detta mandante, sarebbe stata sufficiente per assicurare il rispetto delle quote occupazionali previste dalla lex specialis;
5) infine la censura del sesto motivo aggiunto (corrispondente al quinto motivo del ricorso introduttivo), concernente l’applicabilità dell’art. 97, comma 2, e dell’art. 68, comma 15 e 17, del d.lgs. n. 36/2023.
1.3.1. Tutti i motivi esaminati sono stati respinti, con la motivazione di cui si dirà trattando dei corrispondenti motivi di appello.
1.4. Le spese processuali sono state compensate.
2. La G.P.I. S.p.a., in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo r.t.i. con Engineering Ingegneria Informatica s.p.a., Business Integration Partners S.p.a., TD Group Italia s.r.l., ha proposto appello con sei motivi e richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 del TFUE.
2.1. La Regione Toscana, nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, si sono costituiti per resistere al gravame.
La società controinteressata, quale mandataria, e le imprese mandanti del r.t.i. Accenture non si sono costituite in giudizio.
2.2. Con ordinanza cautelare in data 10 gennaio 2025, n. 19 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata, consentendo l’ammissione, con riserva, della parte appellante alla partecipazione alla gara, impregiudicata ogni futura statuizione.
2.3. All’udienza pubblica del 10 aprile 2025, fissata già con la detta ordinanza, la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memorie dell’appellante e della Regione Toscana e di replica della difesa regionale.
3. Col primo motivo viene riproposta la censura di incompetenza dell’organo che ha adottato il provvedimento di esclusione, ovvero il Dirigente Responsabile del Settore Contratti della Regione Toscana, anziché il r.u.p.
3.1. Il T.a.r. ha ritenuto che l’art. 15 comma 4 del d.lgs. n. 36/2023 conceda alle Regioni, “ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento, che devono essere mantenute dal responsabile unico di progetto”, un’autonomia amministrativa in materia di organizzazioni dei compiti del r.u.p. – analoga a quella già oggetto della decisione della Corte Costituzionale n.43/2011, con cui si è stabilito che la disciplina delle modalità organizzative dell’attività del responsabile unico del procedimento rientra nella materia della organizzazione amministrativa, riservata alle Regioni ai sensi del quarto comma dell’art. 117 Cost., con la conseguenza che in relazione a detta disciplina non possono venire in rilievo i principi fondamentali desumibili dalla legislazione dello Stato, i quali limitano la potestà legislativa regionale soltanto nelle materie di competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost.
Ciò premesso, il T.a.r. ha ritenuto che la Regione Toscana, con la delibera della Giunta n. 1258/2023 (seguita dalla legge regionale n. 15/2024), “si è mossa entro i limiti della propria autonomia organizzativa, prevedendo che il Settore contratti (e per esso il suo dirigente responsabile) provveda ad approvare l’elenco delle offerte ammesse ed escluse e a trasmettere il provvedimento al RUP, senza con ciò incidere sulle funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del responsabile unico di progetto”, e senza che siano di ostacolo le norme dell’allegato I.2 del d.lgs. n. 36/23, a natura regolamentare e destinate ad essere abrogate da un regolamento che “per quello che concerne l’organizzazione amministrativa, non potrà che riguardare le sole amministrazioni dello Stato, rimanendo alle Regioni la funzione normativa in materia di organizzazione regionale.”.
3.2. L’assunto di fondo dell’appellante – considerate le richiamate disposizioni del Codice dei contratti pubblici e dell’allegato I.2 – è che, data la natura di fonte primaria di queste, esse, quanto meno in sede di prima applicazione, non avrebbero potuto essere derogate se non in forza di una norma di legge.
Pertanto, la Regione Toscana non avrebbe potuto provvedere con la delibera n. 1258/23, avente natura di fonte secondaria, a disciplinare una materia che – a tutto voler concedere alla tesi ex adverso propugnata – avrebbe potuto tutt’al più essere disciplinata con legge regionale; questa, d’altronde è stata adottata (legge n. 15/2024), ma essendo entrata in vigore il 30 aprile 2024 (in un momento successivo alla delibera di indizione della procedura di gara (4 marzo 2024) e alla pubblicazione del bando (11 aprile 2024), non sarebbe applicabile ratione temporis.
3.2.1. In ogni caso, l’appellante assume che il legislatore statale avrebbe disciplinato la materia del responsabile unico di progetto nell’esercizio della propria potestà legislativa esclusiva ai sensi dell’art. 117, lettera a) ed e) della Costituzione, in tema di rapporti dello Stato con l’Unione europea e tutela della concorrenza, mentre non sarebbe pertinente in senso contrario la sentenza della Corte Costituzionale n. 43/2011 citata dal giudice di prime cure, perché riferita a diversa fattispecie.
Ancora, secondo l’appellante, nelle materie di competenza legislativa esclusivamente statale anche la potestà regolamentare appartiene allo Stato, salvo espressa delega alle Regioni, secondo quanto indicato dall’art. 117, quarto comma, della Costituzione, e tale delega dovrebbe addirittura reputarsi esclusa nella materia de qua, dato quanto previsto dall’art. 15, comma 5, a proposito dell’adozione di un regolamento governativo.
La centralità del RUP e “l’addensamento” nella sua persona di “alcune funzioni decisorie essenziali” sarebbe stata imposta, secondo l’appellante, dall’art. 1, comma 2, lett. c), della legge delega 21 giugno 2022, n. 78, concernente, tra l’altro, la ridefinizione e il rafforzamento della disciplina in materia di qualificazione di stazioni appaltanti e il potenziamento della qualificazione e della specializzazione del personale operante nelle stazioni appaltanti, con particolare riferimento alle s.u.a. e alle centrali di committenza operanti a servizio degli enti locali.
Pertanto, la legge regionale (oltre che inapplicabile ratione temporis) non potrebbe operare in deroga alle disposizioni di cui all’art. 15 del Codice nonché 7 dell’allegato I.2 dello stesso d.lgs. n. 36/2023 pena la sua incostituzionalità, anche per violazione dell’art. 117, comma 1, lettere a) ed e) e 117, comma 2.
3.2.2. Ove, poi, la materia afferente al RUP fosse ritenuta demandata alla potestà legislativa concorrente, il legislatore regionale si sarebbe dovuto attenere scrupolosamente ai principi della legge delega, considerata quale legge c.d. cornice, soprattutto nella parte sopra detta.
3.2.3. Detta potestà legislativa regionale, anche ove in estremo subordine ritenuta esclusiva, dovrebbe essere esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, di cui la legge delega costituirebbe diretta attuazione.
3.3. Il motivo di appello non è fondato, anche se la motivazione della sentenza necessita delle precisazioni che seguono.
3.3.1. Va in primo luogo precisato che l’autonomia organizzativa delle stazioni appaltanti in tema di compiti e responsabilità del Responsabile Unico di Progetto (RUP), nonché di responsabili di procedimento ma anche di uffici e servizi ausiliari nelle diverse fasi del “ciclo di vita” dei contratti pubblici, trova fondamento:
– sia nell’art. 15, comma 4, del d.lgs. n. 36 del 2023 (secondo cui «[f]erma restando l’unicità del RUP, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono individuare modelli organizzativi, i quali prevedano la nomina di un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP») già valorizzato nella sentenza gravata;
– sia nell’art. 7 (“Compiti specifici del RUP per la fase dell’affidamento”), comma 1, lett. a) dell’allegato I.2 (“Attività del RUP”) il quale demanda al RUP “la verifica della documentazione amministrativa”, ma consente che “sia nominato un responsabile di fase ai sensi dell’articolo 15, comma 4, del codice o […] sia costituito un apposito ufficio o servizio a ciò deputato, sulla base delle disposizioni organizzative proprie della stazione appaltante”.
Tale seconda opzione è quella prescelta dalla Regione Toscana – appunto per la verifica della documentazione amministrativa, quindi per l’accertamento del possesso dei requisiti di partecipazione, della sussistenza di clausole di esclusione, dell’adempimento degli obblighi dichiarativi – già con la delibera della Giunta regionale del 30 ottobre 2023 n. 1258.
Questa ha dettato indicazioni organizzative e operative da applicarsi alle procedure di affidamento avviate dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2023, confermando il Settore Contratti quale ufficio deputato alla verifica della documentazione amministrativa.
La previsione (che è contenuta, con la dettagliata elencazione dei compiti, nel paragrafo 3 dell’allegato A alla delibera) è conforme a quanto previsto dalla richiamata disposizione dell’allegato I.2 al nuovo Codice dei contratti pubblici, sicché legittimamente inserita in un atto amministrativo generale, quale la delibera di giunta.
Diversamente da quanto affermato dal T.a.r., la previsione che l’allegato I.2 -allo stato non avente natura regolamentare, bensì di fonte primaria, come dedotto dall’appellante – avrebbe potuto essere sostituito in futuro da un regolamento governativo -peraltro venuta meno a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 209/2024 (c.d. decreto correttivo) – è del tutto insignificante ai fini di causa, così come non è corretta, pur se meramente incidentale, l’affermazione della sentenza che il futuro regolamento avrebbe potuto riguardare “le sole amministrazioni dello Stato”. In effetti, le norme dell’allegato I.2 non hanno in sé portata organizzativa bensì precettiva dei contenuti organizzativi rimessi ai singoli ordinamenti delle stazioni appaltanti.
Considerato poi che l’art. 52 (Uffici e personale) dello Statuto della Regione Toscana riserva alla legge regionale soltanto “i principi dell’ordinamento degli uffici regionali”, la delibera impugnata è da ritenersi conforme altresì all’ordinamento regionale, poiché meramente attuativa di principi organizzativi di uffici e personale, peraltro dettati, come detto, dalla normativa statale.
E’ quindi da escludere che la delibera impugnata sia stata adottata in violazione di legge, come sostenuto dalla ricorrente; né la scelta dell’amministrazione regionale appare irragionevole, rispondendo alle esigenze rappresentate anche in giudizio dalla difesa della Regione Toscana: garantire la competenza dell’ufficio preposto e l’omogeneità delle decisioni in relazione all’ammissione ed esclusione dei concorrenti in gara.
3.3.2. Irrilevante in senso contrario è la successiva adozione della legge regionale 30 aprile 2024 n. 15, considerato che – a prescindere dalle ulteriori esigenze cui il legislatore regionale ha inteso dare risposta – negli artt. 5 e 6 sono stati recepiti ruolo e compiti del Settore Contratti quale ufficio dedicato alla verifica della documentazione amministrativa nelle procedure di gara aperte, come quella oggetto del presente contenzioso, già legittimamente contenute nella delibera regionale, ribadendo la competenza del Responsabile del Settore per l’approvazione dell’elenco delle offerte ammesse ed escluse.
3.4. Prive di pregio sono infine le censure, mosse dall’appellante in via principale e subordinata, di illegittimità costituzionale della legge regionale, che, per alcuni aspetti, finirebbero per coinvolgere la normativa statale, nella parte in cui questa demanda alle singole stazioni appaltanti, tra le quali anche le Regioni, l’individuazione di modelli organizzativi delle attività di competenza del RUP.
3.4.1. La sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011 n. 43, citata dal T.a.r., ha statuito sulla legittimità costituzionale, tra gli altri, dell’art. 15 della legge della Regione Umbria 21 gennaio 2010 n. 3 (Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarità contributiva per i lavori pubblici), riguardante la nomina, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, di “un responsabile del procedimento di attuazione di ogni singolo intervento, unico per tutte le fasi”, salva la possibilità di individuazione di subprocedimenti da affidare a soggetti diversi dal responsabile del procedimento, nei cui confronti “gli stessi rispondono direttamente”.
La sentenza esclude che la disposizione rientri nella materia della “tutela della concorrenza” e la riconduce alla materia della “organizzazione amministrativa” riservata in via esclusiva alla potestà legislativa delle Regioni dall’art. 117, comma 4, della Costituzione.
3.4.2. Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, va poi escluso che l’organizzazione delle attività demandate al RUP sia immediatamente riconducibile alla disciplina delle procedure di gara, quindi ai rapporti con l’Unione europea o alla tutela della concorrenza, come intesa dai precedenti della Corte Costituzionale richiamati nell’atto di appello.
Appartengono alla legislazione esclusiva dello Stato le disposizioni direttamente rivolte “alla regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione, in quanto mirano a consentire la piena apertura al mercato nel settore degli appalti”, quindi riconducibili appunto alla tutela della concorrenza (Corte Cost. n. 320/2008 e n.16/2021). L’attività di verifica della documentazione amministrativa ha una portata ricognitiva che esula del tutto dalle tematiche anzidette, così come dalla tematica -rientrante tra i criteri di qualificazione dei concorrenti- dell’avvalimento (oggetto della pronuncia costituzionale n. 160/2009) e dalla tematica dell’istituzione del responsabile del procedimento (oggetto della pronuncia costituzionale n. 401/2007) – solo affine alla presente, ma non coincidente, poiché la legge regionale toscana non istituisce la figura di un autonomo responsabile di progetto, ma regola l’attività di verifica della documentazione amministrativa, ferma la centralità del RUP (come ben detto nella sentenza gravata).
Parimenti è da escludere che l’organizzazione dell’attività di verifica della documentazione amministrativa attenga alla materia della qualificazione delle stazioni appaltanti, come pure in subordine sostenuto dall’appellante, essendo tale materia interamente disciplinata – in attuazione dei criteri e principi direttivi dell’art. 1, comma 2, lett. c) della legge delega n. 78/2022 – dagli artt. 62-64 del Codice dei contratti pubblici e dalle norme dell’allegato richiamate, che non hanno ad oggetto immediato i compiti del RUP.
3.4.3. Questi ultimi, d’altronde, come detto, sono a loro volta oggetto specifico di normativa statale, in particolare degli artt. 15 del Codice e 7 dell’allegato I.2, a cui la Regione Toscana si è attenuta.
L’art. 5 della legge regionale n. 15/2024 non è stato oggetto di alcuna interlocuzione tra la Regione ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e quest’ultimo – ottenuti i chiarimenti richiesti in merito ad altre norme della stessa legge regionale (doc. 27 della Regione) – non ha ravvisato “profili di illegittimità costituzionale” (doc. 29), che in effetti non sono ravvisabili, in specie riguardo alla norma predetta.
3.4.4. Nella memoria conclusiva parte appellante svolge argomentazioni ulteriori a sostegno del primo motivo, osservando, in particolare che:
– la decisione di esclusione non è stata adottata, né sarebbe stata successivamente approvata dal RUP;
– la Delibera n. 1258/2023 impugnata prevede che il Settore Contratti svolga la verifica e “trasmetta il provvedimento al RUP e al Responsabile di fase”, senza espressamente disporre che il Settore Contratti adotti il provvedimento di esclusione;
– vi sarebbe un’inammissibile duplicazione di funzioni (due organi deputati a svolgere al stessa funzione);
– sarebbe illegittima la previsione che consente al Responsabile del Settore Contratti di effettuare le esclusioni tenuto conto che, invece è imposto al Dirigente responsabile del contratto (che coincide con il RUP) di adottare i provvedimenti di esclusione all’esito della verifica delle offerte tecniche ed economiche.
Si tratta di argomentazioni superabili alla stregua del dato letterale della citata delibera, art. 3 dell’allegato A), secondo cui “Nello svolgimento dell’attività quale ufficio dedicato si prevede che il Settore Contratti svolga la verifica della documentazione amministrativa e, a seguito dell’eventuale attivazione del soccorso istruttorio, proceda a: – approvare con provvedimento l’elenco delle offerte ammesse ed escluse; – trasmettere il provvedimento al RUP e se nominato al Responsabile di fase; – effettuare le comunicazioni agli operatori economici ammessi e esclusi.”.
La lineare interpretazione ed applicazione di tale previsione comporta che, seguendo pedissequamente l’ordine degli adempimenti rimessi al Settore Contratti ed al RUP, si abbia l’approvazione da parte del primo dell’<<elenco>> delle offerte escluse, con un provvedimento da intendersi, per tale parte, appunto di esclusione del concorrente. Tuttavia, si tratta di provvedimento da trasmettere al RUP, prima delle comunicazioni, comportando tale trasmissione il necessario coinvolgimento del RUP ed assicurando con ciò la conferma da parte sua del provvedimento di esclusione, nonché l’esercizio delle funzioni di coordinamento e verifica di cui all’art. 7 dell’all. I.2.
3.5. Il primo motivo di appello va respinto.
4. Col secondo motivo viene riproposta la censura di nullità delle clausole di cui agli artt. 9 e 14 del disciplinare di gara per violazione e falsa applicazione dell’art. 47 comma 1 e 4 del d.l. n. 77/2021.
Secondo la ricorrente, la disposizione sarebbe applicabile soltanto alle procedure effettivamente finanziate con i fondi PNRR; finanziamento, che non sarebbe ancora intervenuto nella procedura in questione, come riconosciuto peraltro dalla stazione appaltante e confermato dal giudice di prime cure.
4.1. Questi ha preso le mosse dalla premessa che “il servizio di cui si controverte, già in corso di esecuzione presso la Regione Toscana dal 2017 (come dichiarato dalla difesa regionale nel corso dell’udienza pubblica e come si desume dalle premesse della determinazione a contrattare, doc. 1 della produzione dell’Amministrazione resistente), è oggi per il suo oggetto riferibile all’ambito delle misure previste dal Piano di potenziamento dei centri per l’impiego (PES), ricompreso nella Misura 5 – Componente 1 (Inclusione e coesione/Politiche per il lavoro) – Investimento 1.1, della programmazione PNRR.”.
Ha quindi ritenuto “coerente con tale premessa il passaggio della determinazione a contrattare nel quale si dà atto che la documentazione di gara è congruente con le disposizioni della programmazione comunitaria e nazionale, con particolare riferimento, oltre che ai programmi regionali FESR 2021-2027 e FSE+ 2021-2027, anche «al Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza e alle successive disposizioni che regolano il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e alle relative Linee Guida di Rendicontazione».”.
Ha perciò ritenuto coerente con la descritta “cornice” normativa e fattuale la previsione, contenuta nel disciplinare di gara (art. 3), secondo cui «[l]’appalto è finanziato con risorse afferenti al bilancio di ogni singola Amministrazione contraente e possono essere utilizzate oltre alle risorse di natura ordinaria anche fonti di finanziamento derivanti da Programmi nazionali e comunitari (PNRR, PR FESR 21/27, PR FSE + 21/27)».
Ha concluso che “se è vero che le fonti di finanziamento indicate nella tabella riportata a pag. 6 della determinazione a contrattare (fonti UE, Stato e Regione) non sono univocamente riconducibili alle risorse messe a disposizione dal PNRR, è altrettanto evidente che tali fonti coprono solo una minima parte (€ 2.900.000,00) dell’importo complessivo dell’accordo quadro (pari a € 57.600.000,00, comprensivo delle opzioni, come si evince dall’art. 4 del capitolato normativo): l’importo indicato nella determinazione a contrattare è infatti riferibile all’adesione all’accordo quadro della sola Regione Toscana, mentre la ben più cospicua parte residua dell’importo massimo stimato dell’appalto costituisce l’onere economico cui dovranno farsi carico le amministrazioni aderenti diverse dalla Regione, per le quali quest’ultima ha svolto la funzione di soggetto aggregatore.”.
Da quanto sopra il T.a.r. ha desunto la legittimità dell’inserimento nella legge di gara della clausola 9 del disciplinare in quanto l’accordo quadro è destinato a costituire, per la Regione Toscana e per le altre amministrazioni pubbliche aderenti nonché per l’unico operatore economico selezionato all’esito della procedura di cui si controverte, la fonte normativa dei reciproci diritti e obblighi in fase di esecuzione dei contratti attuativi ed in quanto vi è la possibilità dell’utilizzazione di fondi derivanti dal PNRR da parte delle amministrazioni aderenti.
4.2. L’appellante critica tale conclusione, ribadendo che l’unico dato rilevante sarebbe che, al momento, il solo finanziamento certo è quello per l’importo di € 2.900.000 (non PNRR) e che gli altri “non esistono” né si potrebbe dire quando verranno ad esistenza e quindi non vi sarebbero allo stato fondi derivanti dal PNRR impegnati per l’intervento in questione.
Per l’appellante, l’interpretazione del giudice di primo grado sarebbe in contrasto con la lettera dell’art. 47, comma 4, del d.l. n. 77/21, nonché con l’art. 12 bis del d.l. n. 68/22.
La possibilità – astratta, non concreta – che vengano in futuro approvati decreti di assegnazione di somme PNRR in favore degli enti che aderiranno alla convenzione già finanziata con altri fondi non potrebbe costituire, a detta della GPI, un valido presupposto per l’applicazione di norme speciali, destinate a trovare applicazione nell’ambito circoscritto dalle previsioni che le regolano (ovverosia procedura legate ad interventi già finanziati con fondi PNRR), da ritenersi perciò di stretta interpretazione ex art. 14 delle preleggi al c.c.
Poiché non vi sarebbe spazio per valutazioni discrezionali in ordine alla coerenza e logicità dell’inserimento della clausola, questa dovrebbe ritenersi nulla per violazione dell’art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023, sulla tassatività delle clausole di esclusione.
4.2.1. L’appellante prosegue osservando che – dovendo tale ultima disposizione essere interpretata in senso ancor più rigoroso e restrittivo rispetto alla precedente dell’art. 83 del d.lgs. n. 50 del 2016 perché, a differenza di questa, inserita nell’ambito dei principi generali del nuovo Codice – una disposizione di natura espulsiva per una “inesatta” dichiarazione sarebbe in contrasto col principio di proporzionalità e ragionevolezza, nonché con l’interesse pubblico a selezionare l’offerta migliore e con il principio della libertà di iniziativa economica privata, visto che non vi sarebbe alcuna norma di rango primario che impone l’obbligo dichiarativo in questione.
4.2.2. Quand’anche poi si dovesse ritenere l’applicabilità dell’art. 47, comma 4, del d.l. n. 77/21 alla gara in esame, si dovrebbe ritenere che la norma non prescriva un particolare onere formale per l’assunzione dell’obbligo e quindi sarebbe illegittima perché in violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione l’individuazione da parte della stazione appaltante di un’autonoma sanzione espulsiva (come affermato dal T.a.r. Puglia, Bari, sez. III, 1°febbraio 2024, n. 123).
Per di più, nel caso di specie, l’impegno de quo della Data Pos s.r.l. si sarebbe dovuto ritenere compreso nel più generale impegno di osservare tutte le disposizioni della legge di gara.
Analoghe considerazioni varrebbero per il divieto di soccorso istruttorio di cui all’art. 14 del disciplinare di gara.
4.2.3. Anche a voler ritenere che non si tratti di clausola nulla, la stessa sarebbe illegittima – secondo l’appellante – perché in contrasto con l’art. 101 del d.lgs. n. 36/2023.
Quest’ultima norma identifica tassativamente le ipotesi in cui non sono ammesse regolarizzazioni della documentazione presentata, tra le quali non vi sarebbe quella in questione.
Essa inoltre dovrebbe essere interpretata in coerenza col principio del risultato e con le stesse previsioni dell’art. 101, comma 3, in ordine alla possibilità di chiedere chiarimenti circa l’offerta tecnica ed economica, e comma 4, in ordine alla rettifica di errori materiali contenuti nell’offerta tecnica ed economica.
4.3. Il motivo è infondato.
Sebbene si possa convenire con l’appellante circa l’insussistenza di ambiti di discrezionalità amministrativa, che consentano di qualificare – come impropriamente fatto dal T.a.r. – la legge di gara soltanto come “ragionevole” nella parte in cui ha imposto l’obbligo dichiarativo in contestazione, non vi dubbio che essa sia conforme a legge.
Di conseguenza, le clausole del disciplinare che lo prevedono e che impediscono che la mancata dichiarazione sia sanabile a seguito di soccorso istruttorio, non sono né nulle né illegittime.
4.3.1. L’art. 47 (Pari opportunità, generazionali e di genere, nei contratti pubblici PNRR e PNC) del decreto legge n.77/2021, come convertito, obbliga le stazioni appaltanti all’inserimento della clausola in esame «in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal Regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 febbraio 2021 e dal Regolamento (UE)2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, nonché dal PNC», ovvero agli appalti finanziati con risorse derivanti dal PNRR e dal Piano nazionale complementare. Al primo comma, che così si dispone, si collegano l’obbligo previsto dal 4° comma e la sua possibile derogabilità alle sole condizioni previste dal 7° comma.
L’interpretazione della disposizione sostenuta dall’appellante non è corretta.
Essa si fonda su una lettura apparentemente testuale del solo dato normativo contenuto nel primo comma – che fa leva sull’utilizzazione del participio passato di “finanziati” riferito agli investimenti pubblici che caratterizzano le procedure contemplate dalla norma – totalmente svincolata dal tenore complessivo della disposizione e dalla ratio legis perseguita in particolare con la combinazione tra i commi 1 e 4, applicabili all’appalto de quo (non essendosi la Regione Toscana avvalsa della facoltà di deroga del comma 7).
In particolare, “le finalità relative alle pari opportunità, generazionali e di genere” sono perseguite, tra l’altro, rendendo “requisito necessario dell’offerta l’assunzione dell’obbligo di assicurare una quota pari almeno al 30 per cento, delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, all’occupazione giovanile e femminile”.
La norma riguarda i “contratti PNRR e PNC”, vale a dire quelli aventi ad oggetto beni o servizi o forniture inseriti in un ambito di programmazione PNRR: l’inserimento in tale ambito rende l’appalto finanziabile con (appositi) fondi statali (appunto detti fondi PNRR), di modo che esso – una volta affidato – potrà essere appunto “finanziato” con fondi PNRR.
Secondo un interpretazione, anche letterale (oltre che sistematica), opposta rispetto a quella infondatamente sostenuta dall’appellante, va quindi affermato che, proprio per poter essere “finanziato” con i detti fondi, il contratto – ma prima ancora l’offerta – deve rispondere alle finalità perseguite dal legislatore (pari opportunità) e deve perciò contenere lo strumento negoziale allo scopo predisposto dal legislatore (l’impegno ad assicurare una quota pari almeno al 30% delle necessarie assunzioni all’occupazione giovanile e femminile).
Orbene, nel caso di specie, è pacifico e non contestato, come d’altro canto rilevato dalla sentenza di primo grado (sul punto non specificamente appellata), che il servizio oggetto di affidamento rientra nell’ambito delle misure previste dal Piano di potenziamento di centri per l’impiego, ricompreso nella Misura 5 – Componente 1 (inclusione e coesione/politiche per il lavoro) – investimento 1.1 della programmazione PNRR (in forza della D.G.R. del 12 febbraio 2024, n. 121).
La procedura di gara indetta dalla Regione Toscana appartiene alla tipologia degli accordi-quadro, trattandosi di una “convenzione quadro” ai sensi dell’art. 26 della legge n. 488/1999: pertanto, i contenuti della convenzione, cioè le condizioni e i prezzi della fornitura di beni e servizi, sono stabiliti sin dalla fase della gara, a valere per tutte le amministrazioni che aderiranno alla convenzione. Per consentire a tali amministrazioni di utilizzare fondi PNRR per finanziare la singola adesione alla convenzione, questa deve rispondere, tra le altre, alle prescrizioni appunto dell’art. 47 del d.l. n. 77/2021, come convertito.
La Regione Toscana risulta avere rispettato le disposizioni di legge che regolano i “contratti PNRR”.
Invero, l’art. 47, comma 1, del d.l. n. 77/2021 deve essere interpretato nel senso che per la redazione dei bandi di gara per accordi quadro, per le adesioni ai quali da parte di diverse amministrazioni non siano ancora note le tipologie di finanziamento, si applicano le disposizioni dei commi 2 e seguenti dello stesso art. 47 ogniqualvolta si voglia consentire alla singola amministrazione contraente di finanziare i propri contratti con fondi PNRR.
La norma è quindi applicabile alla procedura de qua, in quanto finalizzata a consentire l’utilizzazione e la rendicontazione delle risorse afferenti ai fondi PNRR, come d’altronde chiarito dall’art. 3 del disciplinare di gara sopra riportato.
L’assunto esposto nella memoria conclusiva dell’appellante secondo cui l’impegno de quo potrebbe essere previsto nei singoli contratti attuativi dell’accordo quadro contrasta con la disciplina di legge in merito alla necessità che l’assunzione dell’obbligo sia all’interno della procedura di gara, oltre ad essere contrario al principio di massima trasparenza e correttezza dell’agire amministrativo nonché alla disciplina propria degli affidamenti pubblici nei quali il concorrente deve essere edotto, al momento della presentazione dell’offerta, di tutte le condizioni e gli obblighi che dovrà assumere con i contratti da stipulare, al fine di consentire al medesimo di fare un’offerta adeguata e sostenibile.
4.3.2. La disposizione in tema di “contratti PNRR” è stata inoltre correttamente applicata dalla stazione appaltante, che, nel predisporre, in qualità di soggetto aggregatore, ai sensi dell’art. 83, comma 3, del d.lgs. n. 36/2023, il disciplinare di gara seguendo il bando tipo ANAC n. 1/2023, approvato con delibera n. 309 del 27 giugno 2023, ha previsto – per quanto rileva ai fini della delibazione del motivo in esame – quanto segue:
– il concorrente, a pena di esclusione, avrebbe dovuto impegnarsi ad assicurare, in caso di aggiudicazione, all’occupazione giovanile una quota almeno del 30% e a quella femminile una quota almeno del 30% delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali (art. 9);
– l’assunzione dell’impegno avrebbe dovuto essere formalizzata utilizzando il modello A.1 (art. 15);
– l’omissione del suddetto impegno non era sanabile mediante soccorso istruttorio (art. 14).
La previsione dell’assunzione dell’obbligo a pena di esclusione è da ritenersi discendente direttamente dalla legge, considerata l’espressione utilizzata dal ridetto art. 47, comma 4, di “requisito necessario dell’offerta”. Come già affermato in una sentenza della Sezione, alla quale si intende qui dare seguito, la funzione assegnata dal legislatore all’obbligo dichiarativo in esame “risponde all’esigenza di imporre dall’alto una ben precisa opzione organizzativa (favor per le assunzioni di giovani e donne). Dunque si tratterebbe di un elemento qualificante che illumina la qualità dell’offerta, e ciò proprio in ordine a quanto previsto dal PNRR e dal presupposto piano europeo next generation UE i quali prevedono, sì, il rilancio dell’economia ma ferma restando la primaria esigenza di avviare il rilancio stesso anche e soprattutto grazie alle nuove leve e ad una maggiore valorizzazione del lavoro femminile. Di qui la scelta, pertanto, per cui le quote rosa/giovanili costituiscono elemento essenziale di qualità dell’offerta” (Cons. Stato, V, 20 marzo 2024, n. 2688).
Pertanto, la clausola che lo prevede non viola il principio di tassatività delle clausole di esclusione, attualmente positivizzato nell’art. 10 del d.lgs. n. 36/2023.
Risultano inconferenti i richiami giurisprudenziali e le argomentazioni dell’appellante concernenti fattispecie di esclusione non disciplinate direttamente dalla legge.
4.3.3. Giova precisare che, come si dirà meglio trattando del terzo motivo di appello, la sanzione espulsiva non è stata comminata nei confronti della Data Pos per ragioni di ordine formale, cioè per non avere rispettato la modulistica predisposta dalla stazione appaltante per rendere la dichiarazione integrativa. Pertanto, sono carenti di interesse, prima ancora che infondate, le argomentazioni svolte al fine di sostenere l’illegittimità -se non addirittura la nullità- delle previsioni del disciplinare di gara che imponevano di assumere l’impegno con un’apposita dichiarazione integrativa allegata alla domanda di partecipazione.
Per lo stesso motivo non è pertinente il richiamo del precedente giurisprudenziale del T.a.r. Puglia – Bari n. 123/2024, col quale si è ritenuto che, nel caso oggetto di quella decisione, l’obbligo fosse stato in concreto assunto dal concorrente “in termini inequivoci”: ciò, che (come si dirà, trattando del terzo motivo) non è stato fatto dalla detta mandante del r.t.i. ricorrente.
Né, come pure si dirà, si tratta di dichiarazione “inesatta” o “incompleta” rispetto alla quale siano invocabili i principi di ragionevolezza e proporzionalità, nei termini espressi dal motivo in esame, al fine di sostenere l’illegittimità della (previsione di) esclusione.
4.3.4. Parimenti non sussistono i vizi né di nullità né di illegittimità dell’art. 14 del disciplinare di gara, dedotti dall’appellante nel presupposto che si sarebbe dovuto ammettere (non vietare) il soccorso istruttorio per sanare l’omessa dichiarazione di impegno all’assunzione ex art. 47, comma 4, del d.lgs. n. 77/2021, come convertito.
In proposito è sufficiente ribadire quanto già affermato nella sentenza gravata che richiama la giurisprudenza formatasi su tale norma – dovuta a diversi precedenti della presente Sezione – la quale <<in applicazione dei criteri letterale, sistematico e teleologico – assegna alla dichiarazione di impegno in esame il carattere di elemento necessario dell’offerta, da assumersi al momento della presentazione della stessa (cfr. Cons. Stato, sez. V, ord. 31 agosto 2023, n. 3650; Id., 26 gennaio 2024, n. 850; più di recente, Cons. Stato, sez. V, 31 luglio 2024, n. 6874), costituendone parte integrante, con conseguente insuscettibilità della mancanza di detto impegno (e, a fortiori, del suo rifiuto desumibile dalla cancellazione della relativa clausola dalla documentazione di gara) alla scadenza del termine di presentazione delle offerte di essere sanata attraverso il soccorso istruttorio>>. Pertinente è anche il richiamo della già citata sentenza n. 2688/2024, nella quale – in un caso del tutto sovrapponibile al presente, nel quale l’impegno era stato “depennato” nel relativo modello – si aggiunge che “consentire sic et simpliciter il ricorso al soccorso istruttorio anche in simili casi (volontà di sottrarsi all’obbligo delle quote rosa e giovanili) vorrebbe dire svuotare di significato la relativa disposizione di cui all’art.47, comma 4, e dunque minare la positività e l’effettività del relativo obbligo dichiarativo”.
Siffatta conclusione è coerente con l’art. 101, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 36/2023, per le ragioni che si esporranno a confutazione del quarto motivo di appello, che torna ad occuparsi del soccorso istruttorio, non solo come applicato nei confronti della Data Pos, ma come applicabile in caso di violazione di obblighi dichiarativi imposti al concorrente per l’assunzione di impegni contrattuali.
4.4. Il secondo motivo di appello va comunque respinto.
5. Col terzo motivo viene riproposta l’articolata censura con la quale si era denunciato il vizio di illegittimità del provvedimento di esclusione per contrasto con l’art. 15 del disciplinare di gara, che, secondo la ricorrente, non avrebbe previsto alcuna sanzione espulsiva per eventuali irregolarità contenute nel modello A.1, tanto più che, nel caso di specie: i) sarebbe risultato palese l’errore materiale commesso dalla mandante Data Pos; ii) vi era un altro documento in cui quest’ultima aveva dichiarato di accettare, senza condizione o riserva alcuna, tutte le norme e disposizioni contenute nella legge di gara; iii) a seguito di attivazione del soccorso istruttorio il r.t.i. aveva dichiarato l’errore materiale, provvedendo a inviare tempestivamente la dichiarazione corretta.
5.1. Tutte tali censure sono state esaminate e respinte dal T.a.r.; e precisamente:
i) quanto all’errore materiale, escludendo che fosse “percepibile e superabile dalla stazione appaltante” in conseguenza dell’accettazione incondizionata da parte della stessa mandante delle disposizioni contenute nella legge di gara; anche perché “Data Pos non si è limitata a lasciare in bianco gli spazi nei quali avrebbe dovuto indicare le percentuali che si impegnava a garantire, ma ha cancellato, barrandola, l’intera clausola, con tale intervento grafico manifestando una volontà incompatibile con la volontà di obbligarsi all’osservanza di quelle quote di assunzioni”;
ii) quanto alla dichiarazione di accettazione di tutte le disposizioni della legge di gara, escludendo che potesse essere “utilmente invocata per supplire alla dichiarazione negoziale negativa relativa all’impegno previsto dall’art. 9 del disciplinare desumibile dal modello A.1 presentato dalla stessa società”; anche perché “la generica dichiarazione di accettazione incondizionata delle disposizioni della documentazione di gara è … contenuta nello stesso documento che reca la cancellazione dello specifico impegno relativo all’osservanza delle quote occupazionali, dovendo quest’ultima interpretarsi come univoca manifestazione di volontà di non assoggettarsi agli obblighi assunzionali previsti dall’art. 9 del disciplinare”; comunque andrebbe tenuto conto del principio di autoresponsabilità, applicabile anche alle procedure di evidenza pubblica;
iii) quanto al soccorso istruttorio, escludendo che vi si possa fare ricorso “quando ciò vada in conflitto con il principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione”.
5.2. L’appellante deduce che la decisione appare improntata ad un rigido formalismo, che non terrebbe in alcuna considerazione il concreto atteggiarsi degli eventi nonché l’effettiva volontà delle parti: riguardo a tali eventi e a tale asserita volontà, l’appellante riproduce le argomentazioni del primo grado, sopra sintetizzate, accompagnate dal richiamo alle norme sull’interpretazione dei contratti applicabili a quella delle dichiarazioni negoziali dei concorrenti (artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 cod. civ.), oltre che a quella dell’art. 5 del d.lgs. n. 36 del 2023, ed al principio del risultato di cui all’art. 1 dello stesso d.lgs.
5.2.1. La critica si completa con l’assunto che “il principio di autoresponsabilità non possa giungere al punto di sopravanzare principi di buona fede, di ampia partecipazione concorrenziale nonché il prioritario principio del risultato, in presenza di un errore materiale del tutto percepibile da parte della Stazione appaltante” e con l’osservazione che il principio di autoresponsabilità dell’operatore economico non è codificato nel nuovo Codice dei contratti pubblici a differenza dei principi sopra menzionati e quindi sarebbe destinato “a recedere di fronte al principio del risultato, che costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto”.
5.3. Il motivo è infondato.
In punto di fatto vanno ricordate le previsioni e le descrizioni già esposte nella sentenza gravata.
In primo luogo, va sottolineato che il disciplinare di gara – per quanto rileva ai fini del motivo in esame – prevedeva che:
– l’assunzione dell’impegno avrebbe dovuto essere formalizzata utilizzando il modello A.1 (art. 15);
– la domanda e le ulteriori dichiarazioni rese nel modello A.1 avrebbero dovuto essere sottoscritte, in caso di raggruppamento temporaneo, da ciascuno dei componenti del raggruppamento (artt. 15.1 e 15.1.1).
Inoltre:
– il modello A.1 precisava che, nel caso di raggruppamenti temporanei, la dichiarazione di impegno relativa alle quote occupazionali di cui all’art. 9 del disciplinare avrebbe dovuto essere resa da ciascun membro e sarebbe stata intesa come riferita al raggruppamento nel suo complesso;
– quanto alle modalità della compilazione della documentazione necessaria alla partecipazione alla gara, il disciplinare di gara prevedeva, all’art.15.1, che la relativa domanda era costituita da due distinti documenti: la domanda di partecipazione generata dalla piattaforma e compilata online sulla stessa e le dichiarazioni integrative alla domanda da redigersi secondo il modello A.1.;
– il modello A.1, allegato ai documenti di gara, serviva per la raccolta, da parte di ciascun soggetto interessato, di diverse dichiarazioni, tra le quali quella contenente l’impegno alla garanzia delle quote occupazionali di cui al citato art. 9 del disciplinare;
– il modello, così come costruito dalla stazione appaltante, conteneva una molteplicità di dichiarazioni, non tutte necessariamente da compilarsi, tanto che era previsto che dovevano essere compilati «soltanto i campi di interesse» essendo in alcuni casi richiesto di scegliere una delle opzioni eliminando le altre;
– a seconda del modo in cui era formulata ciascuna delle clausole, il compilatore del modello A.1 avrebbe dunque potuto: contrassegnare (con una crocetta o, come si usa dire nel gergo informatico, “flaggare”) la clausola, eventualmente inserendo elementi o valori richiesti all’operatore; lasciare la clausola priva di alcun segno grafico; eliminare l’intera clausola: nella prima ipotesi, sarebbe stata chiara la volontà del dichiarante di aderire alla clausola contrassegnata; nel secondo caso, l’atteggiamento meramente omissivo avrebbe potuto lasciare il dubbio della reale volontà del compilatore;
– nel caso oggetto del presente giudizio si è verificata la terza delle ipotesi sopra formulate: il modello A.1 conteneva un testo della clausola relativa al rispetto delle quote occupazionali di cui all’art. 9 del disciplinare per il quale non era richiesta una specifica accettazione (non vi era un quadratino da contrassegnare con una crocetta o altro segno), dovendo invece essere inseriti dall’operatore i valori percentuali, comunque non inferiori al 30%, che si impegnava a garantire in termini di occupazione femminile e di occupazione giovanile;
– Data Pos, non solo non ha indicato alcuna quota per la quale si impegnava ad assumere (peraltro da inserire con due indicazioni di quota separate, l’una per l’occupazione giovanile e l’altra per quella femminile), ma addirittura nel compilare la propria dichiarazione integrativa, ha cancellato, barrandola, l’intera clausola.
5.3.1. Dato quanto appena esposto, è escluso che ricorra una situazione di errore materiale rettificabile: invero, anche a voler ammettere che il compilatore del modulo si sia sbagliato a barrare la clausola, tale errore per poter essere oggetto di correzione postuma avrebbe dovuto essere immediatamente percepibile dalla lettura del documento.
In proposito, si è di recente ribadito in giurisprudenza che nelle gare d’appalto l’operazione di correzione dell’errore materiale “deve fondarsi su elementi significativi desumibili dall’atto stesso e non da fonti esterne, quali atti chiarificatori o integrativi dell’offerta in gara, fermo restando che è emendabile il solo errore che non inficia l’offerta del ricorrente e che si sostanzia in un mero refuso materiale riconoscibile ictu oculi dalla lettura del documento d’offerta” (così Cons. Stato, V, 25 settembre 2024, n. 7798, in conformità, tra le altre, a Cons. Stato, Sez. V, 28 giugno 2022, n. 5344; Cons. Stato, Sez. V, 2 agosto 2021, n. 5638; Cons. Stato, Sez. V, 26 ottobre 2020, n. 6462).
Nel caso di specie, risulta per tabulas da quanto sopra che l’errore della mandante – anche a voler ammettere che di questo si sia trattato – non era affatto manifesto né riconoscibile; per di più, la dichiarazione barrata ha il significato normale di rifiuto di assunzione di qualsiasi impegno, non essendo equiparabile né alla dichiarazione incompleta né a quella equivoca.
A ciò si aggiunga che l’art. 9 illustrava chiaramente l’imperatività dell’assunzione dell’obbligo e che l’art. 15 ne spiegava le modalità dichiarative, di modo che va confermata la sentenza appellata che ha escluso che la dichiarazione di accettazione “senza condizione o riserva alcuna [di] tutte le norme e disposizioni contenute nella legge di gara” resa nella domanda di partecipazione potesse fungere da dichiarazione contrapposta, tanto da rendere equivoca la cancellazione della dichiarazione di impegno all’assunzione.
5.3.2. Per le stesse richiamate disposizioni del disciplinare è da escludere che la dichiarazione di accettazione incondizionata delle disposizioni della legge di gara potesse supplire la dichiarazione di impegno in contestazione, tanto più che sarebbe stata l’impresa a dover dichiarare quale fosse la quota specifica di assunzioni che avrebbe riservato alle due categorie di lavoratori protetti; dichiarazione, quest’ultima, come detto, non solo mancante, ma di fatto “rifiutata”.
5.3.3. La sentenza appellata va altresì confermata anche nel richiamo fatto al principio di autoresponsabilità, per il quale “ciascuno dei concorrenti sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione (Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9). All’impresa che partecipa alle procedure per l’affidamento di appalti pubblici è richiesto un grado di professionalità e di diligenza superiore alla media: una diligenza che non riguarda solo l’esecuzione del contratto, ma anche le fasi prodromiche e genetiche, tra cui, in primo luogo quella della redazione degli atti necessari alla partecipazione alla gara (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2024, n.4724; Id., sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 448)”.
Di recente il principio è stato ribadito ed applicato proprio in tema di correzione di (asserito) errore materiale nella predisposizione dell’offerta, essendosi affermato che “eventuali errori commessi dai concorrenti nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione devono essere dagli stessi sopportati, essendo tenuti ad un onere di diligenza e professionalità superiore alla media durante tutte le fasi della procedura di gara” (Cons. Stato, V, n. 7798/24 cit.).
5.3.4. Privo di pertinenza è da ritenere il ripetuto riferimento dell’appellante al principio del risultato di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 36 del 2023.
Esso non può consentire di disattendere precisi obblighi imposti ai partecipanti alla procedura di gara dalla legge o dalla disciplina di gara, imponendo lo stesso art. 1, comma 1, il rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
5.4. Il terzo motivo di appello va respinto.
6. Col quarto motivo viene riproposta la censura concernente l’asserito contraddittorio comportamento della stazione appaltante in merito al ricorso al soccorso istruttorio ed alla conclusione che la dichiarazione della mandante non sarebbe stata comunque soccorribile.
6.1. Sotto il primo profilo, il T.a.r. ha escluso la sussistenza degli elementi di contraddittorietà rilevati dalla ricorrente, anche in ragione dell’ammissibilità della richiesta di “chiarimenti” sui contenuti dell’offerta tecnica ed economica e su ogni loro allegato prevista dall’art. 101, comma 3, del d.lgs. n. 36 del 2023.
6.1.1. Sotto il secondo profilo, il T.a.r., sulla base del tenore complessivo dello stesso art. 101, ha concluso che l’attuale Codice dei contratti ha “mantenuto ferma, in continuità con la previgente disciplina, la non soccorribilità (sia in funzione integrativa, sia in funzione sanante) degli elementi integranti, anche documentalmente, il contenuto dell’offerta, tecnica od economica, pena, altrimenti, la violazione del principio di parità dei concorrenti, restando per contro ampiamente sanabili le carenze (per omissione e/o per irregolarità) della documentazione c.d. amministrativa (cfr., sotto la vigenza del d.lgs. n.50/2016, Cons. Stato, sez. V, 21 agosto 2023, n. 7870)”.
Ha quindi dato conto della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato riguardante specificamente l’art. 47, comma 4, del d.l. n. 77/2021, come norma che impone un “requisito necessario dell’offerta”, della quale si è già detto sopra.
6.2. L’appellante critica la decisione ribadendo che:
– sarebbe illogico e quindi viziato da eccesso di potere un procedimento che prima procede con un’attività istruttoria e poi nega l’ammissibilità dell’istruttoria spontaneamente disposta;
– non vi sarebbe stato alcun rifiuto di prestare l’impegno da parte di Data Pos, essendosi trattato di mero errore materiale e comunque l’impegno in questione non sarebbe un elemento essenziale dell’offerta, e quindi non rientrerebbe nel divieto di soccorso istruttorio.
6.2.1. Senza prendere specifica posizione in merito alla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato richiamata dal T.a.r., l’appellante aggiunge che i chiarimenti sui contenuti dell’offerta sarebbero stati richiesti e forniti nel “pieno rispetto” dell’art. 101 del d.lgs. n. 36 del 2023.
In ogni caso si tratterebbe di una tipologia di dichiarazioni che consentirebbe il soccorso istruttorio, perché rilevanti solo per l’ipotesi di aggiudicazione e -come affermato nella giurisprudenza di merito richiamata nell’atto di appello (T.a.r. Sardegna, 13 dicembre 2023, n. 939 e T.a.r. Campania – Salerno, 28 dicembre 2023, n. 3133) – sarebbe irragionevole non ammettere il soccorso in relazione ad un requisito riferito ad adempimenti eventuali e tipici della fase esecutiva.
6.3. Il motivo è infondato.
6.3.1. Quanto al primo profilo, concernente l’attivazione del soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante, è riscontrabile un atteggiamento, non contraddittorio, ma piuttosto prudente, da parte dell’ufficio preposto.
Va invero considerato che -come già sottolineato dal T.a.r.- la nota del 31 maggio 2024, con la quale sono stati richiesti i “chiarimenti” sulla mancata dichiarazione di impegno da parte di Data Pos non contiene soltanto tale richiesta, ma è diretta a provocare il contraddittorio con il r.t.i. GPI su una serie di altre questioni riguardanti la documentazione amministrativa, ritenute appunto meritevoli di chiarimento da parte dell’operatore economico interessato.
L’attivazione del contraddittorio procedimentale nei termini espressi nella nota in contestazione -con la quale si rappresentava già che la stazione appaltante avrebbe effettuato le dovute valutazioni in ordine alla ammissibilità dell’offerta del RTI alla luce di quanto previsto dagli artt. 9 e 14 del disciplinare di gara – non può certo viziare né il procedimento né il provvedimento successivamente adottato. Essa svolge un’evidente funzione interlocutoria, che è apprezzabile in sé, in quanto rispondente ai principi di efficacia e trasparenza, nonché di collaborazione e buona fede che improntano l’attività amministrativa e i rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione (arg. ex art. 1 della legge n. 241/1990), a prescindere quindi dell’applicabilità o meno del soccorso istruttorio o della peculiare disposizione dell’art. 101, comma 3, c.p.a., che ha recepito la giurisprudenza sul c.d. soccorso procedimentale.
Nel caso di specie, poi, l’operato della stazione appaltante non è nemmeno contrario al principio di economicità, visto che, come detto, con la nota in contestazione erano stati richiesti anche altri “chiarimenti” sulla documentazione amministrativa del r.t.i. relativamente a carenze od omissioni tutte pacificamente soccorribili.
6.3.2. Ciò chiarito, si è già detto come la giurisprudenza, in specie di questa Sezione, ritenga non suscettibile di essere sanata col soccorso istruttorio l’omessa assunzione dell’impegno di cui all’art. 47, comma 4, ultimo periodo, del d.l. n. 77/2021, come convertito. In proposito, non possono che essere ribadite le ragioni che stanno a fondamento di tale interpretazione. Esse non sono dovute al “rigido formalismo” di cui è detto negli scritti di parte ricorrente. Piuttosto sono basate sull’esigenza di garantire la serietà dell’impegno sin dalla fase dell’offerta, poiché lo stesso non è da considerarsi come mero dato formale utile alla compilazione di un modulo, ma, per il rilievo dato dal legislatore alla finalità perseguita con i “contratti PNRR”, è da ritenersi collegato ad una stabile e preordinata organizzazione aziendale che consenta di rispettare effettivamente in fase esecutiva le quote di assunzione per le quali l’operatore economico si è impegnato. Di qui anche la violazione della par condicio dei concorrenti, che si avrebbe se si consentisse all’operatore economico che non abbia assunto l’impegno con l’offerta – ciò che, per quanto detto, sta a significare che non abbia approntato a tempo debito la necessaria organizzazione aziendale – di sanare successivamente tale omissione.
In particolare, la norma di nuova introduzione dell’art. 101, co. 1° e 3° del d.lgs. n. 36/2023 – tenuto conto della distinzione da essa ricavabile tra “soccorso integrativo o completivo” del co. 1°, lett. a), “soccorso sanante” del co. 1° lett. b) e “soccorso istruttorio in senso stretto” del co. 3° (esplicitata ed illustrata dalla sentenza di questa Sezione, 21 agosto 2023, n. 7870, a cui si fa rinvio) – è stata ritenuta non applicabile alla fattispecie de qua.
Le ragioni di tale inapplicabilità, che si condividono, sono le seguenti:
<<[…] 1. Non si tratta di carenze, inesattezze o irregolarità della documentazione amministrativa [di qui l’impossibilità di applicare le ipotesi sub a) e b)];
[…] 2. Né si tratta di formulazioni ambigue dell’offerta presentata, sì da formare oggetto di chiarimento onde attestare la reale portata della volontà negoziale assunta [ipotesi sub c): n.d.r. art. 101, co.3]: e ciò dal momento che il depennamento secco denota la chiara volontà di sottrarsi ad un simile obbligo di legge>> (così Cons. Stato, V, n. 2688/2024 cit.).
6.3.3. Giova aggiungere le seguenti precisazioni in fatto e in diritto.
In punto di fatto, sono del tutto inconferenti le argomentazioni spese anche nell’illustrazione del motivo in esame volte a sostenere l’errore materiale di Data Pos o l’adempimento dell’obbligo dichiarativo altrimenti che mediante la compilazione del modulo apposito: queste sono state definitivamente smentite trattando dei motivi di cui sopra.
In punto di diritto, va tenuta presente la peculiare formulazione letterale e concettuale dell’art. 47, comma 4, di “requisito necessario dell’offerta”: essa va interpretata come da giurisprudenza sopra richiamata nel senso che le quote rosa/giovanili costituiscono elemento essenziale di qualità dell’offerta; l’impegno della loro assunzione da parte dell’operatore economico si atteggia come requisito che, pur trovando attuazione nella fase esecutiva, connota l’offerta sin dalla fase della gara, condizionando alla dichiarazione di impegno la stessa partecipazione del concorrente.
Di qui la condivisibile conclusione, in relazione alla previsione di legge che esclude il soccorso istruttorio per il contenuto delle offerte, che “la littera legis si rivela difficilmente superabile (il legislatore, allorché avesse inteso attribuire un ruolo meno incisivo a tale dichiarazione avrebbe infatti utilizzato una formula meno rigida)” (sempre Cons. Stato, V, n. 2688/2024 cit.).
Giova aggiungere che è innegabile che la tipologia di impegno dell’operatore economico oggetto del presente contezioso sia assimilabile a quella degli impegni per i quali l’art. 102 del d.lgs. n. 36 del 2023 detta una disciplina apposita, di nuova introduzione, rispetto al codice previgente. Tuttavia, per come fatto palese dalle diversità anche letterali dei due testi normativi, non pare allo stato praticabile un’operazione interpretativa che accomuni tout court la fattispecie dell’art. 47 del d.l. n. 77/2021 a quelle contemplate dall’art. 102 del nuovo Codice dei contratti, e viceversa. Pertanto, fermo restando quanto detto a proposito dell’indispensabilità, a pena di esclusione, dell’impegno da assumersi nei contratti PNRR e dell’impraticabilità del soccorso istruttorio per la mancata dichiarazione di impegno ex art. 47 citato, con la presente decisione non si prende alcuna posizione in merito alla disciplina applicabile agli impegni dell’art. 102 del d.lgs. n. 36 del 2023, cui sembrano fare riferimento alcune delle argomentazioni e citazioni giurisprudenziali della società ricorrente, ma che esula del tutto dal presente giudizio.
6.4. Il quarto motivo di ricorso va quindi respinto.
7. Col quinto motivo è riproposta la censura con cui si era rilevato che l’assunzione dell’obbligo in contestazione da parte di tutte le imprese del r.t.i. GPI, fuorché la Data Pos, avrebbe garantito gli interessi sostanziali sottesi all’impegno in contestazione, atteso che la natura solidale delle obbligazioni, pienamente fungibili, assunte dal raggruppamento ai sensi dell’art. 68, comma 9, del d.lgs. n. 36/2023 avrebbe imposto alle imprese dello stesso di garantire un numero immutato di assunzioni in favore di donne e giovani.
7.1. Il motivo è stato respinto dal T.a.r. con un’articolata motivazione, che non appare superata dalle argomentazioni svolte nel motivo di appello, basato sull’assunto dell’appellante per il quale rileverebbe il numero di donne e giovani che il r.t.i. è obbligato ad assumere nel suo complesso; tale meccanismo di “compensazione” non risponde alle finalità dell’impegno imposto dal d.l. n. 77/2021 come sopra delineate ed è estraneo alla modalità operativa della solidarietà ex art. 68, comma 9, del Codice.
7.1.1. Va premesso che il disciplinare era chiaro nel prevedere (art. 15.1) che la domanda e le ulteriori dichiarazioni rese nel modello A.1 avrebbero dovuto essere sottoscritte da ciascuno dei soggetti costituenti il raggruppamento temporaneo, con l’ulteriore precisazione, contenuta nel modello A.1, per cui nel caso di raggruppamenti temporanei la dichiarazione di impegno relativa alle quote occupazionali di cui all’art. 9 del disciplinare avrebbe dovuto essere resa da ciascun membro e sarebbe stata intesa come riferita al raggruppamento nel suo complesso.
Data Pos non ha rispettato la prescrizione che imponeva la dichiarazione di impegno assunzionale da parte di ciascuno dei componenti del raggruppamento e pertanto, essendo prevista la sanzione espulsiva, non avrebbe potuto che esservi assoggettata, in ossequio alle disposizioni degli artt. 9 e 15 del disciplinare di gara.
7.1.2. In merito poi alla legittimità di tali disposizioni, è sufficiente ribadire che – come in parte osservato anche in sentenza – l’impegno di cui all’art. 47, comma 4, del d.l. n. 77/2021 assolve “ad una finalità di interesse generale, che il legislatore ha esplicitamente indicato nella promozione, in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati in tutto o in parte con le risorse del PNRR e del PNC, delle pari opportunità, generazionali e di genere, dell’inclusione lavorativa delle persone disabili e, ancor più specificamente, dell’occupazione giovanile e di quella femminile (art. 47, co. 1)”, sicché, il raggiungimento di tali obiettivi sarebbe meno certo ove si facesse gravare l’impegno sul raggruppamento nel suo complesso “giacché così facendo si dovrebbe finire per ammettere la sufficienza dell’impegno assunto anche da uno solo dei componenti del raggruppamento, sebbene in ipotesi chiamato ad eseguire le prestazioni di minor valore economico o a più basso tasso di specializzazione, o comunque si innescherebbero perniciosi fenomeni di deep pocket, per cui la promozione delle pari opportunità e dell’occupazione giovanile e femminile graverebbe su uno o alcuni soltanto dei partecipanti ai raggruppamenti e stenterebbe a diffondersi come pratica generalizzata nelle scelte imprenditoriali, secondo le intenzioni del legislatore.”.
7.1.3. Ciò ribadito, non è tuttavia pertinente (e in ciò va parzialmente corretta la motivazione della sentenza) alcun confronto con la solidarietà dell’art. 68, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, né tale norma si presta ad essere applicata secondo quanto pretenderebbe l’appellante.
L’art. 47, comma 4, del d.l. n. 77/2021 opera nella fase della gara, imponendo, come ripetutamente detto, un obbligo dichiarativo, rispetto al quale non potrebbe operare il meccanismo di solidarietà, che, riguardando la responsabilità da inadempimento, attiene invece alla fase esecutiva.
Corretto e condivisibile è il rilievo argomentativo della difesa regionale che “l’impegno all’assunzione e il suo adempimento non sono coincidenti: il primo è afferente agli elementi necessari dell’offerta e il secondo agli elementi di esecuzione del contratto”; la natura solidale delle obbligazioni dei membri del r.t.i. nella fase esecutiva non vale a consentire che uno o più di questi si sottraggano all’obbligo di assumere l’impegno de quo nella fase della partecipazione.
In sintesi, la questione posta dalla norma sui “contratti PNRR” non è quella di individuare il rimedio all’inadempimento delle prestazioni cui uno dei componenti del r.t.i. si è obbligato (come da dichiarazione dell’art. 68, comma 4, del d.lgs. n. 36 del 2023) – finalità cui risponde la solidarietà ex art. 68, comma 9, del codice dei contratti pubblici – bensì quella, a monte, di individuare quale sia il soggetto – se il r.t.i. nel suo complesso o il singolo componente o alcuni dei componenti – sul quale devono gravare le prestazioni di cui si tratta, perché obbligato ad assumersi il relativo impegno negoziale già nella fase della gara.
Nel caso di specie, si ritiene -per le ragioni dette sopra – che la prestazione assunzionale di donne e di giovani gravi su ciascuno dei componenti il r.t.i., perché ciascuno obbligato ad assumersi l’impegno, in fase di partecipazione.
7.1.4. In correlazione, mentre la violazione dell’obbligo di assumere l’impegno è sanzionata nella fase della gara con la sanzione espulsiva, lo stesso art. 47 del d.l. n. 77/2021 prevede al sesto comma le sanzioni applicabili nel caso in cui sia “violato” l’impegno assunto, cioè questo resti inadempiuto nella fase esecutiva. Il sesto comma, primo periodo, dispone infatti l’applicazione di penali nei confronti dell’appaltatore inadempiente, per le quali è ovviamente da ritenere operante la solidarietà dell’art. 68, comma 9, del d.lgs. n. 36/2023.
7.2. Il quinto motivo di appello va quindi respinto.
8. Col sesto motivo è riproposta la censura del provvedimento di esclusione nella parte in cui la stazione appaltante non ha valutato positivamente la circostanza dell’intervenuta estromissione della mandante Data Pos e del recesso della medesima nell’esercizio delle facoltà consentite dall’art. 97, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023 e dall’art. 68, comma 17, del medesimo decreto legislativo.
8.1. Il T.a.r. è pervenuto al rigetto del motivo ritenendo che “il carattere intrinsecamente negoziale della dichiarazione d’impegno di cui si discute ha precise ricadute anche ai fini dello scrutinio del motivo di ricorso adesso in esame”; e precisamente:
– renderebbe inapplicabile l’art. 97, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023, in quanto questa norma riguarderebbe “elementi (le situazioni che determinano le cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95; i requisiti di ordine speciale) esterni al contenuto delle dichiarazioni negoziali di cui si compongono l’offerta tecnica e quella economica, e dunque anche all’impegno all’osservanza delle quote occupazionali di cui all’art. 47, co. 4, del decreto legge n. 77/2021, che come si è visto costituisce per espressa previsione legislativa «requisito necessario dell’offerta»”;
– sarebbe di conseguenza inapplicabile il comma 15 dell’art. 68, che fa rinvio appunto all’art. 97; non troverebbe applicazione nemmeno il comma 17 dell’art. 68, perché riferibile al recesso di un componente del raggruppamento soltanto nella fase esecutiva, non anche nella fase della gara.
8.2. La decisione è criticata dall’appellante con riferimento all’interpretazione data dal primo giudice ad entrambe le norme; e precisamente:
– quanto all’art. 97, comma 2, GPI sostiene che sarebbe applicabile alla fattispecie in esame, quanto meno per analogia, comportando la tesi preferita dal T.a.r. effetti irragionevoli e sproporzionati;
– quanto all’art. 68, comma 17, sostiene che la norma non farebbe alcuna distinzione tra la fase della gara e la fase esecutiva e che l’esercizio del diritto di recesso già nella fase della gara è previsto senza limiti dall’ordinamento comunitario, come specificato nella pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea resa il 26 giugno 2024 nelle cause C-403/23- 404/23; tale interpretazione dell’art. 68, comma 17, sarebbe confermata dalla Relazione illustrativa del d.lgs. n. 36/2023.
8. Il motivo è fondato.
8.1. Sebbene qualificato dall’art. 47, comma 4, del d.l. n. 77/2021 come requisito necessario “dell’offerta” e configurato dalla giurisprudenza sopra richiamata come “elemento essenziale” di questa, secondo un punto di vista oggettivo, che ha riguardo all’oggetto della dichiarazione “negoziale” – appunto valorizzata dal T.a.r. – si è già avuto modo di argomentare sopra come il “requisito necessario” de quo, per un verso, necessiti di un substrato sostanziale prettamente soggettivo quale l’organizzazione aziendale dell’operatore economico partecipante alla gara e, per altro verso, si configuri -anche in ragione di ciò, nonché per le finalità perseguite con i “contratti PNRR” – al contempo come requisito di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica finalizzate all’affidamento di tali contratti, la cui mancanza determina l’esclusione per legge del concorrente.
Significativo è che nel bando della gara de qua, rispondente come detto al bando-tipo ANAC, l’art. 9 del disciplinare sia intitolato “Requisiti di partecipazione e/o condizioni di esecuzione”.
8.2. Ciò premesso, va corretta come segue l’interpretazione data dalla Regione Toscana e dal primo giudice agli artt. 97, comma 2, e 68, comma 15, del d.lgs. n. 36 del 2023.
8.2.1. Il primo è norma applicabile quando un partecipante del raggruppamento “si trova in una delle situazioni di cui agli articoli 94 e 95 o non è in possesso di uno dei requisiti dell’articolo 100” e consente al r.t.i. di non essere escluso a sua volta (arg. ex art. 97, comma 1) se, fermo restando l’articolo 96, riesce a “comprovare di averlo estromesso o sostituito con altro soggetto munito dei necessari requisiti fatta salva l’immodificabilità sostanziale dell’offerta presentata”.
Il “requisito necessario” dell’art. 47 del d.l. n. 77/2021 è un requisito di partecipazione, richiesto singolarmente a ciascuno dei componenti di un raggruppamento, a pena di esclusione: la sua omissione determina una causa “automatica” (cioè non discrezionale) di esclusione prevista per legge.
Detta qualificazione di requisito di partecipazione richiesto a pena di esclusione rende applicabile nel caso de quo la norma dell’art. 97, comma 2, nella parte in cui fa riferimento al fatto che il membro del r.t.i. si trovi in una situazione di causa escludente e/o manchi di un requisito speciale di partecipazione, a causa “di atti compiuti od omessi prima o nel corso della procedura” (arg. ex art. 96). Il rinvio fatto dalla norma alle sole cause escludenti degli artt. 94 e 95 ovvero alla sola mancanza di uno dei requisiti di qualificazione dell’art. 100 – all’opposto di quanto ritenuto dal T.a.r. – non è di ostacolo all’applicazione della disposizione, ogniqualvolta la situazione dell’impresa componente il r.t.i. si trovi in una situazione analoga alle predette, quale è la presente.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla stazione appaltante, poi, detta applicazione dell’art. 97 non entra in conflitto con le previsioni dell’art. 96, richiamato con la clausola di salvezza dell’incipit dell’art. 97, comma 2.
L’art. 96 riguarda infatti la “disciplina dell’esclusione” che va applicata specificamente nei confronti dell’impresa componente del r.t.i. che sia stata “interessata” dalla causa di esclusione. Il richiamo sta a significare che il componente del raggruppamento viene escluso o meno, a seconda che si verifichino o meno le situazioni e le condizioni specificate nei diversi commi dell’art. 96.
Tuttavia, una volta pervenuti all’esclusione della singola impresa del r.t.i., ai sensi dell’art. 96, per disciplinare gli effetti di tale esclusione nei confronti delle imprese restanti, cioè del r.t.i. nel suo complesso, va applicato appunto l’art. 97, comma 1 e 2.
Non sembrano condivisibili nemmeno le argomentazioni difensive della Regione Toscana, pur se supportate dal precedente di merito richiamato in atti (T.a.r. Puglia – Lecce, sez. I, 30 dicembre 2023, n. 1492), riguardo all’inapplicabilità dell’art. 97, comma 2, quando la causa escludente non sia collegata ad una situazione sopravvenuta o alla perdita del requisito dopo la presentazione dell’offerta (ai sensi dello stesso art. 97, comma 1, lett. b), bensì sia dovuta al mancato adempimento di un obbligo dichiarativo contestuale alla formulazione di questa.
Intanto, si potrebbe sostenere – senza che siano di ostacolo né la lettera né, soprattutto, la ratio della legge – che la causa escludente di Data Pos si è venuta a determinare successivamente alla presentazione dell’offerta.
In ogni caso, come ben obietta l’appellante, appare contrario ai principi di non discriminazione e di parità di trattamento consentire l’estromissione di un componente del raggruppamento che sia incorso in cause di esclusione per perdita dei requisiti generali o abbia perso i requisiti di qualificazione -eventi forieri anche di segnalazione all’ANAC – e non per l’ipotesi in esame, nel quale è comunque richiesta, a pena di esclusione, l’assunzione di un impegno destinato a trovare attuazione nella fase esecutiva.
8.2.2. Tutto quanto sin qui esposto sull’applicabilità dell’art. 97, comma 2, del d.lgs. n. 36 del 2023 consente di assorbire la questione interpretativa -altrettanto rilevante- riguardante l’ambito applicativo dell’art. 68, comma 17.
Si ritiene infatti che vada applicato il comma 15 di tale ultima disposizione, nella parte in cui rinvia all’art. 97.
Resta conseguentemente assorbita la richiesta di rinvio pregiudiziale sulla compatibilità col diritto dell’Unione dell’art. 68 del d.lgs. n. 36 del 2023.
8.3. Peraltro, la circostanza che nel caso di specie la modifica soggettiva, richiesta dal r.t.i. GPI e non accordata dalla stazione appaltante, possa avvenire per “riduzione”, a seguito del recesso della stessa impresa interessata dalla carenza del “requisito necessario dell’offerta”, ferma restando la legittima partecipazione alla gara delle altre imprese del raggruppamento, consente di accogliere il motivo senza necessità di nuova valutazione da parte della stazione appaltante.
8.3.1. A quest’ultimo riguardo, va infatti sottolineato che l’art. 97, comma 2, rimette alla stazione appaltante la verifica circa la tempestività e la sufficienza delle misure adottate del r.t.i. per porre rimedio alla necessaria estromissione di uno dei suoi componenti.
Nel caso di specie, risulta dagli atti quanto segue:
– il recesso della Data Pos è intervenuto ben prima dell’aggiudicazione, nella fase della gara, e di esso ha preso atto la mandataria, concretizzando lo stesso un’estromissione della mandante dal r.t.i.;
– tale modifica soggettiva per “riduzione” è stata tempestivamente comunicata alla stazione appaltante, con la contestuale manifestazione di volontà del r.t.i. di proseguire nella procedura di gara anche in assenza della mandante Data Pos;
– l’offerta presentata è stata mantenuta ferma;
– i restanti componenti del r.t.i. risultano in possesso di tutti i requisiti di partecipazione.
D’altronde, il provvedimento sopravvenuto alla nota del r.t.i. del 12 giugno 2024 – con la quale GPI rappresentava che nella stessa data la mandante aveva esercitato il recesso unilaterale dal r.t.i., che quindi, all’esito di tale recesso, risultava composto dalla stessa GPI (mandataria) e da Engineering Ingegneria Informatica S.p.A., Business Integration Partners S.p.A. e TD Group Italia s.r.l. (mandanti) – è stata riscontrata con la nota della Regione Toscana del 9 luglio 2024, con la quale la Presidente di gara ha respinto la richiesta limitandosi ad affermare l’inapplicabilità degli artt. 97 e 68 del d.lgs. n. 36 del 2023, senza nulla argomentare in merito all’intempestività o all’insufficienza dell’estromissione e/o alla permanente ammissibilità dell’offerta del r.t.i.
9. In conclusione, l’appello va accolto nei limiti del sesto motivo e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza gravata, gli atti impugnati vanno annullati nella sola parte in cui la stazione appaltante non ha consentito al r.t.i. GPI l’estromissione della mandante Data Pos, a seguito di suo recesso, e quindi non ha mantenuto in gara il raggruppamento come modificato per tale recesso.
9.1. Le spese processuali dei due gradi si compensano per giusti motivi, considerata la natura interpretativa delle questioni poste dal ricorso, riguardanti norme di recente introduzione.
CONSIGLIO DI STATO, V – sentenza 18 agosto 2025 n. 7065