1. In primo luogo, il Collegio deve dare atto dell’inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto, come già evidenziato in sede cautelare, esso ha ad oggetto atti privi di valenza provvedimentale.
A ciò si deve aggiungere che, anche qualora ammissibile, esso sarebbe comunque improcedibile o inammissibile sotto un diverso profilo: le censure contenute nel primo motivo di ricorso sono, infatti, venute meno con il deposito degli atti della procedura di gara mentre quelle proposte avverso il provvedimento di esclusione avevano a oggetto un atto all’epoca non esistente.
2. Sempre in via preliminare, il Collegio ritiene di poter soprassedere dall’eccezione di inammissibilità della memoria ex art. 73 c.p.a. della resistente perché il suo contenuto è comunque irrilevante ai fini della presente decisione.
3. Per quanto riguarda i motivi aggiunti, essi possono essere esaminati congiuntamente, stante la perfetta sovrapponibilità delle doglianze in essi contenute.
4. Con la prima, la ricorrente censura il contenuto del provvedimento di esclusione.
Nello specifico, essa sostiene di non aver indicato il CSI Rizzottaglia nella domanda di partecipazione perché il bando imponeva di indicare solo delle partecipanti iscritte al MePa e che, comunque, l’esatta composizione del costituendo RTI risulterebbe sia dai DGUE, inviati contestualmente alla domanda di partecipazione, sia dall’offerta tecnica.
Per quanto concerne, invece, il mancato conferimento del mandato collettivo, la ricorrente evidenzia che esso era contenuto nell’offerta tecnica nonché negli atti inviati in sede di soccorso istruttorio.
Le censure sono infondate.
Come noto, il legislatore del nuovo Codice dei contratti pubblici ha introdotto un articolo, il 97, espressamente dedicato ai raggruppamenti temporanei di impresa e ai consorzi.
In particolare, l’articolo 97, comma 1, del d.lgs. 36/23, a differenza delle disposizioni previgenti, ha previsto non solo la possibilità di sostituire un membro del raggruppamento ma anche quella di ridurlo.
Tuttavia, al di fuori di queste tassative ipotesi, già prima dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, la giurisprudenza aveva chiarito che, in linea generale, «il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche mira a garantire una conoscenza piena da parte delle Amministrazioni aggiudicatrici dei soggetti che intendono contrarre con le Amministrazioni stesse, consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti; verifica che non deve essere resa vana in corso di gara con modificazioni di alcun genere. Ciò risponde ad una duplice esigenza: a) evitare che la Stazione appaltante si trovi ad aggiudicare la gara e a stipulare il contratto con un soggetto del quale non abbia potuto verificare i requisiti, generali o speciali, di partecipazione, in conseguenza di modifiche della composizione del raggruppamento avvenute nel corso della procedura ad evidenza pubblica o nella fase esecutiva del contratto (principio di trasparenza); tutelare la par condicio dei partecipanti alla gara con modifiche della composizione soggettiva del raggruppamento calibrate sull’evoluzione della gara o sull’andamento del rapporto contrattuale (principio della parità di trattamento). Di qui la netta tendenza a privilegiare sostituzioni di carattere solo «interno» al raggruppamento (le imprese uscenti vengono dunque sostituite da altri soggetti già presenti nel raggruppamento), e non «esterno» ad esso, ossia mediante il ricorso a soggetti esterni al raggruppamento. Tali modificazioni, in altre parole, debbono eventualmente svolgersi senza l’addizione di nuovi soggetti che non abbiano partecipato alla gara» (ex multis T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 7 marzo 2022, n. 531).
Ne consegue che «la modifica sostitutiva c.d. per addizione costituisce ex se una deroga non consentita al principio della concorrenza perché ammette ad eseguire la prestazione un soggetto che non ha preso parte alla gara secondo regole di correttezza e trasparenza» (ex multis T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 7 marzo 2022, n. 531).
Ebbene, nel caso di specie mentre la stazione appaltante sostiene che la ricorrente ha modificato in sede di soccorso istruttorio il proprio raggruppamento temporaneo aggiungendovi il CSI Rizzottaglia, la società evidenzia che esso sarebbe stato indicato sia nei DGUE sia nella propria offerta.
La ricorrente giustifica, poi, il mancato inserimento della società de qua nella propria domanda di partecipazione perché il modello A imponeva di indicare solo le mandanti iscritte al MePa.
Tanto premesso, occorre evidenziare che, per stessa ammissione della ricorrente, il nome del CSI Rizzottaglia non compariva nei DGUE inviati entro il termine previsto per la partecipazione alla procedura.
A pagina 10 dei motivi aggiunti, depositati l’11 luglio 2025, si legge, infatti, che «Dopo una verifica, Sportway si è avveduta che il nominativo della CSI Rizzottaglia in effetti non compariva nei DGUE caricati sul Portale MePA il 27 febbraio 2025. Cosicché la Ricorrente rinuncia a quelle difese che si fondavano sull’ipotesi che i DGUE da essa caricati sul Portale MePA contenessero, tra le mandanti, il nominativo della CSI Rizzottaglia».
Ciò posto, in sede di soccorso istruttorio la stazione appaltante aveva chiesto alla ricorrente di integrare la propria documentazione, tra l’altro, con: «l’impegno, da parte degli operatori economici che costituiranno il raggruppamento temporaneo, a conferire, in caso di aggiudicazione, mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi qualificato come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti, specificando le parti del servizio che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti, con l’impegno di questi a realizzarle» e con «il DGUE di ciascun componente del Raggruppamento Temporaneo di Imprese in formato xml, conformemente al DGUE digitale messo a disposizione dalla Stazione Appaltante, denominato “Request.xml”, che dovrà essere importato e compilato utilizzando l’apposita funzione messa disposizione dal MePA, compilando anche i campi di cui alle lettere a) e b) indicati nel precedente punto 2».
Ricevuta la richiesta, la concorrente ha inviato una nuova domanda di partecipazione, che conteneva anche il CSI Rizzottaglia nonché il relativo DGUE.
Si tratta di una condotta che, a parere del Collegio, comprova la legittimità dell’esclusione in quanto la concorrente ha inviato per la prima volta il DGUE del CSI Rizzottaglia e, soprattutto, ha modificato la domanda di partecipazione, a comprova del fatto che aveva ben compreso la necessità di indicare il nominativo di tutti i membri del costituendo raggruppamento, a prescindere dalla loro iscrizione al MePa.
Sotto tale ultimo profilo occorre inoltre evidenziare che, nonostante sia vero che la formulazione del modello di domanda di partecipazione parrebbe avvalorare l’interpretazione proposta dalla ricorrente (ossia che dovevano essere indicate nella domanda solo le imprese iscritte al MePa), è altrettanto vero che essa deve essere interpretata alla luce dell’intero impianto normativo che, come visto, impone di indicare tutti i membri del raggruppamento, per assicurare il rispetto del principio di buona amministrazione e di par condicio tra i concorrenti.
Non coglie nel segno neppure l’asserzione secondo cui la ricorrente avrebbe agito correttamente, anche perché il portale non consentiva di caricare documenti relativi a soggetti non iscritti al MePa: la concorrente non è stata infatti esclusa per non aver depositato documenti relativi al CSI Riszzottaglia ma per non aver indicato che esso faceva parte del costituendo RTI.
Né è possibile sostenere che tale indicazione sarebbe contenuta nella propria offerta tecnica, in primo luogo, perché essa non fa parte della documentazione amministrativa e, pertanto, non è stata esaminata dalla stazione appaltante, stante l’esclusione della ricorrente.
A ciò si deve aggiungere che, in omaggio al principio di buona fede, espressamente previsto dall’articolo 5 del Codice, la ricorrente avrebbe dovuto quanto meno evidenziare che la composizione del RTI era stata indicata nell’offerta tecnica, anziché limitarsi a inviare una nuova domanda di partecipazione e il DGUE del CSI Rizzottaglia.
Ebbene, poiché il provvedimento di esclusione è plurimotivato, ossia fondato su una serie di ragioni ciascuna delle quali ideona di per sé a sorreggere la legittimità del provvedimento, il Collegio potrebbe esimersi dal vagliare la fondatezza delle censure relative al mancato impegno, da parte degli operatori economici che costituiranno il raggruppamento temporaneo, a conferire, in caso di aggiudicazione, mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi qualificato come mandatario, posto che, anche se la doglianza fosse fondato, le ricorrente non potrebbe trarre alcun giovamento da un suo eventuale accoglimento.
Tuttavia, per mere ragioni di completezza si evidenzia che, nonostante l’attivazione del soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante, la ricorrente non ha ottemperato il disposto dell’art. 101, comma 1 lett. a), a mente del quale l’istituto de quo è attivabile per «integrare di ogni elemento mancante la documentazione trasmessa alla stazione appaltante nel termine per la presentazione delle offerte con la domanda di partecipazione alla procedura di gara o con il documento di gara unico europeo, con esclusione della documentazione che compone l’offerta tecnica e l’offerta economica; la mancata presentazione della garanzia provvisoria, del contratto di avvalimento e dell’impegno a conferire mandato collettivo speciale in caso di raggruppamenti di concorrenti non ancora costituiti è sanabile mediante documenti aventi data certa anteriore al termine fissato per la presentazione delle offerte».
Nel caso di specie, infatti, la ricorrente ha prodotto un impegno avente una data successiva a quella prevista per la presentazione delle offerte né la sua posizione può essere sanata dalla previsione dell’art. 68, comma 1, del d.lgs. 36/23 (a mente del quale «È consentita la presentazione di offerte da parte dei soggetti di cui all’articolo 65, comma 2, lettera e) e lettera f), anche se non ancora costituiti» purché l’offerta sia «sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei o i consorzi ordinari di concorrenti e deve contenere l’impegno che, in caso di aggiudicazione della gara, gli stessi operatori conferiranno mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, da indicare in sede di offerta e qualificato come mandatario, il quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e dei mandanti»), posto che nel caso di specie l’offerta è stata sottoscritta da tutti componenti del raggruppamento ma è priva del menzionato impegno.
Per quanto sopra esposto il motivo è infondato e deve essere respinto.
5. Con la seconda censura dei motivi aggiunti la ricorrente sostiene la violazione dell’ordinanza cautelare n. 232/25 perché avrebbe affidato la commessa in violazione del termine di stand still.
Il motivo è infondato.
Dall’esame degli atti di causa è, infatti, emerso che la resistente non ha stipulato alcun contratto ma, nelle more della sottoscrizione (avvenuta il 16 giugno 2025), ha avviato il servizio in via d’urgenza in modo da assicurarne la continuità.
Ebbene, non solo l’avvio del servizio in via d’urgenza non è equiparabile alla stipula del contratto ma la violazione della clausola c.d. stand still non costituisce di per sé motivo di illegittimità degli atti di gara (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 15 novembre 2022, n. 9995) e, più in generale, non rappresenta un vizio dell’aggiudicazione, posto che esso svolge essenzialmente la funzione di garantire il diritto di difesa degli operatori non aggiudicatari e, pertanto, la sua violazione inciderà sull’eventuale risarcimento del danno in caso di accoglimento nel merito del ricorso.
A ciò si deve aggiungere che la ricorrente non può neppur vantare alcun affidamento sul prosieguo dell’attività in quanto la proroga concessale con la determina dirigenziale n. 1 del 31 gennaio 2025 scadeva il 30 aprile 2025, con la conseguente legittimità della decisione di chiudere il centro nel periodo compreso tra il 1° e il 5 maggio, per effettuare l’avvicendamento nella gestione.
Né è possibile sindacare la scelta, discrezionale, di individuare nell’aggiudicatario anziché nella ricorrente il soggetto che avrebbe dovuto eseguire provvisoriamente il servizio in quanto si tratta di una decisione discrezionale che, come tale, può essere oggetto di censurata solo qualora illogica o irragionevole, ipotesi che, in assenza di prova contraria da parte della ricorrente, il Collegio non ravvisa nel caso di specie.
Per tale ragione la censura è infondata e deve essere respinta.
5. Con la terza doglianza la ricorrente sostiene che la stazione appaltante non avrebbe accertato che il CCNL applicato dall’aggiudicataria assicuri le medesime tutele ai lavoratori rispetto a quello indicato nel bando.
La censura è infondata: dall’esame degli atti di causa emerge, infatti, che non solo l’aggiudicataria ha effettuato la dichiarazione di equivalenza ma che essa è stata vagliata RUP, che ha concluso il procedimento in senso favorevole alla controinteressata (nota prot. n. 55744 del 30 aprile 2025, richiamata nella determina n. 9 / 30/04/2025).
Si evidenzia, inoltre, che la verifica de qua rientra nella discrezionalità tecnica della Stazione Appaltante, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi ed evidenti errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione precedente.
Ipotesi, queste, che non ricorrono nel caso di specie, anche perché la ricorrente si è limitata contestare genericamente che «Si prende comunque atto degli “Esiti della verifica del RUP della Stazione Appaltante sull’Equivalenza tra il CCNL presentata dalla Comunità Giovanile Lavoro” di cui alla nota del 30 aprile 2025, prot. 55744 (doc. 25 avversario), e se ne contesta il contenuto».
Per quanto esposto la doglianza è infondata e deve essere respinta.
6. Con la quarta censura dei motivi aggiunti la ricorrente evidenzia che l’esclusione gli avrebbe impedito di seguire le operazioni di gara tramite la piattaforma MePa.
La censura è infondata in quanto non solo, come visto, l’esclusione dalla procedura si è rivelata legittima ma anche in virtù del fatto che non vi è stata nessuna concreta lesione del principio di trasparenza e del diritto di difesa della ricorrente: essa ha, infatti, potuto ricostruire le operazioni di gara attraverso l’esame della documentazione ottenuta in sede di accesso.
7. Per quanto sopra esposto il ricorso è infondato e deve essere respinto, con conseguente rigetto della domanda risarcitoria della ricorrente.
8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
TAR PIEMONTE, I – sentenza 22.10.2025 n. 1462