Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Giudizio di opposizione a precetto e relazione con la domanda di divisione

Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Giudizio di opposizione a precetto e relazione con la domanda di divisione

1. Il primo motivo del ricorso di 2Me.Il. .

1.1. Col primo motivo è denunciata la violazione degli artt. 112,342,345 e 346 c.p.c.; nonché dell’art. 2909 c.c..

L’illustrazione del motivo prospetta una tesi giuridica così riassumibile:

a) il Tribunale rigettò l’opposizione proposta da Me.Vi.affermando che il credito vantato da Or.Di. nei confronti del figlio ed erede non fosse mai caduto in comunione; infatti, alla morte di Or.Di., il figlio Me.Vi. cumulò nella propria persona la veste di creditore della quota ereditaria, ma anche quella di debitore verso il de cuius della somma di Euro 59.605; il Tribunale perciò concluse che la quota-parte del credito scaturente dalla condanna spettante a Me.Vi. si estinse per confusione, ex art. 1253 c.c., con la conseguenza che la quota restante del suddetto credito divenne titolarità esclusiva dell’altra coerede, 2Me.Il. ;

b) questa statuizione del Tribunale non fu impugnata da Me.Vi.

c) pertanto sulla ritenuta estinzione pro parte del credito oggetto del titolo esecutivo, e sulla concentrazione della parte restante in capo alla sola 2Me.Il. , si era formato il giudicato;

d) ergo, la Corte d’Appello, accogliendo l’opposizione e dichiarando che il credito portato dal titolo esecutivo fosse caduto in comunione (e non potesse perciò essere azionato in executivis), aveva violato il giudicato interno.

1.1. Il motivo è fondato nella parte in cui lamenta la violazione del giudicato interno.

Il Tribunale ha motivato il rigetto dell’opposizione proposta da Me.Vi.con due diverse rationes decidendi.

Dapprima ha affermato che il coerede può agire esecutivamente nei confronti di altro coerede per riscuotere pro quota un credito del de cuius (p. 3, terzultimo capoverso, della sentenza di primo grado).

Poi, però, ha aggiunto che nel caso di specie “non è neppure configurabile una comunione del credito tra i coeredi”, perché – ad avviso del Tribunale – il credito di Or.Di. nei confronti del figlio si era estinto pro parte ex art. 1253 c.c. allorché quest’ultimo divenne erede testamentario della madre creditrice. Concluse perciò il Tribunale affermando che 2Me.Il. era “titolare esclusiva” di un terzo del credito portato dal titolo esecutivo (ibidem, p. 3, ultimo rigo, e p. 4, primo capoverso).

1.2. Il Tribunale dunque, ha ritenuto che il credito di Or.Di. nei confronti del figlio non fosse affatto caduto in comunione, ma si fosse estinto per una parte, e per la parte restante si fosse trasferito in capo a 2Me.Il. “in via esclusiva”.

1.3. Incurante di questa ratio decidendi, l’appello proposto da Me.Vi.si diffuse per molte pagine a sostenere che il credito messo in esecuzione da 2Me.Il. non fosse né liquido, né certo, né esigibile. Sostenne che il titolo esecutivo messo in esecuzione non era definitivo ed era stato impugnato; che il credito di Or.Di. era caduto in comunione ereditaria; che i crediti ereditari non sono esigibili dal singolo erede sino allo scioglimento della comunione (atto d’appello, pp. 14-20).

1.4. In nessun punto, in nessun passaggio, in nessun accenno, l’appellante investì le due decisive affermazioni compiute dal Tribunale per rigettare l’opposizione, e cioè:

a) il credito messo in esecuzione si era estinto pro parte per confusione, e quindi

b) “non è configurabile una comunione del credito tra i coeredi”.

In pratica il Tribunale ha fondato la propria decisione sull’assunto che il credito di Or.Di. si fosse estinto per una parte e, per la parte restante, si fosse concentrato in capo a 2Me.Il. , con esclusione della comunione.

L’appellante invece ha motivato l’intero primo motivo d’appello spiegando che i crediti ereditari non sono esigibili sino alla divisione della comunione.

L’appello dunque non ha censurato l’affermazione secondo cui il credito di Or.Di. non era (più) oggetto di comunione ereditaria, in virtù dell’art. 1253 c.c..

E si trattava d’un “punto di sentenza” certamente suscettibile di passare in giudicato, in quanto basato sul triplice elemento del “fatto” (era Me.Vi.creditore e debitore di Or.Di.); della “norma” (l’art. 1253 c.c.) e dell'”effetto” (il credito si estingue pro parte e si scioglie la comunione su esso).

1.5. Il primo motivo di ricorso va dunque accolto, per essersi formato il giudicato sulla statuizione per cui il credito messo in esecuzione da 2Me.Il. non formava più, al momento dell’avvio dell’azione esecutiva, oggetto di comunione ereditaria.

È appena il caso di precisare che la correttezza della conclusione cui è pervenuto il primo giudice non può essere vagliata: e tanto in dipendenza del rilevato giudicato, sicché ogni questione al riguardo resta preclusa.

2. Il secondo motivo di ricorso.

Col secondo motivo è prospettata la violazione dell’art. 1253 c.c..

Deduce la ricorrente che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto che il credito di Or.Di. verso il figlio Me.Vi.i fosse caduto in successione. Sostiene che nel momento in cui Me.Vi.cumulò in sé le qualità di debitore del de cuius ed erede di questi, il suo credito verso la defunta madre si estinse pro quota per confusione, sicché la Corte d’Appello non avrebbe potuto ritenere che quel credito fosse caduto in comunione e nella sua interezza.

2.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.

3. Il terzo motivo del ricorso di 2Me.Il. .

Col terzo motivo si denuncia “l’omesso esame del fatto decisivo”, individuato nella qualità di erede testamentario in capo a Me.Vi.Il motivo non contiene alcuna reale censura, e sarebbe per questa ragione inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c.; in ogni caso, esso è assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.

4. Il quarto motivo del ricorso di 2Me.Il. .

Col quarto motivo è censurata l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui i crediti caduti in successione non possono essere messi in esecuzione dal singolo coerede.

4.1. Anche questo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.

5. Il primo motivo del ricorso incidentale di Me.Vi.

Col primo motivo di ricorso incidentale è censurata la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto inammissibili, perché coperte da giudicato, le domande di restituzione, collazione e rendiconto da lui proposte con riferimento all’eredità paterna.

5.1. Il motivo è fondato.

La Corte d’Appello, rilevato che identica domanda era stata dichiarata inammissibile in altro giudizio, ha ritenuto esservi giudicato su essa. L’errore è palese, dal momento che la pronuncia di inammissibilità resa in altro giudizio ha natura meramente processuale e non impedisce la riproposizione della domanda.

6. Il secondo motivo del ricorso incidentale.

Col secondo motivo di ricorso incidentale è censurata la statuizione di inammissibilità delle domande riconvenzionali di restituzione, collazione e rendiconto proposte da Me.Vi.con riferimento sia all’eredità materna che all’eredità paterna (per quest’ultima, infatti, la Corte d’Appello ha adottato una doppia motivazione, ritenendo la domanda sia coperta da giudicato, sia inammissibile ex art. 36 c.p.c.).

Deduce il ricorrente che il diritto azionato esecutivamente da 2Me.Il. “trae fonte dal patrimonio ereditario dei suoi genitori; conseguentemente, è intuitivo il legame che intercorre tra la fondatezza o meno del diritto e la ricostruzione dell’asse ereditario con la conseguente divisione delle quote fra gli eredi”.

6.1. Il motivo è fondato, ma per ragioni giuridiche diverse da quelle prospettate dal ricorrente.

Ciò, tuttavia, non è d’ostacolo all’accoglimento della censura, in virtù del principio già stabilito da questa Corte, secondo cui la Corte di cassazione – in virtù del principio jura novit curia – può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, a condizione che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti (Cass. civ., sez. VI-3, 14.2.2014, n. 3437; nello stesso senso, in seguito, Sez. 1, Ordinanza n. 4324 del 19.2.2025; Sez. 3, Ordinanza n. 2522 del 3.2.2025).

6.2. Me.Vi.ha proposto una opposizione a precetto.

Con l’atto introduttivo del giudizio da un lato contestò il diritto della sorella di agire esecutivamente, dall’altro chiese al giudice di dividere l’eredità materna.

6.3. Nel giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., l’opponente ha veste sostanziale e processuale di attore (Cass. civ., sez. lav., 7.3.2003, n. 3477Cass. Sez. 6, 20/01/2011, n. 1328Cass. Sez. 3, 28/06/2019, n. 17441).

Pertanto, la domanda di divisione dell’eredità proposta da Me.Vi.non era affatto una “riconvenzionale”, qualificazione inconcepibile rispetto alla domanda attorea.

Si trattava, molto più semplicemente, d’una domanda aggiuntiva e complanare rispetto a quella – insita in ogni opposizione – di accertamento negativo del diritto di procedere esecutivamente, quand’anche fondata su presupposti di fatto e di diritto (relativi alla struttura e alla composizione stesse della massa dell’eredità Diacci) parzialmente coincidenti.

6.4. La formulazione di più domande da parte dell’attore nei confronti del medesimo convenuto è consentita dall’art. 103 c.p.c., che – come noto – consente il cumulo di più domande anche “non altrimenti connesse”, salva la facoltà del giudice di separarle.

6.5. Il ricorso è dunque fondato nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 36 c.p.c.. Non, però, per la ragione giuridica indicata dal ricorrente (vi era “connessione” tra pretesa esecutiva e domanda di divisione), ma per la diversa ragione che la fattispecie processuale doveva essere decisa in base ai princìpi stabiliti dall’art. 103 c.p.c., non dall’art. 36 c.p.c..

7. Il terzo motivo del ricorso incidentale.

Il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in merito alla ritenuta inammissibilità della domanda “riconvenzionale”.

Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo.

8. I motivi quarto, quinto e sesto del ricorso incidentale.

I restanti tre motivi del ricorso incidentale – coi quali è denunciato il vizio di omessa pronuncia sulle domande proposte dall’opponente (quarto e quinto motivo), nonché la violazione delle norme sulla compensazione dei crediti (sesto motivo) – restano assorbiti.

9. La fondatezza, sia pure per quanto di rispettiva ragione, dei ricorsi impone la cassazione integrale della qui gravata sentenza e il rinvio alla stessa Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà pure a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

Cass. civ., III, sent., 07.06.2025, n. 15237

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live