9. L’appello è infondato.
10. Con l’unica doglianza, parte appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha accolto il ricorso dell’odierno appellato e annullato il provvedimento di revoca dell’accesso al servizio telematico “Entratel” ai sensi dell’art. 8 del D.M. 31 luglio 1998, deducendo che – a differenza di quanto statuito dal primo giudice – oltre a quella prevista dall’art. 3, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998 (commissione di irregolarità gravi o ripetute nello svolgimento dell’attività di trasmissione delle dichiarazioni), la revoca dell’abilitazione all’accesso al sistema “Entratel” può essere disposta anche ai sensi dell’art. 25, comma 3, del D.M. n. 164 del 1999 “in presenza di violazioni di norme tributarie o contributive ripetute e particolarmente gravi, in cui sia incorso il professionista sul piano personale”.
10.1. La doglianza non può essere condivisa dal Collegio.
10.2. In punto di fatto, come si evince dalla motivazione del provvedimento impugnato dinanzi al primo giudice, è pacifico in atti che l’Amministrazione ha nel caso di specie disposto la revoca dell’abilitazione all’accesso al servizio “Entratel” in quanto:
a) “…nell’ambito dei controlli, ai sensi dell’art. 71 del DPR 445/2000, sulla veridicità delle dichiarazioni rese, è emerso che il predetto professionista è iscritto nel Registro informatizzato delle notizie di reato della Procura della Repubblica di Catania” (artt. 110 c.p. e 217 e 224 r.d. n. 267 del 1942);
b) “Il carico pendente per tale reato esclude, nello specifico, la sussistenza del presupposto richiesto dall’art. 8 comma 1 lettera b) del Decreto Min. Finanze n. 164 del 31 maggio 1999, che esige, tra gli altri requisiti professionali di onorabilità e moralità di alto profilo, di <<non aver procedimenti penali pendenti nella fase di giudizio per reati finanziari>>”;
c) “L’insussistenza dei requisiti di cui all’art. 8 del D.M. n. 164 del 1999 (espressamente richiamato dall’art. 21 comma 2 lett. c del medesimo Decreto), comporta, a norma dell’art. 25 dello stesso D.M. n. 164 del 1999, la revoca dell’abilitazione alla trasmissione delle dichiarazioni in via telematica di cui all’articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998”;
d) “Le riscontrate violazioni delle disposizioni di cui agli artt. da 21 a 23 del medesimo decreto, per espressa volontà del sopra citato articolo 25 D.M. 164/1999, incidono negativamente non solo sulla facoltà di apporre il visto di conformità, ma anche sull’abilitazione alla trasmissione delle dichiarazioni in via telematica”.
10.3. In sintesi, per l’Amministrazione, l’accertamento della pendenza di un procedimento penale a carico del professionista, con rinvio a giudizio di quest’ultimo per il reato di -OMISSIS-, assume rilevanza ai sensi dell’art. 8 del D.M. n. 164 del 1999 e, in virtù del combinato disposto degli artt. 21, comma 2, lett. c) e 25 del medesimo D.M., da tale accertamento deve conseguire la revoca dell’abilitazione all’accesso al servizio telematico “Entratel” di trasmissione delle dichiarazioni.
10.4. Tale conclusione è stata censurata dal primo giudice che, richiamando puntualmente la decisione di questo Consiglio di Giustizia Amministrativa n. 43 del 2022, ha ritenuto non applicabili per giustificare la revoca dell’accesso al servizio “Entratel” le norme del D.M. n. 164 del 1999, in quanto attinenti alla diversa materia del rilascio del visto di conformità, che pertanto non possono fungere da base normativa a sostegno del potere esercitato in concreto dalla P.A. trattandosi di due diversi e autonomi procedimenti, finalizzati al rilascio di provvedimenti abilitativi differenti e con ambiti applicativi distinti.
10.5. Ciò posto, rileva il Collegio che l’art. 3, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998 (“Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’art. 3, comma 136, della legge 23 dicembre 1996, n. 662”), espressamente dedicato alla revoca dell’abilitazione alla trasmissione delle dichiarazioni da parte dei professionisti, stabilisce: “L’abilitazione è revocata quando nello svolgimento dell’attività di trasmissione delle dichiarazioni vengono commesse gravi o ripetute irregolarità, ovvero in presenza di provvedimenti di sospensione irrogati dall’ordine di appartenenza del professionista o in caso di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività da parte dei centri di assistenza fiscale. Si considera grave irregolarità l’omissione ripetuta della trasmissione di dichiarazioni o di comunicazioni per le quali i soggetti di cui ai commi 2-bis e 3 hanno rilasciato l’impegno cumulativo a trasmettere di cui al comma 6-bis”.
Tale disposizione, espressamente richiamata dall’Amministrazione a sostegno del provvedimento annullato dal giudice di primo grado, non menziona, quale causa di revoca dell’abilitazione, la pendenza di un procedimento penale a carico del professionista per il reato di -OMISSIS-.
Essa, infatti, si limita a richiamare la commissione di “gravi o ripetute irregolarità”, ma tali condotte devono essere tenute dal professionista “nello svolgimento dell’attività di trasmissione delle dichiarazioni”.
Ne discende, pertanto, che – come correttamente statuito dal primo giudice – l’art. 3, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998, isolatamente considerato, non permetteva la revoca dell’abilitazione all’odierno appellato.
10.6. Tanto rilevato, al fine di scrutinare compiutamente il proposto motivo di appello, il Collegio deve ulteriormente indagare se nella fattispecie controversa sussistevano i presupposti per disporre la revoca dell’abilitazione in applicazione del combinato disposto degli artt. 21, comma 2, lett. c) e 25, comma 3, del D.M. 31 maggio 1999, n. 164 (“Regolamento recante norme per l’assistenza fiscale resa dai Centri di assistenza fiscale per le imprese e per i dipendenti, dai sostituti d’imposta e dai professionisti ai sensi dell’articolo 40 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”).
10.7. Al quesito non può che essere data risposta negativa.
Questo Consiglio di Giustizia Amministrativa, pronunciandosi su analoga controversia (cfr. C.G.A.R.S. n. 72 del 2 febbraio 2021; analogamente, C.G.A.R.S. n. 1018 del 9 novembre 2020 e Id. n. 42 del 14 gennaio 2022), ha così ricostruito il pertinente quadro normativo:
“…Nel frattempo è stato emanato il d.lgs. 9/7/1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni), il quale prevede, tra l’altro (all’art. 35 c. 3), che i soggetti indicati alle lettere a) e b), del comma 3 dell’art. 3 del d.p.r. 22 luglio 1998, n. 322, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, rilasciano, su richiesta dei contribuenti, il visto di conformità e l’asseverazione.
Quindi i soggetti iscritti in albi e già abilitati Entratel possono anche essere autorizzati al rilascio di visti e asseverazioni.
Per le disposizioni attuative di quanto previsto nel capo V del d.lgs. 9/7/1997 n. 241 in questione è stato emanato il d.m. 31/5/1999, n. 164 (Regolamento recante norme per l’assistenza fiscale resa dai Centri di assistenza fiscale per le imprese e per i dipendenti, dai sostituti d’imposta e dai professionisti ai sensi dell’articolo 40 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), il quale prescrive, per gli iscritti in albi che intendano essere autorizzati al rilascio di visti ed autorizzazioni, il possesso di una serie di requisiti anche di onorabilità, tra cui la correntezza fiscale (art. 8), da dichiararsi al momento della richiesta relativa all’esercizio della facoltà di rilasciare il visto di conformità o l’asseverazione (art. 21).
L’art. 25 prevede i controlli sul corretto svolgimento dell’attività di assistenza fiscale da parte dei professionisti; laddove il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate riscontri violazioni alle disposizioni degli articoli da 21 a 23, in esito ad una precisa scansione procedimentale volta ad assicurare il contraddittorio con la parte, può essere disposta la sospensione cautelare dell’attività di assistenza. Inoltre, l’ufficio invia la documentazione relativa alle suddette irregolarità all’ufficio competente ai fini della revoca dell’abilitazione alla trasmissione delle dichiarazioni in via telematica di cui all’articolo 3, comma 4, del d.p.r. n. 322 del 1998.
Della disposizione di cui all’art. 25 dev’essere data una lettura compatibile con il principio del rispetto dei limiti discendenti dalla gerarchia delle fonti, ed in tale ottica il d.m. 31/05/1999, n. 164 è stato emanato ai sensi dell’articolo 40 del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241 (il quale aveva rimesso ad apposito regolamento l’emanazione di disposizioni attuative di quanto previsto nel capo V, relativo all’assistenza fiscale). Si tratta infatti del regolamento relativo all’attività di assistenza fiscale con specifico riferimento all’attività di rilascio di visto e asseverazione.
Il visto di conformità, introdotto nel nostro sistema tributario dal decreto legislativo n. 241 del 9 luglio 1997, costituisce uno dei livelli dell’attività di controllo sulla corretta applicazione delle norme tributarie, attribuito dal legislatore a soggetti estranei all’amministrazione finanziaria; il soggetto autorizzato al rilascio del visto predispone la dichiarazione fiscale, attesta di aver eseguito i necessari controlli mediante sottoscrizione della stessa e la trasmette all’Agenzia delle entrate.
L’apposizione del visto di conformità implica il riscontro della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze della relativa documentazione e alle disposizioni che disciplinano gli oneri deducibili e detraibili, le detrazioni e i crediti d’imposta, lo scomputo delle ritenute d’acconto, i versamenti.
Con l’asseverazione degli elementi ai fini dell’applicazione degli studi di settore (art. 3 del decreto ministeriale n. 164/1999) il professionista abilitato attesta che gli elementi contabili ed extracontabili del proprio assistito, comunicati all’amministrazione finanziaria e rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, corrispondono a quelli risultanti dalle scritture contabili e da altra documentazione idonea.
Si comprende, quindi, per quale motivo il legislatore abbia ritenuto che il professionista autorizzato al rilascio del visto di conformità ed all’asseverazione debba rispondere a requisiti professionali di onorabilità e moralità di alto profilo tali da poter offrire ampia garanzia all’Erario e al contribuente, e per tale ragione l’art. 8, comma 1, del d.m. 31 maggio 1999, n. 164, prevede stringenti requisiti soggettivi, tra i quali la correntezza fiscale e tributaria, la cui carenza impedisce lo svolgimento dell’attività in questione (come avvenuto nel caso del ricorrente).
Esigenze che tuttavia non sono state positivizzate nel diverso caso dell’utilizzo del servizio Entratel, evidentemente per il minore impatto dell’attività in questione (di mera trasmissione della documentazione fiscale), oltretutto aperta ad un’ampia platea di soggetti (come sopra indicato); si veda in proposito l’elenco dei requisiti soggettivi per ottenere l’abilitazione al servizio telematico Entratel contenuto nel decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze 31 luglio 1998, recante “Modalità tecniche di trasmissione telematica delle dichiarazioni e dei contratti di locazione e di affitto da sottoporre a registrazione, nonché di esecuzione telematica dei pagamenti“.
In coerenza, la revoca dell’abilitazione alla trasmissione delle dichiarazioni in via telematica di cui all’art. 3, comma 4, del d.p.r. n. 322 del 1998, è ancorata a ben precise ipotesi, sopra richiamate, legate a gravi e ripetute inadempienze tra le quali non rientra l’assenza (originaria o sopravvenuta) dei requisiti di onorabilità richiesti per l’ammissione all’attività di rilascio di visti ed asseverazione, salva l’ipotesi di provvedimenti di sospensione di durata non inferiore a 12 mesi o di radiazione irrogati dall’ordine di appartenenza con riguardo agli iscritti negli albi professionali.
8.4. Pertanto, tra le cause (di cui all’art. 25 del citato d.m. del 164/1999) di revoca dell’autorizzazione all’attività di assistenza fiscale che impongano l’invio della documentazione all’ufficio competente ai fini della revoca dell’abilitazione alla trasmissione delle dichiarazioni in via telematica Entratel, devono enuclearsi le fattispecie attinenti all’irregolarità nell’attività professionale, in coerenza con le previsioni di revoca individuate dal richiamato d.p.r. n. 322/98.
Ciò perché, se la ratio dell’impianto normativo relativo all’assistenza fiscale, sopra riassunto nei suoi lineamenti essenziali, è quella di non consentire ad operatori che abbiano commesso violazioni gravi e ripetute di disposizioni tributarie, anche nei rapporti “personali” con l’Agenzia delle entrate, di svolgere la delicata attività di apposizione del visto di conformità e dell’asseverazione, per converso non si giustifica l’estensione della preclusione all’utilizzo, consentito ad una estremamente ampia platea di soggetti, del sistema telematico per la trasmissione delle dichiarazioni fiscali.
Per cui le ipotesi di comunicazioni di fatti rilevanti, ex art. 25 d.m. n. 164/99, ai fini della revoca dell’abilitazione al sistema Entratel devono comunque essere ricondotte a fattispecie sovrapponibili a quelle indicate all’art. 3, comma 4, del d.p.r. n. 322 del 1998, senza poter aggiungere cause ulteriori”.
10.8. A tale indirizzo, pienamente condiviso dal Collegio anche in precedenti recenti (cfr. C.G.A.R.S. nn. 169, 170, 171 e 172 del 10 marzo 2025), deve essere data in questa sede continuità.
Ed invero, l’art. 8 del D.M. n. 164 del 1999, rubricato “Requisiti soggettivi”, è disposizione richiamata dall’art. 21, comma 2, lett. c) del medesimo D.M. con specifico riferimento ai professionisti che intendano esercitare la “facoltà di rilasciare il visto di conformità o l’asseverazione”: questi ultimi hanno l’onere di produrre, tra l’altro, la “c) dichiarazione relativa alla sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 8, comma 1”.
Tale disposizione ha un perimetro applicativo definito e riguarda esclusivamente i professionisti che intendano esercitare la “facoltà di rilasciare il visto di conformità o l’asseverazione” (cfr. art. 21, comma 1, D.M. n. 164 del 1999); essa, pertanto, non disciplina la diversa attività dell’accesso al sistema “Entratel” dell’Agenzia delle Entrate e della trasmissione telematica delle dichiarazioni.
Quanto all’art. 25 del medesimo D.M., rubricato “Vigilanza” e dedicato alla verifica da parte dei competenti Uffici dell’Agenzia delle Entrate del “corretto svolgimento dell’attività di assistenza fiscale”, esso stabilisce:
– in caso di accertamento di violazioni alle disposizioni degli artt. da 21 a 23 del D.M. n. 164 del 1999, viene redatto un processo verbale di constatazione da notificare al professionista, con assegnazione di un termine non superiore a novanta giorni per eliminare le irregolarità o presentare osservazioni (comma 2);
– decorso il termine assegnato al professionista, ove le osservazioni non siano ritenute soddisfacenti ovvero il professionista non si sia adeguato alle prescrizioni dell’Ufficio, quest’ultimo ordina l’eliminazione delle irregolarità nel termine di trenta giorni, ferma restando la possibilità – nel caso di irregolarità “che presentino aspetti di particolare gravità” – di sospensione cautelare dell’attività di assistenza (comma 3, primo periodo):
– decorso inutilmente il predetto termine di trenta giorni, l’Ufficio trasmette la documentazione relativa alle suddette irregolarità a quello “competente ai fini della revoca dell’abilitazione alla trasmissione delle dichiarazioni in via telematica di cui all’articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, nonché agli Ordini professionali per l’eventuale adozione di ulteriori provvedimenti” (comma 3, secondo periodo).
Dalla piana lettura delle disposizioni sopra richiamate di cui all’art. 25, commi 2 e 3, del D.M. n. 164 del 1999 non si evince affatto – come erroneamente dedotto da parte appellante – che sussiste la possibilità di revoca dell’abilitazione all’accesso al sistema “Entratel” fuori dai casi tassativamente indicati nell’art. 3, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998, bensì che l’Ufficio procedente ai sensi dell’art. 25 del D.M. n. 169 del 1999, in quanto titolare dei poteri di vigilanza sul “corretto svolgimento dell’attività di assistenza fiscale”, può trasmettere la documentazione acquisita a carico del professionista anche all’ufficio competente ai fine della revoca dell’abilitazione alla trasmissione delle dichiarazioni in via telematica “di cui all’articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998”.
In sintesi, le cause di legittima revoca dell’abilitazione sono sempre quelle, e soltanto quelle, previste dall’art. 3, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998, non potendosi ravvisare nel D.M. n. 164 del 1999 alcuna estensione dell’ambito applicativo di tale ultima norma; né a tale estensione può pervenirsi in via interpretativa, trattandosi di norma dal chiaro contenuto sanzionatorio, della quale è pertanto inibita qualsiasi interpretazione estensiva o analogica.
Ne discende che all’art. 25, comma 3, ultimo periodo, del D.M. n. 164 del 1999 non può che essere dato il significato reso evidente dal suo tenore letterale: l’ufficio istruttore, all’esito della sequenza procedimentale sopra descritta, qualora abbia accertato “irregolarità” nello svolgimento dell’attività “di assistenza fiscale” che il professionista non abbia eliminato nel termine assegnatogli, può, tra l’altro, inviare la documentazione acquisita all’ufficio competente a revocare l’abilitazione all’accesso al sistema “Entratel”, affinché quest’ultimo, ove ravvisi la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 3, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998, adotti il provvedimento di revoca.
Ne consegue che nessun automatismo è possibile intravedere tra la trasmissione della documentazione e la revoca dell’abilitazione, per la ragione, di immediata evidenza, che le cause di legittima revoca rimangono perimetrate esclusivamente dall’art. 3, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998, senza che detta disposizione abbia subito alcun ampliamento in virtù dell’entrata in vigore del D.M. n. 169 del 1999.
L’errore di lettura del dato normativo in cui incorre parte appellante è quindi evidente: l’art. 25, comma 3, del D.M. n. 164 del 1999 contiene una norma di mera matrice procedimentale, la cui ratio è di mettere l’ufficio competente a eventualmente adottare il provvedimento di revoca dell’abilitazione nelle condizioni di vagliare la documentazione acquisita in sede di attività di vigilanza, ma ciò al solo fine di verificare se ricorrano o meno, a carico del professionista, i presupposti ai quali l’art. 3, comma 4, del d.P.R. n. 322 del 1998 àncora un legittimo provvedimento di revoca.
10.9. In definitiva, l’appello si palesa infondato, non riuscendo a scalfire il condivisibile percorso logico argomentativo seguito dal primo giudice.
10.10. Quanto, infine, alla richiesta di parte appellante, formulata in via subordinata, di rimessione all’Adunanza Plenaria della questione interpretativa oggetto del motivo di appello, essa non può essere delibata positivamente dal Collegio.
Ed invero, ai sensi del richiamato art. 99, comma 1, c.p.a., la rimessione all’Adunanza Plenaria può giustificarsi se il punto di diritto “ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali”, ma non quando, come è nel caso controverso, la questione decisa trova numerosi precedenti tutti conformi, taluni anche non recentissimi, della Sezione (cfr. C.G.A.R.S. n. 72 del 2 febbraio 2021; Id., n. 1018 del 9 novembre 2020; Id. n. 42 del 14 gennaio 2022) e non si riscontrano, in disparte le letture orientate e non condivisibili di parte appellante di talune decisioni del Consiglio di Stato menzionate nell’atto di gravame, sentenze di altre sezioni giurisdizionali recanti indirizzi giurisprudenziali uniformi di segno diametralmente opposto.
11. In conclusione, l’appello va respinto.
12. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
CGA, GIURISDIZIONALE – ordinanza 08.09.2025 n. 269