Obbligazioni e contratti – Tutela del credito- Affidamento diretto ex art. 50 del D.lgs. 36/2023 di un incarico di progettazione e illegittimità dell’annullamento di ufficio per omessa preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento ex artt. 7 e segg. della legge n. 241 del 1990

Obbligazioni e contratti – Tutela del credito- Affidamento diretto ex art. 50 del D.lgs. 36/2023 di un incarico di progettazione e illegittimità dell’annullamento di ufficio per omessa preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento ex artt. 7 e segg. della legge n. 241 del 1990

1. Con il ricorso in esame, depositato in data 23/6/2025, la società deducente – già affidataria diretta, ex art. 50 del D.lgs. 36/2023, da parte del Comune di Tursi, dell’incarico di progettazione avente ad oggetto la “Messa in sicurezza dell’alveo del Torrente Pescogrosso a Monte del Centro abitato – III stralcio” – ha impugnato gli atti specificati in epigrafe ed in particolare la Determinazione, n. 147 del 20/5/2025, con la quale il medesimo Ente civico ha deciso di revocare il contratto relativo a detto affidamento.

1.1. Risulta in fatto che:

– il Comune di Tursi ha affidato in via diretta, con determina n. 267-T dell’1 agosto 2024, l’incarico di progettazione per cui è causa; con determina, pressoché contestuale, n. 269-T del 2 agosto 2024, è stato disposto l’affidamento diretto, in favore di altro operatore, dell’incarico di progettazione relativo all’intervento di “Messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico consolidamento e stabilizzazione geotecnica dell’area a monte di via Napoli del Comune di Tursi” (affidamento anch’esso rimosso in autotutela, la cui impugnazione è controversa nel connesso giudizio R.G. n. 216/2025); inoltre, con determina n. 401-T del 25/10/2024, è stata affidata, a seguito di procedura negoziata, la progettazione dell’intervento di “Messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico consolidamento e stabilizzazione geotecnica del rione Rabatana” (affidamento anch’esso interessato da revoca, la cui impugnazione è controversa nel connesso giudizio R.G. n. 217/2025);

– l’affidamento per cui è causa è stato annullato d’ufficio in data 7/10/2024, avendo rilevato il Comune la possibilità di intravedere “un frazionamento artificioso dell’intervento in oggetto”; annullamento successivamente revocato in data 23/10/2024, per non meglio precisate motivazioni, con conseguente ripristino dell’originario affidamento;

– indi, a seguito di una segnalazione, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (A.N.A.C.) ha intrapreso un’attività ispettiva per verificare la regolarità dell’affidamento in questione (nonché degli ulteriori due affidamenti dianzi richiamati), i cui esiti sono compendiati nella presupposta Delibera dell’Autorità, n. 133 del 2/4/2025 (anch’essa impugnata in quanto atto richiamato nel provvedimento e fondante la sua motivazione);

– in detta Delibera, in particolare, sono stati sollevati i seguenti rilievi:

i) “[…] incompletezza della documentazione per le procedure relative all’affidamento della progettazione degli interventi in esame, a fronte della mancata redazione degli atti propedeutici alla progettazione di cui al DIP, previsto dall’art. 41 e dall’allegato I.7 del d.lgs. 36/2023, laddove tale carenza, oltre a poter compromettere una corretta stima dei corrispettivi della progettazione in relazione alle fasi e alle competenze richieste, comporta la mancata messa a disposizione dell’offerente della documentazione utile per la formulazione di un’offerta consapevole ed attendibile”;

ii) “[…] mancata ottemperanza alle previsioni dell’art. 17, comma 5 del d.lgs. 36/2023, che rende possibile procedere all’aggiudicazione solo dopo la verifica del possesso dei requisiti in capo all’offerente, tenuto conto che non risulta comprovato l’avvenuto accertamento dei requisiti di carattere generale e speciale, in maniera completa, in capo ai soggetti affidatari, prima dell’affidamento diretto e dell’aggiudicazione della procedura negoziata”;

iii) “[…] ritenere ravvisabile, alla luce delle considerazioni esposte, la violazione del divieto di artificioso frazionamento dell’appalto, di cui all’art. 14, comma 6 del d.lgs. 36/2023, tenuto conto che la suddivisione della progettazione in più incarichi ha consentito di utilizzare lo strumento dell’affidamento diretto per due degli affidamenti, nonché la procedura negoziata sotto soglia per il terzo affidamento, laddove il cumulo degli importi dei vari incarichi avrebbe determinato, senz’altro, il superamento delle soglie previste dall’art. 50, comma 1, lett. b) ed e) del codice, con elusione, altresì, della soglia di rilevanza europea”;

– a seguito di tali rilievi, il Comune di Tursi ha adottato l’impugnato provvedimento, nel quale, per quanto d’interesse, si è testualmente disposto di “revocare il contratto relativo alla progettazione dell’intervento in oggetto, affidato con determinazione n. 267/T del 01.08.2024, e proseguire all’affidamento del servizio nel rispetto della Delibera ANAC n. 133 del 02.04.2025 e mediante l’affidamento computando l’importo complessivo stimato della totalità dei tre interventi indicati nella predetta deliberazione A.N.A.C.”.

1.2. L’impugnazione è affidata a due ordini di censure:

– dal punto di vista procedurale, è contestata la mancata attività di ogni contraddittorio procedimentale con la società, nonché l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’autotutela ex artt. 21-quinquies e 21-nonies della L. n. 241/1990 (in punto di motivazione della determinazione, di enucleazione dell’interesse pubblico, di lesione del legittimo affidamento);

– dal punto di vista sostanziale, è contestata la fondatezza dei rilievi esposti nella presupposta Delibera A.N.A.C. n. 133 del 2.4.2025, dianzi richiamata.

Nel ricorso è altresì formulata domanda diretta al risarcimento (in forma specifica o per equivalente) dei danni conseguenti alla dedotta illegittimità provvedimentale ovvero, in subordine, per violazione delle regole di correttezza e buona fede nella gestione della procedura; in estremo subordine, è domandato il riconoscimento di un indennizzo ex art. 21-quinquies della L. n. 241/1990.

2. Si è costituita in giudizio l’A.N.A.C. che, eccependo anzitutto l’inammissibilità dell’impugnazione della propria delibera (siccome sprovvista di valore provvedimentale), ha argomentato l’infondatezza del ricorso.

3. All’udienza pubblica dell’8/10/2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. In via liminare, va respinta l’eccezione di (parziale) inammissibilità del ricorso, come dianzi esposta, atteso che la Delibera A.N.A.C., ancorché non impugnabile in via autonoma (stante il suo carattere prodromico ed endoprocedimentale), è certamente impugnabile unitamente al provvedimento da cui discende la lesione della sfera giuridica dell’interessato, nella misura in cui detta Delibera viene ad integrare, come accaduto nella specie, il presupposto e la motivazione di tale determinazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22/12/2022, n. 11200).

5. Il ricorso è fondato in parte nei sensi appresso chiariti.

6. Si impongono due preliminari precisazioni.

6.1. Anzitutto – richiamato il potere del giudice amministrativo di qualificare gli atti amministrativi oggetto di giudizio senza essere vincolato né dall’intitolazione dell’atto, né tanto meno dalle deduzioni delle parti in causa, tenuto conto che “L’esatta qualificazione di un provvedimento va effettuata tenendo conto del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’Amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante né può prevalere sulla sostanza e neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell’atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato” (cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. V, 28/8/2019, n. 5921; sez. V, 4/10/2021, n. 6606) – è opinione del Collegio che l’avversata determinazione comunale, a dispetto del nomen di revoca contrattuale, abbia natura di un atto di auto-annullamento ed investa in via immediata e diretta il provvedimento di affidamento della commessa in questione e, in via soltanto conseguenziale, il relativo contratto (anch’esso, comunque, travolto dall’autotutela stante il collegamento sostanziale di stretta presupposizione ravvisabile tra i due atti, i quali simul stabunt, simul cadent).

In tal senso, depone l’assorbente circostanza per cui l’esercizio dell’autotutela alla quale il Comune si è determinato si fonda sul rilievo, esplicitato nella presupposta Delibera A.N.A.C. (che integra ob relationem l’apparato motivazionale del provvedimento), del contrasto dell’affidamento con il divieto di artificioso frazionamento dell’appalto di cui all’art. 14, co. 6, del D.lgs. 36/2023, atteso che “la suddivisione della progettazione in più incarichi ha consentito di utilizzare lo strumento dell’affidamento diretto per due degli affidamenti, nonché la procedura negoziata sotto soglia per il terzo affidamento, laddove il cumulo degli importi dei vari incarichi avrebbe determinato, senz’altro, il superamento delle soglie previste dall’art. 50, comma 1, lett. b) ed e) del codice, con elusione, altresì, della soglia di rilevanza europea”.

Talché, è di tutta evidenza che l’autotutela sub iudice è stata indirizzata precipuamente nei confronti dell’aggiudicazione e non è da ricollegare a valutazioni di opportunità connesse all’esercizio dello ius poenitendi o ad una modificazione della situazione di fatto (profili di cui, invero, non vi è alcuna traccia nel provvedimento), ma, piuttosto chiaramente, al riconoscimento di un vizio di legittimità connotante il pregresso affidamento ab origine.

Con ogni effetto in termini di qualificazione giuridica dell’atto e di conseguente individuazione del paradigma normativo di riferimento, da rinvenirsi nell’art. 21-nonies della L. n. 241/1990.

6.2. Sotto altro profilo, deve condividersi la considerazione della difesa erariale secondo cui il fulcro motivazionale dell’avversato provvedimento di autotutela risiede unicamente nell’ipotizzato contrasto dell’originario affidamento con il divieto di artificioso frazionamento dell’appalto. Nessuna rilevanza in sede di autotutela hanno assunto, invece, gli ulteriori due rilievi, pure rassegnati nella presupposta Delibera A.N.A.C. n. 133 del 2/4/2025 e rubricati nella narrativa sub i) e ii), siccome non richiamati in alcun modo nel provvedimento comunale.

7. Ciò posto, ritiene il Collegio che l’impugnato provvedimento comunale sia effettivamente viziato, come denunciato nel ricorso, dall’inosservanza dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, sancito in generale dall’art. 7 della L. n. 241/1990.

Detto strumento partecipativo, funzionale alla realizzazione della garanzia del contraddittorio in sede amministrativa, connota anche i provvedimenti di autotutela (cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. II, 31/01/2025, n. 762), rispetto ai quali, per vero, la necessità del previo confronto endoprocedimentale è rafforzata dalla considerazione per cui l’esercizio del relativo potere è destinato naturaliter ad incidere in modo particolarmente sfavorevole nella sfera giuridica dell’interessato, privandolo di utilità precedentemente riconosciutegli dall’Amministrazione stessa.

Il che si correla a quanto prescritto dal pertinente paradigma normativo, l’art. 21-nonies della L. n. 241/1990, che impone all’Amministrazione, inter coeterea, non soltanto l’esplicitazione delle ragioni di interesse pubblico ulteriori rispetto alla mera rimozione dell’illegittimità dell’interesse pubblico, ma anche l’attenta considerazione degli interessi del destinatario dell’atto originario, la cui acquisizione nel procedimento non può che avvenire mediante un’effettiva e non formale partecipazione.

Tale adempimento, tuttavia, è stato ingiustificatamente omesso dal Comune di Tursi, con conseguente menomazione delle prerogative partecipative e defensionali riconosciute dall’ordinamento in favore della società ricorrente.

D’altra parte, l’Ente non ha indicato nel provvedimento – come sarebbe stato suo onere – l’esistenza di ragioni di urgenza potenzialmente in grado di esonerarlo da tale doveroso comportamento. Né, comunque, tali ragioni emergono aliunde, considerato che la Delibera A.N.A.C. recante i rilievi di illegittimità dell’affidamento risulta inviata al Comune in data 23/4/2025, mentre il provvedimento di autotutela è stato adottato solo il 20/5/2025; ciò conclamando una tempistica di formazione della volizione provvedimentale certamente compatibile con il rispetto della prescritta garanzia partecipativa.

Il vizio procedurale così acclarato assume connotazione sostanziale ed invalidante, non essendo superabile in applicazione dell’art. 21-octies, co. 2, della L. n. 241/1990, in quanto:

– il provvedimento sub iudice ha carattere discrezionale, in coerenza con la natura tipica del potere di autotutela di cui è espressione, dovendo anche escludersi, nel caso concreto, che la presupposta Delibera A.N.A.C. avesse qualsivoglia portata vincolante nei confronti del Comune (sì da poter intravedere un’ipotesi di autotutela doverosa): come si evince dal suo inequivoco tenore testuale, si è limitato a rappresentare una (ipotizzata) illegittimità dell’affidamento de quo, con “invito” al Comune a rappresentare “le valutazioni condotte, nonché le eventuali azioni intraprese”; ciò in linea con quanto previsto dal Regolamento dell’Autorità sull’esercizio dell’attività di vigilanza in materia di contratti pubblici (approvato con la Delibera n. 270 del 20 giugno 2023), il cui art. 18 prevede che il procedimento di vigilanza attivato su segnalazione (fattispecie pertinente al caso) possa concludersi, come avvenuto nella vicenda in esame, con un mero “accertamento di atti illegittimi o irregolari della procedura di gara o dell’esecuzione del contratto, eventualmente accompagnato da raccomandazioni, rivolte alle stazioni appaltanti o agli enti concedenti interessati, a rimuovere le illegittimità o irregolarità riscontrate, ovvero ad adottare atti volti a prevenire, per il futuro, il ripetersi di tali illegittimità e irregolarità”;

– la mancata costituzione in giudizio del Comune di Tursi non consente di ovviare, in sede processuale, al ravvisato deficit di contraddittorio procedimentale, mediante l’eventuale prova della concreta irrilevanza del contributo partecipativo, come previsto dal secondo alinea di detta previsione normativa (“Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile qualora l’Amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”).

8. A quanto sopra, consegue, in accoglimento del richiamato motivo e con assorbimento di ogni altra censura (stante la necessità di preservare integro ed impregiudicato il contraddittorio procedimentale che avrà eventualmente luogo in sede di riesercizio del potere), l’annullamento dell’impugnato provvedimento del Comune di Tursi.

Al riguardo, va chiarito che – in ragione della natura del vizio che ha condotto all’accoglimento della domanda di annullamento – la portata caducatoria della presente pronuncia è limitata alla determinazione comunale e non travolge altresì la presupposta Delibera A.N.A.C. (siccome esente dal riscontrato vizio invalidante).

9. Non possono trovare accoglimento, invece, le domande risarcitorie per equivalente, nonché quella indennitaria, pure introdotte con il ricorso, tenuto conto che dal favorevole esito della domanda di annullamento discende satisfattiva tutela in forma specifica, mediante restituzione del bene della vita spettante alla società ricorrente.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

TAR BASILICATA, I – sentenza 30.10.2025 n. 511

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