Obbligazione e contratti – Tutela del credito – Bando di gara e illegittimità della clausola escludente basata sul criterio del calcolo del ribasso percentuale al netto di IVA

Obbligazione e contratti – Tutela del credito – Bando di gara e illegittimità della clausola escludente basata sul criterio del calcolo del ribasso percentuale al netto di IVA

1. Il ricorso introduttivo, che verte sul contestato punteggio attribuito all’offerta economica della ricorrente cooperativa, in ragione della – pretesa – errata considerazione della percentuale di ribasso offerta da quest’ultima, è infondato e va pertanto rigettato.

1.1. Com’è noto, in materia di appalti pubblici vige il principio di autoresponsabilità gravante sugli operatori economici, che comporta che ciascuno dei concorrenti sia tenuto a sopportare le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta (Cons. St., sez. V, 25 settembre 2024, n. 7798). Non per nulla il soccorso istruttorio non può essere attivato per rettificare una dichiarazione il cui contenuto ben avrebbe potuto essere desunto da una corretta interpretazione della legge di gara (Cons. St., sez. V, 26 febbraio 2024, n. 1372).

1.2. Nel caso di specie, l’art. 17.2 del disciplinare di gara ha espressamente previsto che il punteggio massimo di n. 20 punti attribuibile per l’offerta economica sarebbe stato individuato mediante la seguente formula: X=(Pi*C)/PO, laddove:

– X è il punteggio totale da attribuire al concorrente iesimo;

– Pi è il ribasso percentuale formulato dal concorrente iesimo;

– C è il punteggio massimo prefissato (20 punti);

– PO è il ribasso percentuale massimo offerto.

La questione dirimente è dunque l’indicazione del valore Pi, che va valorizzato dal ricorrente medesimo (cfr. l’art. 14 del disciplinare di gara, laddove indica al punto la necessità di riportare il “ribasso percentuale, al netto di Iva e/o di altre imposte e contributi di legge, nonché [gli] oneri per la sicurezza dovuti a rischi da interferenze se del caso).

Nel caso di specie, non è dato dubitare del fatto che la ricorrente principale abbia quantificato il ribasso nella misura dell’1,70% (cfr. la sua offerta economica), con ciò determinando di conseguenza il superiore parametro Pi.

In tale contesto non risulta comprovato dagli atti di causa quanto sostenuto dall’amministrazione comunale con la propria memoria, in merito al fatto che la Commissione avrebbe attribuito alla ricorrente il relativo punteggio considerando il parametro Pi come da quest’ultima valorizzato in sede di offerta: dal verbale n. 3 si evince – piuttosto – la differente percentuale di ribasso del 28,18%. Che sia quest’ultimo il ribasso considerato dalla Commissione emerge nitidamente dal fatto che il punteggio di 5,63 assegnato alla ricorrente principale discende proprio dalla valorizzazione del dato Pi nella superiore formula nella misura del 28,18%. Infatti, laddove si fosse correttamente considerato il ribasso indicato dal ricorrente nella propria offerta economica (1,70%), l’applicazione della superiore formula avrebbe restituito il minore punteggio di 0,34 punti, come sostenuto dalla ricorrente incidentale.

Ciò posto, si rileva che la Commissione non avrebbe mai potuto determinare autonomamente il suddetto valore Pi, posto che esso, per espressa previsione della lex specialis, avrebbe dovuto essere riportato nell’offerta economica da ogni offerente.

Per completezza, va altresì rammentato che la giurisprudenza, in vigenza del precedente codice, ha affermato il principio per cui in caso di discordanza tra ribasso percentuale e prezzo offerto va data prevalenza al ribasso percentuale (cfr. C.g.a.r.s., sez. giurisd., 10 maggio 2022, n. 560; Cons. St., sez. V, 19 giugno 2019, n. 4189). Ciò in applicazione del previgente art. 119, c. 2, d.P.R. n. 207/2010 che, per quanto non più in vigore, è stato ritenuto espressione di un principio di portata ben più ampia del suo immediato campo di applicazione (i.e., l’aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari).

Siffatto principio ben può ritenersi applicabile anche in vigenza del d.lgs. n. 36/2023, in quanto coerente con il principio di buona fede (art. 5, d.lgs. n. 36/2023) che innerva il diritto dei contratti pubblici.

Il tutto, ovviamente, a prescindere dall’incerta formulazione del disciplinare in ordine alla determinazione della somma su cui calcolare siffatta percentuale di ribasso, su cui si avrà modo di soffermarsi nel prosieguo.

2. Può quindi passarsi all’analisi del ricorso per motivi aggiunti, che è invece fondato quanto al primo motivo, posto che l’offerta economica della controinteressata associazione ha indicato “un ribasso del 90% (diconsi novantapercento) sull’importo a base di gara di € 9.480,32” (cfr. all. 6 al ricorso per motivi aggiunti).

Tale offerta si è posta in contrasto con l’art. 14 del disciplinare di gara, che – si ribadisce – ha imposto agli offerenti di indicare (peraltro a espressa pena di esclusione) il “ribasso percentuale, al netto di Iva e/o di altre imposte e contributi di legge“.

Si consideri che il visto importo di euro 9.480,32 (ivi indicato come importo a base di gara) è dato dalla somma delle voci “percorso di formazione per gli operatori” (euro 2.459,01) e “spese varie di gestione ed amministr.” (euro 5.311,73) di cui alla tabella A del disciplinare di gara, con aggiunta dell’IVA al 22% (infatti: 2.459,01+5.311,73=7.770,74 che, una volta applicata l’IVA determina la somma di euro 9.480,30).

Dunque, al di là di quanto infondatamente sostenuto dalla controinteressata associazione con la memoria del 16 luglio 2025, il suo ribasso è stato evidentemente calcolato al lordo dell’IVA, laddove l’amministrazione ha poi affermato nella determinazione n. 1094/2025 che l’offerta economica della controinteressata sarebbe stata di euro 770,74 (ovvero il 10% di euro 7.770,74, che è la somma delle due menzionate voci di costo al netto dell’IVA).

Dell’operazione “interpretativa” dell’offerta della controinteressata (mai oggetto di alcun verbalizzato intervento di soccorso istruttorio o procedimentale) si trova indiretta traccia nel verbale n. 3, in cui si afferma che il valore offerto dalla controinteressata sarebbe stato pari ad euro 321.296,75 (cfr. all. 5 del ricorso incidentale, p. 5).

Tale somma, tuttavia:

– non corrisponde alla decurtazione, dall’importo a base di gara individuato dalla menzionata tabella A (euro 328.290,30), del ribasso indicato dalla controinteressata (euro 8.532,29, ovvero il 90% di euro 9.480,32);

– corrisponde, semmai, (quasi esattamente) al suddetto importo a base di gara (euro 328.290,30) al netto del ribasso indicato dalla controinteressata nella propria offerta (90%), calcolato tuttavia su una base diversa da quella indicata nell’offerta economica (non più euro 9.480,32, ma euro 7.770,74, ovvero la somma delle due voci oggetto di ribasso al netto dell’IVA). Infatti il 90% di euro 7.770,74 è pari a euro 6.993,67. Dalla decurtazione di tale ultima somma all’importo indicato a base d’asta (euro 328.290,30) si ottiene infatti 321.296,63, cifra prossima a quella calcolata dalla Commissione (euro 328.296,75).

Dalle precedenti considerazioni emerge dunque:

(i) che l’offerta presentata dalla controinteressata non ha rispettato l’espressa clausola di esclusione di cui all’art. 14 del disciplinare di gara, avendo considerato l’importo a base di gara (peraltro determinato nei termini di cui sopra) al lordo dell’Iva e non al netto della stessa;

(ii) che, anche ove detta clausola di esclusione si volesse considerare nulla ex art. 10, c. 2, d.lgs. n. 36/2023, resterebbe ferma l’indeterminatezza dell’offerta della controinteressata (comunque eccepita dalla ricorrente con il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti), in quanto è stata ivi riportata una percentuale di ribasso rispetto a un importo indicato nell’offerta come “importo a base di gara” individuato dalla stessa controinteressata sulla base di calcoli nemmeno esplicitati nell’offerta, che è stato oggetto di una complessa attività di ricostruzione matematica da parte della Commissione, non esplicitata nei verbali di gara, né oggetto di una qualche forma di soccorso, istruttorio (peraltro non possibile con riguardo “al contenuto sostanziale dell’offerta economica“; cfr. art. 16 del disciplinare di gara e art. 101, d.lgs. n. 36/2023) o procedimentale.

2.1. La fondatezza del primo motivo del ricorso per motivi aggiunti consente di assorbire il secondo motivo del suddetto ricorso, in quanto presuppone la non esclusione dalla gara della controinteressata.

3. Può quindi passarsi all’analisi del ricorso incidentale.

3.1. Tenuto conto dell’accoglimento del ricorso per motivi aggiunti nella parte in cui ha fondatamente contestato la mancata esclusione della ricorrente incidentale, in ossequio del principio della ragione più liquida (particolarmente rilevante in materia di appalti), vanno necessariamente dichiarate improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse le doglianze volte a contestare il punteggio ottenuto dalla ricorrente principale (primi tre motivi del ricorso incidentale).

3.2. Resta da analizzare il quarto motivo del ricorso incidentale, con il quale la controinteressata associazione ha contestato la genericità delle previsioni della lex specialis n materia di formulazione dell’offerta economica.

Il motivo è fondato e va accolto, tenuto delle seguenti considerazioni.

Va premesso, in termini generali, che “ai fini dell’interpretazione delle clausole di una lex specialis di gara, vanno applicate le norme in materia di contratti e anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 Cod. civ.. Conseguentemente, le stesse clausole non possono essere assoggettate a procedimento ermeneutico in una funzione integrativa, diretta a evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, ma vanno interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole utilizzate e dalla loro connessione. Vieppiù, se il dato testuale presenti evidenti ambiguità, l’interprete, in forza del principio di favor partecipationis, deve prescegliere il significato più favorevole al concorrente” (Cons. St., sez. V, 20 luglio 2023, n. 7113).

Nel caso di specie non è dato evincere un sicuro ed univoco significato dalle contestate clausole.

Si consideri, infatti, che l’art. 17.2 del disciplinare di gara ha previsto un criterio di valutazione dell’offerta economica in cui, come si è visto, è dirimente il valore del “ribasso percentuale” indicato dall’offerente, che condiziona, nell’equazione di valutazione dell’offerta economica “X=(Pi*C)/Po” di cui al menzionato art. 17.2, i valori “Pi” (che è il ribasso percentuale formulato dal ricorrente iesimo) e “Po” (che è il ribasso percentuale massimo offerto).

La questione diventa quindi quella di comprendere rispetto a quale parametro vada calcolato il ribasso percentuale in parola e se il disciplinare, sul punto, risulti essere sufficientemente chiaro, in modo da consentire a ogni offerente di formulare un’offerta economica priva di ragionevoli elementi di incertezza.

Al riguardo, va evidenziato che il menzionato art. 17.2 del disciplinare ha espressamente previsto che “il punteggio massimo di 20 punti verrà attribuito al ribasso percentuale più alto offerto sul prezzo a base d’asta”.

Per quanto la nozione “prezzo a base d’asta” non sia presente in altre parti del disciplinare, potrebbe in astratto soccorrere l’art. 4 del disciplinare medesimo, che fa riferimento alla contigua nozione di “importo a base di gara“.

Senonché anche il collegamento in via interpretativa della nozione di “prezzo a base d’asta” con quella di “importo a base di gara” non consente di fugare ogni dubbio in ordine al parametro da valutare per il computo percentuale del ribasso offerto dai concorrenti.

Nel senso di una coincidenza tra le due superiori nozioni può evidenziarsi il fatto che l’art. 13 del disciplinare ha individuato la garanzia provvisoria nella misura dell’1% del “prezzo a base di gara dell’appalto” (nozione che incrocia quelle di “prezzo a base d’asta” e di “importo a base di gara“). Il suddetto “prezzo a base di gara dell’appalto” è stato indicato nel menzionato art. 13 del disciplinare in euro 3.282,90, che è in effetti l’1% dello “importo a base di gara” di euro 328.290,30 di cui alla tabella A dell’art. 4 del disciplinare.

Tale opzione ermeneutica risulta essere stata seguita dalla ricorrente principale e dalla terza classificata “Orsa maggiore“, che hanno effettivamente indicato la percentuale di ribasso sulla base dello “importo a base di gara“(cfr. le relative offerte economiche).

Siffatta interpretazione (già di per sé tutt’altro che immediata) non risulta tuttavia l’unica possibile.

L’art. 4 del disciplinare ha, infatti, individuato l’ulteriore nozione di “importo complessivo dell’appalto” (pari a euro 330.000,00, oltre IVA), distinguendo tra oneri “non soggetti a ribasso” (euro 320.519,68 per le spese del personale dell’appalto afferente all’attuazione delle macro-attività progettuali, come individuate nella tabella A) e altri importi sottoposti a ribasso.

Di tale articolazione è espressione la menzionata tabella A, che ha individuato (e quantificato nel dettaglio) le due menzionate voci “percorso di formazione per gli operatori” e “spese varie di gestione ed amministr.“.

Ciò ha indotto la controinteressata associazione a formulare (in modo peraltro erroneo, come si è visto) la propria offerta non ancorando il proprio ribasso percentuale al visto “importo a base di gara“, ma a una differente nozione di “prezzo a base d’asta“, che del menzionato “importo a base di gara” costituisce evidentemente un sottoinsieme, ricomprendente i costi che – effettivamente – avrebbero potuto essere oggetto del ribasso in sede di “asta.

Si potrebbe d’altro canto sostenere – come effettivamente ha fatto la ricorrente principale in sede di motivi aggiunti – che una simile interpretazione sarebbe il frutto di un abbaglio della controinteressata, posto che due delle tre offerenti, come si è visto, hanno ritenuto di ancorare il ribasso percentuale alla vista nozione di “importo a base di gara“.

Un simile argomento si scontra tuttavia con il fatto che la stessa Commissione, com’è dato evincere dal verbale n. 3, ha computato i ribassi percentuali offerti dai tre partecipanti alla gara proprio in considerazione delle sole voci sottoposte a ribasso; non anche dell’importo a base di gara individuato dalla più volte citata Tabella A.

Dunque, la Commissione (al pari della controinteressata Associazione) ha ritenuto opportuno distinguere la nozione di “prezzo a base d’asta” da quella di “importo a base di gara“.

Dall’intera vicenda così ricostruita emerge che l’incerta tecnica di redazione del disciplinare ha inciso sul comportamento di tutti i soggetti chiamati a prendere parte alla gara (offerenti e Commissione), con l’effetto di determinare la Commissione a operazioni di “riadattamento” delle offerte sulla base della nozione di “prezzo a base d’asta” da questa fatta propria.

Ciò consente di distinguere il caso di specie da quello oggetto della delibera n. 36/2025 dell’ANAC, in cui si è dato atto del fatto che ivi la lex specialis avesse espressamente previsto che l’importo a base di gara oggetto di ribasso fosse comprensivo dei costi della manodopera (cfr. all. 1 ai motivi aggiunti, in particolare p. 3).

Così come il caso di specie non può ritenersi meramente sovrapponibile a quello definito dalla sentenza n. 705/2025 del TAR Calabria (citata da parte ricorrente con il ricorso per motivi aggiunti).

In quella sede, a fronte di una lex specialis che, per come riportata nella menzionata pronuncia, era ben più chiara di quella di cui all’odierno ricorso, l’amministrazione aveva fatto corretta applicazione del principio di inclusione dei costi della manodopera nell’importo a base di gara, mentre nel caso di specie è accaduto esattamente l’opposto.

Concludendo, a fronte di una lex specialis risultata tutt’altro che chiara alla stessa Commissione di gara, non può che ritenersi fondata la doglianza della ricorrente incidentale volta all’annullamento della stessa per genericità.

Il tutto senza considerare la più che dubbia legittimità dell’attività di “riadattamento” delle offerte svolta dalla Commissione al di fuori di ogni ricorso al soccorso istruttorio (sulla cui più difficile percorribilità ci si è in precedenza espressi) o procedimentale e senza alcuna esplicitazione di ciò nei verbali.

4. Dalle precedenti considerazioni discende:

– l’illegittimità dell’impugnata aggiudicazione in quanto disposta nei confronti della controinteressata associazione, che avrebbe dovuto, invece, essere esclusa per le ragioni di cui si è detto;

– l’illegittimità della lex specialis, nella parte in cui ha stabilito un criterio di valutazione dell’offerta economica tutt’altro che chiaro.

5. In sede di riedizione del potere l’amministrazione sarà conseguentemente tenuta a formulare in modo quanto più possibile chiaro e univoco i criteri di formulazione e valutazione dell’offerta economica, tenendo conto del principio dell’inclusione dei costi della manodopera nell’importo a base di gara e avendo cura di non introdurre espressioni differenti laddove intenda esprimere concetti identici.

Al riguardo, è rimessa all’amministrazione ogni valutazione sull’opportunità di predisporre un glossario recante le definizioni presenti nel bando, al fine di evitare ogni possibile confusione in fase di predisposizione e valutazione dell’offerta.

6. L’annullamento della lex specialis impone, infine, di rigettare le ulteriori domande articolate con il ricorso introduttivo e richiamate in sede di motivi aggiunti.

Non può infatti trovare accoglimento né la domanda volta a dichiarare l’inefficacia del contratto nelle more eventualmente stipulato con la controinteressata, né l’istanza risarcitoria che, in ogni caso, non risulta supportata da alcun elemento probatorio.

7. Stante quanto precede:

– il ricorso introduttivo è infondato e va pertanto rigettato;

– il ricorso per motivi aggiunti è fondato ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e va pertanto accolto; per l’effetto sono annullati gli atti ivi impugnati;

– il ricorso incidentale è parzialmente improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed è fondato limitatamente alle contestazioni sull’indeterminatezza della lex specialis, che va pertanto annullata al pari degli atti ivi impugnati in estremo subordine;

– le spese di lite: (i) possono trovare compensazione tra la ricorrente principale, la controinteressata e il Ministero intimato, tenuto conto della soccombenza reciproca delle prime due e dell’assenza di difese scritte di quest’ultimo, comunque estraneo alle ragioni di illegittimità degli atti impugnati; (ii) vanno poste a carico del resistente Comune nei confronti delle ricorrenti principale e incidentale, in ossequio al generale principio della soccombenza e tenuto altresì conto del fatto che quanto affermato nelle difese dell’anzidetta parte pubblica non ha trovato puntuale riscontro negli atti prodotti in giudizio; (iii) vanno dichiarate irripetibili nei confronti della parte privata non costituita, in quanto anch’essa estranea alle ragioni di illegittimità degli atti impugnati.

TAR SICILIA – PALERMO, II – sentenza 24.09.2025 n. 2076 

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