1. -OMISSIS- s.r.l. (di qui in poi -OMISSIS-), società attiva nel settore delle costruzioni con socio unico e amministratore unico il Geom. -OMISSIS-, è stata attinta dal provvedimento interdittivo antimafia prot. n. -OMISSIS- del 30 novembre 2023, emesso dalla Prefettura di Roma a fronte della richiesta della società di essere inserita nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori dei lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (cd. White list).
2. A fondamento del provvedimento interdittivo, la Prefettura di Roma ha valorizzato i rapporti e le interessenze riscontrate tra il socio unico ed amministratore della società ed altri soggetti ritenuti appartenenti o vicini alla criminalità organizzata.
3. La società ha impugnato la decisione dinanzi al Tribunale Amministrativo per il Lazio, Roma, deducendo censure di violazione e falsa applicazione degli artt. 84, 89 bis e 91 del D.Lgs. n. 159/2011, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, motivazione irragionevole e illogica.
4. Il T.a.r. capitolino, con la sentenza in questa sede impugnata, ha respinto il ricorso, ritenendo legittima la valutazione di permeabilità mafiosa dell’impresa, sia in relazione ai rapporti familiari e personali del socio unico, sia alla potenziale esposizione della società agli interessi della criminalità organizzata.
5. L’originaria ricorrente ha impugnato la decisione riproponendo i motivi già respinti dal primo giudice, deducendo:
– l’inidoneità del deferimento all’autorità giudiziaria del Geom. -OMISSIS- per il reato contravvenzionale di cui all’art. 256, comma 2, del D.Lgs. n. 152/2006 – pur rientrante tra i cd. “reati spia” – a suscitare sospetti di vicinanza del medesimo e della società alla criminalità organizzata, come peraltro confermato dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso nel corso del successivo procedimento penale, nel quale non era stato affermato alcun collegamento con associazioni a delinquere di stampo mafioso;
– l’inidoneità dei rapporti tra il Geom. -OMISSIS- con altri soggetti pregiudicati a fondare il giudizio di permeabilità mafiosa dell’impresa, poiché i soggetti incontrati dal socio ed amministratore unico della società non avevano riportato condanne in relazione a reati spia, ovvero a reati associativi di stampo mafioso, ma solo risalenti ed isolate condanne per reati comuni, non incidenti sulla gestione della società;
– l’inidoneità dell’unico incontro tra il Geom. -OMISSIS- ed un altro soggetto pregiudicato per reati di stampo mafioso ad inferire la contiguità dell’impresa con la mafia;
– l’insussistenza di comprovati ed attuali rapporti con soggetti vicino alla cosca ndranghetista dei -OMISSIS-, avendo il socio unico ed amministratore della società avuto unicamente rapporti sporadici con alcuni soggetti non appartenenti al clan;
– l’insufficienza del solo rapporto parentale di -OMISSIS- con il germano -OMISSIS-, condannato per reati associativi in tema di stupefacenti, a fondare la prognosi di permeabilità mafiosa dell’impresa, non risultando la società odierna appellante in qualche misura riconducibile ad una regia di stampo familiare o in qualche misura condizionata da -OMISSIS-;
– l’insussistenza di rapporti tra la società appellante e la -OMISSIS- s.p.a., società confiscata per supposti collegamenti con ambienti di criminalità organizzata, in quanto i rapporti commerciali in questione non erano stati intrattenuti con il Sig. -OMISSIS- o con precedenti rappresentanti della società, bensì esclusivamente con l’amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Catanzaro, nell’ambito del controllo giudiziario cui la -OMISSIS- s.p.a. era stata sottoposta;
– l’irrilevanza delle commesse assegnata alla -OMISSIS- da taluni Enti locali sciolti per mafia (Comuni di -OMISSIS- e -OMISSIS-), non avendo la Prefettura considerato che, al momento dell’aggiudicazione delle gare, il Comune era già stato sciolto per infiltrazioni mafiose ed era già operativa una commissione straordinaria nominata per la gestione dell’ente.
6. In definitiva, secondo la tesi sostenuta dall’appellante, gli elementi valorizzati nel provvedimento non si connotano per quel grado di puntualità, concretezza e attualità che la normativa e la giurisprudenza in materia antimafia esigono, risolvendosi piuttosto in una narrazione frammentaria, caratterizzata da deduzioni presuntive e prive di un reale collegamento con un effettivo rischio di infiltrazione mafiosa nella gestione societaria.
7. Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Roma, chiedendo la reiezione del gravame.
8. All’udienza pubblica del 18 settembre 2025 l’appello è stato introitato per la decisione.
9. L’appello non è fondato.
10. Giova premettere, richiamando una ormai consolidata giurisprudenza della Sezione (tra le tante, 16 giugno 2023, n. 5964; 22 maggio 2023, n. 5024; 27 dicembre 2019, n. 8882; 5 settembre 2019, n. 6105; 20 febbraio 2019, n. 1182), che l’informativa antimafia implica una valutazione discrezionale da parte dell’autorità prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa. Tale pericolo deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non” il pericolo di infiltrazione mafiosa.
La funzione di “frontiera avanzata” dell’informazione antimafia nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato impone, a servizio delle Prefetture, un uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze, necessariamente anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini. E solo di fronte ad un fatto inesistente od obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefettizio, in questa materia, deve arrestarsi (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758).
Nella declinazione applicativa che questa Sezione ha fatto dell’istituto in commento, la misura interdittiva – essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata – non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa sussistere il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata (Consiglio di Stato sez. III, 11 aprile 2022, n. 2686).
Ai fini dell’adozione dell’interdittiva antimafia non è necessario provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; d’altro lato, tali elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, in modo tale che ciascuno di essi acquisti una valenza nella sua connessione con gli altri (Cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. III, 5 gennaio 2024, n. 193; id., 4 gennaio 2024, n. 142; id., 1 dicembre 2023, n. 10427; id., 17 ottobre 2023, n. 9016; id., 9 ottobre 2023, n. 8736; id., 27 settembre 2023, n. 8560; id., 7 agosto 2023, n. 7625; id., 21 luglio 2023, n. 7141; id., 19 luglio 2023, n. 7073; id., 16 giugno 2023, n. 5964; id., 4 aprile 2022, n. 2468; id., 3 marzo 2021, n. 1825).
La verifica della legittimità dell’informativa antimafia deve essere effettuata sulla base di un apprezzamento complessivo degli elementi e dei fatti i quali, visti nel loro insieme, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (quale è quello mafioso), e che risente dell’estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là di ogni ragionevole dubbio . Correlativamente, si sottolinea l’inaccettabilità di un approccio atomistico e parcellizzato che, considerando in modo autonomo ciascuno degli elementi indiziari presi in esame, finisca inevitabilmente per farne perdere la rilevanza nel legame sistematico con gli altri, con pregiudizio della loro complessiva efficacia sintomatica e dimostrativa (Cfr. Cons. Stato, sez. III, 31 gennaio 2024, n. 999; id., 19 gennaio 2024, n. 614; id., 4 gennaio 2024, n. 142; id., 3 ottobre 2023, n. 8644; id., 18 settembre 2023, n. 8395; id., 16 giugno 2023, n. 5976; id., n. 2468/2022, cit.; id., n. 1825/2021, cit.; id., 4 febbraio 2021, n. 1069; id., 20 gennaio 2020, n. 452; id., 30 gennaio 2019, n. 758; id., 11 giugno 2018, n. 3496; C.g.a.r.s., 4 luglio 2022, n. 793; id., 10 settembre 2019, n. 792; Cfr. Cons. Stato, sez. III, 8 febbraio 2024, n. 1282; id., 5 febbraio 2024, n. 1142; id., n. 8736/2023, cit.; id., 7 agosto 2023, n. 7625; id., 14 settembre 2018, n. 5410; id., 14 febbraio 2017, n. 670.).
11. Poste queste premesse, nel caso oggetto del presente giudizio, il coacervo di elementi fattuali valorizzati dalla Prefettura è stato correttamente ritenuto sufficiente a fondare la prognosi il pericolo di permeabilità criminale dell’impresa, con un giudizio – come si è detto – connotato da ampia discrezionalità di apprezzamento, con conseguente sindacabilità in sede giurisdizionale solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti.
13. In particolare il Collegio ritiene dotati di significativa evidenza dimostrativa del pericolo di permeabilità criminale dell’impresa i seguenti elementi indiziari, posti dalla Prefettura a sostegno del provvedimento impugnato.
13.1. Rilevano, innanzitutto, i rapporti personali tra il socio unico ed amministratore ed altri soggetti pregiudicati per diverse fattispecie di reato (art. 416 bis c.p., traffico di stupefacenti, usura, estorsione, falsità materiali, truffa, ricettazione) o attinti da misure di prevenzione (sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, avviso orale), evinti da una serie considerevole di controlli, distribuiti in un arco di tempo pluriventennale, effettuati nella provincia di Reggio Calabria.
Il numero di controlli effettuati e la frequenza con la quale, nel corso di un periodo di tempo assolutamente significativo, il titolare dell’odierna appellante è stato trovato in compagnia di soggetti pregiudicati, alcuni dei quali per reati in tema di criminalità organizzata, non consente di ritenere episodici gli incontri, ma assume una rilevante efficacia dimostrativa di frequentazioni connotate da abitualità, nelle quali la risalenza nel tempo certifica la natura radicata dei rapporti.
A tal riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che tra gli elementi rilevanti possono rientrare anche i ripetuti e non occasionali contatti o le frequentazioni con soggetti coinvolti in sodalizi criminali, che risultino avere precedenti penali o che comunque siano stati presi in considerazione in misure di prevenzione, purché non dipendano da mera causalità, o per converso da necessità ( Cfr. Cons. Stato, sez. III, 19 luglio 2023, n. 7081; id., 25 maggio 2023, n. 5163; id., 8 luglio 2020, n. 4372; id., 11 giugno 2018, n. 3496.).
13.2. Parimenti non contestata è la sottoposizione di -OMISSIS- a procedimento penale per il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata ai sensi dell’art. 256 comma 2 del D. Lgs.n. 152/2006, “per aver realizzato/gestito, su area pubblica, un sito di stoccaggio/accumulo incontrollato di rifiuti misti da demolizione (oltre 182 tonnellate), in parte derivanti dai pubblici lavori eseguiti in nome e per conto del Comune di -OMISSIS-”.
La tipologia di reato contestato costituisce un potenziale indicatore del pericolo di condizionamento mafioso, avendo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato già avuto modo di rilevare che il disvalore sociale e la portata del danno ambientale connesso ai reati in ambito di trattamento e smaltimento di rifiuti costituiscono, già di per se stessi, ragioni sufficienti a far valutare con attenzione i contesti imprenditoriali, nei quali sono rilevati, in quanto oggettivamente esposti al malaffare e, sempre più di frequente, al concreto pericolo di infiltrazioni delle associazioni criminali di stampo mafioso (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 21 dicembre 2012, n. 6618; Cons. St., sez. III, 28 aprile 2016, n. 1632).
13.3. Con riferimento ai rapporti tra il socio unico ed amministratore dell’odierna appellante ed il fratello, il Prefetto ha valorizzato sia i precedenti penali di quest’ultimo (ritenuti rilevanti anche ai fini antimafia, in particolare in relazione alla condanna per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti), sia i controlli effettuati sul territorio, in occasione dei quali lo stesso è stato trovato in compagnia di altri soggetti pregiudicati o interdetti. Inoltre, il Prefetto ha esplicitato la natura delle cointeressenze societarie e patrimoniali intercorrenti tra i fratelli -OMISSIS-, relative alla percezione di redditi da parte di -OMISSIS- dalla impresa individuale -OMISSIS- di -OMISSIS-, conferita in piena proprietà all’allora costituenda -OMISSIS- s.r.l., ed ai legami commerciali della -OMISSIS- con la -OMISSIS- s.r.l.s., di cui -OMISSIS- è legale rappresentante, socio e amministratore unico.
13.4. Peraltro, il socio unico ed amministratore dell’odierna appellante è risultato essere parente di altri esponenti di famiglie malavitose, da parte della madre.
A proposito dei rapporti parentali e delle cointeressenze societarie, la giurisprudenza di questo Plesso ha avuto modo di ribadire l’amministrazione può altresì dare rilievo ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari, che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regia familiare, di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti, ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto (Cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 febbraio 2024, n. 1925; id., 19 gennaio 2024, n. 614; id., 17 ottobre 2023, n. 9016; id., 27 settembre 2023, n. 8395; id., n. 4856/2023, cit.; id., 3 novembre 2022, n. 9558; id., 7 giugno 2021, n. 4300; id., 14 ottobre 2020, n. 6204. In particolare, sebbene di regola si escluda che il semplice rapporto di parentela possa ex se costituire un sintomo di condizionamento mafioso (non essendo accettabile un’inferenza logica basata sul presupposto che il parente di un mafioso sia necessariamente anch’egli un mafioso: cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 ottobre 2023, n. 8781), tuttavia esso può anche da solo fondare la prognosi infiltrativa, laddove assuma una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”, specie in alcune aree territoriali ed economiche: cfr. Cons. Stato, sez. III, 8 gennaio 2024, n. 248; id., 7 agosto 2023, n. 7625; id., 7 agosto 2023, n. 7599; id., 21 giugno 2022, n. 5086.)
14. Tutti questi elementi, di fatto valorizzati dal provvedimento prefettizio, devono essere valutati non atomisticamente, ma in chiave unitaria, secondo il canone inferenziale – che è alla base della teoria della prova indiziaria – quae singula non prosunt, collecta iuvant, al fine di valutare l’esistenza o meno di un pericolo di una permeabilità dell’impresa dell’appellante a possibili tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, secondo la valutazione di tipo induttivo che la norma attributiva rimette al potere cautelare dell’amministrazione il cui esercizio va scrutinato alla stregua della pacifica giurisprudenza di questa Sezione (ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 759/2019; n. 4837/2020 e n. 4951/2020).
15. Ebbene, è opinione del Collegio che nel caso di specie, dalla delibazione degli atti di causa emerga un inequivoco quadro fattuale tale da far ritenere che le circostanze complessivamente evidenziate dall’Amministrazione costituiscano dati sintomatici concordanti ed univoci, del tutto idonei a supportare il giudizio induttivo secondo cui l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata.
16. Per questo motivo l’appello deve essere respinto.
17. Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate in ragione della peculiare natura delle questioni trattate.
CONSIGLIO DI STATO, III – sentenza 20.10.2025 n. 8115