Misure di prevenzione e sicurezza – Ammonimento previsto dall’art. 8 del D.L. n. 11 del 2009 nel caso di stalking per condotte moleste e persecutorie nei confronti della ex compagna

Misure di prevenzione e sicurezza – Ammonimento previsto dall’art. 8 del D.L. n. 11 del 2009 nel caso di stalking per condotte moleste e persecutorie nei confronti della ex compagna

1. Il ricorrente ha impugnato l’ammonizione del Questore di Milano n. -OMISSIS-del 29/09/2023 ed il provvedimento del Prefetto di Milano, Area III, Affari legali e contenzioso prot. n. -OMISSIS-del 13/11/2023 (notificato in data 18/11/2023) di rigetto del ricorso gerarchico.

L’ammonimento è stato comminato, secondo la prospettazione del provvedimento impugnato, per aver insistentemente cercato di contattare una donna con la quale aveva avuto una relazione sentimentale, che gli aveva comunicato via email che non intendeva più frequentarlo, determinando nella donna un perdurante stato di ansia e paura, tali da ingenerare fondato timore per la propria incolumità e costringendola a modificare le proprie abitudini di vita.

Contro il suddetto atto ha sollevato i seguenti motivi di ricorso.

I) Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Violazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge n. 241 1990. Eccesso di potere per omessa istruttoria e per inosservanza del corretto procedimento. Violazione dell’art. 22 e ss della legge n. 241 1990. Violazione dell’art. 8 del d.l. n. 11/2009.

Il ricorrente lamenta in entrambi gli atti difetto di istruttoria in quanto mancherebbero prove e testimonianze in merito ai comportamenti tenuti dal ricorrente, diversi dalle dichiarazioni della persona che aveva richiesto l’ammonimento.

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 612-bis del codice penale; violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del d.l. n. 11/2009 (sotto altro profilo).

Secondo il ricorrente l’applicazione della misura richiede l’accertamento degli stessi comportamenti che costituiscono la fattispecie penale prevista dall’articolo 612-bis del codice penale che, nel caso di specie, mancherebbero in quanto l’aver inviato alla controinteressata 9 mail dal contenuto educato e innocuo, nell’arco di circa 45 giorni e l’aver suonato il campanello dell’abitazione della controinteressata in data 12 settembre 2023 non sarebbero qualificabili come “minaccia o molestia” che producano conseguenze negative sullo stato fisico, psicologico ed esistenziale della vittima e limitino la sua autodeterminazione.

III) Violazione del generale principio di proporzionalità tra quanto accertato e il provvedimento emesso.

Come eccepito ai mezzi precedenti, l’Autorità pubblica ha omesso, senza motivazione alcuna, di accertare in maniera incontrovertibile la sussistenza di tutte le circostanze del caso concreto, né ha provato l’esistenza di tutti i necessari presupposti per procedere in tal senso.

La difesa dello Stato ha chiesto la reiezione del ricorso.

All’udienza del 11 giugno 2025 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Il ricorso è infondato.

2.1 Occorre in primo luogo effettuare il corretto inquadramento della fattispecie normativa applicata dall’amministrazione.

L’art. 8 (“Ammonimento”) del Decreto Legge 23 febbraio 2009 n. 11, convertito, con

modificazioni, dalla Legge 23 aprile 2009 n. 3863 e ss.mm., prevede che: “1. Fino a quando non è proposta querela per i reati di cui agli articoli 612-bis e 612-ter del codice penale, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore. 2. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito”.

Con l’ammonimento il Questore non invita il presunto persecutore a desistere dall’ulteriore consumazione di un reato già perfetto, bensì lo avverte del fatto che la reiterazione delle condotte segnalate dalla vittima può far varcare al suo comportamento la soglia della rilevanza penale. Tuttavia, se, per un verso, l’ammonimento assume il contenuto di un mero invito al rispetto della legge, per altro verso la sua adozione può produrre effetti di non scarso rilievo: si pensi all’adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni, all’aumento della pena in caso di condanna e alla procedibilità d’ufficio in luogo di quella a querela.

Presupposto per l’ammonimento ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 11 del 2009, sono le medesime

condotte che integrano la fattispecie di reato introdotta dall’art. 7 dello stesso decreto legge (art. 612

bis c.p. Atti persecutori), ovvero, fino a che non sia proposta querela per il reato, le “condotte reiterate, minacce o molestie” atte a cagionare un “perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero tali da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva” ovvero “da costringere ad alterare le proprie abitudini di vita”. A tali condotte si aggiungono quelle di Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti di cui all’art. 612-ter c.p.

La correlazione tra la disciplina amministrativa e quella penale, insieme alla finalità preventiva della disposizione, nel duplice senso innanzi evidenziato, induce a ritenere che l’intervento del Questore non sia ancorato ai medesimi presupposti di quello penale, distinguendosene sia sul piano della ricognizione dei fatti atti a legittimarlo sia in relazione ai mezzi di prova utili al loro accertamento (Cons. Stato, Sez. III, 21 aprile 2020, n. 2545; Sez. II 28/12/2021 n. 8679).

Dal primo punto di vista, infatti, esso è legittimato anche da condotte che, pur non possedendo gli

stringenti requisiti di cui all’art. 612 bis c.p., si rivelino potenzialmente atti ad assumere, sulla base

della loro concreta manifestazione fenomenica, connotati delittuosi; dal secondo punto di vista,

invece, è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione l’apprezzamento della fondatezza della

richiesta, in relazione alla attendibilità dei fatti segnalati, e l’individuazione degli elementi di riscontro eventualmente necessari.

L’ammonimento della Questura è un provvedimento discrezionale con cui si effettua una delicata

valutazione delle condotte poste in essere dal “potenziale stalker” in funzione preventiva e

dissuasiva (Cons. Stato, III, 21 aprile 2020, n. 2545).

Come chiarito dalla giurisprudenza, “il Questore, nell’ambito dei suoi poteri discrezionali, può valutare il se ed il quando emanare il provvedimento di ammonizione: oltre ad essere titolare del potere di emettere o meno la misura, egli può decidere se emanare senza indugio il provvedimento di ammonizione, oppure se le circostanze consentano di avvisare il possibile destinatario dell’atto, con l’avviso di avvio del procedimento, previsto dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990” (Cons. Stato, sez. III, 14 dicembre 2020, n. 7971). Poiché il potere valutativo del Questore è ampiamente discrezionale il sindacato del giudice amministrativo non può che essere limitato ai casi di insussistenza manifesta dei presupposti di fatto, di manifesta irragionevolezza e sproporzione, senza che sia possibile una sostituzione del giudice all’Autorità amministrativa nella valutazione di merito di fatti e circostanze (Cons. Stato, III, 18 ottobre 2021, n. 6958).

Ai fini della sua emissione, pertanto, non è richiesta la piena prova della responsabilità dell’ammonito per le ipotesi di reato perseguite dal menzionato art. 612-bis c.p., ma il provvedimento monitorio può trovare sostegno in un quadro istruttorio da cui emergano, anche sul piano indiziario, eventi che siano in grado di recare un vulnus alla riservatezza della vita di relazione o, su un piano anche solo potenziale, all’integrità della persona (Cons. Stato, sez. III, 7 settembre 2015, n. 4127; TAR Sicilia Catania, I, 28/07/2025 n. 2450).

2.2 Venendo al vizio di omessa istruttoria e inosservanza del corretto procedimento occorre rilevare che dall’esame degli atti risulta che nella fase antecedente l’emissione dell’atto è stata sentita -OMISSIS-, collega della denunciante, la quale ha riferito dei contatti che il ricorrente ha cercato con la controinteressata, presso l’ufficio e presso l’abitazione, e della modifica dei comportamenti di vita che la controinteressata ha ritenuto necessario adottare per evitare di dover reincontrare l’attuale ricorrente.

Il fatto che la dichiarazione della testimone amica della ricorrente non sia stata consegnata a seguito di richiesta di accesso, fatto lamentato dal ricorrente in memoria, non può comportare l’illegittimità dell’atto impugnato in quanto si tratta di fatto successivo all’adozione dello stesso ma permette la proposizione di motivi aggiunti di ricorso in quanto si tratta di atto endoprocedimentale non conosciuto dal ricorrente al momento della proposizione del ricorso. Nel caso di specie il ricorrente ha prodotto memoria in cui ha contestato la rilevanza della testimone e delle sue dichiarazioni, per cui deve escludersi l’esistenza di una lesione del diritto di difesa.

Circa il contenuto delle dichiarazioni occorre rilevare che la testimone riferisce fatti che non sono contraddetti da altre prove, in particolare il fatto che il ricorrente si sia presentato sul posto di lavoro, e riferisce di stati d’animo della controinteressata rispetto ai quali il carattere soggettivo della valutazione non esclude la percezione oggettiva di uno stato di alterazione psichica della controinteressata.

2.3 Dalla documentazione in atti risulta poi che, per ammissione dello stesso ricorrente, quando si è recato a casa della donna, ha suonato più volte al citofono in orario serale ed in momenti diversi, ha raggiunto la porta di casa entrando dal cancello aperto da altri ed ha suonato alla porta. Si tratta di una condotta particolarmente insistente che ha indotto la controinteressata a chiamare la polizia. Il ricorrente si è allontanato da solo prima dell’arrivo della polizia, ma ciò non toglie che così ha dimostrato di potersi presentare in qualsiasi momento alla porta di casa della controinteressata.

A ciò si aggiunge il riferimento, contenuto nei documenti, alla sua intenzione di volersi recare personalmente dai genitori della controinteressata, che costituisce un altro atto di ingerenza nelle relazioni familiari della donna che dimostra un certo grado di petulanza ed è idoneo a creare allarme nell’interessata.

3. Anche il secondo motivo di impugnazione è infondato.

L’autonomia del provvedimento amministrativo di ammonimento dal reato penale comporta, secondo giurisprudenza granitica, che il primo è legittimato anche da condotte che, pur non possedendo gli stringenti requisiti di cui all’art. 612 bis c.p., si rivelino potenzialmente atti ad assumere, sulla base della loro concreta manifestazione fenomenica, connotati delittuosi.

A ciò si aggiunge la natura cautelare dell’atto, che esclude una prova specifica della consumazione del reato ed anzi esprime la necessità di anticipare la tutela dei beni protetti ad un momento anteriore alla consumazione del reato.

Deve quindi escludersi la necessità di una prova stringente come quella richiesta in sede penale, anche in considerazione dei diversi e minori effetti che l’atto amministrativo produce.

4. Per quanto attiene alla mancanza di proporzionalità, denunciata con il terzo motivo, riferita alla proporzionalità tra fatto e sanzione, occorre rammentare, come già indicato in precedenza, che il potere valutativo del Questore è ampiamente discrezionale ed il sindacato del giudice amministrativo non può che essere limitato ai casi di insussistenza manifesta dei presupposti di fatto, di manifesta irragionevolezza e sproporzione, senza che sia possibile una sostituzione del giudice all’Autorità amministrativa nella valutazione di merito di fatti e circostanze (Cons. Stato, III, 18 ottobre 2021, n. 6958).

Dall’esame delle prove agli atti risulta sufficientemente provata l’esistenza di una condotta di unilaterale tentativo insistito del ricorrente di avvicinarsi alla controinteressata, che comunque si è dimostrata ampiamente a conoscenza degli strumenti legali per gestire la fine della relazione. Il giudizio del Questore in queste condizioni non può ritenersi sproporzionato in quanto sussistono i presupposti della chiarezza dei rapporti tra le parti, interrotti con atto scritto, la persistente condotta unilaterale di ricerca della persona da parte del ricorrente, l’esistenza di modi idonei comunque ad interferire con le modalità di vita della donna ed a creare allarme nella stessa (presentarsi a casa e sul posto di lavoro senza consenso), e la modifica dei modi di vita della stessa (abbandono temporaneo dell’abitazione).

5. In definitiva quindi il ricorso va respinto.

6. Sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

TAR LOMBARDIA – MILANO, I – sentenza 09.09.2025 n. 2876 

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