Industria e commercio – Gestore dei servizi energetici, verifiche documentali e spettanza e mantenimento incentivi per l’efficienza energetica

Industria e commercio – Gestore dei servizi energetici, verifiche documentali e spettanza e mantenimento incentivi per l’efficienza energetica

La società Powercell s.r.l. unipersonale ha impugnato e chiesto l’annullamento della comunicazione GSE/P20210020571 del 29.7.2021, con cui il Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A. ha disposto, “per il progetto di cui alla RVC identificata dal codice 0396674024716R012, la decadenza dal diritto all’ottenimento degli incentivi derivanti dal meccanismo dei titoli di efficienza energetica, nonché il recupero di quanto già erogato”, nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale; ulteriormente chiedendo il risarcimento dei danni correlati all’adozione del sopra citato provvedimento.

In sintesi, è accaduto che con nota dell’11.6.2021 il GSE ha dato “comunicazione di avvio del procedimento di controllo documentale ai sensi dell’art. 12, commi 1 e 3 del D.M. 11 gennaio 2017, per il progetto di riduzione dei consumi di energia primaria identificato dal codice 0396674024716R012”; in tale comunicazione, in particolare, ha chiesto la produzione di documentazione finalizzata alla verifica (“visure catastali degli immobili oggetto di intervento; libretto d’impianto aggiornato (art.11, comma 9, DPR n.412 e s.m.i.); documentazione che consenta di verificare che l’intervento è stato realizzato per la produzione esclusiva di a.c.s. e che i collettori non siano installati ad integrazione o in sostituzione di pre-esistenti impianti per la produzione di a.c.s. alimentati da biomassa o altra fonte rinnovabile (schema complessivo as-built dell’impianto di produzione di energia termica a servizio dell’edificio presso il quale è installato l’impianto solare con evidenza di tutti i generatori/fonti di calore presenti, ACE/APE pre-intervento, etc.); tabella riassuntiva con indicazione dei proprietari degli immobili oggetto dell’intervento indicando i codici fiscali degli stessi, la fascia climatica e l’ubicazione dell’edificio; documentazione che consenta di verificare che i collettori solari installati abbiano valori di rendimento termico superiori ai valori minimi rapporto di prova – test report – eseguita secondo la norma UNI EN 12975/12976, attestante il rispetto dei requisiti minimi di rendimento, rilasciata da un laboratorio accreditato, etc.; documentazione che consenta di verificare la tipologia di combustibile utilizzato per l’impianto preesistente integrato o sostituito (fatture di acquisto del combustibile, etc.); il numero di UFR oggetto degli interventi (fatture di acquisto, documenti di trasporto recanti tale informazione, relazione asseverata redatta da un tecnico abilitato, corredata da elaborati tecnici, attestante la superficie di apertura dei collettori installati, ACE/APE post intervento, etc.); contesto urbanistico in cui è ubicato l’immobile (stralcio del Piano Regolatore Generale Comunale); report fotografico comprensivo di targhe dei pannelli installati; file Excel riepilogativo degli interventi oggetto del progetto riportante, per ciascun di essi, il risparmio e i parametri da cui questo dipende; documentazione attestante la data di prima attivazione e la data di avvio del progetto; documentazione che consenta di verificare il rispetto di quanto disposto dall’art. 9, comma 1 dell’Allegato A alla deliberazione 27 ottobre 2011, EEN 9/11 (eventuali autorizzazioni o permessi richiesti dalla normativa vigente); autodichiarazione sottoscritta dai soggetti titolari ai sensi degli art. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, corredata di copia di un documento di identità in corso di validità di ciascun soggetto, contenente le seguenti informazioni: indicazione dell’indirizzo di realizzazione degli interventi (ove applicabile); indicazione del titolo in ragione del quale il soggetto titolare ha la disponibilità del bene (proprietario, affittuario, etc.); non aver richiesto e impegnarsi a non richiedere altri incentivi non cumulabili con i certificati bianchi per il medesimo intervento; liberatoria per la richiesta dei TEE in favore del soggetto proponente con indicazione della durata di tale accordo e della data a partire dalla quale è entrato in vigore; nei casi in cui il soggetto titolare sia un condominio, è necessario trasmettere la delibera assembleare recante la delega all’amministratore di condominio a richiedere i titoli di efficienza energetica; copia dello statuto societario, come previsto dall’art. 13, comma 1, lettera a) dell’Allegato A alle Linee Guida EEN 912011”).

In esito al disposto controllo, il GSE ha rilevato “la violazione rilevante di cui all’art. 12, comma 14, lettera c), del D.M. 11 gennaio 2017 in quanto il soggetto proponente non ha fornito i documenti richiesti per il progetto di riduzione dei consumi di energia primaria identificato dal codice 0396674024716R012, non rendendo possibile, pertanto, al GSE l’accertamento di quanto meramente autodichiarato in fase di accesso agli incentivi, nonché la verifica dell’effettivo rispetto dei requisiti previsti dalle schede tecniche di riferimento”; ed ha, perciò, emesso il provvedimento di decadenza, la cui legittimità è stata censurata per i seguenti motivi:

1°) “violazione degli artt. 24 e 97 Cost. nonché del principio di legalità e buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per sviamento, illogicità, irrazionalità. Violazione di legge. Violazione dell’art. 1, 3 e 21-nonies della legge n. 241/90. Violazione dell’art. 296 TFUE. Violazione dei principi di collaborazione e buona fede. Violazione del giusto procedimento. Difetto di presupposto in fatto e diritto, manifesta illogicità, carenza di istruttoria ed inadeguatezza della motivazione”.

In prima battuta, la ricorrente ha lamentato che il “provvedimento, giunto a “sorpresa” a distanza di cinque anni dall’approvazione, rende l’agire della PA in palese violazione del principio di affidamento, buona fede e non aggravio del procedimento amministrativo” (cfr. pag. 5).

2°) “Violazione di legge: art. 24 e 97 Cost. nonché dei principi costituzionali in tema di diritto di difesa e buona amministrazione. Violazione e/o falsa applicazione del principio generale di legalità e di legittimo affidamento. Eccesso di potere per sviamento, illogicità, irrazionalità. Violazione dei principi di collaborazione e buona fede. Violazione del giusto procedimento. Difetto di presupposto in fatto e diritto, manifesta illogicità, carenza di istruttoria ed inadeguatezza della motivazione”.

Con tale motivo, la ricorrente ha contestato che “il GSE avrebbe dovuto rendere conoscibile l’elenco della documentazione oggi richiesta (asseritamente ritenuta necessaria per l’istruttoria della pratica) prima del deposito dell’istanza in modo tale da consentire alla deducente ogni valutazione economica circa l’opportunità o meno all’iniziativa”, tenuto conto che “il sistema di riscaldamento ACS è esente dagli obblighi previsti per gli impianti” (cfr. pag. 7); che, comunque, “altra parte della documentazione richiesta non è pertinente rispetto al progetto presentato dalla società”, afferente agli impianti di riscaldamento o agli impianti di climatizzazione invernale disciplinati dal d.lgs. 48/2020 (cfr. pag. 8); che, in ogni caso, lo stesso Gestore sarebbe stato in possesso di altra documentazione propedeutica alle proprie verifiche.

3°) “Violazione dell’art. 42 d.lgs. d.lgs. 28/2011”.

La ricorrente ha, inoltre, dedotto che “sarebbe comunque illegittima la pretesa del GSE di vedersi restituiti integralmente i titoli indebitamente percepiti”, spettando a quest’ultimo soltanto un potere di rimodulazione della tariffa incentivante alla luce di rilevate “difformità formali e non sostanziali (ovvero la mancanza di documento che, tra l’altro, nel caso di specie al momento della presentazione del progetto non era normativamente previsto ed ora sarebbe invece richiesto), che di certo non possono inficiare l’approvazione di un intero progetto ma al limite semmai ridurne l’ammontare” (cfr. pag. 10).

La domanda di risarcimento è stata articolata chiedendo la “rifusione dei maggiori costi sostenuti dalla ricorrente per il disagio subito, per le spese di consulenza legale ed assistenza difensiva per la fase stragiudiziale e per il presente giudizio da liquidarsi in euro 15.000 o in quel maggiore o minore importo ritenuto di Giustizia, con valutazione equitativa ex artt. 1226, 2056 cod. civ. e 115 II comma c.p.c.” (cfr. pag. 12).

Si è costituito in giudizio il GSE S.p.A., opponendosi ai motivi di ricorso e chiedendo il rigetto nella memoria del 24.12.2024; a tali eccezioni la ricorrente ha replicato nella memoria dell’8.1.2025.

In vista dell’udienza di discussione del ricorso nel merito, fissata per il 19 settembre 2025, la ricorrente ha ribadito le proprie deduzioni nella memoria del 15.7.2025: a tale udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto, non cogliendo nel segno nessuno dei tre motivi proposti, che per affinità tematica possono essere esaminati congiuntamente.

In linea generale, occorre premettere che il GSE svolge, ai sensi dell’art. 12, comma 1 del D.M. 11 gennaio 2017, i controlli sugli interventi di efficienza energetica mediante verifiche documentali ovvero ispezioni e sopralluoghi, al fine di accertare la corretta esecuzione tecnica ed amministrativa dei progetti per i quali è stato richiesto o concesso l’accesso agli incentivi. Ai sensi del comma 2 del succitato articolo, il GSE verifica: a) la sussistenza e la permanenza dei presupposti e dei requisiti originali per il riconoscimento e il mantenimento degli incentivi; b) la conformità degli interventi realizzati al progetto approvato e alle disposizioni normative vigenti alla data della presentazione del progetto; c) la congruenza tra l’incentivo erogato e i risparmi energetici derivanti dall’intervento effettuato; d) la completezza e la regolarità della documentazione da conservare così come prescritto nei progetti approvati, incluse le eventuali varianti, e dalla normativa al momento dell’approvazione del progetto.

Cosicché, non è precluso al GSE di avviare, come nella specie, un procedimento di annullamento in autotutela del pregresso provvedimento di accoglimento delle richieste di verifica e certificazione, tale potere trovando conferma nell’orientamento formatosi in giurisprudenza (cfr. TAR Lazio, 4 luglio 2024, n. 13521; Consiglio di Stato, sez. II, 18 dicembre 2023, n. 10920, che ha integralmente confermato la sentenza di questo TAR Lazio, 21 settembre 2021, n. 9860).

Non coglie, pertanto, nel segno il primo motivo, con cui la ricorrente ha dubitato delle prerogative di verifica del GSE.

Né, tantomeno, le verifiche in questione devono essere sostanziate da specifiche previsioni legislative, come dedotto nel secondo motivo, parimenti da respingere.

In particolare, si è affermato che il potere di verifica da parte del GSE della spettanza dei benefici concessi ha carattere “immanente”, la cui sussistenza è pienamente giustificata dalla mera pendenza del rapporto di incentivazione e che può essere esercitato per tutta la durata dello stesso, con la conseguenza che il provvedimento di decadenza “non ha natura sanzionatoria” ma, al contrario, “è un atto vincolato di decadenza accertativa dell’assodata mancanza dei requisiti oggettivi condizionanti ab origine l’ammissione al finanziamento pubblico” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 50; id., Ad. Plen., 11 settembre 2020, n. 18).

Altro, imprescindibile, riferimento per un appropriato inquadramento della fattispecie oggetto di causa è dato dall’art. 12, comma 1 del DM 11 gennaio 2017 (espressamente richiamato nel preambolo del provvedimento impugnato del 12.2.2018), in cui è previsto che “il GSE svolge il controllo sugli interventi di efficienza energetica mediante verifiche documentali ovvero ispezioni e sopralluoghi in situ”, e ciò con la precisazione dirimente che tali attività sono poste in essere “al fine di accertare la corretta esecuzione tecnica ed amministrativa dei progetti per i quali è stato richiesto o concesso l’accesso agli incentivi”.

La messa a disposizione di documenti, contestata nella specie dal GSE alla ricorrente, non esaurisce – peraltro – l’onere incombente sugli operatori.

A tal proposito, la deliberazione della (allora denominata) Autorità per l’energia elettrica e il gas del 27.10.2011 – EEN 9/11 (“Aggiornamento, mediante sostituzione dell’Allegato A alla deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 18 settembre 2003, n. 103/03 e successive modifiche ed integrazioni, in materia di Linee guida per la preparazione, esecuzione e valutazione dei progetti di cui all’articolo 5, comma 1, dei decreti ministeriali 20 luglio 2004 e s.m.i. e per la definizione dei criteri e delle modalità per il rilascio dei titoli di efficienza energetica”) – evocata dalla ricorrente a fondamento delle proprie deduzioni – ha stabilito che “al fine di consentire i controlli di cui al comma 14.1”, vale a dire per controllare che “i progetti oggetto di certificazione ed emissione dei titoli di efficienza energetica di cui all’articolo 16, comma 16.1 delle presenti Linee guida siano stati realizzati in modo conforme alle disposizioni dei medesimi decreti e alle Linee guida e secondo quanto dichiarato ai sensi del precedente articolo 13” (tale norma prescrivendo un tassativo e puntuale elenco di documenti da esibire) “i soggetti titolari dei progetti sono tenuti a conservare, per un numero di anni pari a quelli di vita tecnica delle tipologie di intervento incluse nel progetto medesimo, la documentazione idonea a consentire il riscontro di quanto dichiarato nelle schede di rendicontazione e nella documentazione inviata al soggetto responsabile delle attività di verifica e di certificazione dei risparmi, ai sensi del precedente articolo 13, nonché il rispetto delle disposizioni regolatorie riferibili a ciascuna tipologia di intervento inclusa nel progetto” (art. 14.1).

A ciò va aggiunto – relativamente alla fattispecie controversa – che “per i progetti standardizzati e analitici la documentazione di cui al comma 14.2 deve essere idonea a consentire il riscontro di quanto dichiarato nella scheda di rendicontazione e come minimo: a) il rispetto dei requisiti previsti nella/nelle schede tecniche di riferimento (ad esempio delle condizioni di applicabilità e della normativa tecnica); b) il numero di UFR oggetto dell’intervento o degli interventi (es.: fatture di acquisto) o, per i progetti analitici, la documentazione attestante la misurazione dei parametri indicati nelle schede tecniche di quantificazione; c) il rispetto di quanto disposto all’articolo 9, comma 9.1”.

Ne deriva che il controllo esercitato dal GSE non è limitabile ad una verifica quantitativa dei documenti prodotti dai soggetti sottoposti a controllo; bensì ad una verifica (anche e soprattutto) qualitativa.

Proprio in riferimento all’individuazione della documentazione reputata dal GSE rilevante ai fini della verifica e, dunque, al tema dell’integrazione documentazione richiesta dal GSE, questo Tribunale, con specifico riferimento al controllo delle RVC, ha ripetutamente evidenziato (in questo senso si veda TAR Lazio, sez. V ter, n. 19800 del 2023; sez. III ter, n. 6554 del 2021) che il Gestore ha il potere di impostare “un’azione di controllo ad ampio raggio, tesa a verificare la regolarità dei progetti di risparmio energetico alla luce del vigente quadro regolamentare” (in ipotesi, anche di tutti i progetti riferibili a un medesimo soggetto).

Si è affermato che la “complessità documentale e informativa” delle richieste del GSE in fase di verifica non inficia l’accertamento di eventuali violazioni anche nel caso di concessione di termini non particolarmente estesi, posto che “per orientamento consolidato, dalla concessione di provvidenze in materia di incentivazione energetica discende, sulla base del principio di autoresponsabilità, l’obbligo di apprestare un assetto organizzativo adeguato al beneficio ricevuto”; di talché, l’intervenuta sottoposizione a verifica, nell’ambito del procedimento di ammissione all’incentivo, delle RVC afferenti a progetti standardizzati “non preclude al GSE di porre in essere una istruttoria ulteriore nell’esercizio dei poteri di verifica e controllo ad esso attribuiti dall’art. 42 del d.lgs. n. 28/2011 e disciplinati, con specifico riferimento ai certificati bianchi, dal DM 28 dicembre 2012 e dalle linee guida”: laddove, con ogni evidenza, il carattere “ulteriore” dell’istruttoria è stato finalizzato all’esercizio del potere di annullamento dei pregressi provvedimenti di accoglimento delle RVC.

Nella specie, il Gestore ha, quindi, richiesto la trasmissione di documentazione necessaria alla verifica dell’effettiva e regolare realizzazione dell’intervento e, proprio in ragione delle carenze documentali e dopo aver concesso alla società ricorrente una proroga del termine in sede procedimentale, GSE ha rilevato le contestate criticità, esposte in modo dettagliato nel corredo motivazionale del provvedimento impugnato.

La mancanza – o, comunque, l’inadeguatezza – di tale documentazione, alla luce del rigore della disciplina speciale, è perciò già sufficiente a giustificare il provvedimento di annullamento in autotutela dei pregressi provvedimenti di accoglimento delle RVC (e di conseguenziale recupero dei corrispettivi dei titoli di efficienza energetica), oggetto di impugnazione, poiché, pur non concernendo la verifica di elementi “sostanziali” degli interventi oggetto delle RVC, inerisce ad un presupposto necessario per il rilascio delle stesse e l’erogazione dei TEE. E ciò per la semplice ragione che alla mancata integrazione documentale non può che conseguire l’impossibilità di procedere ad una completa verifica da parte del GSE della conformità ed idoneità del progetto presentato dalla società ricorrente alla concessione degli incentivi.

E non è, ad avviso del Collegio, questione di disciplina (vecchie o nuove linee guida) applicabili, quanto, più banalmente, di inottemperanza della ricorrente alle precise prescrizioni dettate in sede di controllo dal GSE.

Tale è, infatti, il fuoco dell’azione amministrativa.

Del resto, il controllo ordinario disciplinato dalle Linee Guida di cui alla deliberazione EEN 9/11 del 27 ottobre 2011 ha finalità general-preventiva in quanto mira a disincentivare la presentazione di dichiarazioni false o di richieste indebite, in assenza dei presupposti di legge, che potrebbero essere intercettate dal sistema del controllo a campione, nel momento in cui il controllo a campione o altri tipi di indagine evidenziano la presenza diffusa di irregolarità, è doveroso da parte dell’autorità di settore procedere ad un controllo – addirittura, in taluni casi, straordinario – mediante una verifica sistematica finalizzata ad accertare se vi siano stati abusi nella richiesta degli incentivi e soprattutto per procedere al recupero di incentivi indebitamente percepiti.

Il che, del resto, trova riscontro nel DM 11 gennaio 2017, in cui si prevede che “le violazioni, elusioni, inadempimenti, incongruenze da cui consegua in modo diretto e sostanziale l’indebito accesso agli incentivi costituiscono violazioni rilevanti di cui all’art. 42, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011. Pertanto, nel caso di accertamento di una o più violazioni rilevanti, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero dei certificati bianchi già emessi, valorizzati al prezzo medio di mercato registrato nell’anno antecedente a quello dell’accertamento” (art. 12, comma 13); soggiungendosi che “costituiscono violazioni rilevanti anche: a) la presentazione al GSE di dati non veritieri o documenti falsi, mendaci o contraffatti, al fine di avere indebito accesso agli incentivi; b) l’indisponibilità della documentazione da conservare a supporto dei requisiti e delle dichiarazioni rese in fase di richiesta di accesso agli incentivi; c) il comportamento ostativo od omissivo tenuto nei confronti del gruppo di verifica, consistente anche nel diniego di accesso alle strutture dell’intervento nella disponibilità del soggetto titolare del progetto ovvero alla documentazione purché strettamente connessa all’attività di controllo; d) l’alterazione della configurazione dell’intervento, non comunicata al GSE, finalizzata ad ottenere un incremento degli incentivi; e) l’utilizzo di componenti contraffatti ovvero rubati; f) l’inosservanza delle prescrizioni contenute in precedenti provvedimenti in esito all’attività di controllo; g) manomissione degli strumenti di misura installati ai fini della contabilizzazione del risparmio; h) insussistenza dei requisiti per il riconoscimento e il mantenimento degli incentivi” (art. 12, comma 14).

A compendio di quanto rilevato, occorre, inoltre, evidenziare che, come statuito in precedenti pronunce (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 4 aprile 2022, n. 2501) “la verifica di cui si controverte ha avuto ad oggetto non il riesame di requisiti e presupposti già esaminati in fase di vaglio di ammissibilità della domanda, ma il controllo per la prima volta della veridicità delle dichiarazioni rese e dell’effettiva titolarità dell’autorizzazione”.

Si è evidenziato, in particolare, che l’atto emesso dal Gestore non è riconducibile all’esercizio del potere di autotutela ai sensi dell’art. 21 nonies della legge 241/1990, essendo, piuttosto, espressione di un potere di verifica, accertamento e controllo, di natura doverosa ed esito vincolato, “volto ad acclarare lo stato dell’impianto ed accertarne la corrispondenza rispetto a quanto dichiarato dall’interessato; siffatto potere è, dunque, privo di spazi di discrezionalità”, essendo deputato non già “al riesame della legittimità di una precedente decisione amministrativa di spessore provvedimentale, bensì al controllo circa la veridicità delle dichiarazioni formulate da un privato nell’ambito di una procedura volta ad attribuire sovvenzioni pubbliche” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 12 dicembre 2019, n. 8442).

Tali profili non sono stati superati neppure in esito alla presentazione, da parte della ricorrente, di una domanda di riesame, presentata il 19.10.2021, che il GSE ha respinto con provvedimento dell’8.11.2021, rimasto, peraltro, inoppugnato.

Da ultimo, il terzo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 34, comma 2 c.p.a., prima ancora che infondato, posto che tale doglianza è stata proposta nell’atto introduttivo del giudizio, vale a dire in un momento in cui il potere del GSE (di recupero delle somme erogate) non era stato ancora esercitato.

Il rigetto del ricorso va esteso alla domanda di risarcimento del danno.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono quantificate, ai sensi del DM 55/2014, in €. 2.500,00, oltre accessori, che la società ricorrente dovrà corrispondere al GSE S.p.A.

TAR LAZIO – ROMA, V TER – sentenza 22.09.2025 n. 16445

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