Giurisdizione e competenza – Sostituzione degli arresti domiciliari con pene meno afflittive, quando è possibile?

Giurisdizione e competenza – Sostituzione degli arresti domiciliari con pene meno afflittive, quando è possibile?

1. L’unico motivo è manifestamente infondato.

2. Secondo la Corte di cassazione, nella scelta discrezionale delle misure cautelari personali, l’art. 275 cod. proc. pen. impone al giudice di valutare se la misura che intende adottare sia idonea a soddisfare le specifiche esigenze di cautela ravvisate nel caso concreto. La discrezionalità del giudice, ancorché ampia, non è assoluta e la formulazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura alle esigenze che si intendono soddisfare è incensurabile in sede di legittimità solo se sorretta da adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (Sez. 5, n. 2995 del 20/07/1992, Stefanucci, Rv. 192222-01).

La Corte di cassazione ha altresì statuito – affermando un principio che il Collegio, condividendolo, intende ribadire – che, in tema di misure cautelari personali, la valutazione in ordine alla “proporzionalità” della misura implica l’apprezzamento del “tipo” di recidiva che si intende contrastare, ovvero della gravità dei reati che si ritiene probabile possano essere nuovamente commessi (Sez. 2, n. 797 del 03/12/2020, dep. 2021, Viti, Rv. 280470-01, Sez. 2, n. 19559 del 25/02/2020, Amico, Rv. 279475-01, con le quali è stato precisato che, di conseguenza, quando si rileva il pericolo di reiterazione di reati caratterizzati da “violenza alla persona”, la misura degli arresti domiciliari può ritenersi proporzionata solo se, all’esito di un rigoroso esame della personalità dell’accusato, si ritenga abbattuto il rischio di violazione delle regole di autocontenimento).

3. Rammentati tali principi, affermati dalla Corte di cassazione, si deve anzitutto rilevare che, diversamente da quanto mostra di ritenere il ricorrente, il Tribunale di Ancona si è «accorto» della versione dei fatti che il (OMISSIS) aveva reso nel corso dell’udienza del 04/06/2025 ma aveva appurato come tale versione non avesse allo stato «alcun concreto riscontro», sicché, atteso ciò, la stessa versione non poteva essere posta a fondamento di una rivalutazione del quadro indiziario e, di conseguenza, delle esigenze cautelari e della natura e grado delle stesse.

Quanto alle «patologie» del (OMISSIS) il Tribunale di Ancona ha correttamente argomentato l’assenza, nella specie, di un obbligo di disporre accertamenti nelle forme della perizia, atteso che: a) da un lato, un tale obbligo è previsto solo nel caso in sia richiesta la revoca o la sostituzione della custodia cautelare in carcere e non degli arresti domiciliari (art. 299, comma 4-ter, terzo periodo, cod. proc. pen.); b) dall’altro lato, l’imputato non aveva neppure allegato di essere affetto da una «malattia particolarmente grave» (art. 275, comma 4-bis, cod. proc. pen.).

Si deve sempre in proposito peraltro rilevare che nel ricorso per cassazione il (OMISSIS) non ha neppure indicato da quali «patologie» è affetto né perché esse non potrebbero essere adeguatamente curate in regime di arresti domiciliari, come pure il suo asserito stato di disagio psichico.

Ciò posto, si deve osservare che il Tribunale di Ancona ha argomentato che, attese le modalità di commissione della condotta delittuosa – le quali avevano evidenziato una caratura criminale di rilievo del (OMISSIS) -, nonché la personalità dello stesso (essendogli stata contestata anche la recidiva) e le sue connessioni nell’ambiente criminale, una misura non detentiva sarebbe stata del tutto inidonea a soddisfare le ravvisate esigenze cautelari.

Tale complessiva motivazione dell’ordinanza impugnata appare assolutamente adeguata e del tutto immune da vizi, sia giuridici sia logici, con la conseguente manifesta infondatezza del motivo.

4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto per un motivo manifestamente infondato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore della cassa delie ammende.

Cass. pen., II, ud. dep. 27.10.2025, n. 34822

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