1.- Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. la società ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione” dell’art. 132, co. 2, n. 4), e 153 c.p.c. per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuta tempestiva l’istanza di rimessione in termini e sussistente l’impedimento dovuto a causa di forza maggiore.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Questa Corte ha più volte affermato che l’istituto della rimessione in termini, ex art. 153, co. 2, c.p.c., presuppone che la parte incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile si attivi con tempestività e, cioè, in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo (Cass. ord. n. 4034/2025; Cass. ord. n. 22342/2021; Cass. ord. n. 25289/2020).
E, come si evince dalle stesse pronunzie ricordate dai Giudici del reclamo (Cass. n. 23561/2011; Cass. n. 6102/2019), questa Corte di legittimità ha precisato che la tempestività – ossia l’immediatezza della reazione della parte colpita da decadenza – va valutata rispetto al momento in cui è maturata la decadenza (nella specie 16/11/2020), di cui abbia avuto consapevolezza la parte o il suo difensore. In sostanza la rimessione in termini richiede l’immediatezza della reazione rispetto al palesarsi della necessità di svolgere quell’attività processuale ormai preclusa (Cass. n. 19290/2016; Cass. n. 23561/2011); da tanto deriva che essa non può essere condizionata o in qualche modo rapportata alla eventuale proposizione della eccezione di decadenza della controparte. Inoltre, neppure può dirsi sempre tempestiva, come viceversa mostra di ritenere la sentenza impugnata, l’istanza anteriore alla decisione di improcedibilità, perché allora sarebbe sempre tempestiva purché anteriore a quella decisione di rito, in tal modo restando preclusa al giudice per ciò solo la valutazione della tempestività dell’istanza, che invece il legislatore gli riserva.
La Corte territoriale non si è conformata alle indicazioni del giudice di legittimità avendo mostrato di ancorare la verifica dei presupposti della rimessione in termini a elementi a tal fine ininfluenti in quanto estrinseci alla disciplina dell’istituto ed alle esigenze ad essa sottese riconducibili in definitiva al canone costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost..
A tanto consegue la cassazione con rinvio della decisione al fine di una rinnovata valutazione del requisito della tempestività dell’istanza di rimessione in termini avanzata dal difensore del lavoratore alla luce del seguente principio di diritto:
“ai fini della rimessione in termini il requisito essenziale della tempestività dell’istanza della parte colpita dalla decadenza va valutato rispetto al momento in cui si è palesata la necessità di svolgere quell’attività processuale ormai preclusa ed alla consapevolezza acquisita dalla parte, a prescindere dalle eccezioni eventualmente sollevate a riguardo dalla controparte”.
Alla Corte di merito spetterà, poi, trarne le conseguenze in ordine alle varie domande (reintegratoria e indennitario-risarcitoria) proposte dal lavoratore.
2.- Con il secondo motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall’art. 360, co. 1, c.p.c., la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte territoriale omesso ogni pronunzia sull’istanza di una consulenza tecnica d’ufficio di tipo informatico per accertare la fondatezza della ragione ostativa addotta dal lavoratore nell’istanza di rimessione in termini.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione degli artt. 111 Cost., 132 c.p.c., 118 disp.att.c.p.c. per difetto di motivazione circa la valutazione delle prove inerenti al merito dell’addebito disciplinare.
L’esame dei motivi secondo e terzo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo.
Alla Corte di rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
3.- Sussistendo i presupposti di legge, dispone che in caso di diffusione dovrà essere omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi del controricorrente, ai sensi dell’art. 52 d.lgs. n. 196/2003.
Cass. civ., lav., ord., 16.10.2025, n. 27626