*Giurisdizione e competenza – Proposizione del ricorso ex art. 112, comma 5, c.p.a. e configurabilità del difetto assoluto di giurisdizione del GO

*Giurisdizione e competenza – Proposizione del ricorso ex art. 112, comma 5, c.p.a. e configurabilità del difetto assoluto di giurisdizione del GO

1. In via preliminare, il Collegio rileva che il Tar ha respinto l’istanza di sospensione del giudizio e ha poi definito il procedimento, accogliendo l’istanza del Comune di Bologna. 2.  Il Procuratore generale, nelle conclusioni scritte, osserva che «il ricorso è palesemente inammissibile […] e a riprova della sua inammissibilità, il ricorso omette di individuare quale sarebbe la diversa giurisdizione competente, limitandosi a denunciare il rischio che la richiesta di chiarimenti possa determinare un superamento dei cc.dd. limiti esterni del giudice amministrativo, e in particolare la violazione della sfera riservata alla discrezionalità dell’autorità amministrativa, così integrando, nella sua abnormità, una sorta di impugnazione anticipata di una decisione che ancora non c’è (recte: non c’era al momento della formulazione del ricorso) e che, comunque, mai potrebbe essere contestata per le ragioni in parola, posto che il sindacato delle Sezioni unite […]». A tali considerazioni, i ricorrenti obiettano nella memoria che «[…] esaminando la giurisprudenza di codeste Sezioni Unite i ricorrenti hanno rinvenuto il principio secondo cui lo strumento del regolamento di giurisdizione è utilizzabile non solo per dedurre che un’azione avanti ad una determinata Autorità giudiziaria è viziata da un difetto di giurisdizione relativo, ma anche per far accertare che una domanda giudiziale è affetta da una carenza di giurisdizione assoluta, perché il suo petitum sostanziale essere la relativa domanda rientrante nella sfera ad altri poteri dello Stato». 3. Il ricorso è inammissibile, come giustamente suggerisce il Procuratore generale.   Corte di Cassazione – copia non ufficiale 4 di 7 Il difetto assoluto di giurisdizione è ravvisabile solo quando manchi nell’ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l’interesse dedotto in giudizio, sì che non possa individuarsi alcun giudice titolare del potere di decidere; attiene, per contro, al merito della controversia ogni questione relativa all’idoneità di una norma di diritto a tutelare il concreto interesse affermato dalla parte in giudizio (Cass. S.U., n. 17954/2007; n. 10375/2007). In altre parole, il difetto assoluto di giurisdizione è configurabile solamente quando la domanda non risulta conoscibile, né in astratto, né in concreto, da alcun giudice (Cass., S.U., 15601/2023). Nel caso in esame l’Autorità amministrativa ha adito il TAR per ottenere chiarimenti su come dare esecuzione alla sentenza n. 649 del 2022; e tanto ha fatto tramite il ricorso a una norma (l’art. 112, comma 5, c.p.a.) dell’Amministrazione.  I che riconosce tale possibilità ricorrenti ritengono che lo strumento, seppure in astratto consentito dalla norma, sia stata usato in modo improprio. Essi deducono che, tramite il ricorso, al TAR, il Comune di Bologna non avrebbe inteso ottenere “chiarimenti”, ma piuttosto ottenere una «integrazione delle precedenti decisioni circa il modo di esercizio di un potere che esse avevano lasciato alla potestà e discrezionalità dell’Amministrazione».  Così identificato l’assunto che ispira l’istanza di regolamento, è inevitabile replicare che la questione proposta alle Sezioni unite non investe la sussistenza e i limiti esterni del potere giurisdizionale dei giudici speciali, ma pone solo la questione della legittimità dell’esercizio del potere medesimo (Cass., S.U., n. 3447/2023). Si osserva, per completezza di esame, che l’eccezione Corte di Cassazione – copia non ufficiale 5 di 7 di inammissibilità è stata proposta dai Vallisi anche dinanzi al TAR adito dal Comune ai sensi dell’art. 112, comma 5, c.p.a. Il giudice amministrativo l’ha respinta in base al rilievo che «con la richiesta di chiarimenti il Comune di Bologna non ha inteso abdicare all’esercizio del proprio potere-dovere di ottemperanza bensì invocato delucidazioni in merito all’esatta portata dell’obbligo conformativo derivante dal giudicato di annullamento, senza che in ciò sia ravvisabile alcuna pretesa allo sconfinamento da parte del g.a. nella sfera del potere amministrativo» (sentenza per chiarimenti n. 645/2024). È opportuno ancora ricordare che, secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, il ricorso ex art. 112, comma 5, c.p.a. non presenta caratteristiche che consentono di ricondurlo, in senso sostanziale, al novero delle azioni di ottemperanza, trattandosi di un ricorso che ha natura giuridica diversa tanto dall’azione finalizzata all’attuazione del comando giudiziale (art. 112, comma 2, c.p.a.), quanto dall’azione esecutiva in senso stretto (art. 112, comma 3), e che presuppone, fondamentalmente, dubbi e incertezze sull’esatta portata del comando giuridico oggetto dell’obbligo conformativo. Il rimedio per la richiesta di chiarimenti è ammissibile, quale strumento volto a ottenere precisazioni e delucidazioni su punti del decisum ovvero sulle concrete e precise modalità di esecuzione, laddove si riscontrino elementi di dubbio o di non immediata chiarezza, senza che con ciò possano essere introdotte ragioni di doglianza volte a modificare e/o integrare le statuizioni rese (Consiglio di Stato, n. 5971/2023; n. 3138/2024).  Si precisa ancora che lo strumento ex art. 112, comma 5, cit. è proponibile dalla parte soccombente nel giudizio di cognizione, atteso che la parte vittoriosa non ha necessità di chiedere Corte di Cassazione – copia non ufficiale 6 di 7 chiarimenti circa le modalità di ottemperanza, ma, in caso di non esecuzione o di non corretta esecuzione, può agire direttamente con ricorso ex 112, commi 2 e 3, c.p.a. Alteris verbis, se la parte vittoriosa, come nel caso in esame, reputa che l’amministrazione si sia rivolta al giudice per fare assumere in sua vece «scelte amministrative che esso non si sente di assumere per timore di subire le contrapposte impugnazioni delle parti private», dovrà semplicemente attendere l’evolversi dell’azione amministrativa e poi verificarne la coerenza con la pronuncia di cognizione. In caso negativo (esecuzione non conforme per violazione o elusione) ovvero in caso di totale inerzia potrà proporre un ordinario ricorso per l’ottemperanza. 4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Non trattandosi di impugnazione, non v’è luogo per pronunciarsi sul raddoppio del contributo unificato.

CORTE DI CASSAZIONE, UNITE CIVILI – ordinanza 27.08.2025 n. 24045

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