Giurisdizione e competenza – Parco acquatico, incidente mortale e ammissibilità della prova testimoniale

Giurisdizione e competenza – Parco acquatico, incidente mortale e ammissibilità della prova testimoniale

1. Il primo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. «in collegamento all’art. 246 cod. proc. civ.» e «omessa motivazione su un punto decisivo della controversia».

Parte ricorrente imputa al giudice territoriale di aver fondato il suo libero convincimento sulle dichiarazioni rese dai sommari informatori escussi nel processo penale, cioè dai bagnini addetti alla sorveglianza degli utenti del parco giochi: soggetti, tuttavia, incapaci a testimoniare, in quanto potenziali responsabili per l’occorso, come tempestivamente e reiteratamente eccepito nel corso del processo.

In tal guisa, la sentenza impugnata avrebbe apprezzato, in maniera decisiva, prove atipiche non espressamente previste dagli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in spregio al divieto ex art. 246 cod. proc. civ..

2. Il secondo motivo, per violazione e falsa applicazione «dell’art. 246 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost.» e «omessa motivazione su un punto decisivo della controversia», censura la sentenza gravata per aver escluso l’incapacità a testimoniare dei bagnini senza esprimere «argomentazioni alcune idonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione di tale convincimento».

3. I motivi – da esaminare congiuntamente, in ragione della stretta connessione che li avvince – sono infondati.

È doveroso rammentare come, per risalente e consolidato avviso della giurisprudenza di nomofilachia, le prove assunte in un processo penale (pur se celebrato tra parti diverse) e le sentenze ivi pronunciate (ancorché prive di formale efficacia di giudicato ex artt. 651 e 652 cod. proc. pen.), sono liberamente valutabili nel giudizio civile di danno alla stregua di prove precostituite e atipiche, sempreché ritualmente prodotte e sottoposte al contraddittorio tra le parti.

Ben legittimamente, pertanto, il giudice civile, investito di una domanda di risarcimento del danno, può utilizzare le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in giudicato e fondare l’accertamento dell’illecito su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, essendo in tal caso peraltro tenuto a procedere alla relativa valutazione con pienezza di cognizione al fine di accertare i fatti materiali all’esito del proprio vaglio critico.

Le prove (documentali o costituende) assunte nel processo penale assumono nel processo civile valenza di prove atipiche, ammissibili mancando nell’ordinamento processuale una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi istruttori, ma rimesse al prudente apprezzamento del giudice di merito ed altresì idonee a giustificare di per sé sole il dictum, se tali da fornire sul fatto da accertare elementi di riscontro sufficienti e non smentiti dal raffronto critico con le altre risultanze emergenti dal compendio istruttorio (sul tema, cfr., ex plurimis, Cass. 16/04/2025, n. 9957Cass. 07/11/2023, n. 30992Cass. 01/02/2023, n. 2947Cass. 07/05/2021, n. 12164).

Così correttamente definitane la valenza, resta esclusa qualsivoglia assimilazione, in punto di statuto di disciplina, tra la prova acquisita nel processo penale e l’omologo mezzo istruttorio come regolato dal codice di rito civile: anche nel giudizio civile di rinvio ex art. 622 cod. proc. pen. (in cui si determina, per effetto del rinvio dalla Suprema Corte in sede penale alla Corte d’appello civile, una piena translatio del giudizio dalla domanda) non assumono rilievo come testimonianze le dichiarazioni rese dalla persona offesa sentita quale testimone nel corso del processo penale, le quali sono invece liberamente valutabili dal giudice civile nel complessivo contesto istruttorio (specificamente, così Cass. 24/10/2024, n. 27558).

Ciò posto, nella specie le dichiarazioni acquisite a s.i.t. dai bagnini nel corso del processo penale sono state considerate dalla gravata sentenza – con puntuale e specifica argomentazione sul punto – come prove indiziarie, ritenute munite di efficacia asseverativa all’esito di un apprezzamento complessivo e comparativo con le ulteriori emergenze istruttorie: sicché non appare ravvisabile la trasgressione delle indicate norme processuali (segnatamente dell’art. 246 cod. proc. civ., dacché le dichiarazioni dei bagnini non sono state rese in sede di escussione testimoniale nel processo civile) né integrato il vizio motivazionale lamentato dal ricorrente.

Inconferente risulta inoltre la evocazione, quali disposizioni asseritamente inosservate, degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ..

Invero, la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. abilita alla proposizione del ricorso per cassazione quando il giudice, in espressa o implicita contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti o mai acquisite in giudizio oppure non introdotte dalle parti ma disposte di propria iniziativa fuori dai poteri istruttori officiosi riconosciutigli (ex multis, Cass. 26/04/2022, n. 12971Cass. 01/03/2022, n. 6774; Cass., Sez.

U, 30/09/2020, n. 20867; Cass. 23/10/2018, n. 26769); del pari, la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. denunciabile con impugnazione di legittimità si ha quando si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime (Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867, cui adde Cass. 31/08/2020, n. 18092Cass. 18/03/2019, n. 7618; e già Cass. 10/06/2016, n. 11892).

Fattispecie in tutta evidenza eccentriche rispetto alla doglianza articolata da parte ricorrente.

4. Il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. nonché degli artt. 115,116, 177, 187, 188, 189 e 244 del codice di rito.

Censura la mancata ammissione ad opera della Corte d’appello della prova testimoniale (di cui trascrive pedissequamente in ricorso i capitoli formulati) articolata al fine di dimostrare la esatta dinamica del sinistro e lo stato dei luoghi: in specie, assume che sia erronea la valutazione là dove son stati ritenuti irrilevanti di alcuni capi (5,6,7,12,13,14,15), ininfluenti altri (16,20,21,22), aventi ad oggetto giudizi o valutazioni altri ancora (9,10,11), altresì denunciando l’omessa pronuncia sull’ammissibilità in relazione ad ulteriori capi (1,2,3,4,17,18,19).

Censura poi la mancata ammissione della consulenza tecnica richiesta onde verificare la conformità dello scivolo alle norme tecniche regolanti specificamente tale tipo di impianto.

Censura, da ultimo, il rigetto (siccome ritenute dalla Corte d’appello «meramente esplorative») delle istanze ex art. 210 cod. proc. civ. di ordine alla convenuta di esibizione di documenti relativi all’acquascivolo e di filmati registrati dalle videocamere dell’impianto nonché ex art. 213 cod. proc. civ. di acquisizione di informazioni presso pubbliche amministrazioni circa pratiche di idoneità della struttura ricreativa.

5. Il motivo è fondato, nei sensi in appresso puntualizzati.

In linea generale, per monolitica giurisprudenza di questa Corte, il giudizio sulla superfluità o sulla genericità di una prova per testimoni è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto, che, tuttavia, può essere censurata se basata su erronei princìpi giuridici ovvero su incongruenze di carattere logico (Cass. 14/12/2024, n. 32547Cass. 21/11/2022, n. 34189Cass. 10/09/2004, n. 18222).

Nella vicenda scrutinata, il giudizio di irrilevanza ed ininfluenza espresso dalla sentenza impugnata risulta, oltre che del tutto privo di motivazione, inficiato da logica incoerenza, dacché i capitoli della prova orale così valutati avevano ad oggetto, con la formulazione specifica e separata prescritta dall’art. 244 cod. proc. civ., l’accadimento di vita, la dinamica del sinistro mortale, riguardata sotto plurimi e dettagliati aspetti spazio-temporali, esponendo circostanze in thesi idonee a giustificare una ricostruzione della vicenda fattuale in termini conformi a quanto prospettato a suffragio della domanda risarcitoria e diversi (se non addirittura contrapposti) rispetto a quanto emergente dagli atti della indagine penale considerati invece decisivi dalla Corte locale.

Del pari affetto dal medesimo vizio è il rigetto della prova per testi sui capi 8,9,10 e 11 perché contenenti «mere valutazioni e giudizi», laddove i medesimi recavano invece – ed in tutta evidenza – deduzione di elementi fattuali di natura oggettiva e suscettibili di cadere sotto la percezione sensoriale umana (la misura dell’altezza dell’acqua nella parte terminale dello scivolo, la connotazione ruvida del fondo di esso, i movimenti compiuti dalla vittima nell’occorso).

Del tutto mancante di giustificazione è, da ultimo, la mancata ammissione della prova testimoniale riferita ai capitoli 1,2,3,4,17, 18 e 19, tutti concernenti elementi fattuali rilevanti siccome in abstracto idonei a dimostrare che il sinistro si era verificato come narrato da parte attrice nonché, per l’effetto ed in uno all’esame degli altri capi, ad invalidare la ratio decidendi posta a base della decisione gravata.

L’escussione testimoniale su dette circostanze – in ogni caso da compiere con espunzione di apprezzamenti o valutazioni soggettive del teste – richiesta ai giudici di merito dall’odierna ricorrente (con tempestiva articolazione nella lite di prime cure, reiterazione in sede di precisazione delle conclusioni e successiva formulazione di motivo di appello al riguardo, secondo la rappresentazione dell’andamento del processo operata in ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza) appariva dunque tale – alla luce di una qui astratta ed ipotetica considerazione – da poter dimostrare, in punto di fatto, la veridicità dell’assunto attoreo, cioè a dire una differente eziologia dell’evento mortale, presupposto per affermare la responsabilità (quantomeno concorrente) della convenuta nella causazione dell’evento.

Il rigetto della prova orale statuito dal giudice territoriale concreta in tal modo anche lesione del diritto di difesa, il quale si traduce nel diritto di provare il fondamento della propria pretesa: e tanto in forza del principio, più volte enunciato da questa Corte, secondo cui la mancata ammissione di un mezzo istruttorio integra un vizio della sentenza se il giudice trae conseguenze dalla mancata osservanza dell’onere sancito all’art. 2697 cod. civ., benché la parte avesse offerto di adempierlo (in tal senso, oltre alla citata Cass. n. 32547 del 2024, cfr. Cass. 30/09/2019, n. 24205Cass. 21/04/2005, n. 8357).

La sentenza gravata va dunque cassata per l’illustrata ragione, con sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione.

Competerà poi al giudice di merito, una volta ampliato il compendio istruttorio con le escussioni testimoniali, l’esercizio dei poteri officiosi di acquisizione di informazioni dalla P.A. e di nomina di un consulente tecnico di ufficio nonché la nuova valutazione sulla ricorrenza dei presupposti giustificanti l’invocato ordine di esibizione.

6. È infine assorbito il vaglio del quarto motivo di ricorso, dovendosi in sede di rinvio provvedere alla riconducibilità del fatto, come sarà accertato, nell’alveo delle diverse ipotesi di responsabilità aquiliana addotte dall’attrice a sostegno della domanda risarcitoria.

7. Al giudice del rinvio è altresì demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Cass. civ., III, ord., 15.10.2025, n. 27479

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