– con ricorso al Tribunale di Torino in funzione di Giudice del lavoro, depositato in data 5.2.2025, Parte_1 ha proposto opposizione nei confronti dell’ingiunzione di pagamento n. (omissis) notificatale da CP_3 in data 20.1.2025, e ai titoli sottesi, costituiti dagli avvisi di addebito CP_2 n:
(omissis) per € 4.668,97
(omissis) per € 3.347,18
(omissis) per € 4.511,12
(omissis) per € 3.358,31
(omissis) per € 2.149,72
(omissis) per € 2.235,22
(omissis) per € 2.286,44
(omissis) per € 3.432,19;
la ricorrente si è dichiarata non debitrice delle somme portate da tali titoli, per le ragioni indicate in ricorso – tra cui: la decadenza dal potere impositivo, l’incompetenza territoriale, l’inesistenza dei titoli per vizi della sottoscrizione, la mancata indicazione del criterio di calcolo degli interessi, l’inesistenza della notifica degli avvisi di addebito, l’intervenuto silenzio assenso ex l. 228/2012, art.1 co. 537-540, e la prescrizione dei crediti − e ha chiesto, previa sospensione inaudita altera parte, l’annullamento dei provvedimenti opposti, con vittoria di spese;
si è costituito in giudizio CP_2, allegando di aver correttamente notificato ciascuno degli avvisi di addebito oggetto del ricorso ed eccependo, pertanto, l’inammissibilità delle censure sollevate nei confronti degli stessi, in quanto proposte oltre il termine di 40 giorni dalla notifica. La CP_4 ha contestato la maturazione della prescrizione prima della notifica dei titoli, nonché la fondatezza delle restanti eccezioni sollevate dalla ricorrente, e ha chiesto il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite;
si è costituita in giudizio, evidenziando che i crediti erano già stati oggetto di precedenti atti di intimazione notificati via pec alla ricorrente e non impugnati, con conseguente consolidamento della pretesa creditoria. In relazione a ciascun credito, ha poi allegato gli atti interruttivi della prescrizione notificati a mezzo pec alla ricorrente. Inoltre, CP_1 ha dedotto la corretta indicazione del criterio di calcolo degli interessi all’interno della comunicazione impugnata e la regolarità della notifica dell’intimazione di pagamento. Per il resto, ha contestato la fondatezza delle doglianze proposte e ha chiesto il rigetto del ricorso.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1. Tutte le doglianze relative al merito della pretesa creditoria portata dagli avvisi di addebito sottesi all’intimazione di pagamento e alla validità formale degli stessi – espresse, per altro, in termini del tutto astratti, privi di connessione con gli specifici titoli impugnati e che, pertanto, risultano in larga parte inconferenti − non possono essere esaminate, in quanto proposte oltre il termine di 40 giorni dalla notifica di ciascuno degli avvisi di addebito, termine previsto a pena di decadenza dall’art. 24 d.lgs. 46/1999 e pacificamente applicabile all’avviso di addebito di cui all’art. 30 d.lgs. 78/2010 (ex multis, Cass., sez L. , sent. n. 8198/2023).
In relazione a ciascuno degli avvisi di addebito CP_2 ha, infatti, allegato di aver ritualmente effettuato la notifica, producendo la relativa documentazione, e parte ricorrente non ha specificamente contestato tale deduzione, né in ricorso, né in udienza. Deve infatti ribadirsi che: “per contestare la validità della notifica di un atto, non è sufficiente elencare in quali casi una notifica possa essere invalida, ma contestare, specificamente, di non aver ricevuto quell’atto e indicare quali siano i vizi che affliggano quel concreto procedimento di notifica. Il ricorso, al contrario, contiene una mera elencazione di precedenti giurisprudenziali senza alcuna allegazione riguardante il caso in esame” (Trib. Torino, sent. 458/2025).
2.2. Per altro, risulta dai documenti in atti che:
– gli AVA n. … e n. … sono stati regolarmente notificati da CP_2 alla ricorrente via pec, rispettivamente in data 19.12.2023, 25.1.2023, e 7.8.2022 (doc. CP_2 n. 3, 5 e 7);
– gli AVA n. .. n. .. e n. .. sono stati notificati da CP_2 alla ricorrente tramite raccomandata e la notifica si è perfezionata rispettivamente in data 25.1.2022, 21.2.2019 e 21.8.2018, come dimostrato dalle cartoline di ritorno prodotte da (doc. n. 9, 13 e 15), la cui regolarità e idoneità probatoria non è stata contestata nemmeno genericamente dalla ricorrente.
Inoltre − come dedotto da CP_3 (cfr. p. 6-7 memoria di costituzione) − tutti gli AVA oggetto del presente giudizio erano stati oggetto di precedenti comunicazioni e intimazioni di pagamento, regolarmente notificate a mezzo pec alla ricorrente, la quale non ha dedotto di averle impugnate. In particolare, gli AVA n. .. e n. .. sono stati oggetto dell’intimazione di pagamento notificata a mezzo pec in data 6.9.2022, non impugnata dalla ricorrente (doc. 1).
Quindi, quand’anche si volesse escludere che la ricorrente abbia ricevuto le notifiche di cui sopra, si dovrebbe comunque ritenere che ella fosse nelle condizioni di far valere l’eventuale opposizione recuperatoria avverso tali avvisi impugnando il primo atto della procedura esecutiva notificatole; non avendovi provveduto la ricorrente è definitivamente decaduta dalla possibilità di sollevarla in questa sede (C. App. Torino, sent. n. 137/2024; Cass. ord. n. 27093/2022).
2.3. Le intimazioni di pagamento e le altre comunicazioni di cui al doc. 1 sono altresì idonei atti interruttivi della prescrizione, che non risulta decorsa in relazione a nessuno dei crediti oggetto del ricorso, né prima, né dopo la formazione dei rispettivi titoli.
2.4. Restano da esaminare le censure formali svolte – sempre in astratto – nei confronti della intimazione di pagamento notificata da CP_3 alla ricorrente, regolarmente via pec, in data 20.1.2025.
L’eccezione di incompetenza territoriale va rigettata in quanto formulata in via del tutto generica e senza alcuna connessione con gli atti oggetto del ricorso o con la situazione della ricorrente.
L’eccezione di omessa indicazione del criterio di calcolo degli interessi è infondata in quanto il detto criterio è legislativamente predeterminato ai sensi dell’art. 30, DPR n. 602/73, che fa riferimento al tasso determinato annualmente con Decreto del Ministro delle Finanze, e dunque conoscibile dal contribuente (Cass. ord. 6288/2025), come, per altro, risulta esplicitato a p. 22 dell’atto impugnato.
L’eccezione di nullità della pretesa tributaria per essersi formato il silenzio assenso dell’amministrazione sulla sospensione ex lege e cancellazione dei crediti oggetto dell’istanza ex L. 228/2012, art. 1 co. 537-540, formulata dalla ricorrente è, anch’essa, infondata. CP_3 ha infatti prodotto la comunicazione con cui, in data 28.5.2024 ha rigettato l’istanza avanzata dalla ricorrente in data 24.5.2024. Nulla ha osservato la ricorrente sul punto. Nessun silenzio assenso può dunque ritenersi prodotto in relazione ai crediti oggetto del giudizio.
3. Per i motivi sopra esposti le domande della ricorrente devono essere dunque integralmente rigettate. Restano assorbite le altre questioni dedotte dalle parti resistenti.
4. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo (D.M. 55/2014, valore compreso tra 5.200 € e 26.000 €, fasi di studio, introduttiva e decisoria) seguono la soccombenza e sono poste a carico della ricorrente.
5. Ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., si ritiene altresì necessario condannare parte attrice al pagamento della somma di euro 500 in favore di ciascuna delle parti convenute. La ricorrente ha infatti agito in giudizio con malafede o, quantomeno con colpa grave, dal momento che ha proposto opposizione nei confronti di avvisi di addebito che le erano stati tutti notificati in precedenza, già oggetto di plurimi atti di esecuzione anch’essi tutti regolarmente notificati ed ha svolto – tramite un ricorso redatto “col supporto dell’intelligenza artificiale”, costituito da un coacervo di citazioni normative e giurisprudenziali astratte, prive di ordine logico e in larga parte inconferenti, senza allegazioni concretamente riferibili alla situazione oggetto del giudizio – eccezioni tutte manifestamente infondate.
A tale statuizione consegue, ai sensi dell’art. 96, c. 4, c.p.c. la condanna ad una somma in favore della cassa delle ammende che si determina equitativamente in € 500.
Trib. Torino, lav., sent., 16.09.2025