Giurisdizione e competenza – Inammissibilità del rinvio pregiudiziale per competenza territoriale sollevato durante la fase delle indagini preliminari

Giurisdizione e competenza – Inammissibilità del rinvio pregiudiziale per competenza territoriale sollevato durante la fase delle indagini preliminari

1. In via preliminare, rileva il Collegio che la doglianza difensiva riguardante la violazione del contraddittorio è, sotto vari aspetti, inammissibile.

2. La ricorrente non indica quali sarebbero i presupposti (le vane ricerche) che avrebbero dovuto determinare l’emissione del decreto di irreperibilità ai sensi dell’art. 159 cod. proc. pen.; inoltre, l’impugnazione non appare sostenuta da un interesse concreto ed attuale.

Ed invero, in tema di impugnazioni, il riconoscimento del diritto al gravame è subordinato alla presenza di un interesse immediato, concreto ed attuale a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale di cui si contesta la correttezza e a conseguire un’utilità, ossia una decisione dalla quale derivi per il ricorrente un risultato più vantaggioso (Sez. 5, n. 2747 del 06/10/2021, Rv. 282542).

Nella specie la M. non vanta alcun interesse concreto poiché il GIP ha escluso, nei suoi confronti, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e rigettato la misura cautelare, sia con riferimento al delitto di riciclaggio, sia con riferimento al delitto associativo (cfr. pagg. 255 e 259 dell’ordinanza del GIP) pertanto l’eccezione si profila inammissibile.

3. Ricostruita nei termini sopra indicati la vicenda processuale, osserva il collegio che la questione principale riguardante la richiesta di rinvio pregiudiziale, è inammissibile.

Preme ricordare che il nuovo istituto del “rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, per la decisione sulla questione della competenza per territorio”, disciplinato dall’art. 24 bis cod. proc. pen, è stato introdotto nell’ordinamento dall’art. 4, comma 1, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in attuazione del disposto dell’art. 1, comma 13, lett. n) della legge delega 27 settembre 2021, n. 134.

A mezzo di tale strumento viene offerta la possibilità – al giudice procedente che si trovi a dirimere una questione inerente al tema della competenza per territorio – di rimettere, d’ufficio o su istanza di parte, la relativa questione alla Corte di cassazione con un esito preclusivo quanto alla possibilità di prospettare nuovamente la medesima questione nel corso del procedimento.

Come affermato in motivazione da Sez. 3, n. 41594 del 06/07/2023, Rv. 285114, il nuovo istituto riveste una funzione strumentale rispetto al raggiungimento del fine di una intangibile definizione del tema della competenza per territorio, in modo che risulti scongiurato il pericolo della inutile celebrazione di processi fondati su una errata attribuzione di competenza, con conseguente necessità di dover iniziare da capo il processo (cfr. Commissione Lattanzi, Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. A.C. 2435, p. 40, che ha evidenziato che “l’introduzione di un istituto che consente alla Corte di risolvere in via definitiva la questione relativa alla competenza, mettendo così il processo “in sicurezza”, risponde evidentemente anche al principio costituzionale dell’efficienza e della ragionevole durata del processo”).

3.1 II rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione si presenta, dunque, come meccanismo risolutivo preventivo che si aggiunge agli ordinari strumenti di impugnazione nel sistema della definizione della questione sulla competenza territoriale di cui agli artt. 30 e ss. cod. proc. pen.

Il primo comma dell’art. 24 bis, cod. proc. pen., letto congiuntamente al sesto, individua i presupposti del rinvio pregiudiziale, i soggetti legittimati e i termini entro cui la questione concernente la competenza per territorio deve essere rimessa alla Corte di cassazione.

I termini previsti per la presentazione della richiesta di rinvio incidentale, anche a seguito di rilievo d’ufficio, sono previsti a pena di decadenza e coincidono in sostanza con quelli stabiliti dal codice di rito per eccepire l’incompetenza per territorio (art. 21, comma 1, cod. proc. pen.): sino alla conclusione dell’udienza preliminare e, laddove essa manchi, in sede di espletamento delle formalità di apertura del dibattimento ai sensi dell’art. 491, comma 1, cod. proc. pen.

Anche la reiterazione della richiesta ricalca la disciplina in tema di eccezione di incompetenza per territorio, potendo la richiesta rigettata in prima istanza, essere ripresentata entro e non oltre il termine previsto dall’art. 491, comma 1, cod. proc. pen., fermo restando che “l’eccezione di incompetenza per territorio del giudice procedente formulata dalla parte deve essere sempre associata alla contestuale richiesta di rimessione della questione alla decisione della Corte di cassazione, realizzandosi, in assenza, una preclusione per la riproposizione della questione nel corso del procedimento”(Sez. 3, n. 39153 n. 39153 del 12/07/2024, Rv. 286979 – 01).

3.2 L’art. 24 bis, comma 1, cod. proc. pen., è chiaro, quindi, nell’indicare, quale termine finale per la rimessione della questione sulla competenza per territorio alla Corte di cassazione, la conclusione dell’udienza preliminare, ovvero, in mancanza di quest’ultima, il termine di cui all’art. 491, comma 1, cod. proc. pen., momenti ai quali va aggiunto, in via interpretativa, quello immediatamente successivo all’accertamento della costituzione delle parti nel rito monocratico nel corso della nuova udienza di comparizione predibattimentale, in virtù del richiamo all’art. 491, comma 1, cod. proc. pen., previsto dal nuovo art. 554 bis, comma 3, cod. proc. pen.

Alla luce di tali considerazioni e tenuto conto che il rimedio mira a consentire alla Suprema Corte di intervenire immediatamente sulla questione della individuazione del giudice territorialmente competente al fine di evitare che l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla parte, pur respinta, costituisca un vulnus potenzialmente in grado di rendere inutile l’attività processuale svolta medio tempore, deve escludersi che il rinvio di cui all’art. 24 bis cod. proc. pen., possa essere attivato nel corso del dibattimento, successivamente al termine di cui all’art. 491 cod. proc. pen., ovvero in sede di impugnazione quando l’attività istruttoria è conclusa.

La previsione di preclusioni processuali è stata, del resto, ritenuta conforme ad un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 25 della Carta fondamentale, proprio alla luce del principio di ragionevole durata del processo, che costituisce il prioritario canone di indirizzo ermeneutico, e del principio ad esso connesso, del quale rappresenta la indefettibile esplicazione, della “efficienza processuale” (cfr. in motivazione Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, P.g. in proc. Donati ed altro, Rv. 231799 – 01 secondo cui la preclusione assolve la funzione di scandire i singoli passaggi della progressione del processo e di regolare i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri delle parti e del giudice, dai quali quello sviluppo dipende, onde la preclusione rappresenta il presidio apprestato dall’ordinamento per assicurare la funzionalità del processo in relazione alle sue peculiari conformazioni risultanti dalle scelte del legislatore. Il processo, infatti, quale sequenza ordinata di atti modulata secondo un preciso ordine cronologico di attività, di fasi e di gradi, è legalmente tipicizzato in conformità di determinati criteri di congruenza logica e di economicità procedimentale in vista del raggiungimento di un risultato finale, nel quale possa realizzarsi l’equilibrio tra le esigenze di giustizia, di certezza e di celerità.).

4. La norma codicistica nulla dice, però, quanto al dies a quo per l’attivazione del nuovo meccanismo.

Nella giurisprudenza di legittimità non si rinvengono pronunce espresse sul tema della proponibilità del rinvio pregiudiziale prima dell’esercizio dell’azione penale. Alcune sentenze, infatti, fanno riferimento a una rimessione intervenuta successivamente (ad esempio, nell’udienza preliminare: Sez. 5, n. 43638 del 06/09/2023, Rv. 285306 – 01), altre pronunce indicano nel “G.I.P.” l’autorità giudiziaria che ha promosso il rinvio pregiudiziale, senza, tuttavia, indicare la sede processuale in cui la rimessione è intervenuta.

Ciò detto, considerazioni di carattere sistematico fanno propendere per la soluzione negativa circa l’esperibilità del rimedio prima dell’esercizio dell’azione penale, avuto riguardo all’irreversibilità degli effetti della decisione sul rinvio pregiudiziale.

5. Come noto, l’art. 22 cod. proc. pen. prevede al primo comma che, nel corso delle indagini preliminari, il giudice che riconosca la propria incompetenza pronunci ordinanza disponendo la restituzione degli atti al pubblico ministero; tale ordinanza, secondo quanto previsto al secondo comma, produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto. Se così è, se ne ricava, quale corollario, come segnalato anche in dottrina, che il meccanismo del rinvio pregiudiziale, finalizzato appunto ad ottenere dai giudici di legittimità una decisione “salda” sulla competenza per territorio, postula un’imputazione già cristallizzata con l’esercizio dell’azione penale; infatti la necessaria fluidità dell’imputazione nel corso della fase investigativa si pone in termini incompatibili con qualsiasi statuizione in tema di competenza territoriale avente il connotato della stabilità.

Ed invero, se la giurisprudenza maggioritaria assegna alla pronuncia della Suprema Corte in materia di competenza territoriale effetto vincolante ai sensi dell’art. 25 cod. proc. pen., anche se resa nell’ambito delle indagini preliminari, deve rilevarsi che tale efficacia incontra sempre un limite nella sopravvenienza di fatti nuovi che impongano un riesame della questione (sul punto Sez. 3, n. 22090 del 13/03/2025, Rv. 288385, che, decidendo su un rinvio pregiudiziale, ha ripreso l’indirizzo secondo cui, in materia di competenza per territorio, la decisione della Corte di cassazione, se pure adottata nella fase delle indagini preliminari – e, segnatamente, in fase cautelare – ha efficacia vincolante per tutte le successive fasi del giudizio, salvo il caso della sopravvenienza di fatti nuovi che ne impongano un riesame; e tra le altre, Sez. 1, n. 9413 del 14/02/2013, Rv. 255065 – 01; Sez. 1, n. 20992 del 29/04/2011, Rv. 250117 – 01 e Sez. 4, n. 41994 del 12/7/2017, Janaqi, n.m., che valorizzano la portata “generale” della norma di cui all’art. 25 cod. proc. pen., in forza della quale “la decisione della Corte di cassazione sulla giurisdizione o sulla competenza è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice superiore”).

6. Dunque, se l’indirizzo appena menzionato potrebbe far propendere per l’ammissibilità del rinvio pregiudiziale, nella fase cautelare, prima dell’esercizio dell’azione penale, poiché anche la pronuncia sulla competenza intervenuta nella fase delle indagini preliminari è dotata della (tendenziale) stabilità delineata dalla disposizione codicistica, sicché sembrerebbe venir meno qualsiasi ostacolo giuridico alla attivabilità del rimedio ex art. 24 bis cod. proc. pen., rileva il collegio che dette decisioni non sembrano confrontarsi con la disciplina ad hoc dettata dall’art. 22, comma 2, cod. proc. pen., che, in tema di incompetenza dichiarata dal giudice per le indagini preliminari stabilisce il carattere ad acta della relativa statuizione “L’ordinanza pronunciata a norma del comma 1 produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto”, nel senso che la pronuncia della Corte di cassazione resa nel corso delle indagini preliminari non ha gli effetti di cui all’art. 25 cod. proc. pen., ma ha la limitata efficacia attribuita dall’art. 22 cod. proc. pen. al provvedimento del G.I.P. cui si sostituisce (cfr. Sez. 6, Ordinanza n. 3423 del 23/10/1991, Rv. 189522; Sez. 4, n. 35207 del 11/07/2003, Rv. 225962 – 01 secondo cui “qualora la Corte di cassazione, in sede di ricorso contro ordinanza del Tribunale del riesame che abbia confermato la misura della custodia cautelare in carcere disposta dal GIP, riconosca l’incompetenza per territorio di quest’ultimo, la declaratoria d’incompetenza e l’indicazione del GIP competente, pur vincolanti per i GIP interessati, non producono l’effetto definitivo di cui all’art. 25 cod. proc. pen. ma essendo emesse allo stato degli atti e in sostituzione della dichiarazione di incompetenza che avrebbe dovuto pronunziare, ex art. 291 secondo comma e 22 primo comma cod. proc. pen., il GIP che ordinò la misura coercitiva, hanno la limitata efficacia stabilita dall’art. 22 secondo comma stesso codice. Il provvedimento del GIP incompetente conserva, tuttavia, la propria efficacia nei limiti e alle condizioni di cui all’art. 27 cod. proc. pen.“).

È, quindi, la limitata efficacia, propria della decisione sulla competenza territoriale adottata nel corso delle indagini preliminari che consente di concludere nel senso che il rinvio pregiudiziale, il cui esito produce effetti naturalmente “generali e irreversibili”, non sia esperibile nella fase delle indagini preliminari dal momento che la “stabilità” dell’individuazione del giudice territorialmente competente, che costituisce l’in sé del rimedio di cui all’art. 24-bis cod. proc. pen., non si concilia con il carattere intrinsecamente dinamico della fase delle indagini preliminari, ossia con il rilievo che, i gravi indizi rappresentano “una prova allo stato degli atti”, valutata dal giudice allorché la formazione del materiale probatorio è ancora in itinere e non è stato sottoposto al vaglio del contraddittorio dibattimentale ed è precisamente questo aspetto dinamico e non la loro differente capacità dimostrativa a contraddistinguerli rispetto alla prova idonea a giustificare la pronuncia di condanna” (Sez. 1, n. 19867 del 04/05/2005, Rv. 232601).

7. Alla luce di quanto complessivamente esposto deve ritenersi che prima dell’esercizio dell’azione penale, nella fase delle indagini preliminari, non potendo generarsi gli effetti tipici del rinvio pregiudiziale, il rimedio non possa esperito.

Per tali ragioni la richiesta avanzata dal GIP del Tribunale di Trapani va dichiarata inammissibile.

Cass. pen., II, ud. dep. 30.10.2025, n. 35593

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