Giurisdizione e competenza – Enti locali – Impugnazione di un piano operativo comunale, ragioni e inammissibilità

Giurisdizione e competenza – Enti locali – Impugnazione di un piano operativo comunale, ragioni e inammissibilità

Brunella Tosi e Giorgio Brini hanno agito in giudizio per l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale del Comune di Castel San Pietro Terme n. 125 del 24.10.2023, avente ad oggetto l’approvazione, ai sensi degli artt. 30 e 34 Legge regionale n. 20/2000, del “piano operativo comunale stralcio denominato “poc ambito di psc ans_c2.4 (stralcio nord) e d_n.8 (parte) collina 2 nord” con valore ed effetti di piano urbanistico attuativo (PUA)”.

Nel ricorso introduttivo, a giustificazione dell’impugnazione proposta, hanno lamentato che il predetto piano consentirebbe la realizzazione di un rilevante intervento di nuova lottizzazione su un’area finitima alle abitazioni di loro proprietà, sottraendo a queste visibilità panoramica e vedute sul versante collinare ed appesantendo in maniera decisiva il carico urbanistico dell’area.

In fatto hanno allegato che l’area in questione, in quanto parte del c.d. “Sistema collinare”, risulta assoggettata alle prescrizioni poste dall’art. 3.2 delle N.T.A. del Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) e ricade nell’Ambito ANS C2.4 e nell’Ambito D_N.8, individuati nell’elaborato D “SCHEDE VALSAT E DI INDIRIZZO PROGETTUALE (VIp)” del Piano strutturale comunale, approvato con Deliberazione del Consiglio comunale n. 59 del 13.05.2016 (doc. 10, pp. 41 e ss e 143 e ss), essendo ricompresa nell’Allegato ANS_C2.4.

In relazione a tale area in data 1 luglio 2021 le società I.C.E.R. s.r.l. e C Holding s.r.l. hanno avanzato al Comune una proposta di accordo operativo ex artt. 30 e 38 della Legge regionale n. 24/2017 e le parti hanno sottoscritto un verbale di conclusione della fase conciliativa, assunto al prot. n. 22614 del 31.08.2021.

Successivamente, su istanza delle due società, la proposta di accordo operativo è stata “convertita”, per il tramite della nota prot. n. 30232 del 17.11.2021, in un progetto di modifica del Piano operativo comunale, c.d. “POC Stralcio”, destinato ad acquisire, al termine del procedimento di adozione e approvazione, efficacia di piano urbanistico attuativo ex artt. 30, 31 e 34 Legge regionale n. 20/2000.

Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 164 del 30.11.2021 il PUA è stato adottato ai sensi dell’art. 34 Legge regionale n. 20/2000.

La Città metropolitana di Bologna, con atto del Sindaco metropolitano n. 78 dell’11.04.2023, ha formulato le proprie riserve ai sensi dell’art. 34, comma 6 Legge regionale n. 20/2000, rilevando possibili criticità del progetto di lottizzazione posto alla base dell’approvando PUA rispetto alle prescrizioni contenute negli strumenti di governo del territorio provinciale (PTCP) e regionale (PTPR).

Sono state inoltre presentate tre osservazioni di privati cittadini, tra i quali gli odierni ricorrenti.

In sede di controdeduzioni il Comune ha dichiarato di uniformare il progetto dell’intervento ai rilievi formulati dalla Città metropolitana, prevedendo l’edificazione di soli 5 lotti, a fronte dei 15 inizialmente previsti.

Con deliberazione n. 125 del 24.10.2023 pubblicata il 22.11.2023 il Comune ha approvato il PUA, impugnato in questa sede dai ricorrenti articolando le seguenti censure in diritto.

1) “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 Legge regionale n. 24/2017”.

I ricorrenti lamentano il mancato rispetto dei termini previsti da tale disposizione.

2) “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 Legge regionale n. 24/2017; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 34 Legge regionale n. 20/2000; Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 7 delle Norme del Piano territoriale di coordinamento provinciale e 9 delle Norme del Piano territoriale paesaggistico regionale; Violazione e/o falsa applicazione dell’Elaborato D del Piano strutturale comunale approvato con Deliberazione Consiglio comunale n. 59 del 13.05.2016; Eccesso di potere per carenza di istruttoria, carenza di motivazione, illogicità manifesta; Eccesso di potere per travisamento dei fatti e contraddittorietà fra procedimenti; Violazione dei principi generali di efficienza e buon andamento desumibili dall’art. 97 Cost.”.

L’Amministrazione, in violazione delle norme citate, non avrebbe ad avviso dei ricorrenti compiuto un’adeguata istruttoria per verificare la sussistenza dell’effettivo bisogno di nuovi edifici da destinarsi a uso residenziale, come richiesto anche dalla Città Metropolitana di Bologna con atto del Sindaco n. 68 del 23.03.2016.

3) “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 delle Norme del Piano territoriale di coordinamento provinciale e 9 delle Norme del Piano territoriale paesaggistico regionale (sotto diverso profilo); Violazione e/o falsa applicazione dell’Elaborato D del Piano strutturale comunale approvato con Deliberazione Consiglio comunale n. 59 del 24 13.05.2016 (sotto diverso profilo); Eccesso di potere per carenza di istruttoria e illogicità manifesta”.

Gli elaborati e i progetti allegati al PUA non consentirebbero di determinare con sufficiente precisione come l’intervento impatterà sul terreno interessato e sulla visuale del declivio collinare, né di valutare il carico urbanistico dell’intervento, in assenza di specificazione del numero di unità abitative ricavabili nei realizzandi edifici e delle loro concrete caratteristiche.

4) “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 delle Norme del Piano territoriale di coordinamento provinciale e 9 delle norme del Piano territoriale paesaggistico regionale e dell’Elaborato D al Piano strutturale comunale approvato con Deliberazione del Consiglio comunale n. 59 del 13.05.2016 (sotto diverso profilo); Eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta”.

L’intervento di lottizzazione non costituirebbe completamento del tessuto edificato esistente, in violazione di quanto previsto nel Piano Strutturale Comunale.

5) “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 delle Norme del Piano stralcio Assetto Idrogeologico, approvato dalla Regione Emilia Romagna, ai sensi dell’art. 1 D.L. n. 180/1998, conv. in Legge n. 267/1998, con deliberazione della Giunta Regionale n. 567 del 07.04.2003; Eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità manifesta e contraddittorietà. Il terreno interessato dall’intervento di lottizzazione abilitato dal PUA rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 20 delle Norme del c.d. Piano stralcio Assetto Idrogeologico (doc. 31), approvato dalla Regione Emilia Romagna, ai sensi dell’art. 1 D.L. n. 180/1998, conv. In Legge n. 267/1998, con Deliberazione della Giunta Regionale n. 567 del 7.04.2003”.

Il progetto di PUA, per garantire la necessaria invarianza idraulica dei lotti oggetto di intervento e ricompresi nell’ambito ANS_C2.4, dopo aver contemplato due soluzioni progettuali possibili (la realizzazione di un collettore fognario, ovvero la realizzazione di un c.d. bacino a cielo aperto), lascerebbe illegittimamente agli attuatori la scelta, essendo peraltro ad avviso dei ricorrenti la seconda opzione inattuabile e il progetto della rete fognaria sottodimensionato.

Sulla base di tali doglianze i ricorrenti hanno concluso chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato.

Il Comune si è costituito eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto delle condizioni dell’azione, non avendo i ricorrenti fornito prova del concreto pregiudizio che deriverebbe loro dalla realizzazione del comparto ANS C2.4; nel merito l’Ente ha contestato la fondatezza del ricorso.

La controinteressata Holding s.r.l. si è costituita eccependo preliminarmente l’inammissibilità dei motivi di ricorso inerenti valutazioni urbanistiche discrezionali del Comune, nonché l’infondatezza nel merito di tutte le doglianze articolate.

La controinteressata Icer s.r.l. si è costituita eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e mancanza di prova della legittimazione ad agire, non avendo i ricorrenti fornito prova né della vicinitas (essendosi limitati a dichiarare di essere proprietari di terreni confinanti con quelli interessati dal comparto edificatorio contestato senza neppure specificare quali siano le loro abitazioni tra quelle presenti in loco), né del concreto pregiudizio che essi subirebbero per effetto dell’intervento; nel merito la società ha comunque contestato la fondatezza di tutti i motivi di ricorso.

All’udienza del 23 settembre 2025, dopo la discussione orale delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

All’esito del giudizio, ad avviso del Collegio, lette le difese delle parti e tenuto conto dello specifico atto in contestazione nell’odierno giudizio, alla luce dei principi giurisprudenziali in materia, il ricorso va dichiarato inammissibile per mancata prova da parte dei ricorrenti dell’interesse ad agire, elemento indefettibile unitamente alla vicinitas ai fini dell’ammissibilità del ricorso.

Invero, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 22 del 2021 ha sul punto chiarito: “riaffermata la distinzione e l’autonomia tra legittimazione e interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario in via di principio che ricorrano entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di differenziazione, valga da solo ed in automatico a soddisfare anche l’interesse al ricorso”.

Sulla stessa linea il Consiglio di Stato aveva già in precedenza evidenziato: “21.3. La giurisprudenza ha chiarito a più riprese che la vicinitas non rappresenta un dato decisivo per riconoscere l’interesse ad agire (che nel giudizio di legittimità davanti al giudice amministrativo si identifica con l’interesse ad impugnare), nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l’intervento costruttivo contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278). Nella fattispecie in esame tuttavia una simile prova non viene fornita. 21.4. L’idea che la nozione di vicinitas, oltre a identificare una posizione qualificata idonea a rappresentare la legittimazione a impugnare il provvedimento urbanistico o edilizio, avrebbe assorbito anche l’interesse a ricorrere è stata infatti superata dall’indirizzo secondo cui, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, deve essere concretamente indagato e accertato anche l’interesse ad agire. Questo indirizzo valorizza ragioni di coerenza con i principî generali sulle condizioni per l’azione nel processo amministrativo, nel cui novero rientrano distintamente, oltre alla legitimatio ad causam, il c.d. titolo (o legittimazione al ricorso) e l’interesse ad agire (cfr. Cons. Stato: Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9; successivamente, Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278 citata; per ultimo Sez. IV, 5 febbraio 2018, n. 707). […] 21.6. La sussistenza della mera vicinitas non costituisce elemento sufficiente a comprovare contestualmente la legittimazione e l’interesse al ricorso, occorrendo invece la positiva dimostrazione, in relazione alla configurazione dell’interesse ad agire, di un danno (certo o altamente probabile) che attingerebbe la posizione di colui il quale insorge giudizialmente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 dicembre 2017, n. 5908).” (vedi Consiglio di Stato, sentenza n. 1011 del 2020).

Venendo al caso in esame, con riferimento agli specifici profili della legittimazione e dell’interesse ad agire, i ricorrenti nei propri scritti difensivi si sono limitati ad affermare, da un lato, che l’intervento previsto dal piano impugnato avrà ad oggetto un’area “finitima” alle loro abitazioni e, dall’altro, che la lottizzazione danneggerà tali abitazioni “sottraendo a queste visibilità panoramica e vedute sul versante collinare ed appesantendo in maniera decisiva il carico urbanistico dell’area”.

Tuttavia, come eccepito dalle parti resistenti, a fronte di tali affermazioni, essi non hanno in alcun modo dimostrato se e come la visuale collinare dalle loro abitazioni sarà effettivamente compromessa dai nuovi edifici, profilo senz’altro rilevante ai fini della dimostrazione dell’attualità dell’interesse al ricorso, tenuto anche conto che gli stessi ricorrenti hanno dato atto nelle proprie difese dell’impossibilità allo stato di valutare l’effettivo impatto della lottizzazione sul territorio, non essendo ancora state delineate le specifiche caratteristiche degli edifici da realizzare.

Peraltro, la soluzione progettuale contenuta nel piano impugnato, prevista per uniformare l’iniziale versione del progetto ai rilievi della Città metropolitana e che prevede l’edificazione di soli 5 lotti a fronte dei 15 inizialmente previsti, ha eliminato la capacità edificatoria avente maggiore impatto sulla percezione del paesaggio collinare verso la pianura (lotti da 1 a 10), creando una fascia estesissima di verde alberato di mitigazione, sicché a maggior ragione i ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare l’asserito impatto pregiudizievole della nuova lottizzazione, come da ultimo approvata, rispetto alla visuale libera dalle loro abitazioni.

Del pari, nessuna prova è stata fornita dai ricorrenti con riguardo al pregiudizio asseritamente subito per effetto dell’aumento del carico urbanistico, aspetto a maggior ragione determinante considerato che nel progetto contestato il Comune ha previsto la realizzazione di opere che comporteranno in realtà un miglioramento della zona, in vantaggio degli stessi ricorrenti, quali il completamento della pista ciclabile ed altre opere pubbliche, unitamente come già detto ad un’ampia area verde rimasta invariata per dimensioni, nonostante il notevole ridimensionamento dell’intervento nel corso del procedimento.

Peraltro, la conclusione dell’insussistenza di un concreto ed attuale interesse dei ricorrenti all’annullamento dell’atto impugnato, per mancata prova dell’effettivo impatto dell’intervento di lottizzazione rispetto alle loro abitazioni, risulta coerente anche con la natura operativa-attuativa del piano stralcio in contestazione, avente valore di PUA, che non specifica le caratteristiche degli edifici da realizzare, riservate infatti alla successiva fase edilizia nel corso della quale, alla luce del progetto allegato alla richiesta di permesso degli attuatori, l’Ente verificherà sia il rispetto delle prescrizioni tecniche sovraordinate contenute nel Piano, che la coerenza planivolumetrica degli edifici e l’impatto sulle visuali collinari (vedi doc. 17 laddove si afferma che “l’’indicazione degli edifici è da intendersi indicativa come sagoma, corpi scale, inserimento nel lotto, ecc., e potrà subire le necessarie modificazioni ed adattamenti in sede di redazione del progetto definitivo in quanto gli aspetti architettonici e formali saranno oggetto di studio in sede di singolo Permesso di Costruire”), potendosi quindi evincere solo all’esito come concretamente la lottizzazione impatterà sulle abitazioni dei ricorrenti.

Sul punto la giurisprudenza ha chiarito: “l’impugnazione degli strumenti urbanistici, generali e attuativi, è ammissibile nel caso in cui la parte ricorrente si dolga di prescrizioni che riguardano direttamente i beni di proprietà ovvero comportino un significativo decremento del valore di mercato o dell’utilità dei suoi immobili (cfr., Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5674).

21.9. Con la conseguenza che, nel caso di impugnazione di strumenti urbanistici, anche particolareggiati, o di loro varianti è ancor più necessaria l’allegazione di prove in ordine ai concreti pregiudizi subiti, che comunque non possono risolversi nel generico danno all’ordinato assetto del territorio, alla salubrità dell’ambiente e ad altri valori la cui fruizione potrebbe essere rivendicata da qualsiasi soggetto residente, anche non stabilmente, nella zona interessata dalla pianificazione” (Consiglio di Stato, sentenza n. 1077 del 2020).

Quindi “7.2 – Tanto precisato, giova ricordare che al di fuori dei casi di un’immediata e diretta incidenza delle misure urbanistiche avversate sulla zona in cui ricadono i lotti di proprietà della società ricorrente, il ricorso contro gli atti di pianificazione può ritenersi ammissibile solo allorché le prescrizioni – concernenti zone diverse da quelle che direttamente interessano i fondi della parte ricorrente – incidano in qualche modo sul loro godimento o sul relativo valore di mercato, o comunque su interessi propri del ricorrente stesso (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 19 giugno 2008 , n. 3049). In quest’ultimo caso, occorre che sia dimostrata la sussistenza di un pregiudizio specifico e attuale riveniente ai suoli del ricorrente per effetto della scelta pianificatoria della quale si assume l’illegittimità (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 18 dicembre 2013, n. 6082). In base alla giurisprudenza nei giudizi aventi ad oggetto gli strumenti urbanistici e le loro varianti, il requisito della mera vicinitas non può essere ritenuto sufficiente ad integrare le condizioni dell’azione, essendo invece necessario, onde non dischiudere la via a vere e proprie forme di azione popolare, che la parte alleghi elementi di prova in ordine alla sussistenza di pregiudizi specifici e attuali rivenienti da scelte pianificatorie che riguardino direttamente i beni di sua proprietà ovvero comportino un significativo decremento del valore di mercato o dell’utilità degli stessi” (Cons. Stato, sez. IV, 10 febbraio 2020, n. 1011)” (Consiglio di Stato, sentenza n. 9777 del 2023).

Pertanto, conclusivamente, tenuto conto di tutte le argomentazioni esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese di lite possono essere compensate, per la novità e peculiarità della fattispecie esaminata.

TAR EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA, II – sentenza 06.10.2025 n. 1075

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live