1.- Oggetto della presente controversia è la vicenda intercorsa tra l’A.O.U. Federico II di Napoli e l’A.T.I. costituita dall’odierna appellante Sigma S.r.l. (mandante) con la Bamar Italia S.r.l. (mandataria) in relazione alla concessione del servizio di ristoro a mezzo distributori automatici, giusta contratto stipulato in data 13 marzo 2020 per la durata di 5 anni.
La questione trae origine dall’istanza dell’A.T.I. aggiudicataria di revisione del piano economico finanziario ex art. 165, comma 6, codice dei contratti sulla scorta dell’art. 28 bis del D.L. n. 34/2020, convertito con legge n. 77/2020, in ragione della riduzione di fatturato registrata in misura superiore al 33% per effetto dell’emergenza Covid. A fronte della posizione di chiusura assunta dalla stazione appaltante e della richiesta di corresponsione dell’intero canone, l’A.T.I. esercitava il diritto di recesso dal suddetto contratto con pec del 3 marzo 2022, offrendosi di versare una quota del canone in discussione pari a 100.000,00 euro in attesa della definitiva determinazione di quanto effettivamente dovuto; l’A.T.I. stessa, dando seguito alla mail, corrispondeva nei giorni successivi la somma indicata ed effettuava il ritiro dei distributori automatici.
A seguito di tanto la stazione appaltante, pur disponendo l’adozione degli “atti necessari alla revisione dei canoni concessori” (e, dunque, riconoscendo la sottesa pretesa), deliberava la risoluzione del contratto in questione per inadempimento, giusta deliberazione del Direttore generale n. 426 del 4 maggio successivo.
La Sigma S.r.l. insorgeva, dunque, innanzi al Tar Napoli e successivamente, stante la tardiva formulazione di una proposta transattiva da parte della stazione appaltante quale conclusione del procedimento di revisione del canone (cfr. nota prot. n. 37332 del 16 settembre 2022 e successiva n. 39131 del 30 settembre 2022), proponeva motivi aggiunti contro gli atti sopravvenuti. Nelle more, l’ANAC archiviava il procedimento di segnalazione della risoluzione contrattuale ai fini dell’iscrizione nel casellario informatico, sul presupposto che la vicenda fosse stata determinata da un evento straordinario quale la pandemia mondiale e, dunque, da forza maggiore.
Con la sentenza in epigrafe il T.a.r. Napoli, previa riunione del ricorso proposto dall’odierna appellante con l’altro promosso dalla società mandataria dell’A.T.I. così provvedeva: a) dichiarava i ricorsi introduttivi (riuniti) proposti avverso la dichiarazione di risoluzione del contratto in corso inammissibili per carenza di interesse (essendo stato già esercitato il recesso) e, comunque, improcedibili (per essere sopravvenuta l’archiviazione del procedimento di segnalazione ANAC); b) declinava la giurisdizione sui motivi aggiunti proposti contro la quantificazione del canone concessorio.
Il presente appello è stato proposto contro la statuizione riportata sub a); si lamenta – in estrema sintesi – l’erroneità della decisione di primo grado di inammissibilità/improcedibilità dell’azione impugnatoria (motivo sub 1), riproponendo i motivi non esaminati per effetto dell’erronea declaratoria di difetto di interesse (motivo sub 2).
Si è costituita in giudizio l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II per resistere al gravame con atto in data 19 giugno 2023 a mezzo della difesa erariale.
All’udienza del 15 maggio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
2.- L’appello va accolto sulla scorta del primo motivo.
2.1.-La sussistenza di un interesse all’impugnazione della risoluzione in capo alla società appellante si apprezza agevolmente sotto il profilo del pregiudizio alla reputazione commerciale della stessa e del danno economico che vi si ricollega, anche alla luce degli obblighi dichiarativi puntualmente imposti dalla disciplina contenuta nel codice dei contratti in relazione alle pregresse vicende professionali dei concorrenti alle gare (cfr. l’art. 80, comma 5, lett. c-ter), del d.lgs. n. 50/2016 e gli artt. 95 e 98 del d.lgs. n. 36/2023), suscettibili di interferire con la partecipazione alle stesse, anche in ipotesi di inosservanza degli obblighi stessi.
L’interesse alla decisione del gravame non coincide, dunque, con il mero ripristino del rapporto contrattuale, avendo in effetti il gestore del servizio palesemente manifestato la volontà di non proseguirlo a fronte della posizione assunta dalla stazione appaltante di non rivedere il canone (ciò che – appunto – ha determinato il recesso dal contratto, come rilevato dal giudice di prime cure); ma si apprezza sotto il diverso profilo dell’interesse all’eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli della risoluzione, pronunziata – nonostante il recesso – per ritenuto comportamento inadempiente dell’A.T.I.. Né, stante il tipo di pregiudizio, la decisione dell’ANAC di non procedere all’iscrizione della risoluzione stessa nel casellario può ritenersi suscettibile di eliderne gli effetti pregiudizievoli.
2.2.-Considerato, quindi, il palese equivoco in cui è incorso il giudice di primo grado nel ricollegare la decisione in rito gravata in via esclusiva all’insussistenza di un interesse alla “reviviscenza della relazione contrattuale” stante il pregresso recesso esercitato dall’A.T.I. e nell’escludere – senza motivare sul punto, pur a fronte di articolati rilievi con i quali la parte ricorrente aveva ritenuto di precisare quale fosse il proprio interesse processuale – ogni ulteriore possibile lesione discendente dalla dichiarazione di risoluzione in questione per effetto della mancata annotazione nel registro tenuto dall’ANAC (che avrebbe privato l’eventuale decisione di ogni concreta utilità), l’accoglimento dell’appello – nei termini che precedono – conduce alla rimessione della controversia al giudice di primo grado per nullità della sentenza, ex art. 105, comma 1, c.p.a. secondo le statuizioni dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio che – con due recenti pronunzie – ha ricondotto all’ipotesi di nullità, con conseguente obbligo di rinvio della causa al primo giudice, la pronuncia che abbia dichiarato il ricorso inammissibile o improcedibile in base a un errore palese, omettendo integralmente l’esame del merito della causa (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 20 novembre 2024, n. 16, e 15 luglio 2025, n. 10, sia pure – quest’ultima – successiva al passaggio in decisione della presente controversia).
La novità della questione giustifica tuttavia la compensazione tra le parti delle spese di causa.
CONSIGLIO DI STATO, III – sentenza 03.09.2025 n. 7177