Famiglia – Filiazione – Separazione – Revoca del mantenimento al figlio e obbligo di restituzione delle somme percepite

Famiglia – Filiazione – Separazione – Revoca del mantenimento al figlio e obbligo di restituzione delle somme percepite

Con sentenza parziale n. 4889/2022 è stato pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto dalle parti. Il giudizio è proseguito in merito alle domande accessorie relative all’assegno di mantenimento per il figlio, all’assegno divorzile e all’assegnazione della ex casa familiare nonché alle domande restitutorie avanzate dal ricorrente.

A tal proposito, va premesso che in sede di separazione consensuale omologata con decreto del 4.2.2014, sulla scorta dei redditi dichiarati dalle parti (nulli per la moglie, casalinga disoccupata e pari a 3.500 euro mensili per il marito, impiegato), è stato convenuto, a carico del E. un assegno di 600,00 euro mensili quale contributo al mantenimento della moglie e di 400,00 euro mensili quale contributo al mantenimento del figlio G. , oltre al 50% delle spese straordinarie.

È stato inoltre concordato, quale pattuizione accessoria alla separazione, che il E. corrispondesse integralmente il mutuo (con rata di 400,00 euro mensili, secondo quanto dedotto dalla resistente) e gli oneri condominiali (quantificati dal ricorrente in 200,00 euro mensili nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio), relativi alla ex casa familiare in comproprietà delle parti ed assegnata alla moglie, collocataria del figlio allora minore.

A fronte di un’asserita riduzione delle proprie disponibilità economiche e delle spese sullo stesso gravanti (tra cui gli esborsi del canone di locazione pari a 450,00 euro mensili per la casa di abitazione e le spese per l’università del figlio, quantificate in 7.000,00 euro annui), il B. con il ricorso per divorzio, oltre a chiedere di stabilire il versamento diretto dell’assegno dovuto al figlio ormai maggiorenne, ponendo a suo carico il 100% delle spese straordinarie per il ragazzo, ha chiesto la revoca dell’assegno di mantenimento dovuto alla moglie e l’esonero dalla corresponsione alla stessa di un assegno divorzile ovvero di determinarlo nella misura massima di 200,00 euro mensili, essendo la resistente, logopedista e madrelingua spagnola, dotata di capacità lavorativa e non essendosi attivata per reperire un’occupazione.

La resistente si è invece opposta al versamento diretto dell’assegno al figlio e ha chiesto di confermare in via provvisoria ed urgente le condizioni della separazione nonchè di stabilire in suo favore un assegno divorzile dell’importo di 1.000,00 euro mensili (aumentato a 1.500,00 euro mensili nella comparsa di costituzione nella fase di merito) o della diversa somma di giustizia e di porre a carico del padre un assegno di mantenimento per il figlio G. dell’importo di 500,00 euro mensili o del diverso importo di giustizia e comunque non inferiore a 400,00 euro mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie come da vigente Protocollo, ferma l’assegnazione della casa familiare. All’uopo ha dedotto tra l’altro: di non disporre di mezzi adeguati, essendo disoccupata, nonostante si fosse attivata per reperire un’occupazione, e di non essere attualmente in grado di procurarseli, considerata l’età e le precarie condizioni di salute; di essersi dedicata totalmente alla famiglia ed a marito per volontà di quest’ultimo, il quale aveva così potuto impegnarsi nel lavoro migliorando la propria posizione reddituale ed economica; che il titolo di logopedista conseguito a Cuba non aveva valore legale in Italia, essendosi il marito opposto alla sua legalizzazione; che le disponibilità economiche del B. erano aumentate, non essendo più tenuto al pagamento delle rate del mutuo pari a 400,00 euro mensili e delle rate del finanziamento contratto per l’acquisto dell’auto del figlio ed avendo incassato i proventi, pro quota, della vendita di un negozio acquisito in comproprietà per successione paterna.

A fronte delle suddette richieste e allegazioni, con ordinanza presidenziale in data 19.12.2020 sono stati adottati i seguenti provvedimenti provvisori ed urgenti:

” ….rilevato che non ricorrono sopravvenienze giustificanti una modifica in via provvisoria ed urgente delle condizioni di separazione, atteso che dai modelli 730 in atti risulta che il B. ha percepito negli anni di imposta 2019, 2018 e 2017 redditi netti pari rispettivamente a 46.000,00 euro circa, a 47.000,00 euro circa e a 46.000,00 euro circa, con una media mensile addirittura superiore al reddito mensile netto di 3.500,00 euro dichiarato in sede di separazione (che pertanto non risulta affatto “aleatorio”, considerati i redditi dichiarati nel suddetto triennio) e che anche i redditi complessivi autocertificati per il periodo gennaio-agosto 2020 non fanno registrare un significativo scostamento dalla media del triennio antecedente, evidenziandosi altresì che, a fronte del rappresentato esborso da parte del ricorrente di 420,00 euro mensili per la retta universitaria del figlio, non è contestata la cessazione degli esborsi per il rateo di 400,00 euro mensili relativo al mutuo gravante sulla ex casa familiare e di 200,00 euro mensili relativo al finanziamento contratto per l’acquisto dell’auto del figlio, così come non è contestata l’avvenuta vendita della quota di un negozio nel frattempo acquisita iure hereditario, in ordine al cui ricavato nulla viene dedotto né è evincibile dagli atti, considerata altresì l’omissione nella dichiarazione sostitutiva dei saldi degli estratti conto, pur espressamente richiesti; rilevato che non v’è riscontro alcuno, allo stato, della conseguita autosufficienza economica da parte del figlio maggiorenne ancora studente e che, in difetto di domanda di corresponsione diretta dell’assegno da parte di quest’ultimo, continua a sussistere il diritto autonomo e concorrente della madre convivente a pretendere la corresponsione dell’assegno da parte dell’altro genitore (vedi Cass. civ. 25300/13), sicché non ricorrono i presupposti per l’accoglimento della domanda di versamento diretto dell’emolumento al ragazzo; PQM visto l‘art.4 L. n. 898 del 1970; conferma in via provvisoria ed urgente le vigenti condizioni della separazione consensuale;…..”.

In corso di causa, espletate le prove orali ammesse ed acquisita la documentazione prodotta, con la seguente ordinanza in data 16.12.2023 è stato revocato l’assegno di mantenimento paterno in favore del figlio G.:

” Premesso che con istanza in data 12.10.2022 il B. ha chiesto la revoca dell’assegno di mantenimento per il figlio G. sul presupposto della intervenuta autosufficienza economica dello stesso e che, in pendenza dell’istruttoria relativa al subprocedimento, la D.R. ha chiesto, in ragione dell’intervenuto pignoramento da parte del B. del conto corrente, su cui venivano accreditati gli importi dovuti a titolo di mantenimento, il versamento diretto da parte del datore di lavoro del B. di quanto mensilmente dovutele da quest’ultimo; ritenuta la acquisibilità e la utilizzabilità, nell’esercizio dei poteri d’ufficio, della comunicazione della Agenzia delle Entrate relativa ai redditi percepiti da G.B. negli anni dal 2020 al 2022; dato atto che si è proceduto all’audizione del figlio; lette le note autorizzate delle parti e dato atto che nelle note conclusive la D.R. inizialmente oppostasi alla richiesta di revoca dell’assegno in favore del figlio, si è rimessa alle valutazioni del Giudice, chiedendo comunque che l’eventuale revoca venisse disposta a far data dalla domanda, mentre il B. nelle note conclusive ha chiesto, in via principale, che la revoca decorresse almeno dal 2017 ovvero dal 2020 nonché la condanna della controparte alla restituzione di quanto illegittimamente percepito a titolo di mantenimento per il figlio e, in subordine, la riduzione dell’assegno di mantenimento a non più di 80 euro mensili, a far data almeno dal 2017 ovvero dal 2020 e la condanna della controparte alla restituzione delle differenza illegittimamente percepita; rilevata, in via preliminare, la inammissibilità nel presente giudizio di domande di natura restitutoria, siccome esulanti dal thema decidendum del divorzio, in cui è escluso il simultaneus processus tra domande soggette a riti diversi quali quelle restitutorie e/o di condanna al pagamento di somme di danaro, non rientranti tra le ipotesi di connessione qualificata di cui all‘art. 40 c.p.c. (vedi tra le tante Cass. civ. 18870/2014); rilevato che dalla comunicazione dell’Agenzia delle Entrate risulta che G.B. ha dichiarato redditi pari a 5.436 euro nel 2020, a 16.847 curo nel 2021 ed a 37.429,79 euro nel 2022 e che all’udienza del 26.6.2023 il predetto ha dichiarato, tra l’altro, di lavorare nel settore cinematografico quale assistente di produzione (e di aver lavorato come assistente per attività legate al Covid) nonché di aver iniziato a lavorare da circa quattro anni con contratti a termine, aggiungendo prima di percepire un salario settimanale di circa 700,00 euro lordi e poi di ricevere attualmente un salario settimanale di 800,00 euro lordi quale assistente alla produzione per Pepito srl e che nel periodo da marzo 2023 a giugno 2023, in cui non aveva lavorato, aveva ottenuto la Naspi per un importo di 1.200 euro mensili, dichiarando altresì di aver percepito un reddito di circa 15.000 euro dal luglio 2022 al gennaio 2023 e di circa 30.000 euro nell’anno 2022; rilevato che alla suddetta udienza G.B. ha inoltre riferito di essersi iscritto alla Accademia delle Belle Arti nell’anno accademico 2017-2018 e di essere fuori corso, mancandogli meta degli esami del secondo anno e tutti quelli del terzo anno, ammettendo che il padre aveva corrisposto integralmente le rette dovute dal primo al terzo anno e di non aver più dato esami dal 2020, avendo deciso di lavorare per aiutare economicamente la madre e mettere da parte il danaro necessario per terminare gli studi; rilevato che, ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il Giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, il quale non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni (vedi Cass. civ. 18076/2014, n. 17183/2020, 32406/2021); rilevato che è incontestato che il padre abbia consentito al figlio di terminare il percorso formativo scelto, sostenendo integralmente i costi (peraltro non esigui) delle rette e che il ragazzo, a fronte di una durata di tre anni del corso di laurea, ha ammesso di non aver più sostenuto esami dal 2020 e di aver sinora sostenuto solo gli esami del primo anno e la metà di quelli del secondo, pur essendo iscritto dal 2017/2018 ed avendo attualmente 27 anni; rilevato, pertanto, che, alla luce dei redditi conseguiti nell’anno di imposta 2021 e 2022 e del risalente inizio dell’attività lavorativa nel settore cinematografico, il figlio deve ritenersi ormai definitivamente inserito mondo del lavoro economicamente autosufficiente, non potendo attribuirsi rilievo alcuno all’assunto che la decisione di svolgere un’attività lavorativa del tutto confacente alle proprie aspirazioni e al percorso di studi in essere sia stata motivata dall’intento di supportare economicamente la madre e di continuare gli studi che, invero, avrebbe già dovuto terminare da tempo risalente; rilevato, pertanto, che, a modifica dei vigenti provvedimenti provvisori ed urgenti, l’assegno di mantenimento per il figlio posto a carico del padre va revocato a decorrere dal novembre 2022, mensilità immediatamente successiva al deposito dell’istanza di modifica al G.I., dovendo rimettersi al Collegio la definitiva determinazione della eventuale diversa decorrenza; ritenuta l’insussistenza dei presupposti per il richiesto ordine di versamento diretto al datore di lavoro del B. dell’importo dovuto alla moglie a titolo di assegno mantenimento, non essendo contestata, nel caso di specie, la corresponsione da parte dell’obbligato della somma dovuta ma soltanto la mancata possibilità di utilizzo di tale somma da parte della beneficiaria in ragione del subito pignoramento anche degli importi corrispostile a titolo di mantenimento, questione esulante dal presente procedimento e da far valere innanzi al diverso Giudice competente PQM rigetta la richiesta della D.R. di versamento diretto dell’assegno di mantenimento da parte del datore di lavoro del B. e, a modifica dei vigenti provvedimenti provvisori, esonera F.B. dall’obbligo del mantenimento del figlio G. a decorrere dal mese di novembre 2022; spese alla sentenza definitiva…”.

Le parti hanno quindi rassegnato le seguenti definitive conclusioni.

Il ricorrente: “Accertare l’avvenuta autosufficienza economica di G.B. e, per l’effetto, revocare la somma pari ad Euro 400,00 a titolo di mantenimento in favore del figlio G. a far data almeno dal 2017, poiché è da quel periodo che il ragazzo ha raggiunto l’indipendenza, ovvero almeno dal 2020; – Revocare, con decorrenza dalla domanda, l’obbligo del Sig. B. di contribuire al mantenimento della moglie esonerandolo dal versamento di un assegno in favore di quest’ultima, anche a titolo di assegno divorzile, con conseguente statuizione di autosufficienza economica tra le parti; – Condannare altresì la sig.ra D.R. alla restituzione di quanto illegittimamente percepito a titolo di mantenimento per se stessa e per il figlio. In subordine: – Accertare l’avvenuta autosufficienza economica di G.B. e, per l’effetto, revocare la somma pari ad Euro 400,00 a titolo di mantenimento in favore del figlio G. a far data almeno dal 2017, poiché è da quel periodo che il ragazzo ha raggiunto l’indipendenza, ovvero almeno dal 2020; – Ridurre, con decorrenza dalla domanda giudiziale, l’assegno divorzile per la sig.ra D. nella misura massima mensile di Euro 200,00 e solo per un periodo limitato di tempo; – Condannare altresì la sig.ra D. alla restituzione della differenza tra quanto illegittimamente percepito a titolo di mantenimento per il figlio e per se stessa e l’importo diminuito retroattivamente.”.

La resistente:”… – rigettare le avverse domande formulate dal sig. B.F. nella memoria integrativa depositata in atti nonché in ogni successivo atto che verrà depositato; – non provvedere sulla domanda di restituzione dell’autovettura PEUGEOT avanzata dal ricorrente poiché la stessa è stata già restituita dal figlio al padre, come da quest’ultimo dichiarato in atti; – rigettare la domanda di retroattività – richiesta dal ricorrente a far data dall’anno 2017 o almeno dal 2020 – della revoca dell’assegno di mantenimento a suo tempo disposto in favore del figlio B.G.;-

confermare o comunque dichiarare l’inammissibilità della richiesta di restituzione delle somme percepite per il mantenimento del figlio poiché non inerenti alla competenza del Giudice del presente giudizio; QUANTO ALL’ASSEGNO DIVORZILE IN FAVORE DELLA MOGLIE:- stabilire in capo al sig. B.F. l’obbligo di corrispondere alla sig.ra N. D.R. un assegno divorzile mensile nella misura dì Euro 1.500,00 (mille cinquecento/00) o nella misura di diversa somma maggiore o minore che risulterà di giustizia, comunque non inferiore ad Euro 6.00,00 (seicento/00) al mese, sempre annualmente rivalutabile secondo la variazione degli indici ISTAT e da corrispondere entro il giorno 5 di ogni mese presso il domicilio della stessa; – nella denegata ipotesi della riduzione (o revoca) dell’assegno di mantenimento disposto a favore della moglie., rigettare la avversa richiesta di retroattività della riduzione o della revoca a far data dal momento della domanda e quindi con decorrenza, al più, dalla pubblicazione della sentenza conclusiva del presente giudizio; QUANTO ALL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO IN FAVORE DEL FIGLIO:- sul punto ci si rimette al Collegio visto il provvedimento di revoca dell’assegno di mantenimento emesso dal G.I. in data 16.12.2023, con la riserva di chiedere la modifica dell’eventuale decisione di revoca qualora il figlio non fosse nel u tu ro economicamente autosufficiente; QUANTO ALLA CASA CONIUGALE:-confermare l’assegnazione della casa coniugale di Roma, (omissis) alla sig.ra N.D.R. che ne è comproprietario e che vi abita insieme al figlio G.B. il quale non dispone attualmente di redditi continuativi tali da consentire al medesimo di condurre in locazione un appartamento o di pagare un mutuo per l’acquisto della casa; IN VIA ISTRUTTORIA: si insiste per l’ammissione delle richieste istruttorie articolate e non accolte con l’ordinanza istruttoria del 27/01/2022…”.

Va preliminarmente confermato l’esonero del padre dall’obbligo di mantenimento del figlio G., per le ragioni tutte di cui all’ordinanza del GI in data 16.12.2023 sopra integralmente riportata, a decorrere dal novembre 2022, mensilità immediatamente successiva al deposito dell’istanza di revoca dell’assegno. A tal proposito, va rilevato che la Suprema Corte ha affermato il principio secondo cui in materia di revisione dell’assegno di mantenimento per i figli, il diritto di un coniuge a percepirlo ed il corrispondente obbligo dell’altro a versarlo, nella misura e nei modi già stabiliti dalla sentenza di separazione o dalle condizioni omologate con decreto, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modifica di tali provvedimenti, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui, di fatto, sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno, sicché, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (“rebus sic stantibus”), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell”accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione (Cass. civ. 5170/2024, 10974/2023, 16173/2015; 3922/2012; 11913/2009; 28/2008; 19722/2008; 22941/2006; 6975/2005; 8235/2000). Con specifico riferimento all’assegno per i figli, la Suprema Corte ha chiarito (Cass. n. 4224/ 2021) che “la decisione del giudice relativa al contributo dovuto dal genitore non affidatario o collocatario per il mantenimento del figlio non ha effetti costitutivi, bensì meramente dichiarativi di un obbligo che è direttamente connesso allo ”status” genitoriale e il diritto alla corresponsione del contributo sussiste finché non intervenga la modifica di tale provvedimento, sicché rimane ininfluente il momento in cui sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’obbligo, decorrendo gli effetti della decisione di revisione sempre dalla data della domanda di modificazione”.

Ciò posto, va, inoltre, evidenziato che le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza n. 32914/22, con specifico riferimento all’applicabilità della “condictio indebiti” alle modifiche, nel corso del giudizio, delle condizioni economiche della separazione o del divorzio, non per fatti sopravvenuti (come nel caso di specie), ma all’esito di una rivalutazione dei medesimi fatti sottesi alle condizioni modificate, hanno stabilito il seguente principio di diritto: “In materia di famiglia e di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le ipotesi di modifica nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola, dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, occorre distinguere: a) opera la “condictio indebiti” ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione “del richiedente o avente diritto”, ove si accerti l’insussistenza “ab origine” dei presupposti per l’assegno di mantenimento o divorzile; b) non opera la “condictio indebiti” e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se si procede (sotto il profilo dell’an debeatur, al fine di escludere il diritto al contributo e la debenza dell’assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex lune, “delle sole condizioni economiche del soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione)”, sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum) una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post-familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua accertata debolezza economica; c) al di fuori delle ipotesi su b b), in presenza di modifica, con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della ripetibilità”.

Orbene, poiché, alla luce della sopracitata pronuncia delle Sezioni Unite, le domande restitutorie derivanti da modifiche in corso di causa relative agli assegni di mantenimento posti a carico delle parti non vanno parificate alle domande restitutorie aventi una genesi esterna al giudizio in corso, le quali, ove proposte, sarebbero inammissibili per difetto del requisito della “connessione forte” di cui all‘art. 40 cpv c.p.c., ritiene il Tribunale che debba essere ritenuta ammissibile la domanda di restituzione delle somme versate dal padre a titolo di mantenimento per il figlio e non più dovute dal novembre 2022. Ciò non in ragione della diretta applicabilità del regime della condictio indebiti stabilito dalla citata sentenza delle Sezioni Unite (recepito, in relazione alla specifica fattispecie dell’assegno per il figlio maggiorenne, dalla successiva ordinanza della Prima Sezione della Cassazione n. 10974/2023), siccome dettato con riferimento alla (differente) fattispecie della “diversa valutazione, per il passato … dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali” , ma in ragione del diritto del padre a ripetere le somme corrisposte a titolo di mantenimento del figlio successivamente all’ottobre 2022 quale immediato necessario portato della decorrenza della revoca dell’assegno dalla data della domanda presupponente il fatto sopravvenuto della conseguita autosufficienza del figlio (successiva ai provvedimenti presidenziali confermativi dell’assegno poi revocato). Pertanto, la resistente va condannata alla restituzione di quanto versatole dal ricorrente a titolo di mantenimento per il figlio G. dal novembre 2022.

Stante la raggiunta autosufficienza economica del figlio maggiorenne convivente con la madre, va rigettata la domanda della stessa di assegnazione dell’ex casa familiare, di cui va disposta per l’effetto la revoca, atteso che detta assegnazione si giustifica solo in ragione del preminente interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate, sicché è estranea a tale decisione ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico (vedi, tra le altre, Cass. civ. 25604/2018).

Per tutti I motivi svolti sul punto nell’ordinanza presidenziale sopra riportata, non ricorrono invece sopravvenienze giustificanti la revoca dell’assegno di mantenimento stabilito in favore della moglie in sede di separazione consensuale, il quale, pertanto rimane dovuto sino al passaggio in giudicato della sentenza sullo status divorzile (vedi Cas. civ. 3852/2021).

Quanto alla domanda di assegno divorzile spiegata dalla resistente, va premesso che, secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità successivo alla sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018, all’assegno divorzile va riconosciuta una natura composita, così valorizzando l’intero contenuto dei criteri indicati nell‘art. 5, comma 6, L. n. 898 del 1970. In particolare, l’emolumento ha sia una funzione assistenziale (fondata sui parametri delle “condizioni dei coniugi” e del “reddito di entrambi”), sia una funzione compensativa-perequativa (correlata al contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla conduzione della famiglia ed alla formazione del patrimonio comune e di entrambi i partner), sia una funzione risarcitoria (con riferimento alle ragioni della decisione). Per quanto attiene alla funzione compensativa-perequativa, l’assegno, quindi, deve essere “volto non a conseguire l’autosufficienza economica del richiedente sulla base di un parametro astratto, bensì un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella vita familiare in concreto, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate fermo restando che la funzione equilibratrice non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi” (Cass. civ. 5603/20).

Orbene, il E. , diversamente da quanto sostenuto, risulta aver conservato nel tempo un analogo livello di reddito rispetto a quello dichiarato in sede di separazione consensuale (invero leggermente aumentato rispetto all’importo mensile di 3.500,00 euro), tant’è che negli anni di imposta 2020 e 2021 ha dichiarato redditi netti annui pari a circa 46.000 euro (vedi 730/21 e 730/22). Sostiene un esborso di 450 euro mensili per il canone della casa di abitazione (da ritenersi già valutato in sede di separazione consensuale, stante l’assegnazione alla moglie della ex casa familiare). Inoltre, non è più gravato dalla rata di mutuo di 400,00 euro mensili che sosteneva integralmente in virtù degli accordi raggiunti in sede di separazione e dall’ottobre 2022 è stato esonerato dall’obbligo di contribuzione al mantenimento del figlio, con un risparmio di spesa complessivo e corrispondenti maggiori disponibilità finanziarie, rispetto alla data della separazione, pari a circa 800,00 euro mensili. Non sono invece valutabili, ai fini della decisione della domanda di assegno divorzile spiegata dalla resistente, le acquisizioni iure hereditaria del B, in quanto non si tratta di un accrescimento patrimoniale correlato all’attività lavorativa dello stesso e pertanto all’eventuale contributo fornito dal coniuge richiedente l’assegno.

La resistente, invece, durante la convivenza matrimoniale si è incontestatamente dedicata alla cura della casa e del figlio, non svolgendo attività lavorativa al di fuori delle munì domestiche, mentre il marito era impegnato in maniera assorbente nel proprio lavoro (l’assunto che uscisse quotidianamente alle 8 per recarsi al lavoro facendo rientro a casa alle 20 non è stato oggetto di specifica contestazione). Sebbene il B. contesti che tale organizzazione familiare sia stata frutto di una scelta condivisa, è un dato oggettivo che il contributo dato dalla resistente alici formazione del patrimonio comune e dell’attuale posizione lavorativa e reddituale del marito sia stato fornito mediante l’assunzione sulla stessa del peso prevalente della cura della casa e del figlio (considerato l’impegno lavorativo assorbente del E. , che non gli avrebbe consentito di collaborare in maniera significativa all’accudimento quotidiano del figlio e che nemmeno ha articolato prove in tal senso), così da consentire all’altro coniuge di dedicarsi alla propria carriera. Inoltre, il perpetuarsi di tale assetto di vita per oltre vent’anni di convivenza matrimoniale deve ritenersi indicativo, per comportamento concludente, di un accordo in tal senso, evidenziandosi che la prova del contributo fornito da un coniuge alla formazione del patrimonio familiare e di quello dell’altro coniuge, frutto delle scelte comuni di conduzione della vita familiare e di definizione dei ruoli all’interno della coppia, ben può essere data mediante presunzioni, tanto più che l’accordo sull’organizzazione dei ruoli reciproci dei coniugi nell’organizzazione della vita familiare non viene di regola espresso in forma scritta (vedi Cass. civ. SU 18287/2018, nonché Cass. civ. 35434/23, 22942/24, 7011/25).

Ciò posto, in sede di interrogatorio formale la D.R. ha dichiarato di aver svolto, dal 2012, solo attività occasionale di babysitter, con guadagni minimi e di non aver potuto svolgere alcun lavoro dal 2015 al 2018 in quanto colpita da una malattia oncologica, affermando di essersi attivata per reperire un lavoro, come peraltro riscontrabile dalla documentazione versata in atti relativa alle risposte alle offerte di lavoro come colf o babysitter e alle candidature, non accolte, per lavori van (addetta alle pulizie, centralista, addetta a call center ecc) D’altro canto, è incontestato che il titolo di logopedista conseguito dalla resistente a Cuba, privo di valore legale in Italia, non sarebbe stato spendibile dalla stessa e che, a fronte della (verosimile) indisponibilità, in assenza di redditi propri, di mezzi economici per legalizzarlo (dichiarata in sede di interpello), il ricorrente nemmeno ha dato prova (della circostanza positiva) di essersi offerto di fornirle le risorse economiche all’uopo necessarie, né ha dimostrato lo svolgimento da parte della stessa di stabili o meglio remunerate attività lavorative rispetto a quelle ammesse.

Alla luce di quanto sopra esposto, considerato il contributo dato dalla resistente alla formazione del patrimonio comune e alla posizione lavorativa e reddituale del marito, prestato in maniera assorbente e tale da non consentirle di reperire un’occupazione stabile ed idonea a garantirle l’autosufficienza economica ed una conseguente adeguata posizione previdenziale, considerato che è oltremodo improbabile che ciò possa verificarsi in futuro, stante l’età della D.R., ultrasessantenne e la non spendibilità in Italia del titolo cubano di logopedista, nonché la concorrenza della manodopera più giovane in settori quale quello del lavoro domestico, in cui la predetta ha sinora saltuariamente e precariamente prestato la propria attività (di colf o baby sitter), verosimilmente non espletabile ancora a lungo, considerata l’attuale età della resistente e il carattere usurante di detta attività, tenuto conto delle maggiori disponibilità finanziarie del B. per effetto dei risparmi di spesa sopra evidenziati (conseguenti all’estinzione del mutuo e all’esonero dal mantenimento del figlio) e considerato che, allo stato, la resistente non ha oneri locativi, usufruendo attualmente della casa familiare della quale, pur non essendo più assegnataria, è comproprietaria (i proventi della cui divisione dovranno essere verosimilmente utilizzati dalla stessei per provvedere alle proprie esigenze alloggiative). tenuto conto della durata del matrimonio, riconosciuto alla D.R. un assegno divorzile, tanto in funzione compensativa che assistenziale, dell’importo di 1.000,00 euro mensili, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat e da corrispondere alla beneficiaria entro il 5 di ogni mese, a decorrere dal passaggio in giudicato della pronuncia sullo status divorzile.

Nulla va statuito in merito alla domanda di restituzione dell’auto Peugeot inizialmente avanzata da B. in quanto espressamente non reiterata dallo stesso (comunque inammissibile in quanto esulante dal thema decidendum del divorzio e priva del requisito della “connessione forte” richiesto dall‘art. 40 c.p.c. c.p.c.).

Stante la parziale reciproca soccombenza sulle domande accessorie, va disposta la compensazione delle spese del giudizio.

Trib. Roma, I civile, sent., 20.08.2025, n. 11885

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