1. Il ricorso è fondato
1.1. Giova evidenziare che l’art. 30 Ord. pen. stabilisce, ai fini che qui rilevano, che «[n]el caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l’infermo ….» e, al comma 2, che «[a]naloghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità»; la violazione del permesso da parte del detenuto è poi disciplinata dal comma 3, secondo cui «Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza giustificato motivo, se l’assenza si protrae per oltre tre ore e per non più di dodici, è punito in via disciplinare; se l’assenza si protrae per un tempo maggiore, è punibile a norma del primo comma dell’articolo 385 del codice penale ed è applicabile la disposizione dell’ultimo capoverso dello stesso articolo». Come risulta dal tenore letterale delle disposizioni, il permesso cd. di necessità costituisce un beneficio che può essere riconosciuto al ricorrere delle condizioni espressamente indicate, le quali soltanto rilevano ai fini della possibilità di configurare una situazione di “necessità” legittimante il permesso, le cui modalità esecutive sono stabilite dall’art. 64 del dPR 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà).
La consolidata giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che, ai fini della concessione del permesso di necessità previsto dall’art. 30, comma secondo, ord. pen., rilevano i requisiti dell’eccezionalità della concessione, della particolare gravità dell’evento giustificativo e della correlazione dello stesso con la vita familiare, la cui sussistenza deve essere accertata tenendo conto dell’idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto, mentre la pericolosità del richiedente e la gravità dei fatti da lui commessi possono venire in rilievo esclusivamente ai fini della predisposizione di apposite cautele esecutive (Sez. 1, n. 33400 del 29/04/2024, Neri, Rv. 286695 – 01). Si è, altresì, rilevato che il permesso in argomento è un beneficio di eccezionale applicazione rispondente a finalità di umanizzazione della pena e non un istituto di natura trattamentale, sicché, può essere concesso esclusivamente al verificarsi di situazioni di particolare gravità ridondanti nella sfera personale e familiare del detenuto, ma non anche in funzione dell’esigenza di attenuare l’isolamento del medesimo attraverso il mantenimento delle relazioni familiari e sociali (Sez. 1, n. 57813 del 04/10/2017, Graviano, Rv. 272400). Ai fini della concessione del beneficio devono sussistere, dunque, tre requisiti: l’eccezionalità della concessione, la particolare gravità dell’evento giustificativo e la correlazione dello stesso con la vita familiare (eventi familiari) e il relativo accertamento deve essere compiuto tenendo conto dell’idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto (Sez. 1, n. 15953 del 27/11/2015, dep. 2016, Vitale, Rv. 267210), ribadendosi che la gravità dei fatti commessi o la pericolosità del condannato o dell’imputato, sono da valutare esclusivamente ai fini della predisposizione di apposite cautele esecutive (Sez. 1, n. 20515 del 22/04/2022, Negro, non mass.).
2. Tanto premesso, va rilevato che il Tribunale di sorveglianza – nel rigettare il reclamo avverso la concessione del permesso di necessità per consentire a F. B. di partecipare, quale attore, ad una rappresentazione teatrale da tenersi in data da definirsi – ha affermato che il raggio di azione del beneficio di cui all’art. 30 Ord. pen., deve poter estendersi anche a specifiche esigenze trattamentali rispondenti a finalità di umanizzazione della pena, e ciò – si è affermato nel provvedimento impugnato – tanto più quando le esigenze in questione siano sostenute dalle Direzioni degli Istituti penitenziari, in armonia con il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena e della risocializzazione del detenuto che non possa fruire di altro tipo di permesso; nel provvedimento censurato si è altresì specificato, che ciò vale vieppiù quando la portata trattamentale dell’iniziativa assuma carattere eccezionale ai fini della evoluzione della personalità, in relazione alla quale assume peculiare valenza lo scambio ed il confronto tra la realtà del carcere e la società civile.
2.1. Ebbene, così argomentando, il Tribunale di sorveglianza, sovrapponendo la finalità di umanizzazione della pena, propria del permesso di necessità, con la finalità trattamentale, invece, estranea a tale istituto, ha concesso il permesso di necessità per un fine diverso da quello previsto dalla norma di cui all’art. 30 Ord. pen., fine per il cui soddisfacimento è preposto il permesso premio di cui all’art. 30-ter Ord. pen., sussistendone gli ulteriori presupposti. Di conseguenza la partecipazione, quale attore, ad una rappresentazione teatrale non legittima, pertanto, la concessione del beneficio, in quanto tale partecipazione non configura una situazione di eccezionale rilevanza ridondante nella sfera personale e familiare del detenuto.
Va, dunque, affermato che la finalità di consentire al detenuto di partecipare, quale attore, ad una rappresentazione teatrale non può essere conseguita attraverso l’istituto del permesso di necessità, non venendo in rilievo le condizioni dell’eccezionalità della concessione, della particolare gravità dell’evento giustificativo e della correlazione dello stesso con la vita familiare.
Consegue da quanto affermato che tanto l’ordinanza indicata, quanto il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Pavia del 10 febbraio 2025, sono stati adottati in violazione della disposizione di cui all’art. 30 Ord. pen.
3. Alla luce di quanto esposto, si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e di quella adottata dal Magistrato di sorveglianza di Pavia in data 10 febbraio 2025, oggetto di reclamo.
Cass. pen., I, ud. dep. 03.10.2025, n. 32769