*Circolazione stradale – Targa fasulla sovrapposta, reato di falso ed esclusa grossolanità

*Circolazione stradale – Targa fasulla sovrapposta, reato di falso ed esclusa grossolanità

1. Il ricorso è, complessivamente, infondato.

2. Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio ritiene di dover aderire, le ipotesi previste dall’art. 100 del Codice della strada ai commi 12 e 14 si distinguono tra loro in quanto la prima disposizione sanziona in via amministrativa l’atto di circolazione con veicolo munito di targa non propria o contraffatta, laddove non sia contestata all’agente la contraffazione; la seconda, invece, con il riferimento alle disposizioni del codice penale, sanziona la contraffazione della targa quale certificazione amministrativa dei dati di immatricolazione del veicolo.

L’art. 482 cod. pen., attraverso il richiamo ivi contenuto all’art. 477, sanziona il privato che contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità.

3. Ciò considerato, che la targa automobilistica sia un certificato amministrativo (Sez. 2, n. 35434 del 05/07/2010, Rv. 248303) non è contestato; ciò che la difesa censura è, da un canto, la sussumibilità della condotta tenuta all’interno della fattispecie normativa, dall’altro, la grossolanità del falso.

Ebbene, sotto il primo aspetto, è sufficiente rilevare come, se è pur vero che la targa originale non è stata alterata, è ugualmente vero che, pacificamente, a quest’ultima è stata sovrapposta altra, integralmente falsa. Ed è proprio tale condotta ad essere sussumibile nella previsione normativa, quale riproduzione di un nuovo certificato, falso, e, quindi, (integrale) contraffazione del documento originale.

Sotto il secondo profilo, quanto alla eccezione riferita specificamente alla idoneità del falso a costituire offesa del bene giuridico protetto punibile ex art. 49 cod. pen., va ribadito che, tema di falso documentale e ai fini dell’esclusione della punibilità per inidoneità dell’azione ai sensi dell’art. 49 cod. pen., occorre che la falsificazione dell’atto appaia in maniera talmente evidente da impedire la stessa eventualità di un inganno alla pubblica fede (Sez. 5, n. 3711 del 02/12/2011, dep. 2012, Baldin, Rv. 252946); occorre, in altri termini, che la difformità dell’atto dal vero risulti riconoscibile ictu oculi, ovvero in base alla mera disamina dello stesso, e da chiunque (Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015, Ambrosio, Rv. 263279; Sez. 2, n. 5687 del 06/12/2012, Rahman Ataur, Rv. 255680; Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013, Procopio, Rv. 257063).

Nel caso di specie, invece, non vi è dubbio che sussistano tutte le condizioni predette per escludere che ci si trovi dinanzi ad un falso innocuo o talmente grossolano da non raggiungere la soglia della necessaria offensività richiesta ai fini della punibilità in generale dall’art. 49 del codice penale. Risulta, infatti, da un canto, che la polizia giudiziaria ha potuto riscontrare l’alterazione della targa solo quando hanno controllato materialmente l’autovettura, dopo averla rintracciata e firmata; dall’altro, che anche le stesse immagini che hanno ripreso la targa (uguale a quella rinvenuta sulla Panda, formata dal L.E., ancorché apposta su diversa autovettura) davano conto della non immediata riconoscibilità del falso.

A fronte di ciò, del tutto generiche sono le censure prospettate dalla difesa:

– la circostanza per cui le immagini si riferiscano alla targa utilizzata sulla Twingo (peraltro in uso alla figlia dei ricorrenti) è del tutto irrilevante, alla luce della rilevata identità rispetto a quella utilizzata sull’altra autovettura e rinvenuta dai militari;

– l’invocata grossolanità è meramente allegata;

– la diretta visione del documento contraffatto (da parte del collegio giudicante) nulla aggiunge alla valenza probatoria degli argomenti utilizzati ed è logicamente sostituita dall’esame diretto eseguito dalla polizia giudiziaria;

– alcuna contraddizione emerge tra la ritenuta grossolanità e la circostanza per cui i militari avrebbero notato fin da subito la contraffazione: da un canto il sospetto (che ha giustificato il controllo) non esclude l’idoneità ingannatoria del falso; dall’altro, le qualità soggettive dei militari non permettono di estendere ad altri (e, quindi, anche a coloro che tali qualità non hanno) la medesima capacità di discernimento.

4. I ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.

Cass. pen., V, ud. dep. 03.11.2025), n. 35822

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