Autorizzazioni e concessioni – Giudizio di compatibilità paesaggistica e confronto dei contenuti del vincolo con tutte le circostanze di fatto relative all’intervento ed al suo inserimento nel contesto circostante

Autorizzazioni e concessioni – Giudizio di compatibilità paesaggistica e confronto dei contenuti del vincolo con tutte le circostanze di fatto relative all’intervento ed al suo inserimento nel contesto circostante

1. Espone la ricorrente:

– di essere proprietaria di un lotto di terreno sito in Eboli alla Località Tempa delle Craste (foglio 46, part. 1112) ubicato in zona “E”, sottozona “Ed” di pianura del vigente strumento urbanistico generale, nonché soggetta a vincolo paesaggistico di cui al D.M. 2/11/1968;

– di aver domandato, con istanza prot. n. 47963 del 23.12.2008, corredata di progetto e relazione paesaggistica ex D.P.C.M. 12.05.2005, il rilascio di permesso di costruire previa autorizzazione paesaggistica, per la realizzazione sul menzionato terreno di un manufatto rustico;

– il Comune di Eboli, con determina prot. n. 19089 del 24 aprile 2009, ha rilasciato in favore della ricorrente l’autorizzazione paesaggistica n. 23/09, trasmessa in pari data alla locale Soprintendenza;

– la Soprintendenza ha dapprima avanzato una richiesta di integrazione documentale (prot. n. 170/9 del 16 giugno 2009, esitata con nota del 24 luglio 2009) e successivamente, con decreto del 18 settembre 2009, ha disposto l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune;

– il citato decreto di annullamento è stato impugnato dalla ricorrente (n.R.G. 978/2009) innanzi a questo TAR che, con ordinanza n. 1115 dell’11 dicembre 2009, ha accolto la domanda cautelare, ravvisando prima facie la fondatezza del gravame “in considerazione delle dimensioni e dell’altezza del manufatto in relazione all’area nella disponibilità del ricorrente ed alle sue caratteristiche quali emergenti dalla documentazione in atti”;

– il Comune ha provveduto a rilasciare permesso di costruire n. 14 del 5 febbraio 2010 e il manufatto agricolo (rappresentato da un corpo di fabbrica a pianta rettangolare composto da un unico piano fuori terra, con sovrastante copertura di tetto in legno a quattro falde) è stato interamente realizzato in virtù del predetto titolo edilizio, necessitando di un intervento di mero completamento;

– successivamente, con decreto decisorio n. 1127/2017, il giudizio n.R.G. 978/2009 è stato dichiarato perento;

– la ricorrente ha da ultimo presentato istanza (prot. n. 39142 del 31 agosto 2022) di permesso di costruire, finalizzata al completamento delle opere assentite con p.d.c. n. 14/2010 e cambio di destinazione d’uso ai sensi della legge regionale n. 19/2009 (inserimento di una finestra aggiuntiva sul lato nord-est e spostamento della rampa di accesso al garage seminterrato dal lato ovest al lato est), con contestuale richiesta di autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d. lgs. n. 42/04;

– con nota prot. n. 45729 del 5 ottobre 2022 il Comune ha trasmesso alla Soprintendenza la richiesta di autorizzazione paesaggistica, unitamente al parere favorevole della CLP;

– la Soprintendenza, dopo aver formulato richieste di integrazioni documentali e dopo ampia interlocuzione, ha infine espresso in data 30 agosto 2023 parere negativo;

– con provvedimento n. 3 del 12 settembre 2023 il Comune ha quindi respinto l’istanza di autorizzazione paesaggistica.

2. Avverso il parere soprindentizio e il conseguente diniego comunale è insorta parte ricorrente, con atto notificato il 25 ottobre 2023 e depositato il successivo 15 novembre, affidando il gravame a tre motivi, così rubricati: “I) Violazione dell’art. 146 co. 5 del D.lgs. n. 42 del 2004. Eccesso di potere per sviamento. Difetto di istruttoria. Carenza di motivazione. Erroneo presupposto. Ingiustizia manifesta. Irragionevolezza. Perplessità; II) Violazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004. Violazione dell’art. 167, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 42/2004. Violazione dei principi di trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.). Difetto di istruttoria e di motivazione. Erroneità dei presupposti. Contraddittorietà. Irragionevolezza. Perplessità. III) Violazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004. Violazione degli art.134 e ss. del D.lgs n.42/04 e del D.M. 2/11/1968. Eccesso di potere per sviamento. Difetto di istruttoria e di motivazione. Travisamento ed erronea valutazione dei presupposti di fatto. Illogicità. Violazione del principio di proporzionalità. Violazione del principio del “dissenso costruttivo” e dei principi di trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) Violazione degli artt. 6 e 10 bis della legge n. 241/1990. Illegittimità derivata”.

3. Si sono costituiti il Ministero della Cultura e la Soprintendenza, opponendosi all’accoglimento del ricorso e depositando varia documentazione.

4. All’udienza pubblica del 22 gennaio 2025 parte ricorrente ha dichiarato a verbale di rinunciare ai primi due motivi di ricorso.

5. Con ordinanza n. 152 del 24 gennaio 2025 sono stati disposti incombenti istruttori a carico del Comune intimato al fine di acquisire “una dettagliata relazione sui fatti di causa, che andrà corredata di ogni atto o documento ritenuto utile, ivi inclusi il permesso di costruire n. 14 del 5 febbraio 2010, il provvedimento di autorizzazione paesaggistica n. 23 del 24.04.2009, il relativo decreto di annullamento del 18 settembre 2009”, fissando contestualmente l’udienza del 2 aprile 2025.

6. Con ordinanza n. 629 del 3 aprile 2025, considerato che nulla è stato depositato in giudizio dal Comune, è stato reiterato l’ordine istruttorio.

7. All’udienza pubblica del 16 luglio 2025, fissata per il prosieguo della trattazione, parte ricorrente ha chiesto rinvio al fine di produrre, in luogo dell’Ente locale inadempiente, la documentazione richiesta dal Collegio, successivamente depositata in allegato alla memoria del 22 luglio 2025.

8. Con la citata memoria del 22 luglio parte ricorrente ha altresì rappresentato che, successivamente alla proposizione del ricorso:

– sulla scorta di apposito parere pro-veritate inerente la possibilità, stante la peculiarità della fattispecie (manufatto realizzato in costanza di autorizzazione paesaggistica poi annullata) di ottenere “ora per allora” la valutazione di compatibilità paesaggistica, ha provveduto a inoltrare al Comune di Eboli istanza ex art.146 D.L.gs n.42/2004 (acquisita al prot.914 del 08.01.2024);

– stante l’inerzia del Comune, la ricorrente ha proposto, innanzi a questo TAR, ricorso avverso il silenzio inadempimento, incardinato con n.R.G. 1674/2024;

– nelle more del giudizio, con nota prot. 4884 del 30.01.2025, l’Ente locale ha provveduto a trasmettere alla Soprintendenza ABAP, per il parere di competenza, l’istanza della ricorrente corredata dai documenti prescritti dall’art. 146, comma 7, d. lgs. n. 42 del 2004, ivi inclusa la relazione tecnica illustrativa e la proposta di provvedimento favorevole;

– questo TAR, con sentenza n.765 del 23.04.2025, ha pertanto dichiarato la cessazione della materia del contendere nel giudizio n.R.G. 1674/2024;

– la Soprintendenza ha fatto pervenire al Comune di Eboli una “richiesta integrazione e chiarimenti” (nota UO5/12/03/2025/0005990-p), con la quale “1) facendo richiamo alla sentenza n.6049/2014 del Consiglio di Stato ha ritenuto possibile la “regolarizzazione” del fabbricato sotto il profilo paesaggistico, previa verifica di conformità dell’immobile realizzato al p.d.c. 14/2010 ed all’autorizzazione paesaggistica n.23 del 24.04.2009 rilasciata e poi annullata; 2) ha chiesto di specificare che l’istanza riguarderebbe solo ed esclusivamente la legittimazione ai fini paesaggistici delle opere realizzate (e non altre) in forza della ridetta autorizzazione paesaggistica, annullata da questo Ufficio con decreto del 18.09.2009 (trasmesso con nota prot. 24905 del 18.09.2009) che, a seguito della perenzione del ricorso prodotto da controparte, ha riacquisito piena efficacia”.

La ricorrente, quindi, evidenziato che la Soprintendenza ha inteso circoscrivere l’oggetto dell’istanza alla sola legittimazione ai fini paesaggistici del realizzato, non ritenendo di potersi rideterminare anche sul progetto di completamento del fabbricato, ha confermato la permanenza dell’interesse a coltivare il terzo motivo di gravame, diretto a censurare il giudizio di merito negativo reso dalla Soprintendenza circa la compatibilità del progetto di completamento del fabbricato con i valori paesaggistici tutelati.

9. All’udienza pubblica dell’8 ottobre 2025 la causa è stata introitata in decisione.

10. Preliminarmente il Collegio osserva che non vi è luogo a pronunciarsi sui primi due motivi di gravame, espressamente rinunciati dalla parte ricorrente (con dichiarazione resa a verbale nel corso dell’udienza pubblica del 22 gennaio 2025 e ribadita nella memoria da ultimo depositata).

11. Deve dunque essere scrutinato il terzo motivo a mezzo del quale la deducente lamenta che la motivazione del parere della Soprintendenza appare generica e stereotipata, non illustrando con precisione gli aspetti di contrasto dell’opera proposta con il vincolo paesistico.

11.1. Preliminarmente il Collegio reputa opportuno precisare che va condivisa l’asserzione di parte ricorrente in ordine al permanere dell’interesse all’esame del motivo, pur a fronte delle successive evoluzioni della vicenda.

È innegabile che, come peraltro ricordato dalla stessa Soprintendenza con la richiamata nota UO5/12/03/2025/0005990-p, l’autorizzazione paesaggistica può validamente costituire titolo abilitativo degli interventi di mero completamento unicamente a condizione che il corpo originario del fabbricato sia già assentito sotto il profilo paesaggistico (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 15 luglio 2024, n. 1482), di modo che i lavori di riqualificazione e completamento – a prescindere dal loro inserimento paesistico – non possono essere autorizzati in assenza del presupposto necessario costituito dalla liceità paesaggistica del fabbricato originario su cui incidono.

Non può tuttavia non tenersi conto della peculiarità del caso di specie, in cui risulta in itinere il propedeutico procedimento concernente la valutazione della liceità paesaggistica “ora per allora” del fabbricato originario; procedimento che in ipotesi potrebbe essere esitato positivamente (i.e. con legittimazione paesaggistica del realizzato) lasciando nondimeno in essere il parere negativo e il conseguente diniego qui gravati.

Pertanto, considerato che l’interesse ad agire deve tradursi in un’utilità pratica che il ricorrente può ottenere con la pronuncia giurisdizionale (che non deve tuttavia necessariamente atteggiarsi come immediata utilità finale del provvedimento richiesto, ben potendo consistere anche in una semplice utilità strumentalequale il fatto che il rapporto controverso sia rimesso in discussione con obbligo dell’amministrazione di riesaminare la situazione), ritiene il Collegio che parte ricorrente conservi l’interesse all’impugnativa dei citati provvedimenti, allo stato non incisi dalle successive evoluzioni della vicenda, atteso che un’eventuale pronuncia di annullamento avrebbe l’effetto di comportare per l’amministrazione l’obbligo di riesaminare la situazione alla luce dell’esito del procedimento allo stato in itinere.

11.2. Nel merito, la doglianza di difetto di motivazione risulta fondata.

11.3. Per consolidata giurisprudenza il giudizio paesaggistico consta di un apprezzamento comparativo che nasce dal confronto dei contenuti del vincolo con tutte le circostanze di fatto relative all’intervento e al suo inserimento nel contesto circostante, in modo che la conferma o l’esclusione della compatibilità delle opere con i valori tutelati costituisce il frutto di un giudizio condotto sulla base di rilievi puntuali; il diniego dell’assenso paesaggistico non può, pertanto, fondarsi sul generico richiamo all’esistenza del vincolo, né su valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve rispondere a un modello che contempli in modo dettagliato, la descrizione: a) dell’edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati; b) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante l’indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni; c) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l’indicazione dell’impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio (ex plurimis Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 2021, n. 8400; sez. II, 25 febbraio 2021, n. 1626).

Nel caso di specie, l’amministrazione ha affermato che gli interventi de quibus propongono “un modello insediativo estraneo al paesaggio oggetto di tutela che non assicura la conservazione dei caratteri connotativi nonché della tipologia architettonica ricorrente in una area già fortemente compromessa da una edilizia caotica e precaria”, che “la realizzazione delle opere, così come previste, costituisce un elemento detrattore della qualità paesaggistica in quanto svilente delle caratteristiche dell’area tutelata, con una lettura della nuova costruzione derivante quale elemento di disturbo in dissonanza col contesto paesaggistico” e che “gli interventi eseguiti, la tipologia prescelta – per dimensioni e criteri compositivi distoniche rispetto ai “canoni classici dei fabbricati rurali” del contesto – sono tali da alterare comunque il paesaggio oggetto di tutela”.

Come si evince dal surriportato corredo giustificativo del parere impugnato, il motivo fondante la valutazione negativa di compatibilità paesaggistica espressa dalla competente Amministrazione statale risulta imperniato sulla, più volte ribadita, distonicità del fabbricato rispetto alla tipologia architettonica ricorrente nel sito di localizzazione.

Orbene, ricostruito nei termini indicati l’impianto del parere impugnato, occorre rilevare che esso, in dissonanza rispetto al modello motivazionale sopra enucleato, non consente di cogliere l’iter logico-argomentativo posto a fondamento di tale valutazione, non recando, al di là di affermazioni di stampo prettamente generico, alcuna puntuale e specifica evidenziazione delle concrete motivazioni dell’asserita atipicità del manufatto, dal punto di vista architettonico, rispetto alle costruzioni rurali presenti in loco.

In particolare, non risultano esternate le ragioni per le quali gli specifici caratteri tipologici e morfologici del manufatto risulterebbero dissonanti con “i canoni classici dei fabbricati rurali del contesto”, a loro volta non specificati ed individuati, e, più in generale (tenuto anche conto della collocazione del manufatto a circa 2,5 km di distanza dalla fascia costiera e dalla strada litoranea provinciale n. 175) con le esigenze di tutela dell’area, costituita da “un unico arenile delimitato da un’ininterrotta pineta alle cui spalle corre la litoranea Salerno-Foce Sele” (costituente “un quadro naturale di incomparabile bellezza, ricco di punti di vista e belvedere accessibili al pubblico dai quali si gode lo spettacolo della bellissima e fertilissima campagna e dall’altro lato gli scorci panoramici sulla costa sino a Salerno“, così il D.M. 22 giugno 1968).

12. In conclusione, il ricorso è fondato e deve essere accolto nei sensi e nei limiti sopra precisati.

13. La peculiarità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

TAR CAMPANIA – SALERNO, I – sentenza 20.10.2025 n. 1705

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