1. Il ricorso non è fondato per quanto già delibato in vicenda del tutto identica da questo Tribunale con sentenza -OMISSIS- del 30 dicembre 2024 a cui si farà ampio richiamo.
2. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 20 e 20-bis L. 110/1975, nonché eccesso di potere: si deduce con censure in fatto che la valutazione di omessa custodia operata nel controllo nell’abitazione del ricorrente poggi su falsi presupposti, laddove al contrario il ricorrente avrebbe “adottato tutte le precauzioni idonee a custodire le armi”.
Il motivo non è fondato.
Com’è noto, nella materia in esame l’Autorità di pubblica sicurezza gode di ampia discrezionalità nel valutare la sussistenza dei requisiti di affidabilità del soggetto nell’uso e nella custodia delle armi, a tutela della pubblica incolumità. Ciò si giustifica, in primo luogo, sulla base della considerazione per cui non è configurabile, nel nostro ordinamento, una posizione di diritto soggettivo avente ad oggetto la detenzione ed il porto di armi, trattandosi di situazioni eccezionali rispetto al generale divieto di circolare armati, delineato dagli articoli 699 c.p. e 4, comma 1, L. n. 110 del 1975.
Inoltre, l’ampiezza della discrezionalità riservata all’Amministrazione si spiega alla luce della natura non sanzionatoria, bensì meramente cautelare e preventiva, dei provvedimenti in esame, finalizzati a prevenire abusi nell’uso delle armi da parte di soggetti non pienamente affidabili.
Muovendo da tali premesse, la giurisprudenza ha affermato che “il provvedimento prefettizio di divieto di detenzione delle armi postula un giudizio prognostico sull’affidabilità del titolare del porto d’armi, ovvero sulla potenziale capacità dello stesso di abusarne; tale valutazione costituisce espressione dell’ampia discrezionalità che viene in rilievo in subiecta materia atteso che lo scopo del giudizio di affidabilità, di natura prettamente cautelare e non sanzionatoria, è quello di prevenire gli abusi, nonché i sinistri involontari, che potrebbero aver luogo a causa della titolarità del porto d’armi in capo a soggetti non pienamente affidabili” (T.A.R. Piemonte, sez. I, 03/04/2023, n. 310; T.A.R. Piemonte, sent. n. 990/2022 che richiama, in motivazione Cons. Stato, Sez. III, 29.10.2020, n. 6614).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che il motivo sia infondato.
Il ricorrente è stato deferito all’autorità giudiziaria, all’esito del controllo a campione operato dalle forze dell’ordine, per omessa custodia di armi e tale circostanza, a prescindere dagli esiti del giudizio penale, è più che idonea a fondare un giudizio di inaffidabilità nella detenzione delle armi.
Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare, in più occasioni, che “non è illogico far discendere il giudizio sulla scarsa affidabilità del detentore di armi da una situazione di oggettiva negligenza nella custodia delle armi e dalla mancata adozione, a tal fine, di adeguate precauzioni; il rischio di possibile abuso o di non corretto utilizzo delle armi è infatti ritenuto desumibile anche da comportamenti omissivi, consistenti nel mancato assolvimento di quegli oneri di diligente custodia che l’ordinamento impone a chi detenga armi e esplosivi” (T.A.R. Piemonte, n. 657/2019 e n. 499/2016).
L’amministrazione preposta è tenuta, infatti, a valutare anche il semplice pericolo di abuso delle armi da fuoco e, in questo senso, rilevano anche condotte semplicemente imprudenti, quali la violazione delle prescrizioni sulla custodia delle armi.
Il provvedimento in esame si fonda sulla contestazione delle modalità di custodia di due delle circa trenta armi da fuoco detenute dal ricorrente. Come chiarito, la legittimità del provvedimento prescinde dalla sussistenza degli elementi che integrano il reato di cui agli artt. 20 e 20-bis L. 110/1975, essendo sufficiente anche solo il fondato sospetto che l’arma non sia correttamente detenuta a giustificare la revoca del porto d’armi.
Nella specie è incontestato che una delle due armi, la carabina, sia stata rinvenuta a terra nello studio del ricorrente al quale può accedersi liberamente (non essendovi porte) dalla camera di uno dei figli dello stesso. La spiegazione addotta dal ricorrente in ordine alla circostanza che l’arma fosse collocata all’esterno dell’armadio blindato dov’è ordinariamente custodita (ossia che egli stava attendendo alla sua pulizia), oltre a non essere stata provata, comunque non è idonea a giustificare il fatto che essa sia stata lasciata incustodita, sia pure temporaneamente, in luogo accessibile anche ad un soggetto minore e testimonia la tendenza del ricorrente a ritenere rispondente alla normale cautela lasciare l’arma in tali condizioni.
Dunque, anche a prescindere dalle (comunque inidonee) modalità di custodia dell’altra arma – rinvenuta in un secretaire non munito di chiusura a chiave – il motivo deve ritenersi infondato.
3. Anche il secondo motivo di censura (violazione degli artt. 3, 10 e 10-bis L. 241/1990 nonché degli artt. 10, 11, 42 e 43 T.U.L.P.S.) è infondato.
È principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui non sussiste un onere di analitica confutazione delle osservazioni presentate dal privato purché l’Amministrazione ne abbia tenuto conto. Dal provvedimento impugnato emerge con chiarezza che l’Amministrazione ha valutato le osservazioni, puntualmente controdeducendo alle stessa sulla scorta degli accertamenti compiuti dagli operanti in sede di verifica.
Il provvedimento, inoltre, è sufficientemente motivato, tenuto conto della natura cautelare e preventiva del provvedimento adottato, essendo sufficiente ad inferire un giudizio di non completa affidabilità nella detenzione delle armi la verifica di condizioni di custodia non adeguate ad escludere in via assoluta che possano impossessarsene soggetti minori.
4. Il ricorso è, dunque, da respingere.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
TAR SICILIA – PALERMO, IV – sentenza 20.08.2025 n. 1984