Autorizzazione e concessione – Licenza per il commercio di oggetti preziosi e valutazione dell’Amministrazione sulla buona condotta e sull’affidabilità del richiedente

Autorizzazione e concessione – Licenza per il commercio di oggetti preziosi e valutazione dell’Amministrazione sulla buona condotta e sull’affidabilità del richiedente

L’appello è infondato.

1) La questione centrale sottoposta all’esame del Collegio attiene alla legittimità del diniego di licenza ex art. 127 TULPS per il commercio di preziosi, fondato su elementi negativi pregressi che l’appellante assume superati dalla riabilitazione ottenuta e dal tempo trascorso.

Il Collegio ritiene di dover preliminarmente affermare il principio secondo cui, in materia di autorizzazioni di polizia, la valutazione dell’affidabilità del richiedente non può prescindere dalla natura specifica dell’attività da autorizzare, dovendo essere tale valutazione tanto più rigorosa quanto più il settore risulti esposto a rischi di infiltrazione criminale o di abusi.

Nel caso del commercio di preziosi, la particolare delicatezza del settore – naturalmente esposto a rischi di riciclaggio e di collegamenti con la criminalità organizzata – impone una valutazione

particolarmente stringente, che non può esaurirsi nel mero riscontro della buona condotta in termini generali.

2) In altri termini, la riabilitazione ottenuta e l’assenza di elementi negativi recenti, pur rilevanti, non costituiscono una sorta di “lasciapassare” automatico per qualsiasi attività soggetta ad autorizzazione di polizia, conservando l’Amministrazione la potestà di valutare in concreto l’affidabilità specifica del soggetto istante in specifica relazione al settore d’attività richiesto.

3) Nel caso di specie, risulta decisiva la circostanza che i precedenti negativi dell’appellante (in particolare la condanna, poi prescritta, per intestazione fittizia) riguardino proprio il commercio di preziosi e si inseriscano in un contesto di accertati rapporti con esponenti della criminalità organizzata interessati a quel settore.

4) Tale “recidiva specifica”, unita alla particolare sensibilità del settore, rende non illogica né sproporzionata la valutazione di inaffidabilità operata dalla Questura, rientrando essa nell’ambito della discrezionalità “forte” che caratterizza la materia, come già evidenziato da questo Consiglio in sede cautelare.

5) Non convince la tesi dell’appellante secondo cui gli accertamenti positivi del giudice penale e la riabilitazione ottenuta renderebbero illegittimo il diniego.

La valutazione richiesta all’Autorità di pubblica sicurezza ha infatti natura e finalità diverse, dovendo prevenire non solo condotte penalmente rilevanti, ma anche il mero rischio di abusi o di strumentalizzazioni (per sé, ovvero per soggetti terzi) dell’attività autorizzata.

Tale rischio, nel caso di specie, è stato ragionevolmente ravvisato dalla Questura sulla base di un quadro indiziario complessivo che, pur riferito a fatti non recenti, assume particolare significatività proprio in relazione allo specifico settore richiesto del commercio di preziosi e alla specificità, proprio rispetto a tale settore, delle precedenti condotte del richiedente storicamente verificatesi.

Né può ritenersi violato il principio di proporzionalità, avendo l’Amministrazione adeguatamente motivato le ragioni del diniego in relazione alla particolare delicatezza del settore e alla specifica vicenda dell’interessato.

6) Le censure sulla mancata valutazione dell’apporto procedimentale sono del pari infondate, avendo il provvedimento dato adeguatamente conto delle ragioni per cui le osservazioni presentate non sono state ritenute idonee a superare i motivi ostativi.

In conclusione, l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

CGA, GIURISDIZIONALE – sentenza 18.08.2025 n. 672

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live