*Autorizzazioni e concessioni – Presentazione dell’istanza per l’istallazione di una stazione radio base, bilanciamento degli interessi coinvolti e denegato parere positivo della P.A. procedente

*Autorizzazioni e concessioni – Presentazione dell’istanza per l’istallazione di una stazione radio base, bilanciamento degli interessi coinvolti e denegato parere positivo della P.A. procedente

1. La Vodafone Italia s.p.a. ha commissionato alla Inwit s.p.a. la realizzazione, in un terreno agricolo sito in San Giuseppe Vesuviano, alla via Lavinaio, di una infrastruttura (finanziata con fondi del PNRR) costituita da un palo poligonale metallico su cui successivamente installare le antenne trasmittenti necessarie per l’erogazione del servizio di telefonia mobile con la tecnologia 5G.

Inwit, di conseguenza, espone di avere presentato al Comune di San Giuseppe Vesuviano, in data 26 marzo 2024, un’istanza di autorizzazione unica ai sensi degli articoli 43, 44 e 49 del d.lgs. n. 259 del 2003.

Nell’ambito della conferenza di servizi decisoria convocata dal detto Comune, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli ha espresso parere negativo in data 24 aprile 2024.

Inwit, in ragione della immediata lesività dell’atto, in quanto idoneo a determinare un arresto procedimentale a tempo indeterminato, ha impugnato il parere della Soprintendenza dinanzi al Tar per la Campania, che con la sentenza della Settima Sezione n. 2210 del 17 marzo 2025, ha respinto il ricorso.

Di talché, la Società soccombente ha interposto il presente appello, articolando i seguenti motivi:

Error in iudicando. Difetto di istruttoria.

La valutazione sotto il profilo paesaggistico degli impianti di telefonia mobile, equiparati in base all’art. 43, comma 4, del d.lgs. n. 259 del 2003, alle opere di urbanizzazione primaria, non potrebbe essere quella normalmente riservata ai comuni manufatti edilizi, ma dovrebbe essere adeguatamente conformata.

Diversamente, sulla scorta dei rilievi formulati dalla Soprintendenza, la realizzazione in zona paesaggisticamente vincolata di ogni impianto di telefonia mobile risulterebbe praticamente impossibile, in contrasto con l’esigenza di realizzare gli impianti anche nelle zone vincolate al fine di rendere capillare la rete infrastrutturale, con conseguente efficienza del servizio erogato.

La relazione paesaggistica prodotta dalla Inwit ed i relativi allegati fotografici renderebbero evidente come l’area oggetto di intervento, per effetto dell’installazione, non subirebbe alcuna alterazione significativa in quanto, in particolare, l’impianto dovrebbe essere realizzato in un suolo agricolo e andrebbe ad inserirsi in un contesto paesaggistico già sensibilmente antropizzato dalle opere di urbanizzazione e dai fabbricati ivi esistenti.

Error in iudicando. Illogicità.

I tralicci ed i pali dell’energia elettrica già presenti nella zona costituirebbero opere di urbanizzazione primaria, per cui, pur non essendo tipologicamente identici, sarebbero senz’altro assimilabili agli impianti di telefonia mobile, equiparati, a loro volta, alle opere di urbanizzazione primaria in base all’art. 43, comma 4, del d.lgs. n. 259 del 2003.

Al fine di verificare la disparità di trattamento, sarebbe stato molto più rispondente alla logica operare il raffronto non con riferimento all’identità tipologica dei manufatti, bensì all’identità dell’impatto paesaggistico dagli stessi prodotto.

Error in iudicando. Difetto di istruttoria. Illogicità. Manifesta ingiustizia.

La giurisprudenza avrebbe avuto modo di chiarire che, laddove vengano in rilievo, da un lato, l’interesse qualificato alla installazione delle infrastrutture di telecomunicazione, dall’altro, gli elementi di pregio del territorio, per nessuno di tali interessi potrebbe, a priori, configurarsi una prevalenza assoluta, non essendo ammissibile che vi sia una sorta di interesse “tiranno” suscettibile di illimitata espansione (v. Corte Cost. n. 85 del 2013), per cui la tutela del paesaggio non potrebbe essere pretermessa, ma non potrebbe neppure diventare un insormontabile ostacolo allo sviluppo del Paese e alla realizzazione di una rete capillare di telecomunicazioni.

Le Amministrazioni preposte, al fine del contemperamento degli interessi pubblici coinvolti, quindi, dovrebbero orientarsi non verso il divieto di installazione degli impianti, ma verso la conformazione delle caratteristiche degli stessi, in modo da individuare misure che ne riducano l’impatto sullo scenario tutelato e li rendano paesaggisticamente compatibili.

L’art. 14-ter della legge n. 241 del 1990, d’altra parte, enuncerebbe il principio del c.d. dissenso – costruttivo, in base al quale ciascun ente che partecipa alla conferenza di servizi deve esprimere il proprio parere “anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell’assenso”.

Nel caso di specie, l’indicazione di soluzioni alternative al fine di rendere l’impianto paesaggisticamente compatibile sarebbe stato tanto più ineludibile, se si considera che lo stesso è per legge (art. 44, comma 3, del d.lgs. n. 259 del 2003) un’opera di pubblica utilità equiparata alle opere di urbanizzazione primaria, deputato ad erogare il servizio di telefonia mobile con tecnologia 5G, ritenuto un obiettivo primario del Paese e finanziato con fondi del PNRR.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio per resistere all’appello.

L’istanza cautelare è stata accolta da questa Sezione con l’ordinanza n. 2350 del 27 giugno 2025, con la seguente motivazione:

Ritenuto, alla delibazione sommaria propria della presente fase cautelare, che l’appello è assistito da adeguato fumus boni iuris, in quanto:

– l’interesse pubblico alla tutela paesaggistica deve essere coordinato e bilanciato con l’interesse pubblico alla copertura del territorio nazionale con il segnale 5G, sicché non può ritenersi esaustivo il parere della Soprintendenza che motiva la propria valutazione alla stregua di un comune intervento edilizio sul territorio;

– gli impianti di telefonia mobile, al fine di irradiare efficacemente il relativo segnale, assumono necessariamente una certa altezza ed hanno un basamento di supporto, sicché, motivando alla stregua del parere impugnato, nessun intervento della specie sarebbe astrattamente configurabile nella zona vincolata;

Ritenuto, peraltro, che, essendo dedotto in giudizio un interesse legittimo pretensivo, il “bene della vita” non può essere direttamente attribuito in sede giurisdizionale, ma richiede l’esercizio della competente attività amministrativa;

Ritenuto, di conseguenza, che la sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata comporta l’obbligo per l’Amministrazione interessata di rielaborare sollecitamente il parere tenendo conto della portata conformativa della presente ordinanza cautelare;

Rilevato, con riferimento alla previsione di cui all’art. 12-bis, comma 2, del d.l. n. 68 del 2022, inserito dalla legge di conversione n. 108 del 2022 che l’appellante ha esposto come, secondo il cronoprogramma degli impegni finanziati con fondi del PNRR, l’impianto in questione deve essere realizzato entro la data del 30 giugno 2025, termine evidentemente insufficiente in assenza del titolo abilitativo e in assenza della già avvenuta realizzazione dell’impianto”.

Inwit ha depositato altra memoria a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 23 ottobre 2025, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Il Collegio, in via preliminare, rileva che l’Amministrazione non ha documentato di avere adempiuto all’obbligo di rielaborare sollecitamente il parere tenendo conto della portata conformativa dell’ordinanza cautelare n. 2350 del 27 giugno 2025.

3. In limine, inoltre, deve essere dichiarato inammissibile, in quanto avvenuto in data 22 ottobre 2025, ore 22.21, e. quindi, in palese violazione dei termini di cui all’art. 73 c.p.a., il deposito in giudizio di una nota del 15 ottobre 2025 della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli.

4. Il primo motivo d’appello (con censure in parte reiterate anche nel terzo motivo) è fondato e ciò determina, con assorbimento delle doglianze non scrutinate in virtù del principio della ragione più liquida (cfr. sentenza Adunanza Plenaria Consiglio di Stato n. 5 del 2015), l’accoglimento del gravame.

5. Il parere negativo è stato reso dalla competente Soprintendenza con la seguente motivazione:

CONSIDERATO che l’intervento in oggetto ricade in un’area agricola e la sua realizzazione, configurandosi come una sistemazione artificiale che modifica la morfologia dei luoghi alterandone il carattere naturale, comporta la perdita di suolo agricolo ed un conseguente incremento della copertura artificiale di terreno, ed un’ulteriore infrastrutturazione del territorio già caratterizzato da un’elevata intensificazione edilizia;

RILEVATA la notevole visibilità della Stazione radio base anche da molto lontano dovuta all’elevata altezza, alla natura del territorio pianeggiante e alla vicinanza agli edifici circostanti, mediamente di tre livelli fuori terra;

CONSIDERATO che l’insieme delle opere da realizzarsi comportano una serie di interventi il cui risultato finale, di fatto, modifica il conteso territoriale salvaguardato dalle apposite norme di tutela alterando in maniera sostanziale le caratteristiche morfologiche del luogo e introducendo elementi che modificano l’integrità del territorio tutelato;

RITENUTO, pertanto, che il suddetto intervento, così come progettato, può produrre pregiudizio e compromissione degli elementi specifici del paesaggio tutelato così come individuati nel DM del 6 ottobre 1961 in quanto ne altera le caratteristiche intrinseche producendo, di fatto, una diminuzione della qualità paesaggistica del sito protetto.

Per quanto sopra esposto, ritenuto che l’intervento contrasta con i valori paesaggistici del sito, per quanto di competenza, questa Soprintendenza ritiene che il suddetto intervento sia da ritenersi non compatibile con il contesto e dunque non assentibile in tale ambito”.

6. Il giudice di primo grado ha ritenuto tale motivazione adeguata, congrua e logica.

Il Collegio, per quanto sostanzialmente già indicato nell’ordinanza cautelare, ritiene fondate le censure contenute nel primo motivo di appello (e in parte reiterate nel terzo motivo), atteso che, diversamente da quanto statuito dal primo giudice, la motivazione del parere è insufficiente ed espressione di una carenza istruttoria.

Le infrastrutture di telefonia mobile hanno carattere di pubblica utilità e sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria (articoli 51, comma 1, 43, comma 4, del d.lgs. n. 259 del 2003, in vigore dal 28 aprile 2024), potendo essere collocate in qualunque zona del territorio comunale, a prescindere dalla sua destinazione funzionale, in modo che ne sia assicurato un servizio capillare.

Pertanto, se è vero che l’interesse paesaggistico ambientale non è derogato dalla normativa in materia per il solo fatto che le stazioni radio base svolgono una funzione di pubblica utilità e sono equiparate alle opere di urbanizzazione primaria, è altrettanto vero che l’interesse pubblico alla tutela paesaggistica deve essere coordinato e bilanciato con l’interesse pubblico alla copertura del territorio nazionale con le infrastrutture di telecomunicazione e con il segnale 5G.

In sostanza, l’esistenza del vincolo non è di per sé solo ostativo alla realizzazione della stazione radio base, non configurandosi come un interesse “tiranno”, essendo necessario operare il bilanciamento degli interessi pubblici in gioco e, quindi, dovendo l’Amministrazione indicare in concreto le ragioni per le quali tali impianti si porrebbero in ineliminabile contrasto con gli altri interessi da salvaguardare.

Ne consegue come non possa ritenersi esaustivo il parere della Soprintendenza che motiva la propria valutazione alla stregua di un comune intervento edilizio sul territorio, rappresentando essenzialmente che l’intervento ricade in un’area agricola e che la sua realizzazione comporta la perdita di suolo agricolo ed un conseguente incremento della copertura artificiale di terreno in un territorio già caratterizzato da un’elevata intensificazione edilizia nonché evidenziando la notevole visibilità della stazione radio base anche da molto lontano dovuta alla elevata altezza.

In altri termini, tali considerazioni, se, nell’esercizio di un potere connotato da discrezionalità tecnica, possono ritenersi esaustive in presenza di un ordinario intervento edilizio, in assenza di ulteriori e più approfondite specificazioni, non possono ritenersi idonee a giustificare la sicura prevalenza dell’interesse paesaggistico ambientale sull’interesse parimenti pubblico alla installazione delle infrastrutture di telecomunicazione ed alla copertura del territorio con il segnale 5G.

D’altra parte, la circostanza che l’intervento ricade su un’area agricola esclude che l’installazione di una stazione radio base, sia pure di notevoli dimensioni, sia di per sé sola idonea ad incidere in modo determinante sulla tutela paesaggistica ed ambientale del territorio.

A ciò si aggiunga che gli impianti di telefonia mobile, al fine di irradiare efficacemente il relativo segnale, assumono necessariamente una certa altezza ed hanno un basamento di supporto, sicché, occorre convenire con l’appellante che, motivando alla stregua del parere impugnato, nessun intervento della specie sarebbe astrattamente configurabile in una zona vincolata, sia pure avente carattere meramente agricolo.

7. In definitiva, l’appello è fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado da Inwit con conseguentemente annullamento del parere impugnato ed obbligo di riesercizio del potere, nei termini di legge, da parte dell’Amministrazione comunale di San Giuseppe Vesuviano sull’istanza di autorizzazione unica presentata nel mese di marzo 2024 da Inwit.

7. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in € 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge se dovuti, sono posti a carico del Ministero della Cultura ed a favore dell’appellante; le spese sono compensate nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei soggetti intimati ma non costituiti.

CONSIGLIO DI STATO, VI – sentenza 05.11.2025 n. 8610

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