1. -OMISSIS- ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia per l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento reso in data 5 agosto 2022 e la conseguente condanna del Comune di Bergamo al risarcimento del danno asseritamente causato in seguito al rigetto dell’istanza di accesso agli atti dalla stessa presentata, nonché per l’annullamento dell’art. 4, comma 5 del Regolamento comunale per la videosorveglianza.
La ricorrente ha riferito che, in data 20/12/2021, mentre era alla guida dell’auto targata-OMISSIS- e concessa in uso da un conoscente, all’incrocio tra via Camozzi e Largo Porta Nuova, veniva urtata da un’autovettura proveniente dalla sua sinistra condotta dal sig. -OMISSIS-. Quest’ultimo era passato con il semaforo rosso. Dal sinistro non derivavano lesioni personali. Entrambe le parti coinvolte sottoscrivevano il modulo di constatazione amichevole di sinistro dal quale, tuttavia, non risultava che il sig. -OMISSIS- avesse attraversato la strada con il semaforo rosso. Il giorno seguente, la ricorrente, recatasi presso il Comando della Polizia Locale, chiedeva agli agenti di verificare la dinamica dei fatti, anche visionando le immagini della videosorveglianza dell’incrocio, al fine di accertare la responsabilità del sig. -OMISSIS-. La richiesta veniva verbalizzata.
La compagnia assicurativa del proprietario dell’autovettura concessa in prestito alla ricorrente, in ragione della sottoscritta constatazione amichevole e della mancanza di altri elementi, liquidava al proprio assicurato solo parte del danno subito all’autoveicolo. In ragione di quanto sopra, -OMISSIS-, in data 12 maggio 2022, depositava una istanza di accesso ai filmati della videosorveglianza.
Formatosi il silenzio-rigetto, la sig.ra -OMISSIS- presentava il ricorso al Tribunale per la Lombardia diretto ad ordinare al Comune l’esibizione dei filmati della videosorveglianza in questione. Nelle more del giudizio, il Comune, con nota n. -OMISSIS- del 05/08/22, comunicava che per un errore organizzativo, nonostante la tempestiva redazione dell’espresso provvedimento di diniego all’istanza di accesso, quest’ultimo non era stato trasmesso alla destinataria. In ogni caso, il diniego all’accesso veniva motivato facendo presente che l’atto amministrativo elettronico (il “file”), contenente le immagini della videosorveglianza, non era più esistente perché era stato automaticamente cancellato dal sistema 4 giorni dopo il sinistro. Ciò in applicazione dell’art. 4, comma 5, del Regolamento comunale per la videosorveglianza. Inoltre, sulla base dell’ordine di servizio n. I0005434 del 12 gennaio 2016, tali immagini non erano acquisibili in caso di sinistri senza lesioni a persone.
Con lettera del 26/09/22, il proprietario dell’auto condotta dalla ricorrente chiedeva alla signora -OMISSIS- il risarcimento di tutti i danni subiti per la parte non rimborsata dall’assicurazione.
Su tale presupposto, la ricorrente proponeva ricorso per motivi aggiunti, per ottenere: a) l’annullamento del provvedimento di diniego di accesso del 05/08/22 e degli atti presupposti sulla cui base sono state cancellati i “files” della videosorveglianza; b) il risarcimento del danno causato dal Comune di Bergamo in seguito al rigetto dell’istanza di accesso agli atti presentata da -OMISSIS-.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con sentenza parziale n. 974/2022, statuiva “A) in ordine alla domanda di cui all’art. 116 C.p.a.: 13) il diritto di accesso, ai sensi dell’art. 22, comma 6, L. n. 241/90 “è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l’obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere”; 14) nel caso di specie il Comune ha conservato i filmati della videosorveglianza per 4 giorni, in asserita applicazione della normativa eurounitaria e nazionale in materia di tutela della riservatezza di terzi dalla detenzione prolungata di immagini digitalizzate; 15) il sopravvenuto provvedimento di rigetto del 5.8.2022 ha chiarito che quando è stata presentata l’istanza di accesso l’atto amministrativo elettronico era già stato eliminato; 16) pertanto si rileva l’improcedibilità del ricorso introduttivo in materia di accesso agli atti per sopravvenuta carenza di interesse che si dichiara con sentenza parziale; B) in ordine alla domanda impugnatoria e di condanna proposta con i motivi aggiunti: 17) con la stessa sentenza parziale si dispone, altresì, la conversione del rito relativamente alla domanda di annullamento e condanna; 18) le spese del presente segmento processuale possono essere compensate”.
La richiamata pronuncia parziale, pertanto, disponeva la conversione nel rito ordinario per la trattazione delle domande di annullamento e condanna proposte con ricorso per motivi aggiunti.
3. Il suddetto Tribunale, definitivamente pronunciando con sentenza n. 671 del 2024, respingeva il ricorso. Secondo il Collegio di prima istanza, se da un lato sussisteva in capo alla ricorrente la pretesa ad ottenere le immagini della videosorveglianza a fini difensivi, dall’altro, tuttavia, dal provvedimento impugnato e dalle difese del Comune si evinceva che le stesse erano state cancellate in applicazione dell’art. 10 comma 5 del Regolamento comunale. La previsione regolamentare stabiliva che le immagini videosorvegliate potevano essere conservate per un termine di cinque giorni. Il T.A.R. riteneva la legittimità della previsione di un tempo limite alla conservazione delle immagini, essendo diretta ad evitare che i dati personali potessero essere conservati per un tempo eccessivamente lungo, ciò in quanto dalle registrazioni tramite il sistema di videosorveglianza potevano venire in rilievo anche dati sensibili e comunque dati di soggetti “terzi”, estranei alla vicenda di volta in volta oggetto di contesa. Inoltre, l’istanza ostensiva era stata proposta a più di quattro mesi di distanza dal sinistro, nonostante le divergenti ricostruzioni in merito alla dinamica fossero già evidenti nella immediatezza del fatto, con la conseguenza che l’eccessivo lasso temporale intercorrente tra il sinistro e la richiesta di accesso, rendeva legittima la cancellazione delle immagini di videosorveglianza.
4. -OMISSIS- ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia, chiedendone la riforma sulla base delle seguenti censure:” Travisamento dei fatti. Illogicità manifesta. Difetto di motivazione”.
5. Il Comune di Bergamo si è costituito in resistenza, concludendo per il rigetto del gravame. In particolare, con l’istanza per il passaggio in decisione, l’Ente municipale ha segnalato di non avere mai ricevuto la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza pubblica di merito, come risulterebbe dal c.d. screenshot estratto dal sito della Giustizia amministrativa, pur essendosi costituito nei termini di legge.
6. All’udienza del 17 luglio 2025, la causa è stata assunta in decisione.
Diritto
7. Il Collegio, preliminarmente, prende atto della segnalazione effettuata dal Comune di Bergamo con istanza di passaggio in decisione del 26/6/2025, in ordine alla omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza pubblica di merito. In disparte la fondatezza della segnalazione, va rilevato che in ipotesi di rituale costituzione della parte processuale, come nella specie, ogni eventuale nullità viene sanata per il principio del raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c.).
Nel caso in cui la notifica sia stata omessa o sia viziata, la successiva costituzione del convenuto, come nella specie, rende impossibile dichiarazione di nullità della notifica stessa, in quanto l’irritualità deve ritenersi sanata ex tunc (Corte di Cassazione, n. 26476 del 2017) per raggiungimento dello scopo (Corte di Cassazione, n. 24329 del 2024). Si tratta di un fatto giuridico che produce un effetto sul processo, atteso che il processo persegue i suoi fini razionalizzando i relativi mezzi, in ossequio ai principi di economia processuale e ragionevole durata (art. 111 Cost.). Pertanto, l’eventuale piena idoneità del procedimento in ogni caso a raggiungere il suo scopo rende del tutto irrilevante il mancato o imperfetto compimento di uno dei suoi atti. L’interpretazione risponde al principio di strumentalità delle forme, che deve sempre orientare l’interprete delle norme sulla invalidità, e secondo il quale le forme degli atti del processo sono congegnate e prescritte non come fini a se stesse, bensì come lo strumento più idoneo per il raggiungimento di un certo risultato, che rappresenta l’unico vero obbiettivo del legislatore.
8. Passando all’esame del merito, con l’unico motivo di appello si lamenta l’erroneità della sentenza impugnata in quanto il Tribunale di prima istanza avrebbe travisato i fatti accertati quanto alle competenze della Polizia locale, atteso che, da un lato, sarebbe certo che il giorno seguente il sinistro, e quindi in tempo utile per visionare le immagini di videosorveglianza, la ricorrente ha presentato istanza al Comando di Polizia municipale, che ne ha verbalizzato la richiesta, di visionare le immagini per accertare la responsabilità del controinteressato. Nonostante ciò, gli agenti non avrebbero, in violazione degli artt. 11 e 12 del d.lgs. n. 285 del 1992, provveduto alla rilevazione del sinistro attraverso la visualizzazione delle immagini di videosorveglianza. Nel caso di specie, la Polizia locale non solo avrebbe omesso di compiere l’accertamento che le competeva ex lege, ma sarebbe anche venuta meno al dovere di correttezza e buona fede, inducendo l’appellante a fare affidamento sulla rilevazione del sinistro, perché soltanto dopo la presentazione della nuova istanza per l’ostensione delle immagini e il deposito del ricorso avverso il silenzio ha risposto che le immagini erano state cancellate, senza avere effettuato alcuna preventiva visualizzazione. Tale condotta omissiva sarebbe causa di responsabilità dell’Amministrazione nella causazione del danno, per lesione dell’interesse legittimo dell’appellante sia alla corretta rilevazione del sinistro, sia alla difesa del proprio patrimonio dalla domanda risarcitoria del proprietario dell’automobile. Ad avviso dell’appellante tale responsabilità sarebbe stata dimostrata, sussistendo: i) la condotta antigiuridica dell’Amministrazione; ii) il nesso di causalità tra la condotta antigiuridica e la lesione della posizione soggettiva giuridicamente rilevante dell’interessata; iii) la violazione delle regole di correttezza e buona fede, alle quali l’esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi; iv) il danno subito dall’interessata, che ha dovuto rimborsare al proprietario dell’auto euro 793,28.
9. L’appello non è fondato e non può trovare accoglimento.
10. Il Collegio osserva che le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrano nella nozione di documento amministrativo ai fini del diritto di accesso, ciò in quanto l’art. 22, comma 1, lett. d) della l. n. 241 del 1990 fornisce una nozione di documento amministrativo molto ampia, “e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione o da un soggetto, anche privato, alla stessa equiparato ai fini della specifica normativa dell’accesso agli atti, e formato non solo da una pubblica amministrazione, ma anche da soggetti privati, purchè lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato, con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale”(Cons. Stato, Ad. Plen. n. 19 del 2020).
Tuttavia, come il Giudice di prima istanza ha osservato, la richiesta della ricorrente non può essere qualificata con una istanza di accesso, ma più propriamente un invito per la Polizia locale a intervenire per accertare la responsabilità del sinistro, previa ricostruzione dello stesso attraverso le video registrazioni. Tanto si desume dal contenuto della “Relazione incidente stradale”, contenente la mera verbalizzazione delle dichiarazioni spontanee delle parti, in cui si legge quanto dichiarato da -OMISSIS-: “Mi sono quindi rivolta alla Polizia Locale affinché acceda alle immagini della videosorveglianza al fine di accertare la responsabilità della controparte che negava di essere transitata sull’intersezione di L.go Porta Nuova malgrado il semaforo gli vietasse il passaggio”.
Appare all’evidenza che tale richiesta non contiene gli elementi che avrebbero consentito all’Amministrazione di valutare l’esistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale all’ostensione, e quindi i presupposti di legge, da cui sarebbe conseguito un obbligo di provvedere. Né si può predicare che vi sia stata una responsabilità omissiva da parte della Polizia locale, in quanto, come dedotto dal Comune di Bergamo in memoria, tale ufficio non riveste “il ruolo istituzionale di dirimere le controversie assicurative tra privati”, atteso che non è contestato che il sinistro non ha comportato lesioni personali per le parti coinvolte.
Solo successivamente, in data 8 – 12/05/2022, la ricorrente ha depositato un’istanza di accesso ai sensi dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, deducendo necessità difensive, e allegando “un interesse diretto, concreto e attuale all’accesso alle videoregistrazioni relative al sinistro occorsomi in data 21 dicembre 2021 per potere esercitare il mio diritto di difesa”.
Il Tribunale adito ha correttamente osservato che le immagini di videosorveglianza avrebbero certamente consentito a -OMISSIS- di ricostruire la dinamica del sinistro, e quindi ha ravvisato il nesso di strumentalità tra la documentazione richiesta e le necessità difensive dell’istante finalizzate a sottrarsi dalle richieste risarcitorie del proprietario della vettura. Tuttavia, pur riconoscendo la legittimità della pretesa della ricorrente, ha riscontrato che tali immagini erano state legittimamente cancellate in applicazione dell’art. 10, comma 5, del Regolamento comunale. Pertanto, il diritto all’ostensione della documentazione richiesta non avrebbe potuto essere garantito.
Orbene, la ricorrente deduce l’illegittimità del comportamento della Polizia Municipale e la responsabilità dell’Amministrazione per la rimozione delle immagini di videosorveglianza relative al sinistro stradale del 21 dicembre 2021, da cui conseguirebbe, a suo dire, il diritto al ristoro del danno subito.
La domanda non può trovare accoglimento, dovendosi ribadire quanto osservato dal Giudice di prime cure, il quale si è fatto carico dei principi che regolamentano la responsabilità risarcitoria della pubblica amministrazione, con la conseguenza che la sentenza impugnata non merita censura.
Ai sensi dell’art. 10, comma 5, del Regolamento comunale, “Le immagini videoregistrate sono conservate, per un tempo non superiore a cinque giorni successivi alla rivelazione, presso il server di sistema che consente di aderire alle finalità indicate all’art. 4 del presente regolamento nonché a investigative dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria. Decorso il suddetto termine di cinque giorni le immagini riprese in tempo reale sovrascrivono quelle registrate”.
La disposizione regolamentare è legittima in quanto conforme ai principi in tema di tutela della privacy e della temporaneità dei dati sensibili, come desumibili dall’art. 5 del Regolamento Unione Europea 27 aprile 2016, n. 679/2016.
Il vincolo della temporaneità è una garanzia di tutela della privacy, posto che le immagini di videosorveglianza possono riguardare anche soggetti terzi, estranei alla vicenda oggetto di controversia.
La previsione, contenuta nel Regolamento, di cinque giorni quale termine di conservazione delle registrazioni è conforme sia al principio europeo della c.d. “limitazione della conservazione”, sia al d.l. 23.2.2009, n. 11, convertito in l. n. 38 del 2009 in materia di sicurezza pubblica che, all’art. 6, ultimo comma, limita ad una previsione di massimo sette giorni la conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l’uso dei sistemi di videosorveglianza.
Ne consegue che nessuna illegittimità in suddetta disposizione può essere rilevata, dovendosi ritenere che il tempo di cinque giorni per la conservazione dei documenti appare congruo anche in relazione all’esercizio del diritto di difesa di chi propone richiesta di ostensione.
Nel caso in esame, la richiesta ostensiva è stata proposta a distanza di quattro mesi dal verificarsi del sinistro, pertanto la ricorrente non si può dolere del fatto che le immagini siano andate distrutte, atteso che, come sopra rilevato, la prima richiesta non poteva integrare una domanda di accesso agli atti, ma al più un invito alla Polizia locale a visionare le immagini di videosorveglianza, la quale, come si è detto, non è tenuta a dirimere le controversie civili (e assicurative) tra privati.
Sono pertanto insussistenti i presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria, atteso che l’appellante aveva avuto modo di verificare la divergente ricostruzione della dinamica del sinistro già nell’immediatezza dell’evento, avendo, per sua stessa ammissione, omesso di riportare nel modulo di constatazione amichevole che il sig. -OMISSIS- aveva attraversato la strada con il semaforo rosso.
Inoltre, sotto un distinto profilo va escluso che sia stato pregiudicato un legittimo affidamento, dovendosi ribadire che -OMISSIS- ha omesso di formulare una idonea richiesta di ostensione delle immagini di videosorveglianza il giorno successivo all’incidente, limitandosi a sollecitare l’intervento degli ufficiali accertatori, e facendo trascorrere quattro mesi prima di presentare una idonea istanza di accesso difensivo, che l’Amministrazione, a causa della legittima distruzione delle immagini (in ragione del tempo trascorso), non ha potuto evadere.
11. In definitiva, l’appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata.
12. Le ragioni della decisione e la peculiarità della vicenda processuale suggeriscono la compensazione delle spese di lite del grado tra le parti.
Cons. Stato, V, sent., 31.10.2025, n. 8472