L’odierno ricorrente, titolare dell’omonima ditta individuale attiva nel settore di scavi, demolizioni e lavori edili stradali, nelle giornate del 20 e 21 marzo 2024, ha eseguito lavori di miglioramento del fondo stradale ricadente su terreno di proprietà del Demanio Idrico in zona “Fiumicino” del Comune di Civitella di Romagna (FC), strada collocata sulla sponda sinistra del fiume Bidente, sul fronte dei terreni privati distinti catastalmente al foglio 59 particelle 29, 32, 33, 51 e 53 del NCT del Comune di Civitella di Romagna (FC).
Parte ricorrente deduce che tali lavori di miglioramento erano consistiti nell’apporto, distribuzione e compattamento sulla carreggiata, ad opera della ditta -OMISSIS-, di materiali inerti da recupero, su una lunghezza di circa 500 mt.
Si tratterebbe di materiali da recupero, in particolare ghiaia, acquistati dalla società -OMISSIS-. S.r.l., e ciò risulterebbe in via documentale dai n. 6 DDT emessi dalla predetta società nonché dalla fattura differita -OMISSIS- del 30 marzo 2024, i quali attesterebbero la natura di maceria lavorata End of Waste, proveniente dal lotto denominato “-OMISSIS-”.
D’altronde, è un dato oggettivo e non specificamente contestato dal ricorrente che, a seguito degli accertamenti svolti in data 14 aprile 2024, dai militari del Nucleo Carabinieri Forestale di Santa Sofia, è emerso che: «Al controllo è emerso che il materiale inerte applicato al sottofondo stradale presentava un elevato quantitativo di elementi estranei (rifiuti costituiti da materiali ferrosi, parti di tubi corrugati in plastica per impianti elettrici, parti di schede con circuiti elettronici, cartucce di inchiostro per stampanti, pezzi di cavi elettrici, contenitori plastici, stracci, parti di plastica dura frantumata. etichette, tamponi per francobolli, pezzi di tubi plastici, guanti da lavoro, placche in plastica ed in metallo per prese elettriche, imballaggi plastici di alimenti, rotoli di scotch pezzi di materiale spugnoso e di retine in plastica). una granulometria grossolana e disomogenea e al suo interno erano inoltre presenti pezzi di materiale da copertura di colore grigio che, all’esito degli accertamenti analitici svolti sono risultati contenere fibre di amianto».
Ai sensi dell’art. 192, d. lgs. n. 152 del 2006, (“Divieto di abbandono”) «L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati»; «chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate».
La norma sostanzialmente disciplina una fattispecie specifica di applicazione del c.d. principio chi inquina paga.
A parte ricorrente viene contestata la responsabilità in quanto autore del deposito illecito o comunque illegittimo di rifiuti: non vengono, quindi, qui in rilievo le questioni e i principi affermati dalla giurisprudenza in ordine alla possibilità di estendere la responsabilità al proprietario dell’area.
La responsabilità dell’autore, comunque, presuppone l’accertamento, quantomeno, della colpa, in ogni caso non essendo contemplata dalla norma un’ipotesi di responsabilità oggettiva.
Ciò premesso, nel caso di specie risulta anzitutto che quelli rinvenuti in loco dagli agenti accertatori non sono meri materiali end of waste, essendo stati rinvenuti, come sopra riportato, materiali che nulla hanno a che vedere con gli “inerti” qualificabili in tal senso.
Ne consegue che quei materiali “alieni”, non essendo end of waste, risultano essere “rifiuti” depositati in loco senza autorizzazione e in modo illegittimo.
Parte ricorrente non ha dimostrato che quei materiali già erano in loco al momento dei lavori, sì da essersi “mischiati” con il materiale end of waste acquistato da -OMISSIS- srl e utilizzato per i lavori stradali.
Si tratta di circostanza, questa, il cui onere probatorio gravava sulla parte ricorrente, sia in quanto l’Amministrazione, diversamente, sarebbe onerata di una prova “negativa”, sia in applicazione del principio della vicinanza della prova, l’impresa ricorrente soltanto avendo avuto la possibilità, al momento dei lavori, di verificare la consistenza del terreno.
Al contrario di quanto argomentato da parte ricorrente nella memoria di replica, non vi sono agli atti elementi, nemmeno logici, atti a far ritenere ragionevolmente che «era già presente in loco altro materiale allorquando il ricorrente interveniva con la sua opera di compattamento del materiale acquistato da -OMISSIS-».
Mancando la prova della preesistenza dei materiali, quindi, vi sono due possibilità: o i materiali sono stati depositati illegittimamente proprio dall’impresa ricorrente (mischiati così con il materiale end of waste acquistato da -OMISSIS- srl) ovvero si tratta di rifiuti “a monte” illegittimamente mischiati da -OMISSIS- srl con il materiale end of waste venduto all’impresa ricorrente.
Nonostante l’apparentemente rilevante differenza tra le due ipotesi che precedono, nel caso di specie, pur non potendosi dimostrare quale delle due sia l’ipotesi in concreto verificatasi, la conseguenza è comunque l’affermazione di responsabilità in capo all’impresa ricorrente.
Infatti, se nella prima ipotesi saremmo di fronte ad una vera e propria ipotesi dolosa, nella seconda ipotesi, anche ammettendo che il materiale “alieno” fosse contenuto nella fornitura di -OMISSIS-, è evidente la colpa ascrivibile in capo a parte ricorrente.
Si tratta infatti di una pluralità di elementi (rifiuti) del tutto eterogenei ed estranei al concetto di materiale inerte “end of waste” chiaramente visibili e riconoscibili dall’impresa al momento dell’utilizzo nei lavori stradali: il non aver controllato e, conseguentemente, il non aver rimosso ovvero evitato di sversare in loco detto materiale “alieno”, è imputabile, quindi, a titolo di colpa in capo all’impresa ricorrente.
Occorre invero rilevare che la diligenza minima esigibile dall’operatore professionale ex art. 1176, secondo comma, c.c. (parte ricorrente ha agito come impresa del settore) implica sicuramente la verifica, quanto meno e senz’altro a vista, anche senza la necessità di eseguire apposite verifiche tecniche, della reale consistenza e composizione del materiale inerte acquistato e impiegato per la realizzazione dell’intervento di miglioramento del manto stradale, non potendo sostenersi che il solo fatto di aver acquistato il materiale inerte impiegato nei lavori da un’impresa autorizzata alla gestione e recupero del rifiuto e alla commercializzazione del prodotto derivato come end of waste possa di suo esonerare l’operatore economico dall’effettuare le suddette, minimali verifiche, si ripete, senza dubbio esigibili secondo un criterio di diligenza professionale minima dell’impresa. In tal senso, dunque, sussiste senz’altro nella fattispecie un elemento di colpa in capo all’impresa ricorrente, quanto meno per omessa diligenza, nell’aver senz’altro impiegato il suddetto materiale per le previste lavorazioni, neppure avvedendosi della pur palese presenza, in esso, di plurimi e grossolani materiali “spuri”, la cui presenza era chiaramente incompatibile con la ritenuta natura di prodotto recuperato come end of waste, ancorché fornito come tale dall’impresa -OMISSIS-
A tal proposito, per una conferma, sul piano interpretativo sistematico al ragionamento che precede, si può rilevare come la direttiva 21 aprile 2004 n. 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, all’art. 8 (Costi di prevenzione e riparazione) dispone, tra l’altro che: «1. L’operatore sostiene i costi delle azioni di prevenzione e di riparazione adottate in conformità della presente direttiva;….è stato causato da un terzo, e si è verificato nonostante l’esistenza di opportune misure di sicurezza».
Quanto precede supera anche il tema della responsabilità relativa alla presenza di materiale contenente amianto e la problematica relativa al superamento del limite tollerabile: infatti, sebbene con riferimento ai rifiuti contenenti amianto si sarebbe potuto dubitare di una colpa di parte ricorrente rispetto al materiale acquistato da -OMISSIS-, vi è che essendo comunque tale materiale mischiato a rifiuti che, come detto, non sono certamente inerti e non avrebbero, quindi, dovuto essere depositati in loco, unitamente anche a materiale effettivamente inerte, l’ordine imposto dall’Amministrazione deve ritenersi comunque legittimo, parte ricorrente essendo tenuta a rimuovere tutti i materiali non inerti collocati in loco mischiati tra loro, così da “bonificare” l’area.
Quanto sopra, evidentemente, ferme restando le eventuali doglianze di natura contrattuale che, sul piano dei rapporti interni, parte ricorrente potrà rivolgere a -OMISSIS-.
Parte ricorrente, nelle memorie difensive depositate ai sensi dell’art. 73 c.p.a., ha lamentato che nell’estate 2025, nelle more dell’odierno giudizio, sono state realizzate opere di movimentazione del fondo ghiaioso e spostamento frane, eseguite dai proprietari, con il benestare dei Carabinieri Forestali operanti nel Comune di Civitella, il ché avrebbe alterato radicalmente lo stato dei luoghi.
Si tratta d’altronde, di circostanza rispetto alla quale parte ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova, nemmeno indiziario, tale non potendosi considerare la fotografia depositata (doc. 6 fasc. parte ricorrente).
Conseguentemente non possono trovare accoglimento le istanze istruttorie finalizzate: ad ottenere informazioni e documenti utili che siano nella disponibilità dei Carabinieri Forestali e/o del Comune di Civitella e/o della Procura relativamente a tali asserite opere; la disposizione di una consulenza tecnica volta a confermare che, per effetto dell’intervento realizzato dalla proprietà nell’estate 2025 sul fondo per cui è causa, ad oggi nulla più sussiste del materiale che veniva compattato dall’odierno ricorrente; l’acquisizione della testimonianza, del Geom. -OMISSIS- di Civitella di Romagna (FC).
Pertanto, il ricorso deve essere respinto.
Attesa la particolarità della presente controversia le spese di lite devono essere integralmente compensate.
TAR EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA, I – sentenza 03.11.2025 n. 1266