*Giurisdizione e competenza – Provvedimento del giudice, omessa corretta illustrazione delle ragioni del diniego di accoglimento della richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE e vizio di infrapetizione

*Giurisdizione e competenza – Provvedimento del giudice, omessa corretta illustrazione delle ragioni del diniego di accoglimento della richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE e vizio di infrapetizione

9. Con un unico articolato motivo, l’appellante chiede la parziale riforma della sentenza impugnata nella parte in cui il Collegio di prima istanza ha ritenuto di respingere la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, pur avendo la ricorrente richiamato la sentenza C. 403/2024 del 26.9.2024, ritenendola non applicabile alla vicenda in esame. Secondo l’appellante, a differenza da quanto sostenuto dal Tribunale amministrativo, la supposta diversità della fattispecie rispetto a quella già esaminata dalla Corte europea non solo non avrebbe giustificato la disapplicazione del principio di cui alla giurisprudenza europea, ma, al contrario, avrebbe imposto di rimettere la questione al giudice sovranazionale per una definitiva valutazione dei termini di applicazione della disposizione comunitaria con riferimento a nuove circostanze su cui lo stesso non si sarebbe ancora pronunciato, salva la ricorrenza di una delle cause di esclusione previste dalla giurisprudenza europea (cfr. tra le più recenti e rilevanti la sentenza Cilfit – CEG, Grande Sezione, in C- 561/19 del 6.10.2021).

La società argomenta che, o la fattispecie per cui è controversia è stata oggetto di interpretazione da parte della giurisprudenza sovranazionale, e dunque il giudice avrebbe dovuto fare applicazione dell’ermeneutica fornita dalla Corte europea, oppure la norma applicabile è diversa da quella interpretata dalla Corte di giustizia EU, sicchè il Collegio avrebbe dovuto chiarire perché “la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi”, punto sul quale, all’evidenza, il T.A.R. per il Lazio avrebbe mancato di pronunciarsi. L’appellante lamenta, inoltre, che non può condividersi neppure l’affermazione del Giudice di primo grado, secondo cui il caso di specie sarebbe differente da quello oggetto della decisione della Corte di giustizia, atteso che la circostanza che la pronuncia del Giudice europeo avesse ad oggetto l’escussione della garanzia prestata dall’operatore ‘non aggiudicatario’ sarebbe del tutto ininfluente ai fini di interesse, in quanto i principi di cui ai punti 68-71 della sentenza C-403/2024 sarebbero applicabili, mutatis mutandis, pure al deposito cauzionale dell’aggiudicatario, venendo in rilievo interessi e posizioni soggettive in tutto sovrapponibili.

A tale riguardo, deduce che non vi sarebbe stato alcun pregiudizio alla tempistica di conclusione della gara, in quanto Comp. Tech. avrebbe prontamente assunto i lavoratori con disabilità in tempo utile per addivenire alla stipula del contratto entro i termini originariamente previsti, pertanto non si sarebbe verificato un danno da ritardo che potesse giustificare l’incameramento dell’ingente cauzione.

Nella specie, inoltre, non vi sarebbe stato alcun accertamento circa l’imputabilità della perdita del requisito, pertanto la situazione della Comp.Tech. non sarebbe dissimile da quella scrutinata dalla Corte europea, posto che anche in questo caso l’operatore economico subirebbe le conseguenze negative di un fatto che, in ipotesi, non gli sarebbe addebitabile a titolo di colpa. Nessuna valenza potrebbe attribuirsi al fatto che l’inottemperanza alla l. n. 68 del 1999 costituisce ‘causa automatica’ di esclusione, posto che, invece, la Corte di giustizia, nella sentenza richiamata, era stata invitata a pronunciarsi sull’escussione della garanzia conseguente alla ricorrenza di una causa di esclusione facoltativa, oltre al fatto che le direttive UE del 2014 non prevederebbero alcun automatismo espulsivo.

Infine, a differenza di quanto sostiene il Giudice di prime cure, una cauzione di euro 144.463,48 ha un carattere evidentemente punitivo, oltre al fatto che il T.A.R. sarebbe incorso in errore interpretativo laddove ha ritenuto che la Società ricorrente sarebbe stata inadempiente all’obbligo di cui all’art. 3 della l. n. 68 del 1999 sin dalla partecipazione alla procedura. La motivazione del provvedimento di esclusione farebbe riferimento all’insorgere della situazione di inottemperanza alla data del 15 luglio 2024. Pertanto, rappresenterebbe una inammissibile motivazione postuma la circostanza dedotta dalla società Trenitalia s.p.a. della inottemperanza della Società alla legge n. 68 del 1999 al momento di presentazione della domanda.

L’appellante contesta, altresì, l’affermazione sostenuta dal Collegio di prima istanza, secondo cui: “la l. 68/99 non contiene alcuna disposizione che consenta di retrodatare l’assunzione al momento ella richiesta del menzionato nulla osta”, in quanto ragionando in tal senso si finirebbe per addossare al privato il rischio/costo delle carenze organizzative dell’ente pubblico.

Quanto all’affermazione della sentenza secondo cui la risorsa assunta il 25 gennaio 2024 non potrebbe ‘supplire’ all’inserimento lavorativo perché ‘il lavoratore ha stipulato un contratto della durata di soli 6 mesi’, mentre la convenzione ha previsto un termine maggiore, la ricorrente osserva che tale profilo non è stato oggetto del contraddittorio, sicché la relativa statuizione appare contraria ai principi del giusto processo. Tale ragione ostativa all’aggiudicazione non è stata prevista nel provvedimento impugnato, e dunque il Giudice si sarebbe, ad avviso della ricorrente, di fatto sostituito all’Amministrazione.

La Società lamenta altresì che il Giudice di prima istanza non avrebbe valutato il proprio atteggiamento collaborativo, alla luce delle oggettive difficoltà riscontrate nella ricerca del personale con disabilità da inserire nel proprio sistema produttivo.

10. Le critiche, da esaminarsi congiuntamente in quanto attinenti a profili connessi, non possono trovare accoglimento.

10.1. Per l’esame della vicenda è opportuno procedere a una breve ricapitolazione dei fatti processualmente rilevanti, concordemente riferiti nella loro oggettività dalle parti, e comunque verificabili ex officio da questo Collegio, quale giudice del fatto.

Le emergenze processuali hanno evidenziato che, all’esito delle operazioni di gara, l’offerta presentata dalla Comp. Tech. è risultata essere la migliore sotto il profilo tecnico e economico e, pertanto, nella seduta del 20 giugno 2024, la Commissione di gara ha proposto l’aggiudicazione del contratto in favore della odierna appellante.

La stazione appaltante ha invitato la Società a fornire, nel termine di 10 giorni, la documentazione necessaria per procedere alle verifiche di legge, in ordine al possesso dei requisiti di ordine generale, e per la comprova dei requisiti di carattere speciale prescritti dalla lex specialis di gara, in conformità con quanto prescritto dal par. X.3 del disciplinare. Con la medesima nota, la stazione appaltante ha chiesto alla concorrente di confermare la propria offerta e di estendere la validità della cauzione provvisoria già presentata fino alla data del 9 gennaio 2025.

Nell’espletare le verifiche, come richiesto dall’art. 94 del d.lgs. n. 36 del 2023, la società Trenitalia s.p.a. ha acquisito in data 2 agosto 2024 dall’Ufficio competente della Direzione Regionale Istruzione, Formazione e Politiche della Regione Lazio il seguente riscontro: “La Società in oggetto alla data del 15/7/2024 risulta non ottemperante agli obblighi di cui alla legge 68/99”.

Ne deriva che l’appellante ha omesso di informare tempestivamente la stazione appaltante di ogni circostanza che potesse incidere sull’affidabilità del concorrente ai sensi dell’art. 96, comma 14, del d.lgs. n. 36 del 2023.

Tale circostanza non è contestata dalla ricorrente come fatto processuale, la quale, anche nel presente giudizio, al fine di rilevare l’assenza di pregiudizio, ammette che avrebbe prontamente assunto i lavoratori con disabilità in tempo utile per addivenire alla stipula del contratto entro i termini originariamente previsti.

Tanto si rileva anche perché, solo a seguito di richiesta di chiarimenti trasmessa dalla Trenitalia s.p.a., la Società ha rappresentato di essersi messa in regola con la normativa sull’inserimento lavorativo delle persone disabili tramite l’assunzione di tre lavoratori. In particolare, in data 2 settembre 2024, Comp. Tech., nelle proprie controdeduzioni, pur negando la situazione di inottemperanza rilevata dalla stazione appaltante, ha affermato: “nel corso del mese di agosto si è provveduto ad ottemperare agli obblighi di assunzione di persone disabili imposti dall’articolo 3 della Legge n. 68/1999 con l’assunzione di n. 3 nuove risorse”, allegando documentazione attestante alcune assunzioni di persone disabili intervenute tra il 18 e il 19 agosto 2024, avvenute, quindi, due settimane dopo la comunicazione trasmessa dalla Trenitalia s.p.a.

Gli esiti processuali consentono di disattendere le critiche alla sentenza impugnata, laddove si sostiene che il T.A.R. sarebbe incorso in un errore interpretativo, ritenendo che la Società è stata inadempiente fin dal momento della partecipazione alla procedura, atteso che, secondo la ricorrente, il provvedimento della Direzione Regionale istruzione, formazione e politiche della Regione Lazio, acquisito il 2 agosto 2024, farebbe riferimento ad una inottemperanza sorta in data 15 luglio 2024.

Orbene, la piana lettura del predetto certificato, in cui testualmente si legge: “La società in oggetto alla data del 15/7/2024 risulta non ottemperante agli obblighi di cui alla legge 68/99”, consente di desumere che l’accertamento dell’Ufficio competente ha attestato un periodo temporale che va determinato in retrodatazione fino alla data 15/7/2024. Né la ricorrente si può lamentare di una integrazione postuma della motivazione del provvedimento espulsivo, operata dal Giudice del merito, atteso che l’Amministrazione, laddove richiama il contenuto del certificato, fa chiaramente riferimento al predetto periodo temporale.

Ai sensi del paragrafo VI.1 “Requisiti di ordine generale” del disciplinare di gara: “(…) I Concorrenti devono essere in possesso, a pena di esclusione, dei requisiti di ordine generale previsti dal Codice nonché degli ulteriori requisiti indicati nel presente articolo (…); “tra i requisiti di ordine generale è ricompreso quello di cui all’art. 94, comma 5, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 relativo al rispetto della normativa sul diritto del lavoro dei disabili di cui alla legge n. 68/99”.

L’art. 3, comma 1, della l. n. 68 del 1999, individua gli obblighi di assunzione posti in capo ai datori di lavoro pubblici e privati, i quali devono: “avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all’articolo 1 nella seguente misura: 1. sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; 2. due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; 3. un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti”.

Il rispetto degli obblighi di assunzione di lavoratori disabili nel numero sopra indicato è garantito nelle procedure di evidenza pubblica, a pena di esclusione dalle stesse (cfr. art. 94, comma 5, lett. b) del Codice), mediante la presentazione di una “dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili”.

Il Legislatore, consapevole della difficoltà degli operatori economici concorrenti di assumere personale rientrante nella suddetta categoria, ha previsto, nell’art. 7 della l. n. 68 del 1999, che l’obbligo in esame possa essere assolto mediante ‘richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti’, ossia i centri per l’impiego istituiti, in genere, presso le Regioni in cui ha sede l’operatore economico interessato, ovvero, mediante la stipula, con i medesimi uffici, di “convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali”, in questione (sul punto ex multis cfr. Cons. Stato, n. 3166 del 2024). La giurisprudenza di settore ha specificato che per soddisfare gli obblighi di cui alla l. n. 68 del 1999, gli operatori economici devono necessariamente trovarsi in una delle condizioni sopra indicate, oltre che in quella, necessaria, di avere già proceduto all’assunzione dei disabili al momento della presentazione dell’offerta.

Il suddetto presupposto ha costituito un requisito di partecipazione che doveva essere posseduto dai concorrenti senza soluzione di continuità, non solo alla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, ma anche per tutta la durata della procedura di gara fino all’aggiudicazione e alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso.

Come si è detto, la verifica della stazione appaltante della sussistenza dell’obbligo assunzionale viene effettuata, in sede di comprova dei requisiti, mediante domanda inoltrata al centro per l’impiego competente.

Nella fattispecie in esame, la Direzione Regionale ha attestato negativamente la sussistenza del requisito, pertanto, il provvedimento di esclusione è stato correttamente emesso, tenuto conto della falsa dichiarazione dell’operatore economico concorrente.

Il Collegio osserva che il contenuto di tale certificazione ha carattere vincolante, che la Stazione appaltante non può né sindacare, né disapplicare. A sostegno dell’assunto, va richiamata la giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato (Ad. Plenaria, 7 aprile 2024, n. 1) che ha equiparato tali certificazioni, al pari del DURC o delle attestazioni di regolarità fiscale, a dichiarazioni di scienza dotate di efficacia legale fino a querela di falso.

Ne consegue che l’Amministrazione procedente non ha margini valutativi: se il certificato attesta l’irregolarità, l’esclusione diventa un atto dovuto. Tale orientamento riguarda il profilo della prova circa la sussistenza del requisito e gli accertamenti richiesti al fine di verificarne la veridicità delle dichiarazioni rese dal concorrente in sede di gara (Ad. Plenaria, n. 1 del 2024).

Non assume importanza, ai fini della legittimità dell’esclusione, l’avvenuto adeguamento in epoca successiva o l’intento programmato di regolarizzazione, dovendosi dare rilievo al fatto che la falsa dichiarazione in ordine al possesso di tale requisito comporta un grave illecito professionale e giustifica l’esclusione anche indipendentemente dall’accertamento dell’intenzionalità della condotta, e dell’eventuale ‘buona fede’ dell’operatore economico.

Pertanto, le critiche alla sentenza impugnata in ordine alla omessa valutazione dell’imputabilità della condotta della Società appellante non possono trovare condivisione.

Da siffatti rilievi consegue che la società Trenitalia s.p.a., con nota del 9 ottobre 2024, ha legittimamente comunicato alla Comp. Tech. il diniego all’istanza di revoca in autotutela da quest’ultima presentata, mettendo in rilievo di avere appreso: “della mancanza del requisito di cui all’art. 94, comma 5, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 da una comunicazione pervenuta dalla Regione Lazio e, solamente a seguito della richiesta di chiarimenti trasmessa da Trenitalia, codesta Società ha rappresentato di essersi messa in regola con la normativa sull’inserimento lavorativo delle persone disabili tramite l’assunzione di tre lavoratori, nonostante da quanto riportato nell’istanza di revoca fosse a conoscenza già da tempo della situazione di irregolarità nella quale si trovata”.

10.2. Come precisato dal T.A.R. nella sentenza impugnata, le misure successivamente adottate dalla ricorrente sono comunque inidonee a superare la contestazione della mancanza del requisito, in quanto tardive.

La ricorrente, alla data di presentazione dell’offerta, il 9 gennaio 2024, aveva alle sue dipendenze tre lavoratori disabili e due convenzioni attive ex art. 11, l. n. 68 del 1999 per l’assunzione di ulteriori tre unità lavorative. Tuttavia, la convenzione con l’Agenzia Spazio Lavoro, che prevedeva l’inserimento di un lavoratore entro il 31 dicembre 2023 e di un lavoratore entro il 30 giugno 2024 è rimasta inattuata, atteso che, per il primo inserimento, è stato previsto addirittura il termine del 31 dicembre 2023. L’assunzione del lavoratore, avvenuta in data 25 gennaio 2024, è tardiva rispetto alla data di presentazione dell’offerta, oltre al fatto che, diversamente da quanto prevedeva la predetta Convenzione (“Ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di cui alla l. n. 68/99, in caso di contratto a tempo determinato, lo stesso dovrà avere durata superiore a 6 mesi”) il suddetto contratto di lavoro ha avuto durata di soli sei mesi.

Con riferimento a questo specifico profilo, il Giudice di prima istanza, diversamente da quanto sostenuto dalla Comp.Tech., non ha travalicato i limiti della sua giurisdizione, essendosi limitato a interpretare le deduzioni difensive delle parti e, quindi, a valutare i presupposti di legittimità degli atti impugnati.

Né le assunzioni effettuate nel mese di agosto 2024, con riferimento alla provincia di Latina, a seguito della rilevata inottemperanza alla l. n. 68 del 1999, si può ritenere che siano state adottate tempestivamente. Infatti, come precisato dalla società Trenitalia s.p.a., “parimenti appare intempestiva l’assunzione sempre nel mese di agosto 2024 di un lavoratore in sostituzione del dipendente dimessosi nel maggio 2024 nell’unità di Firenze, dal momento che a prescindere dalle interlocuzioni avviate con l’ARTI Toscana per l’attivazione della convenzione ai sensi dell’art. 11 della legge n. 68/99 – peraltro la copia della convenzione trasmessa è firmata solamente da codesta Società – è onere dell’operatore economico attivarsi senza indugio per adempiere agli obblighi per l’inserimento lavorativo delle persone disabili. Ed il fatto che fosse possibile adempiere con sollecitudine agli obblighi di cui alla legge n. 68/99 è dimostrato dal fatto che codesta Società, a seguito del ricevimento della richiesta di contraddittorio da parte di Trenitalia, ha provveduto entro pochi giorni ad effettuare ben tre assunzioni, peraltro, in pieno periodo feriale”. Ciò anche in ragione del fatto che, con riferimento alla violazione della l. n. 68 del 1999, il d.lgs. n. 36 del 2023 impone semplicemente la piena regolarità al momento della presentazione dell’offerta.

10.3. In definitiva, la società Comp. Tech. ha reso una dichiarazione non veritiera, attestando, al momento della presentazione dell’offerta, di essere in regola con riferimento agli obblighi di cui alla l. n. 68 del 1999, con conseguentemente legittimità del provvedimento di esclusione, disposto ai sensi dell’art. 94, del d.lgs. n. 36 del 2023. L’inosservanza degli obblighi di cui alla legge n. 68 del 1999 sul lavoro dei disabili è causa di esclusione automatica, stante la previsione dell’art. 94, comma 5, lett. b) del Codice (tale norma ricalca sostanzialmente quella dell’abrogato art. 80, comma 5, lettera “i” del d.lgs. n. 50 del 2016).

10.4. Tanto premesso, va esaminato il profilo di censura secondo cui il Giudice di primo grado sarebbe incorso nel vizio di ‘infrapetizione’, poiché non avrebbe correttamente illustrato le ragioni per cui ha ritenuto di non accogliere la richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE.

La critica non può trovare accoglimento.

Dal punto di vista processuale, va richiamato l’indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione, la quale ha stabilito, condivisibilmente, che non è configurabile un vizio di infrapetizione per l’omessa adozione da parte del giudice di un provvedimento di carattere ordinatorio, come quello di specie, relativo all’omesso accoglimento della richiesta di rinvio pregiudiziale.

La Corte di legittimità ricorda che: “il dovere del giudice di pronunciare su tutta la domanda, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., va riferito appunto alla domanda, e dunque all’istanza con la quale la parte chiede l’emissione di un provvedimento giurisdizionale in ordine al diritto sostanziale dedotto in giudizio”; ne discende che: “non è configurabile un vizio di infrapetizione per l’omessa adozione da parte del giudice di un provvedimento di carattere ordinatorio”(Corte di Cassazione, sez. lav. n. 24812 del 2022; id. n. 5246 del 2006; id. n. 15353 del 2010).

Nel merito, diversamente da quanto ritenuto dall’appellante, la corretta applicazione al caso concreto del diritto comunitario, come interpretato dalla giurisprudenza unionale, si impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi.

Ai sensi dell’art. 106, comma 6, del d.lgs. n. 36 del 2024, la garanzia provvisoria “copre la mancata aggiudicazione dopo la proposta di aggiudicazione e la mancata sottoscrizione del contratto imputabili a ogni fatto riconducibile all’affidatario”.

La norma aggiunge, rispetto alla precedente formulazione, che il rischio garantito è solamente quello della mancata aggiudicazione successiva alla proposta di aggiudicazione, chiarendo un dubbio interpretativo che si era posto sotto la vigenza del Codice del 2016 e che era stato risolto dalla sentenza n. 7 del 2022 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

In ordine alla funzione della garanzia provvisoria, si può precisare che essa ha lo scopo di assicurare la serietà dell’offerta e di costituire una liquidazione preventiva e forfettaria del danno, nel caso non si addivenga alla stipula del contratto per causa imputabile all’aggiudicatario.

L’art. 106 del nuovo Codice ne prevede la possibilità di escussione solamente dopo che sia intervenuta la proposta di aggiudicazione, coprendo la stessa il rischio della mancata aggiudicazione e della mancata sottoscrizione del contratto per fatti imputabili all’aggiudicatario.

Il par. XIV del Disciplinare di gara, in linea con la disposizione invocata, ha previsto che: “in caso di esito negativo delle verifiche relative al possesso dell’effettiva titolarità dei requisiti di ordine generale e speciale dichiarati in sede di offerta dal primo Concorrente in graduatoria, la Stazione appaltante procederà alla sua esclusione dalla gara, all’incameramento della garanzia provvisoria nonché alla segnalazione all’ANAC”.

Analizzando le critiche prospettate nel gravame, va preliminarmente precisato che, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, la recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, esclude che la escussione della garanzia provvisoria sia una sanzione amministrativa punitiva, trattandosi, invece, di una garanzia del rispetto dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa alla gara pubblica. La sua finalità è quella di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese, e di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta (Ad. Plenaria n. 7 del 2022). Il principio è stato enunciato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 198 del 2022, la quale ha concluso che l’escussione della garanzia provvisoria risponde: “alla funzione tipica dei rimedi apprestati dall’ordinamento a fronte di condotte contrarie a buona fede fondanti la responsabilità precontrattuale, che, anche quando sanzionano comportamenti scorretti imputabili alla parte, non sono punitivi, perché sono tesi a salvaguardare posizioni giuridiche soggettive contro la violazione ingiustificata del dovere di correttezza”.

Le suddette affermazioni di principio consentono di respingere gli assunti difensivi della Comp.Tech. in ordine alla insussistenza di un presunto danno da ritardo ai fini della legittimità dell’escussione, dovendosi dare rilievo al fatto che la ratio della disposizione risiede nella necessità di evitare comportamenti contrari a buona fede e scorretti da parte dell’operatore economico partecipante alla gara, così come chiarito dalla Corte costituzionale.

E proprio l’ormai riconosciuta natura polifunzionale della responsabilità civile porta ad escludere che “il carattere sanzionatorio che assumono, in taluni casi, i rimedi civilistici”, implica che essi siano conseguentemente qualificabili come sanzioni “punitive” agli effetti della CEDU e della CDFUE.

Secondo un indirizzo della giurisprudenza, la garanzia provvisoria ha una ‘funzione indennitaria’ dei danni cagionati, relativi alla veridicità delle dichiarazioni fornire in ordine al possesso dei requisiti richiesti dal bando (Cons. Stato, n. 3866 del 2003, id. n. 4098 del 2007).

Il fatto di non poter dare seguito agli obblighi assunti da parte dell’operatore economico, anche rispetto al possesso dei requisiti, non consente la stipula del contratto con la conseguenza dell’escussione della cauzione (Cons. Stato, n. 2896 del 2018; id. n. 4328 del 2019).

Nel caso in esame, in data 20 giugno 2024, è stata proposta l’aggiudicazione della gara a favore della società appellante, quindi, la stazione appaltante, nel completare le verifiche ai sensi dell’art. 94 del d.lgs. n. 36 del 2023, ha accertato l’inottemperanza agli obblighi di assunzione di persone disabili, taciuta dal concorrente nel corso della procedura di gara, mediante acquisizione del certificato dell’Ufficio competente della Direzione Regionale, come sopra precisato.

La violazione dei doveri di correttezza, buona fede e diligenza dell’operatore economico nel dialogo procedimentale ha determinato come conseguenza l’escussione della cauzione provvisoria, strumento che la dottrina più attenta ha assimilato alla ‘caparra confirmatoria’ (art. 1385 c.c.), avente la finalità di responsabilizzare i concorrenti alla gara sulle dichiarazioni richieste per la partecipazione, di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta. Stante la natura di ‘caparra confirmatoria’ della cauzione va escluso che l’Amministrazione sia tenuta alla prova del danno patito, tenuto conto che la somma versata dall’operatore economico ha il fine di confermare il proprio impegno e a garantire l’adempimento. Secondo i principi civilistici, infatti, se l’operatore economico è inadempiente perde la caparra, atteso che la caparra ha la funzione deflattiva di liquidazione stragiudiziale del pregiudizio (Cass. SS.UU. 14 gennaio 2009, n. 553).

Orbene, l’appellante ha domandato a questo Collegio: “Qualora l’Ecc.mo Collegio adito, invece, ritenesse che la formulazione letterale del citato articolo 106, comma 6, del Codice, anche alla luce di quanto previsto nella suddetta sezione della lex specialis di gara impugnata, non lasci margini di discrezionalità alla stazione appaltante, e dunque, contrariamente a quanto sostenuto dal <diritto vivente dell’Unione Europea>, imponga l’escussione automatica della cauzione, si chiede di voler sollevare davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale di compatibilità euro unitaria del citato articolo 106, comma 6, del d.lgs. 36/2023 per contrasto con gli artt. 16, 9, 50 e 52 della Carte dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 4, Protocollo 7, della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo – Cedu e 6 della TUE, nonché per violazione dei principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli 49, 50, 54 e 56 del TFUE”.

La domanda non può trovare accoglimento, per i principi di seguito enunciati.

In primo luogo, non meritano condivisione i rilievi della società Comp.Tech. finalizzati ad assimilare la fattispecie in esame al caso concreto da cui ha avuto origine la pronuncia della Corte di giustizia UE nella causa C – 403/2023.

Nella vicenda in esame, la sentenza della CGUE richiamata non può trovare applicazione, in quanto riferita a operatore economico ‘non aggiudicatario’, che era stato escluso dalla gara a causa di vicende riferite alle mandanti, colpite da causa di esclusione non automatica rimessa alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.

Invero, come precisato dal T.A.R., in relazione alla pronuncia C – 403 del 2023, il rinvio pregiudiziale ha riguardato la compatibilità delle norme interne relative alle ipotesi di automatico incameramento della cauzione versata dall’offerente non aggiudicatario con i principi del TFUE di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi e con la direttiva 2004/18/CE, ipotesi non previste dall’art. 106, comma 6, d.lgs. n. 36 del 2023.

In particolare, l’escussione della cauzione provvisoria nella causa trattata dalla Corte di giustizia UE ha interessato un operatore economico ‘non aggiudicatario’ che era stato escluso dalla gara a causa di vicende riferite alle mandanti, colpite da una causa di esclusione non automatica e, quindi, rimessa alla valutazione discrezionale della Stazione appaltante, mentre nel caso in esame attiene all’applicazione di una causa di esclusione c.d. automatica, prevista dall’art. 94, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 36 del 2023 per l’inottemperanza agli obblighi di assunzione previsti dalla normativa sul diritto al lavoro dei disabili.

La Corte di giustizia, nella pronuncia richiamata dalla società appellante, ha ritenuto incompatibile con il principio di proporzionalità l’incameramento automatico della cauzione disposto senza tenere conto delle regolarizzazioni eventualmente operate dall’offerente negligente mentre, nella fattispecie in commento, la ricorrente è risultata priva del requisito di partecipazione già al momento della presentazione delle offerte. Inoltre, l’escussione della cauzione provvisoria nella causa C – 403/23 raggiungeva l’ammontare di quasi 3 milioni di euro, mentre nel caso sottoposto all’esame del Collegio la cauzione si è attestata su un importo ben lontano dal carattere sproporzionato sostenuto dall’operatore economico.

Ciò premesso, va precisato che, a seguito delle ordinanze di rimessione alla Corte di giustizia UE ex art. 267 TFUE, quest’ultima ha chiarito, con sentenza del 26 settembre 2024 nelle cause riunite C – 403/23 e C – 404/23, che: “Come risulta dai punti 61 e 62 della sentenza del 28 febbraio 2018, MA.T.I. SUD e Duemme SGR (C – 523/16 e C-536/16, EU: C:2018:122), è vero che la fissazione anticipata da parte dell’amministrazione giudicatrice, nel bando di gara, dell’importo della cauzione provvisoria da costituire risponde alle esigenze derivanti dai principi di parità di trattamento tra gli offerenti, di trasparenza e di certezza del diritto, in quanto consente oggettivamente di evitare qualsiasi trattamento discriminatorio o arbitrario di questi ultimi da parte di tale amministrazione aggiudicatrice. Tuttavia, l’incameramento automatico di tale cauzione così prestabilita, indipendentemente dalla natura delle regolarizzazioni eventualmente operate dall’offerente negligente e, pertanto, in assenza di qualsiasi motivazione individuale, non appare compatibile con le esigenze derivanti dal rispetto del principio di proporzionalità … Pertanto, occorre dichiarare che i principi di proporzionalità e di parità di trattamento, nonché l’obbligo di trasparenza, quali enunciati all’articolo 2 e al considerando 2 della direttiva 2004/18, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede l’incameramento automatico della cauzione provvisoria costituita da un offerente a seguito dell’esclusione di quest’ultimo da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, anche qualora il servizio di trattasi non gli sia stato aggiudicato”.

Sulla base dei suddetti principi, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ritenuto l’illegittimità dell’automatismo escussorio nei confronti del concorrente ‘non aggiudicatario’, quale conseguenza della sua esclusione dalla gara (Cons. Stato, n. 2258 del 2025).

Nondimeno il Collegio osserva, in disparte l’applicazione della sentenza invocata, che i principi enunciati dalla Corte di giustizia nella vicenda in esame hanno trovato corretta applicazione, pertanto non risulta necessario e rilevante il richiesto rinvio pregiudiziale.

A tale riguardo, occorre precisare il ruolo assunto dalla concorrente appellante nella procedura di gara. La posizione del concorrente che si sia collocato primo in graduatoria destinatario della proposta di aggiudicazione, come nel caso in esame, si connota per complessità, trovandosi nella fase intermedia tra la valutazione delle offerte e l’aggiudicazione definitiva.

La proposta di aggiudicazione è un atto fondamentale nell’ambito delle procedure di gara e rappresenta il passaggio successivo alla valutazione delle offerte, costituendo l’atto preparatorio che anticipa l’aggiudicazione definitiva del contratto stesso, con il quale si individua l’operatore economico ritenuto idoneo a conseguire l’affidamento.

La stazione appaltante, una volta formulata la proposta di aggiudicazione, ha il compito di adottare il provvedimento di aggiudicazione definitiva, previa verifica dei requisiti dichiarati dall’operatore economico proposto. Quindi, ha un ruolo peculiare distinto da quello del ‘non aggiudicatario’.

Si è detto che la cauzione provvisoria ha una funzione compensativa e non sanzionatoria nei confronti della stazione appaltante ed è volta a garantire la serietà dell’offerta, pertanto, laddove, come nella specie, l’operatore economico ha comunicato false dichiarazioni alla stazione appaltante, la funzione compensativa della cauzione deve essere garantita, atteso che l’esclusione dell’operatore individuato come aggiudicatario definitivo ha certamente determinato un danno effettivo per l’Amministrazione nei termini sopra ampiamente chiariti.

Invero, si ribadisce che l’art. 106 del d.lgs. n. 36 del 2023 tutela l’interesse dell’amministrazione ad evitare l’inutile e non proficuo svolgimento di complesse attività selettive, pertanto, la funzione complessa della garanzia provvisoria e la sua escussione si giustifica perché rafforza complessivamente la posizione giuridica della stazione appaltante a tutela dell’interesse pubblico alla concorrenza, trasparenza e legalità delle procedure di affidamento dei contratti pubblici di cui essa è portatrice.

Infatti, la disposizione stabilisce che: “la garanzia copre la mancata aggiudicazione dopo la proposta di aggiudicazione e la mancata sottoscrizione del contratto imputabili a ogni fatto riconducibile all’affidatario”, innovando la disciplina previgente, contenuta all’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016, che delimitava il perimetro di operatività della garanzia al solo momento successivo all’aggiudicazione.

Ne consegue che, nel presente giudizio, sussistono i presupposti enunciati dalla giurisprudenza unionale e rappresentati dalla necessità della funzione compensativa e non sanzionatoria della cauzione provvisoria in ragione di un danno procedurale effettivo.

Sotto un altro profilo, va precisato che, in linea con l’indirizzo espresso dalla Corte di giustizia, l’escussione della cauzione provvisoria è avvenuta con un provvedimento recante una motivazione riferita alla specifica vicenda per cui è causa.

La Stazione appaltante prima di provvedere all’incameramento della cauzione provvisoria, ha valutato le circostanze del caso concreto, e ha compiutamente motivato, con la Delibera n. 223 del 2024, sulle ragioni dell’escussione (oltre che dell’esclusione dell’operatore) della garanzia costituita a corredo dell’offerta, dando rilievo al fatto che la società ricorrente, destinataria di una proposta di aggiudicazione, con nota del 2 settembre 2024, aveva: “rappresentato di aver provveduto ad ottemperare agli obblighi di assunzione di persone disabili previsto dalla legge n. 68/99 solamente in data successiva alla ricezione della nota con la quale Trenitalia ha chiesto chiarimenti a fronte dell’accertamento della mancata ottemperanza; − considerato che ai sensi di quanto indicato al paragrafo VI.1 ‘REQUISITI DI ORDINE GENERALE’ del Disciplinare di gara: “[..] I Concorrenti devono essere in possesso, a pena di esclusione, dei requisiti di ordine generale previsti dal Codice nonché degli ulteriori requisiti indicati nel presente articolo. [..]”; − considerato che tra i requisiti di ordine generale è ricompreso quello di cui all’art. 94, comma 5, lett. b) del d.lgs. n. 36 del 2023 relativo al rispetto della normativa sul diritto al lavoro dei disabili di cui alla legge n. 68/99; − considerato che, come noto, il predetto requisito costituisce requisito di partecipazione che deve essere posseduto dai concorrenti senza soluzione di continuità, non solo alla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione e alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso”.

Tale specifica motivazione, che ha escluso ogni automatismo, ha evidenziato la posizione della concorrente con riferimento alla collocazione in graduatoria ed ha illustrato la gravità della violazione commessa (Cons. Stato, n. 2260 del 2025), il tutto previa istruttoria e in applicazione dei principi enunciati nella sentenza C – 403/2024.

Pertanto non può ritenersi, come pretende l’appellante, che vi sia stato un incameramento automatico della cauzione provvisoria, ma, al contrario, l’escussione della garanzia è avvenuta a seguito di una valutazione discrezionale della Stazione appaltante in ordine alla sussistenza dei presupposti riferiti alla violazione degli obblighi di cui alla legge n. 68 del 1999, i quali sono stati desunti anche mediante un contraddittorio con l’operatore economico, al quale sono stati richiesti chiarimenti e informazioni con riguardo alle violazioni contestate.

10.5. In definitiva, l’escussione, conseguente all’esclusione dell’operatore, non è stata una conseguenza automatica e vincolata, ma l’esito della valutazione individualizzata circa il comportamento tenuto dall’impresa concorrente, in ossequio al fondamentale principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. Essa ha rappresentato una liquidazione forfettaria del pregiudizio subito dalla stazione appaltante, coinvolta in una procedura selettiva che si è rivelata inutile a causa del comportamento negligente della società appellante.

Quindi, contrariamente a quanto sostenuto dalla Comp. Tech., il Collegio di prima istanza non è incorso in un vizio di infrapetizione, atteso che si è puntualmente soffermato a rappresentare le ragioni di compatibilità dell’art. 106 del d.lgs. n. 36 del 2023 con l’ordinamento comunitario, sulla base dei recenti approdi della giurisprudenza unionale.

11. Da quanto sopra consegue che l’appello va respinto e la sentenza impugnata confermata.

12. Le spese di lite del grado seguono il criterio della soccombenza nei confronti della società Trenitalia s.p.a., mentre vanno compensate tra l’appellante e la società Botto R.O. Interior s.r.l. a socio unico, in ragione della difesa quasi di stile dalla stessa proposta.

CONSIGLIO DI STATO, V – sentenza 31.10.2025 n. 8470

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