1. Con il ricorso in esame è stata chiesta l’esecuzione dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato, specificata in epigrafe, pronunciata in riforma di una precedente ordinanza reiettiva resa da questo Tribunale, nella parte in cui, accogliendo il gravame d’appello interposto dagli odierni ricorrenti, ha disposto la condanna del Comune intimato al pagamento, in favore degli stessi, delle spese di lite relative alla fase cautelare di quel giudizio (“Condanna l’Amministrazione appellata alla rifusione, in favore degli appellanti, delle spese della fase cautelare del doppio grado, che liquida in euro 1.000,00 (mille/00), oltre agli accessori di legge”).
2. Il Comune intimato, ancorché ritualmente evocato, non si è costituito in giudizio.
3. Alla camera di consiglio dell’8/10/2025 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4. Ritiene il Collegio di dover dichiarare la propria incompetenza funzionale in favore del Consiglio di Stato, in relazione a quanto desumibile dal pertinente quadro normativo.
4.1. In generale, l’art. 112, co. 2, lett. b) cod. proc. amm. stabilisce che “L’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione: (…) b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo”; il successivo art. 113 cod. proc. amm. prevede, al comma 1, che “Il ricorso si propone, nel caso di cui all’articolo 112, comma 2, lettere a) e b), al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta. La competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado”.
Alla stregua di tali disposizioni, l’indagine sulla corretta esecuzione di un comando giurisdizionale resta normalmente riservata allo stesso giudice che lo ha emesso, salvo il caso – che costituisce una circoscritta eccezione, come tale non suscettibile di interpretazione estensiva o di analogia – di provvedimenti del Tribunale amministrativo integralmente confermati in appello anche sul piano motivazionale.
La competenza così individuata ha carattere funzionale ed inderogabile ai sensi dell’art. 14, co. 3, cod. proc. amm..
Trattasi di un criterio di regolazione della competenza che, come autorevolmente evidenziato in sede giurisprudenziale, si fonda sulla considerazione per cui “(…) il giudice che ha emesso la sentenza è naturaliter il più idoneo ad assicurare l’interpretazione della portata effettiva e la conseguente esecuzione satisfattoria del decisum (…)” (cfr. Consiglio di Stato, ad. plen., 6/5/2013, n. 9 e 10; in senso conforme, in epoca precedente al codice del processo amministrativo, Consiglio di Stato, ad. plen., 11/6/2001, n. 4); detto criterio, ad avviso del Collegio, assume la connotazione di un principio di carattere generale in materia di esecuzione dei dicta giurisdizionali del giudice amministrativo, siccome meglio rispondente ad un’esigenza di efficacia ed effettività della tutela esecutiva (anche delle decisioni cautelari).
4.2. Passando al caso in esame, viene in evidenza l’esecuzione di un’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato (limitatamente alla condanna del Comune di Vietri di Potenza al pagamento delle spese della fase cautelare) che ha riformato una precedente ordinanza cautelare di questo Tribunale. Il giudizio al quale la fase cautelare si riferisce è stato medio tempore definito con sentenza di questo Tribunale n. 216 del 6/4/2023, nella quale nulla di diverso si è disposto in merito alla regolazione delle spese della fase cautelare.
In materia di esecuzione delle misure cautelari rileva unicamente l’art. 59 cod. proc. amm., secondo cui “Qualora i provvedimenti cautelari non siano eseguiti, in tutto o in parte, l’interessato, con istanza motivata e notificata alle altre parti, può chiedere al tribunale amministrativo regionale le opportune misure attuative. Il tribunale esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza di cui al Titolo I del Libro IV e provvede sulle spese. La liquidazione delle spese operata ai sensi del presente comma prescinde da quella conseguente al giudizio di merito, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza”.
Per quanto d’interesse, l’art. 62 cod. proc. amm., recante la disciplina dell’appello cautelare, non contiene alcun rinvio espresso al citato art. 59.
Da tale silenzio, la parte ricorrente – all’uopo richiamando un precedente giurisprudenziale (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, ord. n. 4559/2024) – assume il radicamento della competenza sulla lite dinanzi a questo Tribunale.
L’assunto non persuade.
Ed invero, è opinione di questo Collegio che la (diversa e qui patrocinata) tesi della competenza del Consiglio di Stato a conoscere dell’esecuzione delle proprie ordinanze cautelari possa rinvenire fondamento nel seguente iter argomentativo:
– il criterio enunciato nell’art. 59 cod. proc. amm. costituisce espressione, declinata con riferimento al giudizio cautelare di primo grado, del più generale principio rinvenibile nell’art. 113, co. 1, cod. proc. amm., alla cui stregua il giudice dell’esecuzione è, salvo l’eccezione ivi richiamata, quello che ha emesso il provvedimento posto in esecuzione;
– malgrado il silenzio dell’art. 62 cod. proc. amm., la riferibilità del criterio sancito nell’art. 59 cit. anche alla sede di appello, mutatis mutandis, è predicabile alla luce di quanto previsto dall’art. 38 cod. proc. amm. (secondo cui “Il processo amministrativo si svolge secondo le disposizioni del Libro II che, se non espressamente derogate, si applicano anche alle impugnazioni e ai riti speciali”), considerato che l’art. 62 cod. proc. amm. non contiene alcuna espressa deroga all’art. 59, come invece avrebbe imposto il citato art. 38;
– ad ogni modo, l’eventuale impossibilità di rinvenire ex professo, nel contesto della disciplina codicistica del procedimento cautelare (cfr. artt. 59 e 62 cod. proc. amm.), un assetto della competenza a conoscere dell’esecuzione delle misure cautelari differente rispetto a quello delineato (con portata generale) dall’art. 113 cod. proc. amm., dovrebbe ostare in radice alla configurabilità di una regola speciale e derogatoria rispetto al richiamato criterio.
Peraltro, deve anche escludersi che il precedente richiamato abbia una particolare valenza paradigmatica, trattandosi, piuttosto, di una decisione confinata in un peculiare contesto processuale – in cui l’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato posta in esecuzione avrebbe spiegato effetti conformativi su un’attività amministrativa in fieri, manifestando l’idoneità ad interferire con il giudizio di primo grado ancora in corso – che non trova alcun elemento di consonanza o analogia con quello qui in esame; ciò per l’assorbente ragione che la statuizione cautelare della cui esecuzione si tratta è sprovvista di qualsivoglia portata eccedente il suo specifico ambito, in quanto:
i) la statuizione posta in esecuzione è di mera condanna al pagamento di una somma di denaro (corrispondente alla liquidazione delle spese della fase cautelare) e, dunque, per sua natura priva di qualsivoglia idoneità interferente con altre valutazioni;
ii) in ogni caso, il giudizio di merito del processo nella cui fase cautelare è maturata l’ordinanza si è ormai concluso.
Quanto sopra, peraltro, depone per l’ammissibilità di un’azione – quale quella in esame – non introdotta mediante incidente di esecuzione nel contesto di un giudizio in corso (secondo quanto richiesto dalla prima parte dell’art. 59 cit.), bensì con le forme dell’autonomo ricorso posteriore alla definizione del giudizio, tenuto conto di quanto previsto dalla seconda parte della medesima disposizione (“La liquidazione delle spese operata ai sensi del presente comma prescinde da quella conseguente al giudizio di merito, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza”), che contempla proprio l’eventualità che la questione dell’esecuzione del dispositivo di condanna alle spese della fase cautelare (trattandosi di statuizione astrattamente non immodificabile) possa venire in rilievo, come opzione rimessa alla parte interessata, anche successivamente alla pronuncia della relativa sentenza di merito (che non abbia, per l’appunto, diversamente statuito).
5. Per quanto sopra esposto, impregiudicato l’esame di ogni altra questione preliminare e del merito del ricorso, va dichiarata, ai sensi degli artt. 38, 59, 112, co. 2, lett. b) e 113 cod. proc. amm., l’incompetenza funzionale del T.A.R. per la Basilicata in favore del Consiglio di Stato, dinanzi al quale la presente causa potrà essere riassunta nel termine perentorio di giorni trenta dalla comunicazione ovvero dalla pubblicazione della presente ordinanza, ai sensi dell’art. 15, co. 4, cod. proc. amm..
6. In assenza di controparti costituite, nulla deve disporsi in merito alle spese del giudizio
TAR BASILICATA, I – ordinanza 28.10.2025 n. 488