1. Il ricorso è infondato e, pertanto, non può essere accolto.
1.1. Preliminarmente il Collegio rileva:
(a) in primo luogo, che l’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. rientra tra le disposizioni generali relative alle impugnazioni, valevoli, in mancanza di indici normativi di segno contrario, anche per il ricorso per cassazione: essa, dunque, non può essere intesa nel senso di consentire l’impugnazione in sede di legittimità secondo un regime meno rigoroso di quello vigente per l’appello dato che è funzionale a garantire l’esercizio consapevole del diritto di impugnazione (Sez. 5, n. 39166 del 04/07/2023, N., Rv. 285305 – 01; Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023, S., Rv. 285353 – 01; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Ben Khalifa, Rv. 285324 – 02; Sez. 2, n. 47927 del 20/10/2023, Giuliano, Rv. 285525 – 01; Sez. 2, n. 47327 del 03/11/2023, Makhatar, Rv. 285444 – 01; Sez. 3, n. 46690 del 09/11/2023, Baum, Rv. 285342 – 01).
La regola prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. risponde all’evidente ratio di assicurare che la celebrazione delle impugnazioni abbia luogo solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza, da parte dell’imputato, della sentenza pronunciata in sua assenza, nonché della sua volontà di impugnarla ed è pertanto applicabile sia all’atto di appello che al ricorso per cassazione (Sez. 2, n. 40824 del 13/09/2023, Karaj Ermal, Rv. 285256 – 02);
(b) in secondo luogo, che la regola prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. deve essere ritenuta di “stretta interpretazione” riguardando il diritto ad impugnare dell’imputato, espressione fondamentale del suo diritto di difesa; tale regola pertanto, può essere applicata, nel rispetto della lettera della legge, solo all’impugnazione delle “sentenze” (anche nei casi in cui unitamente alle stesse si impugni un’ordinanza endoprocessuale ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen.), ma non delle “ordinanze” e, dunque, non deve essere applicata nei confronti del ricorso per cassazione contro l’ordinanza che, come nel caso in esame, ha dichiarato ai sensi dell’art. 591, comma 2, cod. proc. pen. l’inammissibilità de plano dell’atto di appello (Sez. 2, n. 25419 del 16/05/2024, Stracci, Rv. 286466 – 01).
1.2. Tanto premesso, sulla necessità che alla impugnazione proposta dal difensore di ufficio sia allegato il mandato ad impugnare nei casi in cui oggetto dell’impugnazione sia la legittimità della “dichiarazione di assenza”, ovvero del presupposto per applicare la regola prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. si registrano diverse interpretazioni.
1.2.1. Secondo un primo orientamento, il disposto di cui all’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., non è applicabile al giudizio di cassazione, nel caso in cui formi oggetto del gravame l’ordinanza dichiarativa dell’assenza dell’imputato (Sez. 6, n. 22378 del 23/05/2025, P., Rv. 288240 – 01; Sez. 1, n. 9426 del 18/01/2024, Oko, Rv. 285920 – 01).
Tale scelta ermeneutica risulta fondata sui seguenti argomenti:
– perché sia applicabile la regola prescritta dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. con l’impugnazione non deve essere contestato il suo presupposto, ovvero la legittimità della dichiarazione di assenza; la Corte afferma che «va ritenuta pregiudiziale la (richiesta) verifica della legittimità dell’ordinanza dichiarativa dell’assenza per ragioni che appaiono ictu oculi fondate, rispetto alla pronuncia sull’ammissibilità dell’impugnazione con ricorso per cassazione della medesima ordinanza, ex art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen., unitamente alla sentenza, ove gravata in mancanza di specifico mandato, anche per motivi diversi dalla sussistenza di una legittima dichiarazione di assenza». Si specifica che «alla mancata conoscenza del processo potrebbe, in futuro, riconoscersi valore ai fini dell’esercizio dei poteri restitutori ma non anche, sulla base di una interpretazione formalistica della disposizione […], la regolarità e tempestività dell’impugnazione proposta dal difensore di ufficio dell’imputato che sia stato dichiarato assente sulla base di una erronea ricostruzione degli elementi che giustifichino l’applicazione di tale statuto processuale» (Sez. 1, n. 9426/2024, cit., § 2.3.4.)
– la regola prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. non si applica se, unitamente alla sentenza, si impugna anche l’ordinanza dichiarativa della assenza; si afferma infatti che «reputare inammissibile per mancanza di specifico mandato, detto motivo di impugnazione porrebbe in discussione l’orientamento […] secondo il quale la norma in esame (art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.) è considerata di stretta interpretazione ed è limitata ai casi in cui la parte non impugna un’ordinanza ma una sentenza». Si afferma quindi che «l’art. 586 cod. proc. pen. è norma speciale, ratione materiae, rispetto alla disposizione di cui all’art. 581, comma 1-quater, stesso codice e, come tale, non richiede l’osservanza di formalità prescritte solo per l’impugnazione della sentenza e non anche dell’ordinanza» (Sez. 1, n. 9426/2024, cit., § 2.3.1.).
1.2.2. Secondo altro orientamento, gli oneri formali previsti a pena di inammissibilità dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., si applicano anche alle impugnazioni che contestano la legittimità dell’ordinanza dichiarativa dell’assenza dell’imputato (Sez. 1, n. 1937 del 17/10/2024, dep. 2025, Balde’, Rv. 287389 – 01).
Per giustificare tale scelta ermeneutica si è affermato:
– che «sia la lettera della norma del comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen., che la lettura sistematica della stessa nel complesso delle disposizioni del codice, come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022, inducono a ritenere necessario l’onere di allegazione dello specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza oggetto di impugnazione, e corredato della dichiarazione o elezione di domicilio, anche al caso dell’assente che contesti, con la impugnazione, proprio la correttezza della dichiarazione giudiziale di assenza (come affermato da Sez. 1, n. 7169 del 12/01/2024, Ramirez, non mass.)»;
– che «il sistema processuale introdotto dal d. lgs. 150 del 2022 fornisce […] tutela all’assente che deduca la non correttezza della dichiarazione di assenza, mediante l’istituto, ridefinito, della restituzione nel termine per impugnare di cui all’art. 175, comma 2.1., cod. proc. pen., che prevede che «l’imputato giudicato in assenza è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato, se, nei casi previsti dall’articolo 420-bis, commi 2 e 3, fornisce la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa»;
– che «la ragione giustificatrice della differente disciplina scaturente dalla modifica apportata dalla legge Nordio al comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen. è da individuare nel differente rapporto che si instaura tra difensore di fiducia ed imputato, dal momento che l’esistenza di un mandato fiduciario induce a presumere […] l’esistenza di una effettiva comunicazione del difensore rispetto all’imputato, e di una corrispondente consapevolezza dell’imputato in ordine alle scelte difensive compiute dal difensore nel suo interesse»;
– che «introdurre una limitazione, nell’interpretazione dell’art. 581 comma 1-quater cod. proc. pen., […] nel solo caso dell’assente che contesti i presupposti della declaratoria dell’assenza ex art. 420-bis cod. proc. pen., costituisce un’operazione che non trova sostegno né nella lettera della legge (che all’evidenza non prevede espressamente eccezioni), né nella sua analisi sistematica. Si tratterebbe, pertanto, di un’interpretazione parzialmente abrogans, distonica rispetto alla ratio della norma, ed incoerente con il riformato sistema processuale delle impugnazioni»;
– che, quanto all’argomento utilizzato nella sentenza “Oko”, «ovvero che «l’art. 586 cod. proc. pen. è norma speciale, ratione materiae, rispetto alla disposizione di cui all’art. 581, comma 1-quater, stesso codice e, come tale, non richiede l’osservanza di formalità prescritte solo per l’impugnazione della sentenza e non anche dell’ordinanza che sia soggetta a impugnazione differita […] proprio perché l’ordinanza dichiarativa dell’assenza è impugnabile solo con la sentenza che definisce il giudizio, a norma dell’art. 586, commi 1 e 2, cod. proc. pen., l’impugnazione deve essere proposta […] col mezzo, nelle forme e nei termini stabiliti per l’impugnazione della sentenza medesima (Sez. 1, n. 28912 del 07/05/2024, Magsombol, Rv. 286791 – 01);
– che l’intero sistema processuale introdotto dalla riforma c.d. Cartabia, ossia tanto le norme di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen. sull’assenza, quanto quelle in tema di impugnazioni e restituzione nel termine «è permeato dall’esigenza di garantire una partecipazione consapevole e volontaria dell’imputato al processo: anche l’impugnazione deve costituire espressione del personale interesse dell’imputato a coltivare il gravame piuttosto che una scelta del difensore, quasi automatica. Imponendo, attraverso l’onere di allegazione di cui al comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen., che vi sia la prova che l’imputato “conosce e vuole” la progressione del processo nei gradi successivi, il nuovo sistema corregge, d’altra parte, una patologia del sistema processuale previgente, che permetteva la celebrazione di gradi ulteriori di giudizio su impugnazione del difensore, e che consentiva poi al diretto interessato di porre nel nulla questa attività processuale attivando i rimedi straordinari garantiti dagli artt. 175 o 629-bis cod. proc. pen. (secondo i confini tracciati da Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259992- 01)».
1.2.3. In estrema sintesi, quello che distingue gli orientamenti contrapposti è il peso da assegnare alla circostanza che con l’impugnazione (sia essa un appello che un ricorso per cassazione) si contesta anche la “dichiarazione di assenza”, ovvero il presupposto che fonda l’applicazione dell’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen.
Secondo il primo orientamento la contestazione di tale presupposto elide la necessità di rispettare gli oneri previsti dall’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen.
Secondo l’altro orientamento la regola prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. non può essere derogata per via interpretativa tenuto conto che la legge non prevede eccezioni espresse e che la stessa, essendo funzionale a garantire il costante controllo sulla volontà dell’imputato di proporre impugnazione, struttura sia lo statuto delle impugnazioni che quello del procedimento in absentia.
Il contrasto si estende anche al tema della possibilità di assegnare all’art. 586 cod. proc. pen. una capacità derogatoria rispetto alle regole ordinarie che governano le impugnazioni e, dunque, rispetto alla regola prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.
1.2.4. Il Collegio intende dare continuità all’orientamento che richiede che il “difensore d’ufficio” che proponga appello, o ricorra per cassazione, tutelando gli interessi di un imputato dichiarato assente debba essere munito di specifico mandato ad impugnare, nulla rilevando che l’impugnazione proposta sia diretta a contestare la legittimità della dichiarazione di assenza.
Sul punto il Collegio rileva che lo statuto delle impugnazioni progettato dalle riforme “Cartabia” e “Nordio” non prevede alcuna deroga all’operatività della regola prevista dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. e che l’introduzione per via giurisprudenziale di una eccezione non trova alcun “appiglio” normativo.
Tale “appiglio” non può essere rinvenuto – contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza “Oko” – nel riconoscimento della “specialità” dell’art. 586 cod. proc. pen., che prevede che ogni ordinanza, dunque anche quella che dichiara l’assenza, debba essere impugnata unitamente alla sentenza, e sulla sua ipotetica capacità di derogare all’ordinario statuto delle impugnazioni.
Invero, tale norma non può essere interpretata nel senso che l’impugnazione “differita” dell’ordinanza endoprocessuale abbia uno statuto speciale, prevalente su quello che regola l’impugnazione delle sentenze: proprio il fatto che l’ordinanza non sia immediatamente – ed isolatamente – impugnabile, e che la stessa debba essere contestata unitamente alla “sentenza”, impone il rispetto integrale delle regole che disciplinano l’impugnazione dei provvedimenti che concludono l’accertamento di cognizione all’esito di ogni grado di giudizio.
Diverso è il caso, già rilevato, in cui ad essere impugnata non sia una “sentenza”, anche unitamente ad un’ordinanza endoprocessuale, ma una “ordinanza” di inammissibilità dell’impugnazione emessa de plano; in tal caso, come anticipato, “non” trova applicazione il disposto dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 25419/2024, cit., v. supra § 1.).
1.2.5. A sostegno della interpretazione che si condivide, si aggiunge un ulteriore argomento: la regola che prevede l’obbligo di allegare il mandato ad impugnare all’atto proposto dal difensore d’ufficio dell’assente indica la necessità di un controllo effettivo – e perdurante nel corso di tutta la progressione processuale – sulla conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del processo e sulla sua volontà di impugnare; ed inoltre, è diretta ad evitare la celebrazione di processi che potrebbero essere oggetto di rescissione.
L’imputato assente non è, infatti, un irreperibile ignaro, ma è colui che, nelle fasi di merito, quando è titolare del diritto di partecipare personalmente al processo, sceglie, in modo consapevole, di non esercitarlo: essere assente è un diritto dell’imputato che può scegliere se partecipare o meno al processo, sempre che egli sia stato portato ad effettiva conoscenza della sua esistenza e della sua evoluzione. Solo il rigoroso accertamento di tale consapevolezza, da ripetersi nel corso di tutta la progressione processuale, può evitare la rescissione del giudicato.
In questa prospettiva, il Collegio rileva: (a) che la tutela del diritto dell’imputato a conoscere la sussistenza e lo sviluppo del processo è solidamente garantita anche dal diritto convenzionale ed eurounitario; e segnatamente, dall’art. 8 della Direttiva 2016/343/UE, oltre che da numerose decisioni della Corte di Strasburgo (Corte EDU, Sez. III, 13 marzo 2018, Vilches Coronado e altri c. Spagna; Corte EDU, Sez. V, 26 gennaio 2017, Lena Atanasova c. Bulgaria; Corte EDU, Sez. V, 23 maggio 2006, Kounov c. Bulgaria; Corte EDU, Grande Camera, 1° marzo 2006, Sejdovic c. Italia); (b) che, nel nostro ordinamento, la protezione del processo (e dell’imputato) dalla rescissione si rinviene in un fitto tessuto normativo, che, con specifico riguardo alle impugnazioni, prevede: che l’assente debba conferire al difensore d’ufficio uno specifico mandato ad impugnare, come prevede l’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., che l’assente fruisca dell’estensione di quindici giorni del termine per impugnare, come prevede l’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen., che l’assente possa essere restituito nel termine per proporre impugnazione, se fornisce la prova di non avere avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e quella non avere potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa, come prevede l’art. 175, comma 2.1. cod. proc. pen.
Si ritiene che anche l’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. concorra ad integrare lo statuto processuale del processo in absentia, atteso che la regola in esso contenuta è funzionale ad attestare, in modo incontrovertibile, che l’impugnante “conosce e vuole” la progressione del procedimento e concorre a garantire una significativa contrazione dell’area di operatività della rescissione.
1.2.6. E così, il sistema di tutela previsto per evitare processi ad imputati inconsapevoli prevede che:
– chi “non” conosce la pendenza del processo ed è dichiarato assente in modo illegittimo dispone degli strumenti previsti dagli artt. 175 e 629-bis cod. proc. pen., con i quali è possibile sia ottenere la restituzione dei termini per proporre impugnazione che revocare le sentenze pronunciate sulla base di una dichiarazione di assenza illegittima;
– chi, invece, consapevole della pendenza del processo, intende impugnare “in termini” la sentenza (in ipotesi anche contestando la legittimità della dichiarazione di assenza) ha l’obbligo di manifestare la sua persistente volontà di proseguire nel percorso processuale, consegnando al difensore di ufficio il mandato ad impugnare.
Consentire che, nel solo caso in cui con l’impugnazione si contesti la dichiarazione di assenza, il difensore d’ufficio possa non essere munito del mandato ad impugnare, significherebbe legittimare una progressione processuale “cieca”, senza il controllo sull’attuale ed effettiva volontà dell’assente di proseguire nell’accertamento giurisdizionale.
In conclusione, si ritiene che:
(a) quando i termini per impugnare sono spirati, l’imputato, che contesta la legittimità della dichiarazione di assenza, può chiedere la restituzione del termine per impugnare o la rescissione del giudicato;
(b) quando i termini per impugnare non sono spirati, l’imputato che intenda farsi rappresentare da un difensore d’ufficio deve consegnare allo stesso il mandato ad impugnare; questo consente al Giudice dell’impugnazione di effettuare un controllo – attuale ed effettivo – circa la sussistenza in capo allo stesso sia della consapevolezza della pendenza del processo (non garantita dalla presenza di un difensore di ufficio) che dell’effettiva volontà di proseguire nel percorso processuale (in ipotesi anche attraverso la contestazione della pregressa dichiarazione di assenza).
1.2.7. Nel caso in esame, il difensore di ufficio ha impugnato una “ordinanza di inammissibilità” emessa dalla Corte di appello de plano, contestando le ragioni poste a fondamento della decisione, ovvero la mancata allegazione da parte del difensore di ufficio di uno specifico mandato ad impugnare.
2. In conclusione, va rilevato che:
(a) il ricorso per cassazione è stato legittimamente proposto senza l’allegazione del mandato ad impugnare tenuto conto del fatto che con lo stesso si contestava la legittimità di una “ordinanza” di inammissibilità emessa de plano e non di una “sentenza” (Sez. 2, n. 25419 del 16/05/2024, Stracci, Rv. 286466 – 01);
(b) nel merito, il ricorso è infondato in quanto, come argomentato, il mandato ad impugnare deve essere “sempre” rilasciato al difensore di ufficio dell’imputato dichiarato assente, nulla rilevando che con l’impugnazione sia contestato il presupposto dell’applicazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., ovvero la dichiarazione di assenza.
3. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
Cass. pen., II, ud. dep. 23.10.2025, n. 34657