1.-Il contenzioso in esame, promosso dalla società Nuova Immobiliare s.r.l. nei confronti del Comune di Castelfranco Emilia, concerne il riconoscimento alla ricorrente di somma pari a 725.950 euro a titolo di indennità di esproprio (oltre ad euro 81.974,01 per spese sostenute in dipendenza della stipula dell’atto di cessione nonché per le spese di progettazione) a seguito della mancata approvazione del PUA “Ca’ Vazzona” con il quale si sarebbe potuta attuare una potenzialità edificatoria a compensazione nell’Ambito 104 AN del PSC, equivalente all’importo rivendicato.
Segnatamente la ricorrente chiede disporsi la risoluzione ex art. 1463 c.c. della convenzione urbanistica sottoscritta nel 2014 con il Comune, con cui in buona sintesi, si è impegnata a cedere gratuitamente all’Amministrazione le aree fg. 121 mapp. 33 sub 24 e 25 oggetto di vincolo preordinato all’esproprio, accettando la quantificazione dell’indennità di esproprio di comprensivi 725.950,00 euro, mentre il Comune ad attribuire alle suddette aree (quale indennità espropriativa per il valore concordato) diritti edificatori da trasferire nel sub ambito 2 dell’AN 104. Inoltre con la convenzione il Comune si impegnava altresì a cedere in favore della ricorrente alcune aree (foglio 88, mapp. 437, 438, 439 e 440 interne al sub ambito 2) per il trasferimento dei diritti edificatori riconosciuti.
In altre parole, con la convenzione di cui si chiede qui la risoluzione, le parti hanno dato tra l’altro applicazione al disposto di cui agli artt. 30 co.11 L.R. 20/2000 e 23 L.R. 37/2022 che consente l’attribuzione di diritti edificatori in luogo della indennità di esproprio, concretamente quantificata ed accettata, diritti da esercitare nelle aree c.d. di atterraggio appartenenti al sub ambito 2 che il Comune si è impegnato a cedere (e poi ha effettivamente ceduto) in favore della ricorrente.
2.- Il ricorso è in parte fondato.
3.- Giova preliminarmente evidenziare in punto di fatto che la proprietà di tutte le aree oggetto della convenzione urbanistica del 2014 è stata concretamente trasferita con atto notarile sottoscritto in data 22 maggio 2014 (ricognitivo di condizione sospensiva consistente nell’approvazione della seconda variante al POC) si che si sono interamente prodotti gli effetti reali ivi previsti e sopra descritti. Segnatamente in stretta attuazione della convenzione al Comune di Castelfranco Emilia è stata ceduta dalla ricorrente la proprietà delle aree catastalmente identificate al Foglio 121 Mapp. 33 sub 24 e 25 mentre alla ricorrente la proprietà delle aree catastalmente identificate al Foglio 88 Mapp. 440, 489, 492 e 493.
4.- La Convenzione urbanistica sottoscritta tra le parti il 10 febbraio 2014 in questione è sussumibile nel “genus” degli accordi integrativi del provvedimento disciplinati dall’art.11 della legge 241/90, peraltro espressamente richiamato dal suindicato quarto comma, quale forma mediata dell’esercizio di un potere autoritativo (ex multis Corte Costituzionale sent. nn. 204/2004 e 191/2006) ai quali si applicano (a norma del secondo comma del citato art. 11) “ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili” (ex multis T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 13 aprile 2018, n.869; Consiglio di Stato, sezione IV, 10 marzo 2025, n. 1962).
Con detta convenzione infatti – come visto – le parti hanno dettato disposizioni per l’attuazione del PUA di iniziativa privata denominato “Ca Vazzona” prevedendo quale misura compensativa dell’indennità di esproprio (per le aree oggetto di vincolo ablatorio) l’assegnazione di diritti edificatori esercitabili in aree a loro volta cedute dal Comune, essendo evidente il contenuto pubblicistico ovvero di regolazione delle modalità di esercizio del potere di pianificazione urbanistica.
Comportando detto accordo vincoli bilaterali non vi sono ragioni per negare l’applicabilità della disciplina civilistica in tema di inadempimento delle obbligazioni contrattuali, fermo restando il potere dell’Amministrazione (a norma del quarto comma dell’art.11 L.241/90) di recesso dall’accordo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse “salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato” trattandosi per giurisprudenza consolidata di una fattispecie assimilabile alla revoca in autotutela di cui all’art. 21-quinquies L.241/90 (ex multis T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 5 gennaio 2015, n.3, T.A.R. Emilia- Romagna Bologna sez. II, 14 aprile 2025, n. 360).
5.- Per tutti i profili inerenti l’adempimento dell’accordo vi è la giurisdizione esclusiva del g.a. ai sensi dell’art. 133 co 1 lett. a) n. 2 c.p.a. assai ampia poiché comprensiva di tutte le questioni inerenti “la formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi” potendosi dunque azionare innanzi all’adito Tribunale Amministrativo anche le domande di tutela in forma specifica di condanna all’esatto adempimento (art. 1453 c.c.) o alla conclusione di un contratto (art. 2932 c.c.) (ex plurimis Cassazione civile sez. II, 3 aprile 2024, n.8851; T.A.R. Emilia – Romagna Bologna sez. II, 7 gennaio 2025, n. 12) o naturalmente di risoluzione ex art. 1453 c.c. o ex artt. 1463 e 1256, co. 1, c.c. (T.A.R. Sardegna sez. II, 13 febbraio 2023, n. 82).
Nella presente fattispecie la giurisdizione esclusiva del g.a., invero non contestata, non può escludersi in relazione alla pretesa azionata di ottenere il pagamento dell’indennità di esproprio conoscibile come noto dal g.o. (ex plurimis Cassazione civile Sez. Un., 01/03/2023, n.6099), atteso che non solo detta indennità consegue alla richiesta risoluzione ex art. 1463 c.c. della convenzione urbanistica comportante la compensazione dell’indennità con l’attribuzione di diritti edificatori, ma soprattutto che pregiudiziale al pagamento è la valutazione ampiamente discrezionale spettante all’Amministrazione di procedere in alternativa alla restituzione dell’area, a fronte della quale il privato vanta una posizione di interesse legittimo (ex multis T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 06/04/2022, n.323).
6.- Tanto premesso va rilevato – come concordato dalla stessa difesa del Comune convenuto – che le prestazioni corrispettive convenute tra le parti nella convenzione urbanistica del 2014 sono divenute impossibili per fatto del terzo ovvero per il parere contrario espresso da RFI in seno alla Conferenza di Servizi in merito alla ubicazione della prevista barriera acustica.
E’ infatti indubbio che lo spostamento del sito dove realizzare detta opera rende impossibile l’attuazione dell’intervento che avrebbe dovuto essere realizzato in conformità alla scheda d’ambito recepita nel POC contemperando le esigenze dell’Amministrazione comunale con quelle della ricorrente.
Le parti dell’odierno giudizio non concordano invece quanto agli effetti della risoluzione, dal momento che l’Amministrazione contrariamente alla ricorrente non esclude la possibilità, da vagliare da parte degli organi competenti, di restituzione delle aree acquisite oggetto di vincolo espropriativo e attualmente destinate a pubblico servizio (parcheggio pubblico) in luogo della richiesta corresponsione dell’indennità di esproprio.
7.- L’impossibilità sopravvenuta della prestazione, che derivi da causa non imputabile al debitore ai sensi dell’art. 1218 c.c., opera, paralizzandola, più propriamente in relazione ad una domanda di adempimento, determinando, essa, di diritto, nei contratti con prestazioni corrispettive, se definitiva, con la estinzione della relativa obbligazione, la risoluzione del contratto, ai sensi degli artt. 1463 e 1256, comma 1, c.c., con la conseguente applicazione delle norme generali sulla risoluzione ed in particolare di quella sulla retroattività, senza che si possa parlare di inadempimento colpevole (ex multis Cassazione civile sez. I, 23/11/2021, n.36329).
La retroattività della risoluzione determina dunque effetti restitutori propri di qualsiasi scioglimento del vincolo negoziale, che seguono in via generale lo schema dell’indebito oggettivo e quindi il venir meno del contratto fa venir meno automaticamente la “causa retinendi” delle prestazioni eseguite (ex multis Cassazione civ sez. III, 29.1.2013 n. 2075; Id. sez. II, 14.2.2018 n. 3578).
7.1.- Non merita adesione l’eccezione in rito sollevata dalla ricorrente di inammissibilità della domanda di restituzione.
La restituzione delle aree, al momento invero soltanto ipotizzata e non deliberata dall’organo competente dell’Amministrazione – rappresenta un mezzo concorrente per conseguire la riparazione del pregiudizio subito dalla ricorrente (ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 22/01/2014, n. 306) per la quale non occorre la proposizione di domanda riconvenzionale mediante ricorso incidentale, tenendo presente che la risoluzione della presupposta convenzione urbanistica del 10 febbraio 2014 produce effetti anche nei confronti del contratto di cessione del 23 maggio 2014, chiaramente attuativo della convenzione stessa, stante l’evidente collegamento negoziale (ex multis Cassazione SS.UU. 14 giugno 2007, n. 13894).
8.- Ciò premesso non ritiene il Collegio che per effetto della risoluzione l’Amministrazione convenuta debba necessariamente corrispondere l’indennità di esproprio nella misura pattuita, potendo essa all’esito di una valutazione ampiamente discrezionale, optare per l’eventuale restituzione previa riduzione in pristino delle aree trasferitegli dalla ricorrente.
Nell’ambito dell’acquisizione in via autoritativa di aree private per la realizzazione di opere pubbliche, infatti, la giurisprudenza è pacifica nel consentire all’Amministrazione che detiene senza titolo il bene di optare per la restituzione in luogo del risarcimento per equivalente, quale mezzo concorrente per conseguire la riparazione del pregiudizio subito (ex plurimis Consiglio di Stato sez. IV, 22/01/2014, n.306; Id. sez. IV, 02/11/2022, n.9483)
9.- Per effetto della risoluzione dunque il Comune entro il termine perentorio di 90 giorni decorrente dalla comunicazione e/o notificazione della presente sentenza, potrà procedere nelle dovute forme alla restituzione delle aree in esame previa riduzione in pristino, dovendo in caso contrario corrispondere alla ricorrente la somma complessiva di € 725.950,00 corrispondente all’importo complessivo della indennità di esproprio concordata tra le parti, unitamente ad interessi al tasso legale previsto dall’art.1284 c. c. dalla data di stipula del relativo atto di cessione in data 23/5/2014.
Per effetto della risoluzione la ricorrente dovrà, di contro, procedere a ritrasferire in favore del Comune l’area contraddistinta catastalmente al foglio n. 88 mapp. 440, 489, 492 e 493 la cui detenzione è parimenti divenuta priva di causa.
10.- Per quanto invece attiene agli effetti sostanziali della sentenza costitutiva di risoluzione, è utile precisare che a differenza, infatti, delle sentenze del giudice civile – i cui effetti anche sostanziali, secondo la giurisprudenza e dottrina consolidata, derivano dal passaggio in giudicato – la sentenza del g.a produce i suoi effetti, ove non sospesa, già a seguito della decisione in primo grado (ex multis T.A.R. Emilia – Romagna Bologna sez. II, 8 marzo 2024, n. 179).
11.- Va invece respinta la domanda della ricorrente volta alla condanna del Comune alla refusione delle spese sostenute in dipendenza della stipula dell’atto di cessione (rogito notarile e imposta di registro) per complessivi 69.679,3 euro nonché per le spese di progettazione per complessivi 12.303,71 euro.
Quanto alle prime a prescindere da ogni altra considerazione e diversamente dalla risoluzione ex art. 1453 c.c. per inadempimento, nella risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione la parte che la invoca non ha diritto alla ripetizione delle spese contrattuali, dipendendo l’impossibilità da fatto non imputabile alle parti e nella concreta fattispecie da fatto del terzo, astrattamente responsabile ex art. 2043 c.c.
Quanto alle seconde trattasi di spese parimenti non ripetibili atteso che la convenzione urbanistica del 2014 invero contemplava il rischio dell’eventuale dissenso di soggetti terzi nel reperimento delle necessarie autorizzazioni (punto 25).
12.- Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso introduttivo deve essere parzialmente accolto, come da motivazione, mentre il ricorso per motivi aggiunti diviene improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Le spese di lite seguono la soccombenza, in misura di cui in dispositivo.
TAR EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA, II – sentenza 21.10.2025 n. 1177