*Giurisdizione e competenza – Proposizione del ricorso giurisdizionale e definizione dei criteri di distinzione tra atte meramente confermativo e atto di conferma in senso proprio

*Giurisdizione e competenza – Proposizione del ricorso giurisdizionale e definizione dei criteri di distinzione tra atte meramente confermativo e atto di conferma in senso proprio

1. La società -OMISSIS- s.r.l. ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio, come integrato dai motivi aggiunti, proposto dalla predetta società e avente ad oggetto:

– l’ordinanza del Sindaco del comune di -OMISSIS- n. 98/2021, adottata ai sensi dell’art. 90 del Testo unico provinciale sulla tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e dell’art. 192 del d.lgs. 152/2006, per la regolarizzazione e il ripristino dei luoghi presso lo stabilimento della predetta società, con sede in -OMISSIS- (TN), località -OMISSIS-, nella parte in cui ha imposto l’avvio a smaltimento in discarica, anziché a recupero, di rifiuti presenti nell’impianto;

– la nota del comune di -OMISSIS- prot. n. 3941/6.9 dell’8 luglio 2021, recante “Relazione tecnica contenente programma complessivo delle attività di gestione dei materiali presenti presso l’impianto di -OMISSIS- dd. 27.05.2021 sub prot. 3044. Invio controdeduzioni dell’Amministrazione comunale in ottemperanza all’ordinanza sindacale n. 98 in data 11 maggio 2021”;

– la relazione dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’Ambiente prot. S307/2021/17.4-2021-276 del 18 giugno 2021 recante “-OMISSIS- S.r.l. – stabilimento di -OMISSIS- (TN), loc. -OMISSIS-. “Relazione tecnica per la gestione dei materiali presenti presso l’impianto di -OMISSIS-” Parere”;

– la comunicazione del comune di -OMISSIS- prot. 4818 del 26 agosto 2021 e l’allegato parere provinciale prot. S307/2021/17.4-2021-276 del 23 agosto 2021.

2. La società premette quanto segue.

2.1. Dichiara di essere attiva dal 1980 nel territorio del comune di -OMISSIS- (Trento) nel recupero di rifiuti inerti; nel 2020 sono state contestate alla società appellante alcune violazioni delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione unica territoriale (A.U.T.) n. 26 del 17 gennaio 2019 (che la abilitava a svolgere attività di recupero dei rifiuti); l’autorizzazione è stata dapprima sospesa (con diffida n. 278 dell’11 maggio 2020) e poi revocata (con provvedimento n. 46 del 29 gennaio 2021).

2.2. L’atto di diffida n. 278/2020, che prevedeva che i cumuli rimossi venissero destinati esclusivamente allo smaltimento in discarica, escludendo qualunque forma di recupero, è stato impugnato dalla società davanti al Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento, che, con sentenza n. -OMISSIS-, ha respinto il ricorso; l’appello presentato è oggi pendente (R.G. n. -OMISSIS-).

2.3. Parallelamente, veniva avviato un procedimento penale con sequestro sia dei cumuli di rifiuti non ancora recuperati che di quelli già trattati (c.d. “end of waste” o rifiuti cessati).

2.4. Successivamente, la società ha ottenuto una nuova autorizzazione al recupero (n. 920 del 13 dicembre 2021).

2.5. Dopo la diffida della provincia autonoma di Trento, il comune di -OMISSIS- ha adottato l’ordinanza n. 98/2021, ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, che, parimenti, prescriveva, come unica opzione per la maggior parte dei cumuli lo smaltimento in discarica.

2.6. La società -OMISSIS- ha presentato una relazione tecnica, chiedendo di poter conferire i rifiuti in altri impianti, per il loro recupero; nel contempo, ha impugnato davanti al Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento la predetta ordinanza sindacale.

2.7. Il Comune di -OMISSIS-, esaminata la relazione tecnica prodotta dalla società, con nota dell’8 luglio 2021 (prot. n. 3941/6.9), ha accettato che alcuni cumuli, previa verifica della sussistenza delle relative condizioni, fossero avviati a recupero; per gli altri rifiuti, ha confermato l’obbligo di smaltimento mediante conferimento in discarica.

Avverso la nota dell’8 luglio 2021, la società -OMISSIS- ha proposto motivi aggiunti nell’ambito del giudizio incardinato davanti al T.r.g.a. di Trento (R.G. n. -OMISSIS-), chiedendo in via preliminare che venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere per i cumuli di rifiuti rispetto ai quali la nota sopravvenuta del comune ammetteva la possibilità di recupero e continuando a contestare, per gli altri rifiuti, l’obbligo di smaltimento, mediante conferimento in discarica.

2.8. Con la sentenza n. -OMISSIS- (oggetto del ricorso in appello in esame), il Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento ha respinto il ricorso, condannando la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio sia nei confronti del comune di -OMISSIS- che nei confronti della provincia autonoma di Trento.

3. Tanto premesso, la società appellante ha censurato la sentenza impugnata con tre articolati motivi.

3.1. Con il primo motivo, la società appellante deduce: error in procedendo, per omessa pronuncia sulla cessata materia del contendere (violazione di legge e/o falsa applicazione in relazione agli artt. 24, 97, 111, 113 Costituzione, all’artt. 1 l. n. 241/1990, agli artt. 2, 69 c.p.a., all’art. 112 c.p.c., all’art. 6 CEDU, omessa o erronea valutazione delle risultanze di causa, difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti, ingiustizia manifesta).

La società -OMISSIS- fa rilevare che, ricevuta la relazione tecnica trasmessa dalla predetta società, il comune di -OMISSIS-, con la nota dell’8 luglio 2021, ha ammesso che alcuni cumuli di rifiuti potessero essere destinati al recupero (anziché allo smaltimento, mediante conferimento in discarica).

Il giudice di primo grado, pur dando atto di questa circostanza, ha ritenuto “…di poter prescindere, nell’economia della presente causa, dall’esame delle eccezioni di inammissibilità, così come dal riscontro circa la questione di cessazione della materia del contendere (rectius improcedibilità): e ciò in quanto, per le considerazioni che seguono, il ricorso risulta, comunque, infondato nel merito […]».

A giudizio dell’appellante, il giudice di primo grado sarebbe incorso nella violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto, in relazione all’atto sopravvenuto, avrebbe dovuto dichiarare la cessazione (parziale) della materia del contendere o l’improcedibilità (parziale) della domanda di annullamento proposta nel ricorso introduttivo del giudizio avverso la ordinanza sindacale.

La decisione del giudice di primo grado si porrebbe in contrasto anche con il principio del giusto processo, di cui all’art. 6 della CEDU, all’art. 111 Cost. e all’art. 2 c.p.a..

3.2. Con il secondo motivo, la società appellante deduce error in judicando: erroneità della sentenza nella parte in cui impone lo smaltimento dei rifiuti mediante conferimento in discarica, in luogo del loro recupero (violazione di legge e/o falsa applicazione in relazione agli artt. 178, 179, 182 e 183 d.lgs. n. 152/2006, omessa o erronea valutazione delle risultanze di causa, violazione dell’art. 64 c.p.a., difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti).

La società appellante sostiene che l’ordinanza sindacale sia illegittima nella parte in cui individua lo smaltimento in discarica come unica possibile destinazione dei cumuli di rifiuti.

Fa rilevare che con il motivo n. 1 del ricorso introduttivo del giudizio, la prescrizione era stata contestata perché adottata in violazione del principio di gerarchia nel trattamento dei rifiuti, in base al quale lo smaltimento, mediante conferimento in discarica, costituisce l’ultima opzione alla quale si può far ricorso, solo dopo avere escluso le altre.

La società appellante richiama la motivazione della sentenza impugnata nella quale sostanzialmente il giudice di primo grado evidenzia che il recupero dei materiali trattati è stato pregiudicato dal fatto che, in violazione delle prescrizioni della autorizzazione unica territoriale, la società -OMISSIS- ha proceduto alla miscelazione dei rifiuti con conseguente diluizione degli agenti inquinanti.

Secondo il giudice di primo grado, sarebbe rimasto “indimostrato il fatto che i “rifiuti presentino le caratteristiche chimico-fisiche per poter essere recuperati”, con la conseguenza che la società non potrebbe invocare la violazione del principio relativo alla “gerarchia nella gestione dei rifiuti”.

Il giudice di primo grado ha evidenziato che il Comune di -OMISSIS- con l’ordinanza 98/2021 e la successiva nota dell’8 luglio 2021 “ha peraltro ordinato lo smaltimento dei soli cumuli di rifiuti per i quali era stato accertato che in ingresso all’impianto non erano stati previamente assoggettati al recupero secondo le modalità stabilite nell’AUT e nella diffida”.

In altri termini:

– la società -OMISSIS-, miscelando i rifiuti, non avrebbe rispettato l’autorizzazione, pertanto quei rifiuti non potevano più essere recuperati in nessun altro impianto di riciclaggio;

– la predetta società non avrebbe dimostrato che i rifiuti possedevano le caratteristiche chimico-fisiche per essere recuperati;

– l’ordinanza sindacale ha disposto lo smaltimento dei soli cumuli di rifiuti “per i quali era stato accertato che in ingresso all’impianto non erano stati previamente assoggettati al recupero secondo le modalità stabilite nell’AUT e nella diffida”.

La società appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado.

Anche ammettendo che sia avvenuta una miscelazione di rifiuti inerti con conseguente “diluizione” degli inquinanti, questa miscelazione, vietata dall’autorizzazione unica territoriale, ha portato alla sospensione e poi alla revoca del titolo abilitativo e quindi alla inibizione dell’attività svolta; a giudizio della società appellante, ciò non precluderebbe ad altro gestore la possibilità di svolgere l’attività di recupero, a patto che i rifiuti posseggano le caratteristiche intrinseche per essere recuperati.

A supporto di quanto dedotto, la società richiama l’art. 182 co. 1 d.lgs. n. 152/2006 a norma del quale «Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all’articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purchè vi si possa accedere a condizioni ragionevoli».

In buona sostanza, la società contesta che la miscelazione dei rifiuti con diluizione dei contaminanti abbia inciso sulla recuperabilità dei rifiuti stessi.

Anche ammettendo che il trattamento degli inerti in violazione delle prescrizioni della autorizzazione unica territoriale abbia trasformato detti inerti in rifiuti pericolosi “tale loro nuova natura non ne impediva il recupero”.

Fa rilevare che la normativa distingue, infatti, tra recupero autorizzato in regime semplificato (artt. 214 e ss. d.lgs. 152/2006, D.M. 05.02.1998 e D.M. 12.06.2002) e recupero autorizzato in regime ordinario (artt. 208 e ss. del d.lgs. 152/2006) ed entrambi i regimi valgono sia per i rifiuti pericolosi che per i non pericolosi.

La società appellante si sofferma diffusamente sulla priorità del recupero, richiamando i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti di cui all’art. 179 del d.lgs. n. 152/2006 (che ha sostanzialmente recepimento l’art. 4 della direttiva 2008/98/CE) nonché l’art. 177, co. 5, del d.lgs. n. 152/2006.

La società appellante si sofferma altresì sui costi di conferimento in discarica, denunciando la carenza di motivazione della sentenza impugnata (il giudice di primo grado avrebbe ritenuto non congrua la quantificazione dei costi effettuata dalla società senza fornire idonea motivazione in merito alle sue conclusioni).

3.3. Con il terzo motivo di appello la società ripropone il settimo motivo del ricorso e deduce la illegittimità derivata degli atti conseguenziali alla ordinanza sindacale impugnata.

In conclusione, la società appellante chiede che, in riforma della sentenza impugnata, venga dichiarata l’improcedibilità del ricorso “limitatamente ai cumuli BOX3, BOX13-Georil, BOX8B, BOX9, Aggregato riciclato 0/30 mm e Aggregato riciclato 0/70 mm, assoggettati a recupero dalla nota comunale dell’8 luglio 2021 che aveva, in questo modo, superato la precedente ordinanza ex art. 192” e che venga accolto il ricorso introduttivo del giudizio annullando, conseguentemente, i provvedimenti impugnati

4. Si è costituita in giudizio la provincia autonoma di Trento, riproponendo l’eccezione di inammissibilità parziale del ricorso di primo grado, in quanto con riguardo alle prescrizioni concernenti i cumuli ST1, ST2, BOX1, BOX4, BOX5, oltre che il BOX 2 e Georil, l’ordinanza sindacale impugnata conterrebbe le stesse prescrizioni dell’atto di diffida di cui alla determinazione dirigenziale della provincia autonoma di Trento n. 278/2020 e quindi avrebbe (in parte qua) un contenuto meramente confermativo.

5. Si è costituito in giudizio il comune di -OMISSIS-, contestando il primo motivo di appello, in quanto la nota sindacale dell’8 luglio 2021 non potrebbe essere considerata stricto sensu come atto di autotutela rispetto alla ordinanza sindacale.

Il Comune di -OMISSIS- ha contestato anche il secondo motivo di gravame, sostenendo che non si porrebbe “nessuna questione (nemmeno in astratto) relativa alla corretta applicazione del principio di gerarchia nella gestione dei rifiuti, in quanto la condotta tenuta da -OMISSIS- s.r.l. (come risultante dagli atti del presente giudizio, ma anche delle vertenze relative alla diffida n. 278/2020 della PAT (SAVA) e alla revoca dell’autorizzazione all’esercizio della discarica, definite dal T.R.G.A. con sentenze nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-) ha presentato irregolarità così gravi da rendere impossibile – anche sulla base degli accertamenti dei Carabinieri NOE e delle competenti strutture provinciali (APPA) che hanno concordato sulla gravità e illegittimità delle condotte – il recupero dei rifiuti, lasciando come unica possibilità quella dello smaltimento in discarica”.

6. Nella memoria depositata in data 19 febbraio 2024 la provincia autonoma di Trento si è soffermata sulla diluizione e sulla miscelazione dei rifiuti al fine di ottenere un abbattimento degli agenti contaminanti (attività imputate alla società appellante e da questa non contestata), facendo rilevare che l’espletamento di tali attività preclude un avvio a recupero dei rifiuti (diversamente opinando si dovrebbe ritenere che queste attività illecite possano essere poste in essere per consentire poi il recupero dei rifiuti anziché il conferimento in discarica).

In altri termini, secondo la prospettazione della provincia autonoma di Trento, l’espletamento delle attività illecite di miscelazione e di diluizione dei rifiuti ha comportato che la società non possa invocare a suo favore il principio della gerarchia nella gestione dei rifiuti.

7. Nella memoria depositata in data 19 febbraio 2024, la società -OMISSIS- s.r.l. sostiene che non competeva alla società dimostrare in sede processuale la recuperabilità dei rifiuti.

8. Nella memoria di replica depositata in data 29 febbraio 2024, la provincia autonoma di Trento ha evidenziato la pretestuosità delle affermazioni della società appellante, facendo rilevare: “La possibilità di destinare i rifiuti a recupero piuttosto che a smaltimento, è stata concessa alla -OMISSIS- nel caso in cui non vi fosse evidenza che determinati cumuli fossero stati oggetto di miscelazione non controllata. Detti cumuli, una volta campionati secondo quanto disposto in Ordinanza, sono destinabili a recupero o smaltimento esclusivamente in funzione dei risultati analitici (in merito si rinvia ancora al DOC. 10 del giudizio di primo grado sub RG -OMISSIS- per la rappresentazione puntuale dei singoli profili di illiceità accertati con riferimento ai diversi cumuli di rifiuto presenti nell’impianto di località -OMISSIS- ad -OMISSIS-)”; ha evidenziato inoltre: “…..la condotta posta in essere da -OMISSIS-, inquadrabile nell’incontrollata attività di miscelazione con conseguente diluizione dei contaminanti, rende impossibile definire a priori se ogni singolo rifiuto, prima della miscelazione con gli altri, fosse di per sé ambientalmente conforme con l’utilizzo finale dello stesso (secondo le prescrizioni dell’AUT dettate in conformità a quanto dispone il punto 3.2 della citata deliberazione n. 1333 (depositata sub DOC. 15 sub TRGA-RG 84/2020). L’incontrollata miscelazione comporta inevitabilmente un potenziale pericolo per l’ambiente e comunque preclude la possibilità di verificare l’impatto dell’attività di recupero per l’ambiente, indipendente dal fatto che il rifiuto in questione ricada o meno nel regime giuridico di rifiuto pericoloso”.

9. Con ordinanza collegiale n. -OMISSIS-, questa Sezione ha disposto alcuni approfondimenti istruttori, ordinando all’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente della provincia di Trento, in persona del legale rappresentante, di produrre in giudizio una relazione di documentati chiarimenti, nella quale:

a) venissero indicati in maniera specifica, sulla base dei dati risultanti dalla istruttoria procedimentale, i materiali presenti nell’impianto di -OMISSIS- gestito dalla società appellante e venissero indicati i trattamenti cui detti materiali sono stati sottoposti;

b) venisse chiarito (sotto il profilo tecnico), anche in relazione ai trattamenti posti in essere dalla società presso l’impianto di -OMISSIS-, se i materiali in questione possano essere in tutto o in parte recuperati o se i trattamenti cui sono stati sottoposti ne abbiano compromesso il recupero.

10. In data 29 luglio 2024, la provincia autonoma di Trento ha depositato la relazione di chiarimenti.

11. Con memoria depositata in data 21 ottobre 2024, la società -OMISSIS- ha evidenziato, sotto il profilo formale, che la relazione depositata in giudizio, predisposta dall’APPA, è stata redatta su carta semplice, non su carta intestata dell’Agenzia e non è sottoscritta.

L’unico riferimento alla provenienza del documento è stato reso dall’Avvocatura nel foliario depositato in data 29.07.2024, nel quale si cita “Relazione APPA 26 luglio 2024”.

La società sostiene che tale specificazione non sia idonea a sanare la mancanza di sottoscrizione e, quindi, di paternità del documento in questione.

Nel rimettere al Collegio giudicante ogni valutazione al riguardo, evidenzia l’opportunità che l’avvocatura provinciale confermi espressamente la provenienza del documento da parte del legale rappresentante dell’Agenzia.

Sotto il profilo sostanziale, la società appellante ritiene che la relazione prodotta in giudizio non risponda ai quesiti posti, ma si limiti a ribadire, in una sede inconferente, le argomentazioni accusatorie dei NOE e della Procura della Repubblica rispetto a presunte condotte illecite tenute dalla società.

A suo dire, la relazione descriverebbe le supposte violazioni della normativa ambientale aventi rilevanza penale, soffermandosi sulla “irrecuperabilità giuridica” dei rifiuti, laddove la recuperabilità o meno di un rifiuto è una questione oggettiva, che non dipende dai comportamenti di chi lo ha prodotto o gestito in una qualunque fase, ma dalle caratteristiche intrinseche che il rifiuto possiede rispetto all’operazione alla quale il detentore intende destinarlo a norma di legge, rispettando la gerarchia.

La relazione inoltre si baserebbe su documentazione ed evidenze del 2021 e non terrebbe conto delle analisi più recenti eseguite in contraddittorio con gli Enti che avrebbero confermato la piena recuperabilità dei cumuli, né dell’intervenuto allontanamento dei materiali di Fase 1 (tant’è che nel documento più d’una volta si legge che «non vi è ad oggi contezza se detti rifiuti siano stati asportati»).

La società appellante dichiara di aver affidato a professionisti terzi l’incarico di redigere una relazione che rispondesse puntualmente ai quesiti posti; detta relazione avrebbe chiarito quali sono i cumuli ancora presenti in impianto (Tabella 1), e quali invece sono già stati allontanati (Tabella 2), dando conto della relativa destinazione.

12. Con memoria di replica depositata in data 29 ottobre 2024, la provincia autonoma di Trento ha contestato le deduzioni formulate dalla società appellante nella memoria depositata in data 21 ottobre 2024, sia con riguardo ai profili di carattere formale (la provenienza della relazione da APPA), sia con riguardo ai rilievi di carattere sostanziale.

13. Con memoria di replica depositata in data 31 ottobre 2024, la società -OMISSIS- ha evidenziato che in data 28 ottobre 2024 è stato depositato il dispositivo di assoluzione di tutti gli imputati (a seconda dei diversi casi di imputazione, perché il fatto non sussiste o perché non è previsto dalla legge come reato), demandando all’amministrazione competente l’eventuale contestazione della fattispecie amministrativa di cui all’art. 133 comma 4 d.lgs. 152/2006 (per violazione delle prescrizioni allo scarico) ed escludendo la sussistenza di un illecito amministrativo a carico della società; è stato quindi ordinato il dissequestro e la restituzione dell’impianto, delle aree e dei cumuli ed è stato revocato l’amministrazione giudiziario in precedenza nominato.

La società ha quindi insistito per l’accoglimento dell’appello.

14. All’udienza pubblica del 21 novembre 2024, sulla base delle istanze (di passaggio in decisione) presentate dalle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

15. La società appellante opera nel settore del recupero di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da scavi e demolizioni e nell’espletamento di tale attività sottopone i rifiuti a operazioni di trattamento a valle delle quali ottiene materiali riutilizzabili (c.d. “end of waste”) che poi cede a terzi.

L’oggetto del presente contenzioso concerne l’impianto di trattamento di rifiuti sito nel territorio del Comune di -OMISSIS-, gestito dalla società appellante sulla base dell’autorizzazione unica territoriale rilasciata del Servizio autorizzazioni e valutazioni ambientali della Provincia autonoma di Trento, con determinazione dirigenziale n. 26 del 17 gennaio 2019.

16. È fondato il primo motivo del ricorso in appello, in quanto la successiva nota dell’8 luglio 2021 del Sindaco del comune di -OMISSIS- ha inciso (in parte) sull’obbligo di rimozione dei rifiuti impartito con l’ordinanza sindacale impugnata; conseguentemente, non può ritenersi che essa non abbia rilevanza anche in ordine alla impugnativa giurisdizionale della ordinanza sindacale.

Ne consegue che, in riforma della sentenza impugnata, deve essere dichiarata la improcedibilità parziale, per sopravvenuto difetto di interesse, della impugnativa della ordinanza sindacale nella parte in cui ha riguardato cumuli di rifiuti, in relazione ai quali, con successiva nota dell’8 luglio 2021 (prot. n. 3941/6.9), il sindaco del comune di -OMISSIS- ha ammesso che, previa verifica della sussistenza delle relative condizioni, possano essere destinati ad attività di recupero presso stabilimenti autorizzati.

17. Per il resto, l’appello si rivela infondato e va respinto.

18. La valutazione della fondatezza delle deduzioni della società appellante ha richiesto l’espletamento di alcuni approfondimenti istruttori, che sono stati effettuati chiedendo alla Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente la produzione di una relazione di documentati chiarimenti.

L’Agenzia provinciale di protezione ambientale ha provveduto alla esecuzione dell’incombente istruttorio entro il termine assegnato.

19. In primo luogo, non possono essere condivise le contestazioni di carattere formale sollevate dalla società appellante nei confronti della relazione dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, depositata in giudizio dalla provincia autonoma di Trento.

Non vi sono elementi sufficienti per dubitare della provenienza della relazione in questione dalla Agenzia provinciale per la protezione ambientale o della sua autenticità, in quanto, da un lato, la nota di trasmissione della predetta relazione, a firma del dirigente generale dell’Agenzia, presenta lo stesso numero di protocollo riportato sulla relazione, dall’altro, non risulta che la società appellante abbia presentato querela di falso rispetto alla predetta relazione.

20. Nel merito, la questione giuridica sottoposta al Collegio concerne la dedotta violazione dei criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, di cui all’art. 179 del d.lgs. n. 152/2006.

Il predetto articolo positivizza un criterio di gerarchia nella gestione dei rifiuti, disponendo quanto segue:

1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:

a) prevenzione;

b) preparazione per il riutilizzo;

c) riciclaggio;

d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;

e) smaltimento.

2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica”).

21. Nella relazione di chiarimenti della Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente sono state formulate le seguenti conclusioni:

Le operazioni di trattamento realizzate dalla Ditta di cui ai precedenti punti 1) e 2) hanno comportato un’incontrollata diluizione dei contaminanti tra i rifiuti ad oggi stoccati nei box presso lo Stabilimento e la creazione di cumuli di rifiuti di varia origine che per le loro caratteristiche non possono essere assoggettati ad operazioni di selezione e cernita, o comunque a lavorazioni, utili a ricostruire le condizioni originarie e a valutarne la previa ammissibilità a recupero. Queste operazioni, infatti, hanno fatto sì che ora non sia più possibile distinguere tra le diverse tipologie di rifiuto presenti nei cumuli, con ciò comportando l’impossibilità di separare (rectius, recuperare) le diverse tipologie di rifiuti, non sussistendo più, per la natura delle operazioni effettuate dalla Ditta, la possibilità di ascrivere tutta o parte di ogni cumulo ad un determinato rifiuto utilizzato per realizzarlo (illecitamente). A causa delle lavorazioni effettuate, non risulta quindi più possibile accertare se tutti o parte dei rifiuti di cui sono composti numerosi cumuli erano lecitamente recuperabili, visto che spesso sono stati utilizzati rifiuti dalle caratteristiche non note. Eventuali analisi e verifiche sui cumuli attuali non possono che essere inficiate dall’intima frammistione dei rifiuti originari, tale da non risultare rappresentative delle loro originarie caratteristiche, che risultano generalmente sconosciute….Da ciò consegue l’impossibilità a poter sottoporre i rifiuti che compongono i cumuli summenzionati (originati dalle suddette attività, non autorizzabili ed effettuate illecitamente, che hanno comportato diluizione dei contaminanti) ad operazioni di recupero”.

22. L’Agenzia inoltre ha chiarito che “I rifiuti di cui al precedente punto 3) – ossia i rifiuti depositati nel BOX13 Georil, BOX9, BOX8b e BOX3, Aggregato riciclato 0/30 mm (cumulo in adiacenza al cumulo ST3), Aggregato riciclato 0/30 mm (cumulo in adiacenza all’impianto di lavorazione), Aggregato riciclato 0/70 mm, Box Terre n.d.r.- per le motivazioni sopra rappresentate, possono, invece, essere destinati ad attività di recupero”.

23. Nella relazione di parte prodotta in giudizio dalla società -OMISSIS-, vengono invece formulate le seguenti conclusioni: “Tutti i materiali sopra descritti, sia rifiuti tal quali che già sottoposti a trattamento, risultano recuperabili dal punto di vista tecnico-prestazionale (riempimenti, rilevati, sottofondi stradali, drenaggi, misti cementati), in quanto nessun trattamento (viepiù il mero stoccaggio), valutato dal punto di vista tecnico come richiesto, ne ha compromesso la possibilità di recupero”.

24. Sennonché le conclusioni dei tecnici di parte, secondo cui in sostanza tutti i rifiuti presenti nell’impianto sarebbero recuperabili, sono generiche e non sono suffragate da elementi che consentano di poter condividere questa tesi, traducendosi, in definitiva, in una petizione di principio.

Non è suffragata da almeno un principio di prova la tesi dell’appellante secondo la quale l’Agenzia provinciale di protezione dell’ambiente nella individuazione dei rifiuti recuperabili si sarebbe attenuta ad un criterio di recuperabilità sul piano giuridico e non sul piano ontologico, come sostenuto nella memoria depositata in data 21 ottobre 2024.

Appare invece condivisibile quanto sostenuto dalla Agenzia, secondo cui le operazioni di trattamento dei rifiuti posti in essere dalla società, in contrasto con le prescrizioni contenute nella autorizzazione unica territoriale, abbiano comportato “un’incontrollata diluizione dei contaminanti tra i rifiuti ad oggi stoccati nei box presso lo Stabilimento e la creazione di cumuli di rifiuti di varia origine che per le loro caratteristiche non possono essere assoggettati ad operazioni di selezione e cernita, o comunque a lavorazioni, utili a ricostruire le condizioni originarie e a valutarne la previa ammissibilità a recupero”.

25. L’Agenzia ha inoltre evidenziato che per effetto di queste operazioni di trattamento non è “più possibile distinguere tra le diverse tipologie di rifiuto presenti nei cumuli, con ciò comportando l’impossibilità di separare (rectius, recuperare) le diverse tipologie di rifiuti, non sussistendo più, per la natura delle operazioni effettuate dalla Ditta, la possibilità di ascrivere tutta o parte di ogni cumulo ad un determinato rifiuto utilizzato per realizzarlo (illecitamente)…. Eventuali analisi e verifiche sui cumuli attuali non possono che essere inficiate dall’intima frammistione dei rifiuti originari, tale da non risultare rappresentative delle loro originarie caratteristiche, che risultano generalmente sconosciute….Da ciò consegue l’impossibilità a poter sottoporre i rifiuti che compongono i cumuli summenzionati (originati dalle suddette attività, non autorizzabili ed effettuate illecitamente, che hanno comportato diluizione dei contaminanti) ad operazioni di recupero”.

Il fatto che tutti i soggetti sottoposti a procedimento penale siano stati assolti dai reati ad essi contestati per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato non fa venir meno l’obbligo della società, che ha effettuato operazioni di trattamento dei rifiuti, che hanno comportato “un’incontrollata diluizione dei contaminanti” in violazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione unica territoriale (sul punto, in sostanza, non vi è contestazione da parte della società), di procedere allo smaltimento, mediante conferimento in discarica, dei rifiuti che, in ragione dei trattamenti cui sono stati illegittimamente sottoposti, non sono più recuperabili.

26. In conclusione, sulla base delle considerazioni di cui sopra, l’appello va accolto con riguardo al primo motivo; conseguentemente, in riforma parziale della sentenza di primo grado deve essere dichiarata l’improcedibilità della domanda di annullamento della ordinanza sindacale impugnata nella parte in cui ha riguardato anche rifiuti dei quali, con successiva nota dell’8 luglio 2021, il Sindaco del comune di -OMISSIS- ha ammesso la possibilità di recupero.

Per il resto, l’appello va respinto, con conferma (in parte qua) della sentenza impugnata.

27. Le spese del doppio grado di giudizio sono compensate per metà; per la parte residua, così come liquidata nel dispositivo, sono poste a carico della società -OMISSIS- s.r.l.

CONSIGLIO DI STATO, IV – sentenza 23.10.2025 n. 819

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