Autorizzazioni e concessioni – Istanza di rilascio o mantenimento del porto d’armi e valutazione della P.A. alla luce del bilanciamento tra sicurezza pubblica e interesse del privato

Autorizzazioni e concessioni – Istanza di rilascio o mantenimento del porto d’armi e valutazione della P.A. alla luce del bilanciamento tra sicurezza pubblica e interesse del privato

L’esponente rappresenta in fatto che egli, titolare per oltre venticinque anni della licenza di porto d’armi per difesa personale, successivamente – venute meno le ragioni che ne giustificavano l’autorizzazione – ha ottenuto una licenza di porto d’armi lunghe per uso di tiro al volo ai sensi del T.U.L.P.S. e della Legge n. 323/1969 senza mai riportare, sino all’episodio posto a fondamento del diniego impugnato in questa sede, alcuna contestazione. Il diniego di rinnovo della licenza, basato solo sulla supposta criticità ostativa costituita non da una condotta del titolare, bensì dallo stato psicologico della moglie, e sul rilievo che in data 15 luglio 2022 il Comando di Carabinieri di Castelnuovo, su impulso della Questura stessa, procedeva al ritiro ex art. 39 T.U.L.P.S. delle armi e delle munizioni detenute dal ricorrente, sarebbe illegittimo laddove incorre, tra l’altro, nell’illogicità della valutazione operata (sulla gravità dell’evento e sulle sue possibili conseguenze) e nel difetto di motivazione (sulla mancata considerazione della affidabilità complessiva del richiedente).

In particolare, la difesa attorea sottolinea che:

– la moglie del ricorrente stava attraversando un periodo di difficoltà psicologica in quanto afflitta da alcuni disturbi psichici, per i quali stava seguendo un percorso terapeutico, che la portavano talvolta ad assumere delle condotte esplosive di breve durata ma di forte intensità caratterizzate anche da un linguaggio verbale particolarmente accesso;

– si verificava un unico intervento di pubblica sicurezza in data 2 gennaio 2022 dagli agenti del Comando dei Carabinieri di -OMISSIS- i quali, a seguito di una chiamata della giovane figlia del ricorrente, si erano recati presso l’abitazione di quest’ultimo per intervenire a seguito di un alterco originato dalla Sig.ra -OMISSIS-, moglie del Sig. -OMISSIS-;

– oltre al ricorrente, a sua moglie e alla figlia, il giorno 2 gennaio 2022 erano presenti anche la madre e la sorella della Sig.ra -OMISSIS- i quali riferivano, come emerge dalla lettura del provvedimento impugnato, che quest’ultima “… stava attraversando un periodo di esaurimento nervoso e che per questo era sotto cura di farmaci”.

Stigmatizza la difesa attorea che, come rilevato dagli agenti intervenuti il 2 gennaio 2022, è stata la sola condotta della moglie del ricorrente, e non di quest’ultimo, ad aver originato l’alterco, che seppur caratterizzato da toni verbali particolarmente forti che avevano all’epoca turbato la figlia del ricorrente, non era certo sfociato in un episodio di violenza o avente carattere astrattamente delittuoso; inoltre, deporrebbe in senso contrario alla presupposta urgenza il fatto che solo dopo oltre sei mesi dal fatto i militari del Comando dei Carabinieri di Castelnovo Sotto, su impulso della Questura di Reggio Emilia, intervenivano ai sensi dell’art. 39, comma 2, T.U.L.P.S. a ritirare le armi e le munizioni detenute dal ricorrente in relazione al fatto del gennaio 2022.

L’esponente aggiunge che nella memoria endoprocedimentale seguita alla comunicazione ex art. 10-bis legge n. 241/1990 venivano evidenziate le descritte circostanze relative alla particolare situazione della moglie e veniva formalizzata la disponibilità del Sig. -OMISSIS- a collocare, su disposizione dell’Amministrazione competente, le armi e le munizioni di sua proprietà presso l’abitazione dei genitori (con accesso chiuso da porta blindata), in un locale solo a lui accessibile, al cui interno sarebbero state installate le due casseforti per la separata collocazione (armadi blindati già in uso al ricorrente). Ma i rilievi del ricorrente venivano disattesi dall’Amministrazione resistente che, con l’impugnato provvedimento del Questore di Reggio Emilia n. Cat. -OMISSIS-, confermava la propria valutazione e rifiutava la richiesta di rinnovo del porto d’arma lunga per uso di tiro al volo.

Stigmatizza la difesa attorea che tale valutazione è fondata sul rilievo dato all’episodio del gennaio 2022, nonché genericamente alla circostanza che le problematiche di natura psicologica in capo alla moglie determinerebbero un rischio concreto di abuso all’utilizzo delle armi, disattendendo in tal modo le osservazioni difensive del ricorrente con valutazione illogica.

Quanto alle motivazioni in diritto, la difesa attorea (“Dell’illegittimità del provvedimento impugnato”) articola plurime argomentazioni riferite alla violazione di legge per carenza di motivazione, anche in relazione agli artt. 11 e 43 T.U.L.P.S. che regolano il potere e la discrezionalità dell’Amministrazione in materia di rilascio di licenza di porto d’armi, ed all’ulteriore vizio di eccesso di potere per carenza e/o difetto d’istruttoria, illogicità e irragionevolezza della motivazione, sviamento di potere e violazione del principio di proporzionalità.

Quanto al primo profilo, l’esponente evidenzia che nel caso oggetto del presente giudizio, impregiudicata la sussistenza dei requisiti morali e della buona condotta in capo all’interessato per il porto ad uso sportivo di armi lunghe da fuoco, il richiamo all’art. 43 T.U.L.P.S. presente nel provvedimento impugnato è quindi da intendersi collegato unicamente ad un possibile di rischio di pericolo d’abuso delle medesime; tuttavia, tale pericolo non sussisterebbe perché le criticità rilevate afferiscono unicamente alla moglie del ricorrente, non potendo ciò dimostrare un rischio concreto ed attuale di abuso da parte del privato. Il fatto, quindi, sarebbe travisato nella sua gravità, fondandosi il diniego su di un unico episodio (in cui non si sono riscontrati indizi di reato) erratamente valorizzato dall’Amministrazione, che non avrebbe contestualizzato adeguatamente nella sua valutazione prognostica tale vicenda sotto un profilo logico ed aderente invece ai rilievi concreti emersi nel corso dell’istruttoria procedimentale.

Inoltre, le osservazioni difensive endoprocedimentali venivano disattese in ordine alla proposta di idoneo collocamento delle armi presso i genitori del ricorrente.

La difesa attorea, con le memorie difensive, ha aggiunto che con provvedimento emesso in data 19 febbraio 2024 la Prefettura di Reggio Emilia ha archiviato il procedimento amministrativo ex art. 39 T.U.L.P.S., avente ad oggetto il divieto di detenzione delle armi detenute dal ricorrente e conseguente restituzione delle stesse; in particolare, l’indicato atto prefettizio avrebbe ritenuto insussistente il pericolo di abuso delle armi, smentendo così l’impostazione della vicenda tratteggiata dalla Questura di Reggio Emilia nel provvedimento impugnato.

Illustrati i termini della questione prospettata da parte ricorrente, il Collegio esamina di seguito i contenuti della sequenza procedimentale.

Nel caso di specie il gravato diniego, contrariamente alla prospettazione attorea, non è articolato in ragione della specifica inaffidabilità del richiedente o della moglie, bensì, sulle “criticità in famiglia” che presentano “di per sé caratteri di gravità, concretezza ed attualità per la fattispecie” ciò impattando “risolutivamente sul giudizio di affidabilità connesso all’istanza in argomento”, come emerge già dalla comunicazione di avvio del procedimento laddove, in particolare, l’Amministrazione muove dalla considerazione che, data la tipologia di istanza volta all’utilizzo di armi, va “considerato anche il complessivo, concreto vissuto/contesto esistenziale ed ambientale”, nella specie ritenuto “utile e sufficiente a formulare un giudizio sfavorevole per il rilascio della licenza di che trattasi” perché il “contesto di vita familiare deve offrire assoluta sicurezza e garanzia per la tenuta e l’uso delle armi dovendo risultare perfettamente tranquillo, ordinato, privo di occasioni, momenti e avvenimenti rilevanti dal punto di vista dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica e della gestione delle armi”.

Quanto all’evento che ha originato le riferite considerazioni, l’impugnato provvedimento muove dall’istruttoria (come risulta già dalla comunicazione di avvio del procedimento) da cui sono emersi “significativi elementi ai fini dell’ordine e della sicurezza pubblica, relativi a problematicità e criticità in ambito familiare, maturati successivamente all’ultimo rilascio del titolo in argomento”, considerato il periodo di difficoltà psicologica della moglie “con disagi e litigi anche in famiglia, tali da ingenerare dubbi e perplessità per questa Autorità di P.S. sulla totale ed assoluta sussistenza del requisito-presupposto dell’affidabilità in tema di armi, sottesa al rilascio delle autorizzazioni in materia, ai sensi degli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S.”; l’Amministrazione precisa che, su nota della Questura medesima, il Comando Stazione C,C, di Castelnuovo di Sotto ha proceduto a ritirare le armi e le munizioni dell’esponente “al fine di evitare qualsiasi messa in pericolo dell’ordine e della sicurezza pubblica e dell’incolumità personale, dei familiari e collettiva”.

Il diniego impugnato, oltre alle considerazioni già formulate con la comunicazione ex art. 10-bis legge n. 241/1990, argomenta sulle osservazioni difensive dell’interessato in punto di gravità dell’episodio evidenziando che dalla annotazione redatta il 2 gennaio 2022 dai militari del N.O.R.M. della Compagnia C.C. di -OMISSIS-, in relazione all’intervento effettuato lo stesso giorno, intorno alle ore 11,45, presso la residenza familiare del ricorrente, su allerta telefonica della figlia, emerge che poco prima vi era stata una discussione tra moglie e marito nel corso della quale entrambi si erano spintonati e la moglie si era poi allontanata in auto a seguito della chiamata delle Forze dell’ordine “per evitare che la situazione potesse degenerare”; tutti i presenti (sorella e madre della moglie del ricorrente), poi, confermavano la delicata situazione psicologica della donna nonché la frequenza dei litigi e l’opportunità di consultare un medico per un percorso terapeutico nonché un legale per la procedura di eventuale separazione.

Da questi rilievi il provvedimento questorile di diniego inferisce il giudizio sfavorevole “atteso che l’affidabilità del cittadino in materia di armi richiede il concorso di un triplice ordine di fattori convergenti”, ossia l’irreprensibilità e l’immunità da mende anche remote, l’idoneità psico-fisica e l’inserimento in un contesto familiare ed ambientale tranquillo.

Il gravato atto controdeduce, altresì, in relazione alle osservazioni endoprocedimentali circa l’addotta insussistenza di dati clinici rilevanti sulla situazione psichica della moglie quale potenziale pericolo in termini di affidabilità, replicando che in mancanza di documentazione medica al riguardo, attesa la rilevanza e pregnanza della documentazione acquisita (atti di P.G. e di P.S.), non sarebbe possibile escludere pericoli in termini di affidabilità ex artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S.; segue, quindi, la precisazione che “nella fattispecie, invero, non possono essere ignorate da questo Ufficio le condizioni di fragilità, criticità e problematicità di cui innanzi, emergenti in componente il nucleo familiare dell’istante, che incidono sulla valutazione di opportunità di mantenimento sulla licenza di polizia, tenuto conto che nel caso in esame non sono escludibili, sia per il riferito familiare che per l’interessato, potenziali situazioni e/o accadimenti destabilizzanti e di possibile, concreto pericolo in termini di rapporti con le armi da fuoco”.

Quanto al prospettato diverso luogo di custodia delle armi, il provvedimento de quo evidenzia che la richiesta di rilascio del porto d’armi “presuppone la detenzione di armi nello stesso luogo (di residenza) dal quale/verso il quale le armi sono portate e riportate, trasportate e ri-trasportate” e che, in astratto, è consentita la detenzione, questione di competenza tuttavia della Prefettura, in altra sede rispetto alla residenza anagrafica (ad esempio il domicilio reale) di primaria e diretta pertinenza, disponibilità, effettività e responsabilità dell’interessato e non “presso l’abitazione di terzi” ancorché consanguinei e con armi in condizioni di “sicurezza passiva”.

Conclude, quindi, sul punto il provvedimento questorile precisando che la determinazione conclusiva deve vertere sulla concreta concessione/concedibilità di un titolo autorizzatorio che abilita al porto, trasporto, acquisto di armi e munizioni e materie esplodenti, sulla base del riconoscimento previo e pieno delle garanzie di cui agli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S.

Va, infine, osservato che il provvedimento prefettizio di archiviazione del procedimento di divieto di detenzione di armi, intervenuto (2024) successivamente al diniego di licenza di porto d’armi (2023), non poteva naturalmente essere preso in considerazione dalla Questura né può essere, di conseguenza, in questa sede scrutinato.

Giova, ai fini del decidere, richiamare il costante orientamento giurisprudenziale che ritiene sufficiente la acclarata sussistenza di un contesto familiare instabile quale elemento ostativo in materia di porto d’arma.

Come chiaramente precisato dalla decisione del consiglio di Stato, Sez. III, n. 625 del 28 gennaio 2025, «In materia di armi, è costante l’orientamento della Sezione di ritenere giustificato il ritiro della licenza o il divieto di detenzione allorquando l’Amministrazione abbia discrezionalmente, ma non irragionevolmente, valutato la concretezza e l’attualità del pericolo che il titolare della licenza potesse verosimilmente utilizzare in modo improprio le armi di cui era in possesso. Tale valutazione si connota in modo peculiare rispetto al giudizio che tradizionalmente l’Amministrazione compie nell’adottare provvedimenti permissivi di tipo diverso. La peculiarità deriva dal fatto che, stante l’assenza di un diritto assoluto al porto d’armi, nella comparazione degli interessi coinvolti assume carattere prevalente, nella scelta selettiva dell’Amministrazione, quello di rilievo pubblico, inerente alla sicurezza e all’incolumità delle persone, rispetto a quello del privato (Cons. Stato, n. 840/2023).

La fattispecie scrutinata dalla citata pronuncia atteneva ad un provvedimento adottato nei confronti di soggetto coinvolto in contrasti con familiari, inteso ad evitare“che una situazione obiettivamente rischiosa, per l’incolumità dei terzi e dello stesso appellante, potesse effettivamente degenerare, circostanza del tutto idonea a incidere negativamente sull’affidabilità nella detenzione e nel porto di un’arma da parte di un soggetto implicato nelle liti stesse e, pertanto, in grado di legittimare la decisione amministrativa – altamente discrezionale – di revocare una licenza del porto di fucile e di vietare la detenzione di armi e munizioni”. La decisione in esame delinea l’orientamento giurisprudenziale in materia richiamando la sentenza n. 10592/2023 della stessa Sezioneche, in un caso in parte analogo, ha affermato che “A maggior ragione, una forma penetrante di sindacato si impone a fronte di un’attività amministrativa che vede una scelta di opportunità afferente alla valutazione dei requisiti di legge. Anche qui la tutela giurisdizionale piena ed effettiva richiede un sindacato del giudice amministrativo pieno e particolarmente penetrante, che può estendersi sino al controllo dell’analisi dei fatti posti a fondamento del provvedimento, al fine di verificare se il potere attribuito all’Autorità amministrativa sia stato correttamente esercitato o presenti elementi di irragionevolezza o di erronea assunzione dei fatti. Nel caso di specie, il giudice amministrativo è chiamato a valutare la consistenza dei fatti posti a fondamento della determinazione dell’Autorità prefettizia in ordine all’esistenza dei requisiti di legge e al pericolo di abuso delle armi, di modo che il suo sindacato sull’esercizio della funzione amministrativa consenta non solo di vagliare l’esistenza o meno di questi fatti ma di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l’autorità amministrativa trae da essi secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva – e non sanzionatoria – della misura in esame … In linea generale, giova, innanzitutto, premettere che accesi contrasti e dissidi tra familiari costituiscono motivo idoneo e sufficiente per vietare la detenzione delle armi, potendo evidentemente determinare un concreto pericolo di abuso delle stesse e, dunque, incidere sull’affidabilità del titolare della licenza implicato nelle liti. Nella fattispecie, alla luce degli atti del presente giudizio, era indubbia, al momento dell’adozione dei provvedimenti impugnati, l’esistenza di una situazione di elevata conflittualità endofamiliare … È sulla base di tale quadro fattuale che l’amministrazione ha, del tutto ragionevolmente, formulato un giudizio di pericolo di abuso delle armi che, come poc’anzi ampiamente evidenziato, si fonda su ragionamento induttivo, di tipo probabilistico.

In tale prospettiva, quindi, non possono ritenersi in radice insussistenti o viziati i presupposti giustificativi del provvedimento de quo, in quanto l’Amministrazione ha accertato il pericolo che l’interessato potesse abusare delle armi in suo possesso (“La licenza può essere ricusata … a chi … non dà affidamento di non abusare delle armi”; art. 43, ultimo comma, del R.D. n. 773/1931), tenuto conto del fatto che il contesto familiare in cui lo stesso era inserito, con particolare riguardo ai rapporti con la moglie, si presentava oggettivamente caratterizzato da instabilità e dissidi e punteggiato da reiterati episodi conflittuali (appresi de relato dalle persone presenti: ricorrente, figlia, madre e sorella della coniuge), in occasione di uno dei quali è stato acquisito che i coniugi avevano tenuto condotte aggressive reciproche in un quadro di elevata conflittualità endofamiliare (tanto che moglie si era poi allontanata in auto a seguito della chiamata delle Forze dell’ordine da parte della figlia, incontestatamente, “per evitare che la situazione potesse degenerare”), come hanno potuto apprendere i Carabinieri intervenuti presso l’abitazione dell’esponente per sedare i litigi verificatisi tra i coniugi su allerta della figlia.

Né la eventuale documentazione medica relativa allo stato di salute psichica della coniuge risulta conferente alla tesi attorea, dovendo l’Autorità di Pubblica Sicurezza tutelare preventivamente l’incolumità pubblica e, in primis, quella di tutti i componenti della famiglia, da un potenziale abuso delle armi che, con ragionamento privo di vizi logici e assistito da articolata motivazione, è stato dall’Amministrazione ampiamente delineato, come innanzi esaminato; infatti, risulta non manifestamente irragionevole la considerazione che la conflittualità familiare possa comportare, come precisato nel diniego, “potenziali situazioni e/o accadimenti destabilizzanti” tali da costituire un pericolo di abuso delle armi.

Le illustrate considerazioni risultano dirimenti anche rispetto alla prospettata custodia “presso terzi” delle armi, in ragione delle ampie e non illogiche argomentazioni relative al pericolo di abuso in ragione del descritto contesto scaturente dalla situazione di conflittualità endofamiliare; come evidenziato dal provvedimento questorile, l’interesse primario sotteso all’autorizzazione richiesta è quello al corretto uso delle armi, che non può essere assicurato da mere condizioni di custodia “passiva” delle stesse ma deve essere presidiato dal soggetto titolare della licenza in assenza di condizioni pregiudizievoli al dominio sicuro ed affidabile sull’utilizzo dell’arma, nel presente caso sub specie del contesto familiare instabile. Del resto, la tranquillità dell’ambiente familiare costituisce una delle imprescindibili condizioni di affidabilità delineate pacificamente quali presupposti connotati di tassatività sostanziale ai fini autorizzativi (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, n. 1231 del 18 ottobre 2023: “Il rilascio di un provvedimento favorevole in materia di armi, munizioni et similia postula la convergenza di un triplice ordine di fattori, che devono essere cumulativamente riscontrabili: a) la condotta personale irreprensibile; b) l’equilibrio psico-fisico; c) la tranquillità e trasparenza dell’ambiente familiare e sociale (ex multis: T.A.R. Campania, sez. V, 6 aprile 2016 n. 1685; T.A.R. Calabria, 6 maggio 2003 n. 340)”).

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese di lite, attesa la peculiarità della vicenda nonché l’assenza di attività difensiva dell’Amministrazione costituita, possono essere compensate.

TAR EMILIA ROMAGNA – PARMA I – sentenza 21.10.2025 n. 427

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live