1. Si controverte su una gara per la concessione del servizio tributi del Comune di Guidonia su cui la sezione è già intervenuta con sentenza n. 2731 del 1° aprile 2025. Più in particolare:
1.1. La gara, bandita in data 21 giugno 2023 ed alla quale partecipavano solo TRE ESSE (gestore uscente del servizio) e Andreani Tributi, veniva annullata dal TAR Lazio in quanto: Tre Esse aveva presentato un contratto di avvalimento non valido (i requisiti prestati all’ausiliata non erano sufficienti); Andreani Tributi non aveva dal canto suo i requisiti richiesti dalla legge di gara, potendo vantare soltanto esperienze di “supporto alla gestione” e non di “gestione diretta” del tributo;
1.2. Solo Andreani Tributi appellava la sentenza ma questa sezione, con la citata decisione, rigettava l’appello;
1.3. Nelle more della nuova gara, il Comune di Guidonia riaffidava in data 7 agosto 2024 il servizio stesso a TRE ESSE (come detto precedente gestore) sino alla definizione della ulteriore procedura competitiva (senza un termine massimo). Tale affidamento veniva qualificato alla stregua di “proroga tecnica” e seguiva almeno una precedente proroga del 23 settembre 2023.
2. Andreani Tributi insorgeva avverso tale affidamento diretto e il TAR Lazio accoglieva il ricorso in quanto il nuovo affidamento andava considerato alla stregua di rinnovazione del contratto precedente e non di proroga tecnica, e ciò soprattutto in considerazione della diminuzione del corrispettivo dovuto a 3S. Dunque non v’era mera prosecuzione del precedente rapporto contrattuale ma una vera e propria rinegoziazione: di qui la assenza dei presupposti onde qualificare il nuovo rapporto in essere alla stregua di proroga tecnica. Detto questo, il rinnovo del rapporto contrattuale era stato inammissibilmente adottato a trattativa privata ossia in aperto dispregio delle regole dell’evidenza pubblica. Di qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto di riaffidamento del servizio in data 7 agosto 2024.
3. La sentenza del TAR Lazio formava oggetto di appello per erroneità nella parte in cui:
3.1. Non sarebbe stata considerata l’inammissibilità originaria del ricorso di primo grado in quanto Andreani Tributi (d’ora in avanti, AT) non sarebbe comunque in possesso della necessaria esperienza professionale nel campo della gestione dei tributi;
3.2. Non si sarebbe tenuto conto del fatto che la proroga del 7 agosto 2024 costituiva in sostanza “reviviscenza” di una proroga già disposta, nelle more della procedura competitiva poi conclusasi in modo negativo per il pregresso annullamento giurisdizionale di cui ai punti 1.1. e 1.2., in data 23 settembre 2023. Di qui la persistente applicazione del regime normativo, in tema di proroga contrattuale, di cui all’art. 106 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e la conseguente sussistenza di tutti i presupposti della proroga tecnica, primo fra tutti un ritardo non imputabile alla SA dovuto ad un improvviso avvicendamento dirigenziale nel settore tributi dell’amministrazione comunale interessata;
3.3. Non avrebbe considerato che la diminuzione dell’aggio contrattuale, ossia del corrispettivo in favore di 3S, sarebbe consentito dalla vigente legislazione contrattuale.
4. Si costituivano in giudizio il Comune di Guidonia (per chiedere l’accoglimento dell’appello) e AT per chiedere invece il rigetto dell’appello stesso.
5. Alla pubblica udienza del 18 settembre 2025, le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.
6. Tutto ciò premesso, l’appello di TRE ESSE (soccombente in primo grado e qui coadiuvato dal Comune di Guidonia) risulta infondato per le ragioni che verranno di seguito esposte.
7. Quanto al primo motivo di appello, con cui si contesta la mancata declaratoria di inammissibilità del giudizio di primo grado per assenza di interesse in capo ad AT (che sarebbe in ogni caso privo della esperienza necessaria a partecipare ad un ulteriore appalto), osserva il collegio che, secondo la giurisprudenza costante di questo Consiglio di Stato (sez. V, 27 ottobre 2005, n. 5996): “la qualità di impresa operante nel settore, che ha per oggetto un certo servizio del quale intende avvalersi la P.A., è idonea a radicare l’interesse ad impugnare le determinazioni che riguardano le modalità di conferimento e di svolgimento del servizio stesso (Sez. V 31 dicembre 1998, n. 1996; Sez. IV 3 febbraio 2001, n. 399; Sez. VI 7 maggio 2001, n. 2541; Sez. V 22 luglio 2002, n. 4012)”. Ed ancora: “In questo caso, con la contestazione della legittimità della soluzione adottata dalla pubblica amministrazione, chi ricorre agisce a tutela del suo interesse strumentale all’assegnazione del contratto con metodo concorrenziale”. Infine: “Quanto, poi, alla dimostrazione del possesso delle “capacità operative” paragonabili a quelle dell’impresa prescelta, si deve, in contrario, porre in rilievo che tale possesso non va comprovato al fine del riconoscimento della legittimazione ad impugnare la soluzione organizzativa adottata, ma in sede di successiva partecipazione alla gara e per riportarne l’aggiudicazione”. Si vedano sul punto anche le considerazioni contenute in Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2007, n. 6797, secondo cui – aderendo pienamente all’indirizzo sopra richiamato – le imprese operanti nel settore sono legittimate ad impugnare la delibera di affidamento di un servizio pubblico a trattativa privata né sono tenute a documentare il possesso di una capacità operativa paragonabile a quella del soggetto prescelto, trattandosi di elemento che assume rilevanza solo in sede di successiva partecipazione alla gara e di aggiudicazione. E in effetti nel caso di specie, al momento della proposizione del gravame avverso la decisione di riaffidamento temporaneo del contratto, non era certamente possibile conoscere i contenuti esatti della successiva legge di gara, sì da appurare l’assenza o meno dei predetti requisiti di partecipazione in capo ad AT.
Alla luce delle suesposte considerazioni, lo specifico motivo deve dunque essere respinto.
8. Il secondo ed il terzo motivo di appello vanno poi congiuntamente trattati per la loro intima connessione logica. Al riguardo osserva il collegio che:
8.1. Quanto al regime normativo applicabile (ossia decreto legislativo n. 50 del 2016 oppure decreto legislativo n. 36 del 2023) si rammenta che, ai sensi dell’art. 226, comma 2, del nuovo codice dei contratti, una volta che quest’ultimo ha definitivamente acquisito efficacia (1° luglio 2023,ai sensi dell’articolo 229, comma 2): “le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso. A tal fine, per procedimenti in corso si intendono: a) le procedure e i contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia”. Ebbene, nel caso di specie:
8.1.1. Il “bando” pubblicato in data 21 giugno 2023 (pacificamente ricadente nel regime del vecchio codice dei contratti atteso che il nuovo codice acquisiva efficacia a partire dal 1° luglio 2023, a norma dell’art. 229 in esso previsto) pur se non formalmente annullato in via giurisdizionale aveva comunque esaurito i propri effetti, in conclamata assenza di aggiudicatari, alla data del 7 agosto 2024 ossia al momento in cui è stato disposto un nuovo affidamento del servizio, sebbene in via temporanea, in capo a 3S;
8.1.2. Dal canto suo il “contratto” stipulato nel 2018 (e già prorogato almeno una volta in data 23 settembre 2023) non poteva essere suscettibile di mera prosecuzione, o meglio di reviviscenza, in quanto l’amministrazione ha dovuto effettuare una nuova valutazione in termini temporali ed organizzativi circa la ulteriore sussistenza dei presupposti onde giustificare un ulteriore atto di proroga;
8.2. Con ciò si vuole dire che, se l’intenzione della PA è stata quella di disporre in data 7 agosto 2024 una ulteriore “proroga tecnica”, tanto doveva avvenire nel rispetto dei parametri a tal fine prescritti dalla normativa e dalla giurisprudenza. Più in particolare tale proroga tecnica avrebbe dovuto: a) avere natura strettamente temporanea; b) essere strettamente preordinata all’espletamento di una gara successiva (la cui immediata indizione deve risultare impossibile); c) essere disposta alle stesse condizioni del contratto originario; d) rispondere a ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione: il ritardo nella indizione della gara, in altre parole, non deve essere imputabile alla PA (cfr., sul punto specifico dei presupposti della proroga tecnica: Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2024, n. 10549);
8.3. Ne consegue che la sussistenza di tali presupposti, attesa la natura eccezionale e straordinaria dello strumento della proroga tecnica, deve essere in concreto vagliata dalla PA ogniqualvolta si decida di farvi ricorso (circa la natura straordinaria dell’istituto e sulla necessità di puntuale motivazione in ordine alla ricorrenza dei necessari presupposti si veda, altresì, la sentenza di questa stessa sezione n. 7630 del 30 settembre 2025): di qui ancora la impossibilità di applicare meccanismi automatici (come la “mera prosecuzione” o la “reviviscenza” secca) idonei ad autorizzare, per qualsivoglia ragione, la proroga stessa pur se in precedenza già concessa. In altre parole, allorché si decida di prorogare per più volte un contratto preesistente non è sufficiente operare sic et simpliciter riferimento alle precedenti proroghe ma occorre, ogni volta, valutare la costante sussistenza dei presupposti partitamente indicati al punto 8.2. Pertanto, non è possibile applicare il criterio di continuità delle proroghe, pure adombrato dalla difesa dell’amministrazione comunale alla pag. 11 della memoria in data 19 maggio 2025, atteso che ad ogni scadenza e ad ogni eventuale estensione della proroga la PA deve effettuare e dunque anche ripetere la valutazione in concreto circa la sussistenza dei ridetti presupposti;
8.4. Ne consegue ulteriormente che l’esercizio del potere di proroga, ogniqualvolta si decida di farvi ricorso per le ragioni sopra evidenziate, è soggetto al principio tempus regit actum e deve dunque soggiacere alla normativa ratione temporis vigente al momento del suo esercizio, pur se a seguito di annullamento giurisdizionale;
8.5. Ciò è del resto coerente con quel dato orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2015, n. 2470) secondo cui, in particolare: “Il principio di legalità e la regola tempus regit actum, che di esso costituisce corollario, impongono l’applicazione delle leggi esistenti nel momento in cui i singoli atti della procedura sono stati posti in essere. Anche nel caso di riesercizio del potere, successivamente all’annullamento giurisdizionale, deve trovare applicazione la normativa vigente in tale momento. La funzione amministrativa ha, infatti, «una dimensione dinamica che impone un costante adeguamento del rapporto regolato dall’amministrazione, in un determinato momento storico, al mutamento degli assetti organizzativi, procedimentali e sostanziali che il legislatore intende assicurare» (Cons. Stato, sez. VI, 26 marzo 2014, n. 1472)”;
8.6. Ricapitolando su tale specifico punto:
8.6.1. La proroga tecnica è strumento eccezionale che soggiace al ricorso di taluni specifici presupposti;
8.6.2. Allorché la PA decida di ricorrere più volte al meccanismo della proroga tecnica, la sussistenza dei suddetti presupposti deve essere valutata in concreto ad ogni eventuale estensione della proroga stessa;
8.6.3. Al momento di ogni possibile estensione della proroga si applica la normativa ratione temporis vigente, in base al principio tempus regit actum;
8.7. Alla luce di quanto sopra riportato, poiché al momento della ulteriore estensione della proroga tecnica (7 agosto 2024) era senz’altro vigente il decreto legislativo n. 36 del 2023 (la cui efficacia decorreva dal 1° luglio 2023) va da sé che la disposizione da applicare in tema di proroga tecnica era non quella di cui all’art. 106, comma 11, del decreto legislativo n. 50 del 2016 ma, piuttosto, quella di cui all’art. 120 del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2023;
8.8. Ciò detto, il suddetto art. 120 del nuovo codice dei contratti pubblici prevede due tipologie di proroga:
8.8.1. Una c.d. “opzione di proroga” (art. 120, comma 10), la quale deve essere espressamente prevista nella documentazione di gara e comporta, in tal caso, la applicazione delle medesime condizioni contrattuali salvo non vi siano condizioni di mercato più favorevoli per la stazione appaltante. L’opzione delle più favorevoli condizioni di mercato deve comunque essere contemplata dai “documenti di gara” (e tanto a differenza della procedente versione di cui all’art. 106, comma 11, del decreto legislativo n. 50 del 2016, il quale prevedeva, sempre in tema di “proroga”, la possibilità di applicare condizioni più favorevoli per la stazione appaltante anche in mancanza di una espressa previsione in tale senso nella relativa documentazione di gara);
8.8.2. Una “proroga tecnica” in senso stretto (art. 120, comma 11) la quale è consentita in caso di oggettivi ed insuperabili ritardi della PA, per il tempo strettamente necessario alla definizione della procedura di gara, in presenza di particolari interessi pubblici di matrice costituzionale e ferme restando le stesse condizioni contrattuali (si veda ancora, sul punto dei presupposti della proroga tecnica, la citata sentenza di questa stessa sezione n. 7630 del 30 settembre 2025). Tale ultima previsione (medesime condizioni contrattuali) non è altrimenti derogabile neppure in melius per la PA, mediante la applicazione di più basse remunerazioni per l’appaltatore, e ciò dal momento che le ragioni della eventuale proroga sono indipendenti dalla volontà di quest’ultimo;
8.9. Nel caso di specie nessuna delle due ipotesi normative ricorre dal momento che:
8.9.1. La c.d. “opzione di proroga” non era applicabile in quanto il contratto del 10 luglio 2018 (art. 2) e il relativo capitolato del 2017 (cfr. paragrafi 2 e 14) prevedevano, sì, la proroga eventuale ma non anche la possibilità di applicare condizioni di mercato più favorevoli per la PA (cfr. allegati 5 e 6 della produzione documentale di parte appellante in data 7 maggio 2025);
8.9.2. Quanto alla “proroga tecnica”, anche a voler ammettere la presenza di ritardi oggettivi e insuperabili (ossia evidenti difficoltà organizzative riconducibili, in particolare, alla mancanza per sei mesi del dimissionario dirigente del settore finanziario e la successiva nomina di un soggetto che, in quanto appena arrivato, ha avuto bisogno di “ambientarsi”), nella specie sono stati tuttavia praticati più favorevoli prezzi, da Tre Esse, e tanto in aperto dispregio alle ridette disposizioni codicistiche di cui all’art. 120, comma 11;
8.10. Ne consegue, da quanto detto, che non sussistendo i presupposti per alcuna delle due proroghe di cui all’art. 120 del codice la PA ha de facto dato luogo ad un rinnovo contrattuale ma in evidente contrasto con i principi della evidenza pubblica: di qui la correttezza del ragionamento del giudice di primo grado ed il conseguente rigetto, altresì, del secondo e del terzo motivo di appello.
9. Per tutte le ragioni sopra evidenziate, il ricorso in appello deve dunque essere rigettato.
10. La complessità delle esaminate questioni indice comunque il collegio a disporre la integrale compensazione, tra tutte le parti, delle spese del presente giudizio.
CONSIGLIO DI STATO, V – sentenza 17.10.2025 n. 8082