Giurisdizione e competenza – Omesso avviso di deposito della sentenza al difensoree regime di invalidità

Giurisdizione e competenza – Omesso avviso di deposito della sentenza al difensoree regime di invalidità

1. Il ricorso (i cui motivi possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione) è fondato per le ragioni di seguito indicate.

2. Invero, come risulta dall’esame degli atti (che questa Corte è autorizzata ad effettuare in ragione del vizio lamentato), in data 10 settembre 2019 C.D.A. aveva depositato presso la cancelleria del Tribunale di Pescara, con riferimento al procedimento penale conclusosi con la sentenza sopra indicata, la nomina dell’avv. M.L. quale nuovo difensore di fiducia con contestuale revoca di ogni precedente nomina ed elezione di domicilio presso lo studio del citato difensore. Ciò nonostante, l’avviso di deposito della sentenza del Tribunale di Pescara (avvenuto oltre il termine di sessanta giorni indicato nel dispositivo) era stato effettuato il giorno 9 dicembre 2021, a mezzo p.e.c., all’avv. C.B. pur non essendo più difensore o domiciliatario dell’imputata.

Lo stesso avvocato aveva poi proposto appello nonostante, come visto, il mandato gli fosse stato revocato sin dal 10 settembre 2019.

3. Ciò posto, deve ricordarsi che il più alto consesso di questa Corte ha stabilito che il condannato con sentenza pronunciata in assenza che intenda eccepire nullità assolute ed insanabili, derivanti dall’omessa citazione in giudizio propria e/o del proprio difensore nel procedimento di cognizione, non può adire il giudice dell’esecuzione per richiedere ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen. in relazione ai detti vizi, la declaratoria di illegittimità del titolo di condanna e la sua non esecutività. Può, invece, proporre richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629-bis cod. proc. pen., allegando l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che possa essere derivata dalle indicate nullità (Sez. U, n 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Lovric, Rv. 280931 – 01).

3.1. Tuttavia, le stesse Sezioni Unite hanno chiarito (pagg. 25 e ss. della citata sentenza Lovric) che la considerazione testuale e sistematica dell’attuale contesto normativo indica tuttora uno spazio di autonoma rilevanza e di utilità processuale dell’incidente di esecuzione, volto a contestare la non esecutorietà del titolo, quando si deducano: a) vizi attinenti alla notificazione del decreto penale di condanna; b) vizi di omessa o illegittima notificazione dell’avviso di ritardato deposito della sentenza ai sensi dell’art. 548, comma 2, cod. proc. pen. (caso verificatosi nella fattispecie); c) vizi di omessa o illegittima notificazione dell’estratto della sentenza di condanna, emessa nei confronti dell’imputato contumace, ex art. 548, comma 3, cod. proc. pen., il cui processo resta soggetto alla previgente regolamentazione, perché pronunciata prima dell’introduzione dell”‘assenza” e della disciplina transitoria di cui all’art. 15-bis della legge 11 agosto 2014, n. 118 (Sez. 1, n. 1552 del 12/11/2018, Guerrazzi, Rv. 274795; Sez. 1, n. 21735 del 22/12/2017, dep. 2018, Domanico; Sez. 1, n. 8654 del 21/12/2017, dep. 2018, Frezza, Rv. 272411; Sez. 1, n. 20485 del 08/03/2016, Sannino, Rv. 266944). Pertanto, anche il terzo comma dell’art. 670 cod. proc. pen. ha un ambito di applicazione ridotto, limitato all’ipotesi in cui il titolo sia costituito dal decreto penale di condanna, il destinatario non ne abbia avuto tempestivamente effettiva conoscenza ed intenda proporre opposizione. È questo l’unico caso per il quale il comma 2 dell’art. 175 cod. proc. pen., come riformulato dalla legge n. 67 del 2014, contempla ancora la restituzione nel termine per proporre impugnazione e che, a sua volta, giustifica il permanente significato dell’art. 670, comma 3, cod. proc. pen.. La disposizione dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nel testo previgente conserva un residuo spazio applicativo in relazione ai procedimenti contumaciali trattati e definiti nei gradi di merito prima dell’entrata in vigore della legge n. 67 del 2014, poiché la «nuova disciplina sul procedimento in assenza, e in particolare il rimedio della rescissione del giudicato di cui all’art. 625-ter cod. proc. pen., si rivolge espressamente a regolare gli effetti di atti processuali posteriori alla sua entrata in vigore, con la conseguenza che a regolare gli effetti degli atti processuali precedenti non possono che provvedere le disposizioni vigenti al momento della loro verificazione» (Sez. U., Burba, cit.; Sez. 5, n. 10433 del 31/01/2019, Donati, Rv. 277240). Infine, la rassegna degli strumenti di garanzia a tutela dell’imputato non presente al processo si completa con la possibilità di un’ulteriore applicazione dell’art. 175, comma 1, cod. proc. pen. nei casi in cui l’assenza incolpevole abbia riguardato non l’intero corso del processo, ma il solo grado di appello, per effetto di vizi riguardanti la notificazione degli atti introduttivi del giudizio. Questa Corte con la sentenza Sez. 5, n. 29884 del 15/09/2020, Nocera, ha ritenuto ammissibile l’istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza di appello e l’ha accolta a ragione della ravvisata situazione di caso fortuito o forza maggiore (art. 175, comma 1, cod. prod. pen.), che aveva impedito ad imputato e difensore di partecipare al processo di appello e di avere conoscenza della sentenza che l’aveva definito. Ha, altresì, condiviso il prospettato impedimento ad esperire il rimedio della rescissione del giudicato, perché l’assenza si era verificata soltanto in un grado e non per tutto il corso del processo. La conclusione e l’ iter logico­ giuridico che la sorregge meritano adesione perché, nell’apprezzabile sforzo di assicurare adeguata tutela all’imputato rimasto assente non per propria libera scelta in un solo segmento dello sviluppo del rapporto processuale, mostra corretta considerazione dei limiti applicativi dell’istituto disciplinato dall’art. 629- bis cod. proc. pen. ed al contempo individua una via praticabile ed efficace per assicurargli la possibilità di impugnare la sentenza di cui non ha avuto notizia.

3.2. Premesso quanto sopra, si rileva che il giudice dell’esecuzione ha erroneamente ritenuto che l’omessa notificazione dell’avviso di deposito al difensore fosse stata sanata dalla successiva presentazione dell’appello; infatti, l’omessa notifica al difensore dell’avviso di deposito della sentenza, ex art. 548, comma 2, del codice di rito determina una nullità, ai sensi dell’art. 178, lett. e), cod, proc. pen. con la conseguente non decorrenza dei termini per la proposizione dell’impugnazione nei confronti del difensore non regolarmente avvisato e la nullità per derivazione degli atti successivi, come il decreto di citazione in appello o la sentenza emessa all’esito del relativo giudizio.

3.3. Tale nullità può essere sanata dalla presentazione della successiva impugnazione personale da parte dell’imputato o da parte di un eventuale codifensore, ma non certo dalla impugnazione da parte di un soggetto privo della qualità di difensore, come verificatosi nella fattispecie (Sez. 1, n. 2613 del 20/12/2004, dep. 2005, Bolognino, Rv. 230534; Sez. 6, n. 50332 del 12/06/2013, Barba, Rv. 258494; Sez. 4, n. 31290 del 16/04/2013, E., Rv. 256090; Sez. 3, n. 38193 del 27/04/2017, U., Rv. 270952; Sez. 5, Sentenza n. 44863 del 07/10/2014, Barba, Rv. 261314).

4. L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Pescara, in funzione di giudice dell’esecuzione, per nuovo esame della istanza sopra indicata nel rispetto dei principi sopra indicati.

Cass. pen., I, ud. dep. 15.10.2025, n. 33830

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