Con il primo motivo si deduce la violazione degli art. 122 cod. ass. e 13 Direttiva 2009/103, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. In particolare, la Corte d’appello avrebbe adottato una decisione errata sotto due profili.
La sentenza avrebbe violato l’art. 13 della Direttiva 2009/103, per avere negato il diritto al risarcimento del danno a tre soggetti terzi danneggiati dal sinistro, uno dei quali trasportato, in contrasto col contenuto della suddetta norma e della giurisprudenza eurounitaria. L’art. 12, comma 1, della citata Direttiva 2009/103/CE al comma 2: prevede che “i membri della famiglia dell’assicurato, del conducente o di qualsiasi altra persona la cui responsabilità civile sia sorta a causa di un sinistro e sia coperta dall’assicurazione di cui all’articolo 3, non possono essere esclusi, a motivo del legame di parentela, dal beneficio dell’assicurazione per quanto riguarda i danni alle persone”.
Secondo i ricorrenti, la persona trasportata su un veicolo a motore, che abbia subito danni in conseguenza di un sinistro, ha diritto ad essere risarcita a prescindere dalla sua qualità di proprietario del veicolo o di congiunto del responsabile.
B.S.R. era una persona trasportata ed ha subito un danno alla salute. La circostanza di essere erede del conducente del veicolo (OMISSIS), P.S.M., (responsabile del sinistro) sarebbe irrilevante al fine di escludere o limitare il diritto al risarcimento, perché questo diritto – giusta la previsione dell’art. 12 Direttiva 2009/103, – non soffre eccezioni.
La Corte d’appello avrebbe, altresì, violato il diritto comunitario nella parte in cui ha negato ai congiunti il diritto al risarcimento del danno in conseguenza della morte della rispettiva figlia e sorella, trasportata sul veicolo condotto dal marito e padre. La vittima secondaria che perda una persona cara in conseguenza d’un sinistro stradale deve considerarsi “terzo danneggiato” ai sensi dell’art. 12 Direttiva 2009/103, sopra citata. Ed il “terzo danneggiato” ha diritto al risarcimento dei danni causati da un sinistro stradale: a nulla rilevando che sia anche proprietario del veicolo.
In sostanza, secondo i ricorrenti, l’assicuratore non può opporre al danneggiato la qualità di proprietario del veicolo ovvero di erede del responsabile, al fine di escludere o ridurre il risarcimento.
Anche la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. III, 2.2.2010 n. 2362 e Cass. civ., sez. III, 19.1.2018 n. 1269) ha ribadito che “la disciplina di diritto interno deve essere interpretata in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, alla luce della quale la qualità di vittima-avente diritto al risarcimento prevale su quella di assicurato responsabile”.
Il principio è derogabile in due casi: a) quando il risarcimento sia richiesto dallo stesso responsabile del sinistro, come nel caso del conducente il quale, per propria colpa uccida un prossimo congiunto, come affermato dalle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 30.11.2022 n. 35318); b) oppure quando la persona della cui morte il danneggiato chieda di essere risarcito abbia fornito un contributo causale alla propria stessa morte, ex art. 1227 c.c. (Cass. civ., sez. III, 12-04-2017).
Nel caso di specie B.S.R. era trasportata, ed i danni da lei patiti (danno alla salute e danno da morte) non erano stati provocati dalla vittima a se stessa. Gli altri due ricorrenti, figli del conducente, non erano neppure trasportati. Dall’altro lato, la persona della cui morte i tre attori chiedevano di essere risarciti (la rispettiva figlia e la sorella) non era il conducente del veicolo, ma era anch’essa una trasportata, e come tale incolpevole della propria morte.
Con il secondo motivo si deduce la violazione degli art. 1253 e 2697 c.c., con riferimento all’art. 18 l. 218/95 ed ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c
La Corte territoriale avrebbe violato anche l’art. 1253 c.c., avendo rigettato la domanda per l’intero credito, e non solo per la quota ereditaria acquisita da ciascun danneggiato.
La Corte avrebbe erroneamente calcolato gli effetti dell’estinzione dell’obbligazione per confusione, sotto tre diversi profili. In primo luogo, l’estinzione della obbligazione per confusione avrebbe imposto l’accertamento della qualità di erede. La Corte d’appello, tuttavia non avrebbe accertato se gli odierni ricorrenti fossero eredi del responsabile, atteso che la morte di un congiunto produce l’effetto della chiamata all’eredità, mentre la qualità di erede si acquista solo per effetto di accettazione.
In secondo luogo, l’estinzione dell’obbligazione per confusione avrebbe imposto l’accertamento della quota ereditaria pervenuta a ciascuno dei danneggiati. Ed in questo caso la disciplina della successione è regolata dalla legge bulgara e la compagnia non ha allegato la disciplina concreta.
Infine, l’istituto della estinzione delle obbligazioni per confusione è stato erroneamente applicato giacché il conducente del veicolo su cui viaggiava B.S.R. non fu l’unico responsabile del sinistro, ma uno dei due corresponsabili.
Pertanto, se il fatto illecito è causato da due persone, ed il danneggiato è erede di una di esse, il credito risarcitorio del danneggiato erede potrà estinguersi per la quota di responsabilità gravante sul suo dante causa, e non per l’intero.
I motivi vanno trattati congiuntamente perché strettamente connessi e sono inammissibili per difetto di interesse.
I ricorrenti, infatti, hanno omesso di impugnare l’alternativa ed autonoma ratio decidendi, da sola sufficiente a sorreggere la statuizione di rigetto della domanda adottata dalla Corte di Appello di Bari.
Il giudice di secondo grado, infatti, dopo aver ritenuto l’obbligazione risarcitoria estinta per confusione, ha aggiunto, richiamando un proprio precedente sul punto, che peraltro “Il terzo trasportato su veicolo non assicurato coinvolto in un sinistro stradale non può esercitare l’azione diretta di cui all’art. 141 d.lgs. 209/2005 nei confronti dell’impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada (FGVS), atteso che tale impresa non può considerarsi impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo”.
Tale argomentazione, avente valenza assorbente, non è contrastata con il ricorso e rende irrilevanti le altre doglianze poiché presupposto necessario per esperire l’azione ex art. 141 CdA è che il veicolo del vettore sul quale il terzo era trasportato sia provvisto di copertura assicurativa.
Il ricorso è tutto teso a censurare la (ulteriore ed autonoma) statuizione di rigetto delle domande per confusione dell’obbligazione ai sensi dell’art. 1253 c.c. Le censure, pertanto, – quand’anche fossero fondate – non potrebbero comunque condurre all’annullamento della decisione stessa, stante la intervenuta definitività dell’altra ratio non efficacemente impugnata (Cass. sez. I, 13/07/2021, n. 19949 e, da ultimo, Cass. sez. III, 6/03/2023, n. 6613).
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
Cass. civ., III, ord., 15.10.2025, n. 27481