3. In primo luogo si sostiene con il regolamento di giurisdizione in esame l’intervenuto giudicato sulla giurisdizione del giudice contabile osservando che, nell’originario giudizio risarcitorio, L.M.M. aveva sostenuto l’erroneità della pronuncia gravata per non avere applicato o ritenuto applicabile alla fattispecie, relativa all’accertamento della responsabilità del medico e alla quantificazione del danno cagionato, la sopravvenuta e più favorevole disciplina introdotta dalla legge n. 24 del 2017, artt. 7 e 9, secondo cui l’importo della condanna «non può superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo».
Si rimarca, quindi, che nella menzionata ordinanza n. 25972 del 2023, questa Corte si era così pronunciata, con statuizione non impugnata, sulla detta giurisdizione: «Il motivo è manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza. Nel presente giudizio la ASP di (OMISSIS) non ha formulato alcuna domanda di regresso nei confronti di L.M.M. (né avrebbe potuto, trattandosi di questione devoluta alla giurisdizione del giudice contabile). Il ricorrente pertanto invoca la violazione di una norma (l’art. 9 l. 24/17) della quale il Giudice di merito non ha fatto, e non doveva fare, applicazione».
Il ricorrente prospetta, altresì, in ragione degli artt. 3,24,25,103,111, Cost., 28, primo comma, d.P.R. n. 761 del 1979, 13, r.d. n. 1214 del 1934, 1, legge n. 20 del 1994, 3, codice di giustizia contabile, nonché del d.P.R. n. 3 del 1957, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello contabile osservando che, anche in forza degli argomenti evincibili dall’art. 9 della legge n. 24 del 2017, dovrebbe superarsi la ricostruzione del “doppio binario” che afferma la reciproca indipendenza delle azioni risarcitoria civile e di responsabilità amministrativa contabile. Con lettura costituzionalmente orientata, dovrebbe pertanto ricondursi a unità la tutela giurisdizionale, portando a compimento l’ampiezza della cognizione del giudice contabile, senza lasciare sul punto spazio a scelte discrezionali da parte dell’amministrazione istante, conclusivamente determinanti una superfetazione di giudizi.
4. Le argomentazioni a favore della giurisdizione del giudice contabile non sono accoglibili, dovendosi invece dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario.
Dev’essere subito osservato che la prospettata sussistenza di un giudicato, esterno, sulla sussistenza della giurisdizione del giudice contabile, è manifestamente infondata.
Basterà sottolineare che nell’originario giudizio risarcitorio, cui è relativa l’azione, da qualificare di regresso, che ha incardinato il giudizio relativamente al quale è stato proposto il regolamento in scrutinio, non vi è stata alcuna pronuncia sul punto non essendo stata proposta alcuna domanda in tal senso come rilevato nel medesimo provvedimento e, infatti, non revocato in dubbio neppure nel ricorso in questa sede in scrutinio.
Del resto, non è logicamente configurabile un giudicato sulla giurisdizione in tesi formato in giudizio diverso da quello in cui, in base alla medesima prospettazione, è stata avanzata la domanda in questione (giudicato che, peraltro, come osservato in memoria dalla Procura Generale, avrebbe determinato l’inammissibilità del regolamento).
5. Ciò posto, dev’essere sottolineato che la domanda pendente davanti al Tribunale di (OMISSIS) è, come detto, non un’azione di rivalsa come prospettato da parte ricorrente, bensì un’azione di regresso, poiché, come desumibile dalla prodotta citazione notificata nel 2016 (pagg. 2-4), l’A.S.P. di (OMISSIS) attrice ha chiesto di ripetere, dal dottor L.M.M., la sua quota parte del debito solidale derivante dalla sentenza di condanna risarcitoria pronunciata a titolo di responsabilità sanitaria.
5.1. È opportuno osservare che, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, la struttura sanitaria risponde per fatto proprio, ai sensi dell’art. 1228, cod. civ., del danno da malpractice ripartito tra essa stessa e il sanitario, (Cass., 11/11/2019, n. 28987, Cass., 20/10/2021, n. 29001, e succ. conf. tra cui, ad esempio, Cass., 07/11/2024, n. 28642).
La ricostruzione è dunque quella di una fattispecie di responsabilità “diretta”, la quale trova fondamento nell’assunzione del rischio per i danni che al creditore possono derivare dall’utilizzazione di terzi nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale, e che deve essere distinta dalla responsabilità “indiretta” per fatto altrui, di natura oggettiva, in base alla quale l’imprenditore risponde, per i fatti dei propri dipendenti, a norma dell’art. 2049 cod. civ.
In questo quadro, la suddetta giurisprudenza di legittimità discorre di rivalsa della struttura, “direttamente” responsabile, nei confronti del medico dipendente, differenziandola dal diritto di regresso che propriamente presuppone la nascita di un’obbligazione, avente il medesimo titolo, in capo ai condebitori solidali a séguito dell’integrale adempimento dell’obbligazione da parte di uno di essi.
5.2. In punto di giurisdizione questa Corte ha pure di recente ribadito (v., Cass., Sez. U., 12/10/2020, n. 21992, pagg. 6 e seguenti, menzionata anche in ricorso) che:
a) nel caso di domanda di “manleva” svolta dall’azienda sanitaria pubblica nei confronti del medico dipendente per rivalersi dell’obbligazione passiva sorta a suo carico per responsabilità propria quale ente agente per il tramite del medico, «viene in rilievo», in tesi e appunto, «l’azione di rivalsa di una pubblica amministrazione (Azienda ospedaliera) nei confronti di soggetto ad essa legato da rapporto di servizio (il sanitario che in essa presta la propria opera come dipendente) per il danno dalla prima subito a séguito di condanna risarcitoria in favore del terzo danneggiato per fatto del dipendente stesso (ossia, per l’errore medico che ha provocato il danno alla salute), che viene a configurarsi come danno erariale indiretto»;
b) secondo il passato orientamento di queste Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 04/12/2001, n. 15288, in cui si menziona Cass., Sez. U., 15 luglio 1988 n. 4634), qualora un ente ospedaliero, ovvero un’Unità Sanitaria Locale, dopo l’attuazione della legge 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, venga condannato al risarcimento del danno subìto da un assistito in relazione a fatto colposo del proprio dipendente, e poi agisca in rivalsa nei confronti del dipendente medesimo, la relativa controversia spetta alla cognizione della Corte dei conti, atteso che la giurisdizione di tale Corte, secondo la previsione dell’art. 52, r.d. n. 1214 del 1934 e dell’art. 103 della Costituzione, non si riferisce ai soli fatti inerenti al maneggio di denaro, ma si estende ad ogni ipotesi di responsabilità per pregiudizi economici arrecati allo Stato o ad enti pubblici da persone legate da vincoli di impiego o di servizio e in conseguenza di violazione degli obblighi inerenti a detti rapporti;
c) l’indirizzo richiamato, però, è stato superato, consolidando il diverso principio per cui l’azione di responsabilità contabile nei confronti dei sanitari dipendenti di un’azienda sanitaria non è sostitutiva delle ordinarie azioni civilistiche di responsabilità nei rapporti tra amministrazione e soggetti danneggiati, sicché, quando sia proposta da una azienda sanitaria domanda di manleva nei confronti dei propri medici, non sorge una questione di riparto tra giudice ordinario e contabile, attesa l’autonomia e non coincidenza delle due giurisdizioni (Cass., Sez. U., 18/12/2014, n. 26659);
d) questo orientamento trova rispondenza in quello (v., ad esempio, Cass., Sez. U., 19/02/2019, n. 4883 e, prima Cass., Sez. U., 18/12/2014, n. 26659, poi Cass., Sez. U., 23/11/2021, n. 36205 e Cass., Sez. U., 14/04/2023, n. 9988) a mente del quale la reciproca indipendenza dell’azione di responsabilità per danno erariale e di quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario si giustifica per la diversità degli interessi rispettivamente tutelati: la prima volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della p.a. e al corretto impiego delle risorse, con funzione prevalentemente sanzionatoria; la seconda, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare dell’amministrazione attrice; di qui, pertanto, il rilievo per cui le eventuali interferenze tra i due giudizi integrano una questione non di giurisdizione ma di proponibilità dell’azione di responsabilità innanzi al giudice contabile, sempre che non sia contestata dinanzi a quest’ultimo la configurabilità stessa, in astratto, di un danno erariale, in relazione ai presupposti normativamente previsti per il sorgere della responsabilità amministrativa contestata dal P.G. contabile, nel qual caso si configura una questione di giurisdizione risolvibile dalle Sezioni Unite, essendo posta in discussione la potestas iudicandi del giudice contabile, la cui definizione è rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario, non essendo la Corte dei conti «il giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela da danni pubblici» (Corte cost., sentenze n. 355/2010, n. 46/2008 e n. 641/1987);
e) né può interferire, sulla questione di giurisdizione in esame, l’art. 9, comma 5, della legge 24 del 2017 – quale che sia la portata, in termini di esclusività o meno della giurisdizione della Corte dei conti, di detta disposizione che intesta al pubblico ministero contabile l’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell’esercente la professione sanitaria in caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato contro la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica cui il sanitario stesso sia legato da rapporto di servizio – quando si tratti di norma intervenuta, come nell’ipotesi, successivamente alla proposizione della domanda (avvenuta con la citazione notificata e depositata nel 2016), cui l’art. 5, cod. proc. civ., impedisce di dare rilievo.
La giurisprudenza in parola, fondata sulla ricostruzione specificata sub c), ribadita ancor più di recente da queste Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 26/06/2024, n. 17634) ha trovato, in termini, ulteriore avallo nella più prossima giurisprudenza costituzionale in cui è stato ancora una volta affermato che «l’azione di responsabilità per danno erariale promossa dal PM dinanzi alla Corte dei conti e quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario restano reciprocamente indipendenti, anche quando investano i medesimi fatti materiali, poiché la prima è volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento della pubblica amministrazione e al corretto impiego delle risorse, e la seconda, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria e integralmente compensativa, a tutela dell’interesse particolare della amministrazione attrice (Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, ordinanze 23 novembre 2021, n. 36205 e 7 maggio 2020, n. 8634). Ciò significa che un pubblico agente può essere convenuto affinché ne venga accertata la responsabilità per entrambi i titoli ovvero essere attinto da una soltanto delle due azioni, non sussistendo i presupposti per l’esercizio di entrambe, senza naturalmente che vi sia cumulo del danno risarcibile, erariale o civile» (Corte cost. n. 203 del 2022).
L’arresto n. 17634 del 2024 appena richiamato, anch’esso concernente una fattispecie soggetta al regime anteriore alla legge n. 2 del 2017, ha peraltro evidenziato che il comma 5 dell’art. 9, pur introducendo alcune disposizioni specifiche volte a tutelare maggiormente gli esercenti la professione sanitaria rispetto agli altri dipendenti pubblici, s’inserisce in modo coerente nel generale quadro legislativo della responsabilità amministrativa e non a caso richiama l’art. 1, comma 1-bis della legge n. 20 del 1994 e l’art. 52 del r.d. n. 1214 del 1934.
In questa pronuncia, infine, è stata coerentemente esclusa ogni possibilità di rilievo del principio del ne bis in idem tra azione di responsabilità civile e azione di responsabilità amministrativa (evocando Cass., Sez. U., 08/07/2020, n. 14230, Cass., Sez. U., 05/08/2020, n. 16722, Cass., Sez. U., 23/11/2023, n. 32523), aggiungendo (pag. 11) che «l’applicazione dell’art. 4 del Protocollo addizionale n. 7 alla CEDU è limitata alle sanzioni che assumono natura penale, sia pure in senso convenzionalmente inteso (si rimanda sul punto alla sintesi della giurisprudenza della Corte EDU che si legge nella motivazione di Corte Cost. 16 giugno 2022 n. 149). Ne discende che il principio invocato non è applicabile nella fattispecie, giacché la stessa Corte di Strasburgo ha ritenuto che l’azione per responsabilità erariale non riguarda «une accusation en matière pénale» bensì ha carattere risarcitorio (…à la lumière de ses conséquences patrimoniales et de sa nature compensatoire, la procédure litigieuse avait pour objet une «contestation sur [l]es droits et obligations de caractère civil » du requérant – Corte EDU 13 maggio 2014, Rigolio contro Italia, punti 38 e 39)».
5.3. Ora, nella fattispecie:
i) non viene in rilievo la contigua questione della domanda di rivalsa dell’azienda sanitaria nei confronti del medico dipendente in ragione della propria responsabilità;
ii) diversamente, si versa nell’ipotesi in cui l’azienda sanitaria ha adempiuto al pagamento integrale del debito solidale e chiede, come detto, in via di regresso, il pagamento della quota parte di debito riferita al condebitore, su cui, in coerenza sistematica con le conclusioni esposte sub 5.2., sussiste a maggior ragione la giurisdizione del giudice ordinario.
Quest’ultimo profilo, difatti e al contempo, così conformato dalla statuizione giudiziale che permette al creditore di rivolgersi per l’intero a ogni condebitore, assorbe anche quello, nell’ipotesi neppure oggetto di una tale specifica domanda, del distinto pregiudizio, in tesi ipotizzabile in capo al soggetto pubblico, per essere stato costretto a pagare anche la quota parte del debito del dipendente, il cui ritardo nell’adempiere al regresso, infine, non rileva, nella prospettiva della suddetta domanda, come condotta del dipendente medesimo nel quadro del rapporto di servizio, bensì come condotta puramente civilistica del condebitore in parola, come tale non soggetta ai limiti della rivalsa amministrativa.
Va infine aggiunto che a nulla rileva la deduzione, formulata in memoria dall’A.S.P. di (OMISSIS), secondo cui nel giudizio a quo sarebbe stata pronunciata, successivamente alla proposizione del presente regolamento, sentenza con riconoscimento della giurisdizione ordinaria, poiché, fermo restando che nulla è stato prodotto sul punto, come più volte ribadito da queste Sezioni Unite l’emissione della sentenza da parte del giudice di merito non comporta il venir meno dell’interesse a coltivare il regolamento di giurisdizione precedentemente promosso, dovendosi considerare la predetta decisione come resa a cognizione sommaria, e pur sempre condizionata al riconoscimento della giurisdizione del giudice che l’ha pronunciata, all’esito della definizione del regolamento stesso (cfr. Cass., Sez. U., 07/11/2023, n. 31014, Cass., Sez. U., 22/10/2018 n. 26595, Cass., Sez. U., 11/05/2018 n. 11576; Cass., Sez. U., 10/02/2017 n. 3557): pertanto, la pronuncia resa dalle Sezioni Unite con regolamento preventivo di giurisdizione prevale sulla sentenza che contenga o implichi una decisione pure in ordine alla giurisdizione, eventualmente assunta del giudice di merito nelle more, anche se passata in giudicato, poiché detta pronuncia è condizionata alla decisione delle Sezioni Unite, e destinata a restare priva di effetti, se di segno contrario, sia sulla giurisdizione sia sulle questioni logicamente successive (Cass., Sez. U., 16/02/2024, n. 4242).
6. Ne consegue che va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
Spese al giudice di merito.
Cass. civ., Unite, ord., 14.10.2025, n. 27404