Giurisdizione e competenza – Decreto del D.G.S.I.A. e deposito ad un indirizzo in esso non compreso, quali conseguenze?

Giurisdizione e competenza – Decreto del D.G.S.I.A. e deposito ad un indirizzo in esso non compreso, quali conseguenze?

La verifica in ordine alla fondatezza delle doglianze passa per la preliminare soluzione della seguente questione giuridica, su cui si registra un contrasto attuale nella giurisprudenza della Corte: se nel sistema dell’art. 87-bis, comma 7, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sia ammissibile l’impugnazione trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica certificata non compreso nell’elenco previsto dal decreto del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del 9 novembre 2020, ma comunque riferibile all’ufficio giudiziario competente a riceverla, quando essa sia stata ricevuta e presa in carico dalla cancelleria del giudice competente entro il termine previsto per il deposito dell’impugnazione.

1. Nel caso in esame, con ordinanza del 20 maggio 2025, il Tribunale del riesame ha dichiarato l’impugnazione inammissibile ex art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n 150 del 2022, in quanto inviata non all’indirizzo di posta elettronica certificata (OMISSIS), indicato nel decreto del direttore della D.G.S.I.A. del 9 novembre 2020, ma a quello (OMISSIS), ivi non ricompreso.

Dalla lettura degli atti, cui la Corte può accedere attesa la natura del vizio dedotto (Sez. U, Sentenza n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220093), emerge, in effetti, che il messaggio di posta elettronica certificata cui il difensore dell’indagato ha allegato l’istanza di riesame è stato inviato all’indirizzo (OMISSIS) il 9 maggio 2025.

Sempre dalla lettura degli atti emerge che il 10 maggio 2025 il funzionario giudiziario ha attestato sulla prima pagina della richiesta di riesame che l’impugnazione è pervenuta via p.e.c. il 9 maggio 2025, e che è stata stampata il 10 maggio 2025.

L’ordinanza cautelare era stata eseguita il 29 aprile 2025.

Negli atti trasmessi dal giudice del merito non è presente la notifica dell’avviso di deposito dell’ordinanza, né altro atto che, offrendo pari certezza legale di accessibilità agli atti del procedimento, permetta di far decorrere il termine di cui all’art. 309 cod. proc. pen. esonerando il giudice dal dovere di accertare la conoscenza reale, da parte del destinatario di esso, di tutto quanto è oggetto di deposito (Sez. U, n. 18751 del 26/02/2003, Mario, Rv. 224183 – 01).

È presente, invece, una notifica al difensore della intervenuta nomina a difensore di fiducia, effettuata dalla polizia giudiziaria operante lo stesso 29 aprile, atto che, però, non permette di far ritenere avvenuta già in quella data la conoscenza del provvedimento e di quanto depositato nella cancelleria del giudice. Gli atti sono stati comunque conosciuti in occasione dell’interrogatorio di garanzia avvenuto nei termini di cui all’art. 294 cod. proc. pen.

Il ricorrente ammette di aver usato un indirizzo non ricompreso nel decreto del direttore della D.G.S.I.A., ma deduce che in un caso giurisprudenziale recente, relativo sempre ad una richiesta di riesame presentata al Tribunale di Palermo, ed in cui l’indirizzo di posta elettronica certificata usato per l’invio era lo stesso di quello oggetto del presente giudizio (OMISSIS) Sez. 6, n. 19415 del 17/04/2025, C., Rv. 288084 – 01, ha ritenuto che l’impugnazione proposta all’indirizzo errato di posta elettronica, ma pervenuta comunque per tempo all’ufficio destinatario, fosse da ritenere ammissibile.

2. Sulla questione del se sia ammissibile o meno l’impugnazione trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica certificata non corretto, ma seguita dalla presa in carico della stessa da parte della cancelleria del giudice competente entro il termine previsto per il deposito dell’impugnazione, vi è, come detto, un contrasto attuale nella giurisprudenza della Corte.

La norma di riferimento è l’art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150 del 2022, che dispone che “fermo restando quanto previsto dall’articolo 591 del codice di procedura penale, nel caso di proposizione dell’atto ai sensi del comma 3 del presente articolo l’impugnazione è altresì inammissibile: a) quando l’atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore; b) quando l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui al comma 1; c) quando l’atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari, personali o reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all’ufficio competente a decidere il riesame o l’appello”.

Questa norma era stata anticipata dall’art. 24, comma 6-sexies, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176. le cui disposizioni, in parte rifluite nell’attuale art. 87-bis, avevano già dato luogo ad un consistente contenzioso in sede di legittimità (v., per tutte, Sez. 1, n. 3320 del 25/10/2023, dep. 2024, G., non mass. Sez. 5, n. 26465 del 26/04/2022, Astra s.r.l., non mass.; Sez. 4, n. 47192 del 11/10/2022, Carpuz, Rv. 284010; Sez. 6, n. 46119 del 09/11/2021, M., Rv. 282346).

Nell’interpretare la norma dell’art. 87-bis, comma 7, in particolare, nell’interpretare la previsione della lett. c) sulla inammissibilità dell’impugnazione in caso di invio della stessa ad un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello corretto, la giurisprudenza della Corte ha già affrontato più volte la questione della sorte dell’impugnazione quando l’atto di impugnazione è, ciò nonostante, pervenuto nella cancelleria del giudice competente entro i termini.

Nella giurisprudenza della Corte sono emerse fattispecie riconducibili a tre ipotesi diverse:

(1) l’ipotesi in cui l’indirizzo di posta elettronica certificata, a cui è stata inviata l’impugnazione, appartiene ad un ufficio giudiziario diverso da quello competente a riceverla;

(2) l’ipotesi in cui l’indirizzo di posta elettronica certificata, a cui è stata inviata l’impugnazione, appartiene all’ufficio giudiziario competente a riceverla, ma non è ricompreso nel decreto D.G.S.I.A. del 9 novembre 2020;

(3) l’ipotesi in cui l’indirizzo di posta elettronica certificata, a cui è stata inviata l’impugnazione, appartiene all’ufficio giudiziario competente a riceverla, è ricompreso nel decreto D.G.S.I.A. del 9 novembre 2020, ma è diverso da quello deputato alla ricezione di questa tipologia di impugnazione.

Le tre ipotesi si distinguono tra loro per la differente ampiezza con cui la vicenda concreta si discosta dallo schema legale disegnato dal legislatore, in quanto la n. (1) è quella che si discosta di più dallo schema legale, la n. (3) è quella che di discosta di meno, la n. (2) – che è quella oggetto dell’odierno giudizio – dà vita ad una ipotesi intermedia.

3. Per la situazione n. (1), in cui l’indirizzo di posta elettronica certificata di destinazione appartenga ad ufficio giudiziario diverso da quello preposto a riceverla, ma l’impugnazione sia comunque pervenuta per tempo alla cancelleria del giudice competente, la giurisprudenza della Corte ha ritenuto che l’ampiezza con cui la vicenda si discosta dallo schema legale è tale che la previsione espressa di inammissibilità contenuta nell’art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150 del 2022 non possa essere superata in via interpretativa.

Per l’effetto, con l’ordinanza Sez. 1, n. 30075 del 01/07/2025, Arena, ha dichiarato “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 87-bis, commi 7, lett. c) e 8 d.lgs., n. 150 del 2022, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui sancisce l’inammissibilità dell’impugnazione trasmessa ad indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello prescritto (costituito dall’indirizzo assegnato all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato) pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il termine perentorio di proposizione”.

Nel caso oggetto dell’ordinanza appena richiamata l’impugnazione avrebbe dovuto essere inviata all’Ufficio del magistrato di sorveglianza di Bologna, che aveva emesso il provvedimento impugnato, al quale il direttore generale dei sistemi informativi ha assegnato l’indirizzo di posta elettronica (OMISSIS), mentre era stata inviata all’indirizzo (OMISSIS), che è riferito, invece, al Tribunale di sorveglianza di Bologna.

Nonostante l’errore, l’impugnazione era pervenuta, entro il termine di valida proposizione, all’Ufficio del magistrato di sorveglianza, a cui era stata trasmessa, per competenza, dalla cancelleria del Tribunale di sorveglianza, accortasi dell’invio erroneo.

L’ordinanza ha ritenuto che non potessero essere applicati al caso in esame i principi dettati da Sez. U, n. 1626 del 24/09/2020, dep. 2021, Bottari, Rv. 280167, sulla valorizzazione del favor impugnationis e del principio del raggiungimento dello scopo dell’atto, perché dettati per il deposito dell’impugnazione in forma cartolare e non telematica, e soprattutto perché espressi in un contesto di regole non segnato, come invece l’attuale, dalla previsione di una specifica causa di inammissibilità.

L’ordinanza ha anche rilevato che, in caso di errore nell’indicazione dell’indirizzo telematico, il testo dell’art. 87-bis, comma 7, lett. c), d.lgs. n. 150/2022, non prevede alternative alla conseguenza della inammissibilità, ed ha sollevato la questione di costituzionalità per una correzione di ciò che ha definito “eccessi di formalismo regolatorio delle disposizioni in esame”.

L’art. 87-bis, comma 7, lett. c), e comma 8, del d.lgs. n. 150/2022 avrebbe, infatti, introdotto nell’ordinamento una non giustificata prevalenza della correttezza formale delle modalità di invio dell’atto, rispetto alla sua correttezza sostanziale, in una materia strettamente attinente all’esercizio dei diritti difensivi, facendo dipendere da un mero errore, anche se di fatto sanato e pertanto privo di effettive conseguenze, la perdita del diritto di ottenere dal giudice dell’impugnazione una pronuncia di merito.

4. Per la situazione n. (3), che, invece, si discosta di meno dallo schema legale disegnato dal legislatore, pur nella diversità di soluzioni interpretative proposte, è emersa nella giurisprudenza della Corte la possibilità di un componimento in via interpretativa tra il rigore della disposizione normativa e la circostanza che l’errore commesso dal difensore dell’impugnante sia stato in concreto sanato dal pronto, e – per seguire la sistematica di S.U. Bottari – non dovuto intervento della cancelleria del giudice destinatario dell’invio erroneo.

Un primo indirizzo interpretativo ritiene che, in forza del tenore testuale dell’art. 87-bis, comma 7, anche in questa situazione non vi siano alternative alla dichiarazione di inammissibilità: in un caso in cui l’impugnazione era stata inviata all’indirizzo (OMISSIS) ed avrebbe dovuto essere inviata, invece, all’indirizzo (OMISSIS) l’impugnazione è stata ritenuta inammissibile, in quanto depositata telematicamente presso un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato nel decreto del Direttore della D.G.S.I.A. di cui all’art. 87-bis citato (Sez. 1, n. 47557 del 29/11/2024, Mazzeo, Rv. 287294 – 01).

Un secondo indirizzo ha fatto emergere, invece, una interpretazione alternativa, che esclude l’operatività della sanzione soltanto in questa specifica ipotesi in cui è minore la distanza tra lo schema legale e la vicenda concreta.

Infatti, in un caso, identico al precedente, in cui l’atto di impugnazione era stato inviato all’indirizzo (OMISSIS), anziché all’indirizzo corretto (OMISSIS), Sez. 6, n. 4633 del 09/11/2023, dep. 2024, Cutrignelli, Rv. 286056 – 01, ha evidenziato che entrambi gli indirizzi telematici sono elencati nel decreto D.G.S.I.A. del 9 novembre 2020, e che, quindi, sul piano letterale in tal caso non può dirsi che l’atto di impugnazione è “trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato”, secondo la lettera dell’art. 87-bis, comma 7, lett. c), citato, perché entrambi gli indirizzi sono appunto “riferibili” all’ufficio in tale provvedimento.

Il decreto del 9 novembre 2020 della D.G.S.I.A., infatti, si limita ad elencare le caselle di posta elettronica certificata assegnate a ciascun ufficio giudiziario. Per gli uffici giudiziari di grandi dimensioni – cui sono state assegnate più caselle deputate al deposito degli atti giudiziari – il decreto D.G.S.I.A. non prevede sotto ripartizioni.

Sono i provvedimenti dei dirigenti dei singoli uffici giudiziari che, al più, prevedono tali sotto ripartizioni stabilendo, in base alle articolazioni interne, quale casella di posta elettronica sia deputata a ricevere una certa tipologia di atto e quale un’altra.

Seguendo la sistematica della pronuncia C., il rispetto delle sotto ripartizioni previste dai dirigenti degli uffici non godrebbe di tutela nel sistema dell’art. 87-bis, comma 7, in quanto la previsione di inammissibilità dell’impugnazione per errore nell’indirizzo destinatario non si estenderebbe ad essa.

L’interpretazione della pronuncia C. – che era stata anticipata, sotto il vigore della norma emergenziale dell’art. 24, comma 6-sexies, d.l. n. 137 del 1990, da Sez. 5, n. 24953 del 10/05/2021, Garcia, Rv. 281414 e Sez. 1, n. 23888 del 07/03/2024, Acquaviva, non mass., giunte allo stesso approdo interpretativo, sia pure quest’ultima in una fattispecie che non avrebbe consentito questa conclusione, perché relativa ad indirizzi di posta elettronica certificata entrambi ricompresi nel decreto D.G.S.I.A. del 9 novembre 2020, ma appartenenti ad uffici giudiziari diversi, situazione in cui la sanatoria dell’errore era preclusa dalla circostanza che l’indirizzo utilizzato per l’invio non era sotto nessun profilo “riferibile” all’ufficio in cui avrebbe dovuto essere depositata l’impugnazione – è stata riproposta, più di recente, da Sez. 6, n. 24346 del 12/05/2025, Nicoletta, rv. 288299.

5. Il contrasto si è formato, invece, sulla situazione n. (2), oggetto del presente giudizio.

In questo caso intermedio – in cui lo scostamento della vicenda concreta dal modello legale non è così poco pronunciato da essere risolvibile ritagliando tale ipotesi concreta dalla lettera dell’art. 87-bis, comma 7, lett. c), ma non è così tanto pronunciato da non essere risolvibile se non eventualmente mediante la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma – nella giurisprudenza della Corte sono emersi due orientamenti, che concordano nel ritenere tale caso ricompreso nella previsione dell’art. 87-bis, comma 7, lett. c), e quindi suscettibile di determinare l’inammissibilità dell’impugnazione, ma divergono sul ritenere sanabile o meno l’errore commesso nel deposito dell’impugnazione, attraverso il principio del raggiungimento dello scopo.

5.1. Un primo orientamento – cui sono ascrivibili Sez. 2, n. 11795 del 21/02/2024, Martorano, Rv. 286141, Sez. 1, n. 25527 del 09/02/2024, Morelli, non mass., Sez. 5, n. 2458 del 31/10/2024, dep. 2025, D., non mass., Sez. 3, n. 24604 del 26/03/2025, D., non mass. Sez. 5, n. 28163 del 01/07/2025, Frizziero, non mass., – ritiene che si rientri nella previsione della lett. c) del comma 7 dell’art. 87-bis citato, e che, in presenza di un univoco tenore letterale della norma, sia precluso il ricorso ad interpretazioni adeguatrici.

L’orientamento citato esclude che la sanzione di inammissibilità possa essere evitata attraverso l’applicazione dei principi sul favor impugnationis e sul raggiungimento dello scopo di S.U. Bottari.

5.1.1. Sez. 2, n. 11795 del 21/02/2024, cit. (che ha riguardato una vicenda in cui l’impugnazione era stata depositata all’indirizzo (OMISSIS) , anziché all’indirizzo (OMISSIS) ha affermato che “è vero che le Sezioni unite Bottari hanno affermato che solo l’inosservanza del termine di presentazione determina l’inammissibilità del ricorso, mentre se l’impugnazione è presentata presso un ufficio diverso da quello indicato dalla legge, il ricorrente si assume il rischio che la stessa sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo. Tale interpretazione, che il ricorrente intende importare nel caso di specie, valorizza il sostanziale raggiungimento dello scopo di una impugnazione cautelare irritualmente presentata nella cancelleria del giudice non competente a riceverla, ma tempestivamente trasmessa a quella del giudice competente: essa è, tuttavia – ed il dato è decisivo – riferita al deposito in luoghi fisici, e non a quello in luoghi telematici. Il percorso telematico del ricorso risulta, ad oggi, disciplinato analiticamente dal legislatore, che ha individuato sia le caratteristiche dell’indirizzo di posta emittente (quella certificata del difensore), che dell’indirizzo di posta ricevente (individuati dal DGSIA)”.

Ha quindi aggiunto che la previsione di un nuovo sistema di comunicazione tra parti ed uffici giudiziari è sorretta da una ratio di semplificazione delle comunicazioni e di accelerazione degli incombenti di cancelleria che osta ad ogni intervento interpretativo che attenui il rigore delle cause di inammissibilità individuate tassativamente dal legislatore.

5.1.2. Sez. 5, n. 2458 del 31/10/2024, dep. 2025, cit. (che ha riguardato una vicenda in cui l’impugnazione era stata depositata all’indirizzo (OMISSIS) anziché a quello istituzionalmente previsto per il deposito atti penali, non indicato specificamente nella pronuncia), ha invece affermato che “il ragionamento svolto da Sezioni Unite Bottari non è replicabile nell’attuale quadro normativo e, in particolare, nell’ambito della regolamentazione del deposito telematico degli atti. Le Sezioni Unite, infatti, avevano come parametro normativo di riferimento la disciplina delle impugnazioni prevista dal codice di rito, in particolare quella di cui agli artt. 311 e 324 cod. proc. pen., che non contemplano alcuna causa di inammissibilità legata all’individuazione errata del luogo di deposito in sé, tanto che l’unica causa di inammissibilità che veniva in gioco nella specie era quella della tardività laddove il ricorso non fosse pervenuto nella Cancelleria “giusta” nel termine di legge. Ed è su questa base normativa che le Sezioni Unite avevano ragionato, reputando possibile che l’istanza di riesame potesse essere utilmente ribaltata dall’ufficio ricevente a quello corretto, senza che però ciò costituisse un obbligo per il primo, donde – avevano precisato le Sezioni Unite – il rischio che l’impugnazione non fosse mai trasmessa o fosse trasmessa intempestivamente ricadeva tutto su chi aveva malamente individuato il luogo di deposito. Il medesimo ragionamento non può essere riprodotto in relazione alla nuova disciplina, che — come sopra precisato — prevede una espressa e specifica causa di inammissibilità quando l’indirizzo PEC destinatario dell’impugnazione non sia quello individuato dall’autorità ministeriale, nell’ottica della semplificazione, della razionalizzazione e dell’accelerazione delle scansioni processuali che costituisce l’essenza della riforma ex d. lgs. 150 del 2022 sul deposito telematico degli atti. Questo resta l’ostacolo di fondo all’accoglimento del ricorso e alla validazione del pur apprezzabile sforzo interpretativo del ricorrente, che si scontra con il dato testuale e anche con la valorizzazione dell’intenzione del legislatore, come ricordato anche da Sez. 2 Martorano, richiamando l’art. 12 delle preleggi”.

5.1.3. Sez. 5, n. 28163 del 01/07/2025, cit., (che ha riguardato una vicenda in cui l’impugnazione era stata depositata all’indirizzo (OMISSIS) anziché a quello (OMISSIS)), ha ripreso questo ragionamento aggiungendo che “se si accedesse ad una diversa interpretazione, secondo cui è consentito il deposito dell’atto di parte presso ogni indirizzo di posta elettronica comunque riferibile all’ufficio giudiziario di destinazione, ed in ipotesi anche presso quelli degli uffici giudiziari incompetenti, o, infine, anche presso gli indirizzi mail dei giudici tabellarmente designati ad occuparsi del processo in cui l’atto di parte si inserisce, indirizzi tutti non ricompresi nell’allegato al provvedimento ministeriale (ed assegnati agli uffici ed ai singoli per finalità diverse da quelle del deposito degli atti), non si finirebbe per porre rimedio ad un “formalismo eccessivo” ma, più semplicemente, si cancellerebbe ogni requisito di forma (almeno in riferimento al deposito degli atti), un esito che non può corrispondere alla ratio legis e non può essere dedotto dal favor impugnationis. Tanto più quando, lo si ripete, un provvedimento generale del Ministero, facilmente accessibile (anche da fonti aperte), emanato ormai da oltre quattro anni (e, come tale, già ampiamente conosciuto ed utilizzato, soprattutto dagli operatori del settore come il difensore che aveva effettuato il deposito, errato, nel caso di specie), ha riportato nel dettaglio gli indirizzi dedicati, premurandosi anche di rendere evidente, con l’ “espressione” contenuta nella prima parte degli stessi, la loro “funzione”, il “depositoattipenali”. Anche considerando poi, come si è fatto in alcune delle pronunce citate, l’espresso rinvio operato dall’art. 87 bis d.lgs. n. 150 del 2022 al ricordato provvedimento generale del Ministro della Giustizia”.

5.1.4. Sez. 3, n. 24604 del 26/03/2025, cit., (che ha riguardato un caso ascrivibile a questa ipotesi intermedia, pur se nella sentenza non è riportato l’indirizzo usato per il deposito, perchè nella motivazione si precisa che si trattava di indirizzo non previsto tra quelli del decreto D.G.S.I.A., ma comunque riferibile all’ufficio) ha rilevato, invece, che è S. U. Bottari a non autorizzare l’estensione a tale caso dei principi sul raggiungimento dello scopo, perché “non risulta condivisibile l’interpretazione tesa a valorizzare la capacità del deposito illegittimo di raggiungere, in ipotesi, “sostanzialmente” lo scopo a cui l’atto di ricorso è diretto alla luce della valorizzazione del favor impugnationis, ovvero del diritto fondamentale dell’imputato ad impugnare. Infatti, in base all’insegnamento delle Sezioni Unite, la valorizzazione di tale regola non può tradursi nell’attribuzione al diritto vivente di una potestà integrativa della voluntas legis, né quindi consentire l’individuazione di diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a quelle volute dal legislatore» (Sez. U, n. 1626 del 24/09/2020, dep. 2021, Bottari, Rv. 280167 – 01 nella quale si è altresì affermato che in presenza di un univoco tenore letterale della norma, deve ritenersi precluso il ricorso ad un’interpretazione “adeguatrice”)”.

5.1.5. Sez. 1, n. 25527 del 09/02/2024, cit., (che aveva riguardato un caso in cui la richiesta di riesame al Tribunale di L’Aquila era stata depositata all’indirizzo (OMISSIS), anziché a quello del deposito atti penali del medesimo tribunale) ha ritenuto, invece, anch’essa che l’art. 87-bisimpedisca “interpretazioni dirette a valorizzare la capacità del deposito illegittimo di raggiungere, in ipotesi sostanzialmente, lo scopo a cui l’atto di ricorso è diretto, sia in ragione della regola dell’art. 12 preleggi, secondo cui alla legge «non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore, sia per la stessa affermazione contenuta nella sentenza Bottari, secondo cui la valorizzazione del favor impugnationis «non può, tuttavia, tradursi nell’attribuzione al diritto vivente di una potestà integrativa della voluntas legis, né quindi consentire l’individuazione di diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a quelle volute dal legislatore»”.

5.1.6. In definitiva, per tutte queste pronunce, sia pure attraverso percorsi non del tutto coincidenti, l’errore nella trasmissione dell’impugnazione ad un indirizzo di posta elettronica certificata che appartiene all’ufficio giudiziario competente a riceverla, ma non è ricompreso nel decreto D.G.S.I.A. del 9 novembre 2020, rientra nella previsione dell’art. 87, comma 7-bis, lett. c), ed è sanzionato con la inammissibilità dell’impugnazione, anche quando sia comunque pervenuta per tempo alla cancelleria del giudice competente a riceverla, non essendo applicabile alcun tipo di sanatoria per il raggiungimento dello scopo.

Né, secondo tale orientamento, deve ritenersi che questo tipo di interpretazione possa entrare in conflitto con il sistema della C.E.D.U., in quanto la stessa giurisprudenza della Corte Edu riconosce agli Stati ampio margine di apprezzamento sulla possibilità di imporre requisiti formali rigorosi per l’ammissibilità dell’impugnazione, alla sola condizione che le restrizioni applicate non limitino l’accesso alla giustizia in un modo tale che esso risulti pregiudicato nella sua stessa sostanza (Corte Edu, Garda Manibardo c. Spagna, n. 38695/97, § 36; Mortier c. Francia, n. 42195/98, § 33 e Trevisanato c. Italia n. 32610/07, § 36, citate da S. U, Bottari, e poi riprese da Sez. 2, n. 11795 del 21/02/2024, cit. e da Sez. 1, n. 25527 del 09/02/2024, cit).

D’altronde, una conferma del fatto che l’imposizione normativa di uno specifico indirizzo, o di soli alcuni specifici indirizzi, di posta elettronica certificata cui indirizzare una impugnazione, per ciascun ufficio giudiziario, non sia restrizione sproporzionata dell’accesso alla giustizia, si rinviene in Sez. 4, n. 48804 del 14/11/2023, Ciattaglia, Rv. 285399 – 01, che, in tema di opposizione a decreto penale di condanna, si è occupata della questione sotto il diverso profilo della possibilità di riconoscere un errore scusabile nella individuazione di un indirizzo di posta certificata sbagliato – errore che era stato determinato, però, anche dal fatto che in Internet si rinveniva ancora una pagina dell’ufficio giudiziario con un indirizzo di posta certificata diverso da quello del deposito atti penali – ed ha ritenuto che il chiaro e inderogabile rinvio normativo ai soli indirizzi indicati nella fonte ministeriale impedisca di poter scusare qualsiasi errore.

5.2. In consapevole contrasto con questo primo orientamento, si è posta Sez. 6, n. 19415 del 17/04/2025, C., Rv. 288084 – 01, citata nel ricorso, che si è pronunciata in un caso in cui l’appello cautelare era stato trasmesso a due indirizzi di posta elettronica certificata, (OMISSIS) nessuno dei quali, però, corretto. L’impugnazione avrebbe dovuto essere depositata all’indirizzo (OMISSIS) previsto dal decreto D.G.S.I.A. del 9 novembre 2020, ma, ciò nonostante, la cancelleria aveva attestato la ricezione della seconda delle due impugnazioni con nota scritta a mano in calce all’atto di trasmissione.

Detta sentenza ha dato atto che “l’appello cautelare è stato trasmesso a due indirizzi di posta elettronica certamente riferibili all’ufficio competente a deciderlo, anche se non ricompresi nel provvedimento del Direttore della DGSIA del 09/11/2020”, e ha aggiunto che, “in un caso quale quello in esame, in cui la cancelleria aveva preso in carico l’atto entro i termini di legge”, se ne dovesse affermare per altra via la regolarità, in applicazione dei principi generali sulla sorte dell’atto di impugnazione, irritualmente presentato, che, tuttavia, sia pervenuto tempestivamente alla cancelleria del giudice competente, affermati da S. U, Bottari.

L’assunto è che detti principi siano applicabili anche al caso in cui l’impugnazione, trasmessa via posta elettronica certificata a un indirizzo diverso da quello indicato dal Direttore della D.G.S.I.A., sia stata comunque tempestivamente acquisita dalla cancelleria del giudice competente a decidere, interpretazione che sarebbe resa doverosa dalle fonti sovranazionali sul giusto processo che, pur riconoscendo agli Stati un certo margine di apprezzamento sulla possibilità di imporre requisiti formali, vietano che l’accesso dell’individuo alla giustizia risulti pregiudicato nella sua stessa sostanza.

Con questa impostazione ricostruttiva la decisione sembra elevare il criterio del raggiungimento dello scopo a principio generale del sistema, nonostante il codice di rito penale non contenga una norma sovrapponibile a quella dell’art. 156, comma 3, cod. proc. civ., e ne affidi l’operatività ad un settore circoscritto, quello delle comunicazioni ad opera dell’autorità giudiziaria, stabilendo, all’art. 184, comma 1, che “la nullità di una citazione o di un avviso ovvero delle relative comunicazioni e notificazioni è sanata se la parte interessata è comparsa o ha rinunciato a comparire”.

Va poi evidenziato che proprio la valorizzazione dell’attestazione di ricezione scritta a mano dal cancelliere dell’ufficio, che è presente anche negli atti del presente giudizio, quale completamento della fattispecie del deposito dell’impugnazione, segna il punto di dissenso rispetto a quanto affermato dall’orientamento contrario e specificamente da Sez. 2, n. 11795 del 21/02/2024, cit., che ha posto di contro l’accento sulla necessità che sia controllabile quel che ha indicato come “percorso telematico” dell’impugnazione.

Non può infatti sfuggire che l’affidamento all’attestazione di cancelleria in ordine alla ricezione potrebbe non agevolare la verifica in punto di regolarità della sottoscrizione digitale e quindi del certificato di firma, e in punto di provenienza effettiva da un indirizzo di posta elettronica certificata presente nel registro generale degli indirizzi elettronici (c.d. ReGIndE).

6. In ragione del rilevato contrasto, gli atti vanno rimessi alle Sezioni unite perché risolvano la questione se nel sistema dell’art. 87-bis, comma 7, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sia ammissibile l’impugnazione trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica certificata non compreso nell’elenco previsto dal decreto del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del 9 novembre 2020, ma comunque riferibile all’ufficio giudiziario competente a riceverla, quando essa sia stata ricevuta e presa in carico dalla cancelleria del giudice competente entro il termine previsto per il deposito dell’impugnazione.

Cass. pen., I, ud. dep. 14.10.2025, n. 33741

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