Giurisdizione e competenza – Impugnazione in sede giudiziaria dell’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo e ammissibilità dell’intervento ad opponendum  del proprietario vicino rispetto all’opera edilizia in contestazione

Giurisdizione e competenza – Impugnazione in sede giudiziaria dell’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo e ammissibilità dell’intervento ad opponendum  del proprietario vicino rispetto all’opera edilizia in contestazione

1. Con ricorso tempestivamente notificato e depositato, il ricorrente, quale comproprietario di un maggior fabbricato, destinato a civile abitazione, sito nel territorio comunale di Scido, ha impugnato l’ordinanza n. 2 del 15/01/2025 con la quale, ai sensi dell’art. 31 D.P.R. n. 380/2001, il Comune, viste le risultanze del sopralluogo effettuato in data 17.12.2024, gli ha ordinato la demolizione, in quanto ritenuto sine titulo, di un manufatto sito nell’area esterna di pertinenza all’abitazione, con ingresso dal garage, delle dimensioni di ml. 5,18 di lunghezza e ml 3,48 di larghezza e di altezza di 3,00 ml realizzato con elevazione sui lati corti in mattoni forati 25x25x12, ed elevazione sul lato lungo con unico setto in c.a., coperto da un solaio in laterocemento.

2. Quale premessa dei motivi di gravame, il ricorrente ha ricostruito la provenienza del manufatto in contestazione nei termini appresso sintetizzati (cfr. punti da 3 a 5 del FATTO).

2.1 Il proprio dante causa, avv. Domenico Soffrè, unitamente alla di lui madre e sorella, con atto di permuta del 30.07.1992 (rep. N. 799; racc. n. 3939) cedevano in favore dell’imprenditore edile sig. Francesco Settineri (odierno interveniente), due fabbricati di vecchissima costruzione riportati al NCEU del comune di Scido al foglio di mappa 8, particella 194, subalterni, 1, 2, 3, 4 e 5 e particella 195, subalterni 1 e 2 (quest’ultima in Catasto Terreni alla particella 512 del foglio 8). Ciò affinché sul suolo risultante dalla demolizione dei fabbricati in questione, il sig. Settineri, mantenendo la volumetria complessiva dei fabbricati medesimi, in conformità a quanto prescritto dal certificato di destinazione urbanistica, allegato all’atto di permuta, realizzasse un fabbricato in cemento armato a tre piani fuori terra, così composto: tre vani magazzino; un vano garage e un locale di sgombero al piano seminterrato; due appartamenti al primo piano e un appartamento mansardato al secondo piano, in conformità al progetto redatto dall’architetto Tommaso Pietropaolo ed alle planimetrie contenute nell’elaborato progettuale, parimenti allegati all’atto di permuta. In forza dell’atto in questione, dal canto suo, l’imprenditore edile cedeva, al medesimo titolo di permuta, alle controparti, allo stato rustico, i tre magazzini ed il locale di sgombero al piano seminterrato ed uno dei due appartamenti al primo piano del costruendo sopraindicato fabbricato (così nell’atto di permuta, doc. all. 2 al ricorso)

2.2 Richiamato il summenzionato atto di permuta, il ricorrente ha dedotto che il sig. Settineri previa pressoché totale demolizione dei due fabbricati ricevuti in permuta, curò personalmente la realizzazione del nuovo fabbricato e, tra le varie unità immobiliari trasferite allo stesso ricorrente, in forza della permuta in questione e delle successive vicende traslative (tra cui la successione ab intestato dell’avv. Soffrè), vi sarebbe un magazzino seminterrato, originariamente individuato alla particella 676, subalterno 4, ed oggi individuato alla particella 476, subalterno 14, del foglio di mappa 8 NCEU del comune di Scido (così ai punti 4 e 5 del FATTO).

Siffatto magazzino, interessato dall’impugnata ordinanza di demolizione, sarebbe stato realizzato nell’anno 1994 proprio dal Settineri, ancorché la relativa edificazione sia rimasta incompleta per inadempimento dello stesso imprenditore edile(così a pag. 2, punto 5 del FATTO). Quest’ultimo avrebbe, altresì, abusivamente occupato il terrazzino sovrastante il magazzino in parola, per come accertato dall’Autorità giudiziaria civile dinanzi alla quale è risultato soccombente. In conseguenza dell’esito a sé sfavorevole dei giudizi civili instaurati avuto riguardo al rilascio del terrazzino di cui sopra ed alla chiusura di taluni affacci realizzati sulla proprietà del ricorrente (cfr. sentenze doc. all.ti 3 e 4 al ricorso), il sig. Settineri, per finalità emulative, avrebbe ritenuto di segnalare al Comune di Scido l’asserita abusività di un’opera da lui stesso realizzata (così si legge a pag. 3 della premessa di FATTO, sub punto 6.)

3. A vale della suddetta premessa dei fatti di causa, il ricorrente ha, dunque, censurato l’ordinanza in epigrafe sulla scorta di un unico, articolato, motivo di diritto.

– “I VIOLAZIONE DI LEGGE, VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 33 DEL DPR 6 GIUGNO 2001, N. 380 – ECCESSO DI POTERE NELLE FIGURE SINTOMATICHE DEL DIFETTO D’ISTRUTTORIA, TRAVISAMENTO DEI FATTI, CARENZA DEI PRESUPPOSTI, INGIUSTIZIA MANIFESTA”;

Il manufatto oggetto di demolizione costituiva parte integrante delle cantine del vecchio palazzo Soffrè, risalente alla fine del ‘700, e, dunque, la relativa edificazione, diversamente da quanto sostenuto dal Comune, non avrebbe abbisognato di alcuna autorizzazione edilizia.

Del summenzionato antico fabbricato, oggetto del sopra richiamato atto di permuta, sarebbe stata «“salvata” soltanto la parte delle cantine seminterrate (che era stata oggetto di precedenti interventi di ristrutturazione) confinante con il prospetto posteriore del nuovo edificio».

Siffatta opera edilizia, costituente una limitata porzione della più ampia unità immobiliare-magazzino, catastalmente distinto alla particella 676, subalterno 14, del foglio di mappa 8 NCEU del comune di Scido sarebbe stata, quindi, realizzata oltre duecento anni fa e ristrutturata alla metà del secolo passato e, pertanto, non avrebbe potuto/dovuto essere realizzata sulla base di alcun permesso di costruire.

Prima di ingiungerne la demolizione, il Comune avrebbe dovuto accertare l’epoca di effettiva realizzazione del manufatto in contestazione, con conseguente deficit istruttorio dell’impugnato provvedimento ripristinatorio, altresì affetto da eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti.

Pur volendo ritenere che l’opera in discussione sia coeva alla costruzione del nuovo edificio edificato dal Settineri in forza dell’atto di permuta, la stessa sarebbe, comunque, legittima; ciò in quanto autorizzata in forza della concessione edilizia prot. n. 1149/92 del 13.08.1992, rilasciata in favore dell’imprenditore edile (per come, nonostante il mancato ritrovamento del fascicolo edilizio, attestato dal Comune di Scido nella nota prot. n. 2150 del 17.06.2015 indirizzata al C.T.U. nominato nell’ambito della procedura n. 85/2010 R.G.E. instaurata nei confronti del Settineri oltre che accertato dal perito nominato dal G.E. presso il Tribunale di Palmi, dell’ambito del procedimento esecutivo azionata dai sig.ri Soffrè contro il medesimo imprenditore).

Il provvedimento ripristinatorio, quindi, oltre che basato sull’erroneo presupposto dell’inesistenza di un titolo edilizio si porrebbe, altresì, in contraddizione il pregresso riconoscimento, da parte dell’ente, dell’esistenza di siffatto titolo, coincidente con la summenzionata concessione edilizia prot. n. 1149/92 del 13.08.1992.

4. Il Comune di Scido, costituitosi in giudizio, ha resistito al gravame mediante articolate deduzioni difensive, chiedendone il rigetto. La difesa dell’ente locale ha, in particolare, evidenziato l’intima contraddittorietà delle allegazioni ricorsuali laddove l’interessato ha sostenuto l’antica risalenza nel tempo (‘700) del manufatto in contestazione, salvo poi affermarne la legittimità in forza della concessione edilizia rilasciata nel 1992.

In ogni caso, parte ricorrente non avrebbe assolto all’onere di provare le suddette, contraddittorie, circostanze di fatto, piuttosto radicalmente smentite:

– dalle caratteristiche costruttive del manufatto in contestazione, insistente all’esterno del perimetro dell’abitazione principale del ricorrente (per come evincibile dalla fotografie allegate al verbale di sopralluogo del 17.12.2024, doc. all.ti), composto da cemento armato, mattoni forati e laterocemento (materiale inesistenti nel ‘700);

– dagli elaborati progettuali (allegati in atti) assentiti con la concessione n. 1149/92 del 13.08.1992 e rinvenuti agli atti del Servizio Tecnico Regionale (ex Genio Civile), stante lo smarrimento del relativo fascicolo edilizio presso gli Uffici del Comune, siccome denunciato in data 22.04.2024, laddove non vi sarebbe traccia del manufatto in parola;

– dalla denuncia di accatastamento presentata dagli interessati nel 1998, laddove l’area di insistenza del manufatto, coincidente con la particella 676 sub 4, è descritta come “U.I. in corso c.ne” e rappresentata graficamente come suolo libero graffato al fabbricato mentre, nella visura catastale all’attualità, siffatto suolo risulta censito come particella 676 sub 14, categoria F3 (visura catastale allegata).

5. Con ordinanza n. 70 dell’8.05.2025, ritenuto che la complessiva delibazione del fumus boni iuris presupponesse l’accertamento tecnico – incompatibile con la fase cautelare – circa l’eventuale previsione del magazzino oggetto di demolizione nell’ambito del più ampio progetto assentito con la concessione edilizia prot. n. 1149/92 del 13.08.1992, il Collegio, previo bilanciamento di tutti gli interessi in gioco, ha accolto la richiesta di sospensione dell’efficacia dell’impugnata ordinanza, sia pure al solo fine di mantenere integra la res controversa, in vista della definizione della causa nel merito. Nel contempo, parte ricorrente è stata onerata del deposito di copia della denuncia di accatastamento relativa all’immobile oggetto di causa, presentata in data 2.7.1998 (n. A01116.1/1998), unitamente agli eventuali documenti posti a corredo della stessa.

6. In data 3.06.2025, il ricorrente ha depositato la documentazione richiesta, sostanzialmente coincidente con quella versata in giudizio dall’amministrazione comunale a corredo della memoria difensiva del 2.05.2025.

7. Con atto notificato e depositato in data 27.06.2025, il sig. Settineri ha spiegato intervento ad opponendum rispetto alle ragioni ricorsuali, ritenendo di aver interesse alla demolizione del manufatto in contestazione giacché lo stesso inciderebbe negativamente sul proprio fondo, comportando problematiche sia dal punto di vista urbanistico che della sicurezza strutturale, essendo stato realizzato in spregio allea normativa antisismica per mancanza del giunto tecnico, condizione che impedisce di ottenere la sanatoria per difetto della doppia conformità. Inoltre, l’opera in questione altererebbe l’equilibrio ambientale e paesaggistico della zona, in danno degli interessi legittimi del sig. Settineri, in pregio alle norme poste a presidio dell’ordinato sviluppo del territorio comunale.

8. Con memoria del 16.07.2025, preceduta dal deposito di documentazione fotografica estratta da Google Earth ritraente i luoghi di causa, il Comune di Scido ha conclusivamente ribadito le proprie ragioni, chiedendo il rigetto del gravame.

9. Con memoria di replica del 25.07.2025, il ricorrente dopo aver contestato l’esistenza, in capo al Settineri, della posizione giuridica di controinteressato nonché di un interesse giuridicamente rilevante alla conservazione del provvedimento impugnato, ha insistito nell’accoglimento del ricorso, evidenziando l’inesistenza di qualsivoglia contraddittorietà nelle proprie allegazioni.

In particolare, il ricorrente ha precisato che la porzione “seminterrata” del manufatto di cui si discute, oggetto di successivi lavori di ristrutturazione con materiali più “moderni”, sarebbe stata originariamente contraddistinta dalla particella 194 del foglio 8 – laddove insistevano subalterni destinati a magazzini e locali deposito (C/2) nonché stalle, scuderie e rimesse (C/6) – e, dunque, costituirebbe parte integrante dei vetusti fabbricati, risalenti al ‘700, oggetto dell’atto di permuta in favore del sig. Settineri. Quest’ultimo, tra il 1992 e il 1994, avrebbe poi abusivamente sopraelevato la porzione seminterrata del manufatto in parola, siccome visibile dalle fotografie aree depositate dal Comune.

La risalenza al ‘700 della parte seminterrata (successivamente ristrutturata) dell’opera edilizia in discussione risulterebbe, quindi, comprovata nell’atto di permuta e non avrebbe potuto trovare riscontro nel progetto assentito con la concessione edilizia del 1992 in quanto esterno al nuovo edificio e non interessato dai lavori di costruzione del nuovo palazzo (così a pag. 4 della memoria conclusiva sub b).

In conclusione, il ricorrente ha insistito in ricorso, chiedendo che il Collegio disponga verificazione finalizzata anche all’accertamento della preesistenza dell’opera edilizia in discussione e ogni altra circostanza utile ai fini del decidere.

10. In occasione della pubblica udienza del 17 settembre 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.

11. Preliminarmente, il Collegio rileva l’ammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum spiegato dal sig. Settineri.

Quest’ultimo, infatti, pur non avendo allegato e comprovato, in modo rigoroso, l’esistenza di una posizione giuridica di cd. controinteresse al consolidamento dell’impugnata ordinanza di demolizione (tanto da non essere stato, legittimamente, evocato in giudizio ai fini dell’ammissibilità del gravame, ai sensi dell’art. 41 comma 2 c.p.a.), deve, comunque, ritenersi titolare della legittimazione all’intervento ad opponendum, in quanto proprietario viciniori rispetto all’opera edilizia in contestazione.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, è unanime nel ritenere che siffatta legittimazione è talmente ampia da ricomprendervi qualunque interesse dipendente da quello azionato in via principale o a esso accessorio, quand’anche di consistenza meramente mediata o riflessa, che consenta alla parte deducente di ritrarre un vantaggio indiretto dalla reiezione del ricorso.

In più occasioni è stato, infatti, ribadito che «Per l’ammissibilità dell’intervento ad opponendum (sia in primo grado che, anche per la prima volta, in appello) è sufficiente che l’interventore possa vantare un interesse (anche) di mero fatto rispetto alla controversia, dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio, ovvero sotteso al mantenimento dei provvedimenti impugnati, che gli consenta di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dalla reiezione del ricorso» (così Consiglio di Stato sez. V, 14/08/2024, n. 7141).

12. Passando al merito della res controversa, il ricorso è infondato e, per l’effetto, deve essere rigettato.

13. L’apprezzamento dell’infondatezza di tutte le censure poste a base del gravame passa dalla preliminare considerazione del principio di diritto secondo cui, in tema di vigilanza edilizia e di conseguente esercizio del potere sanzionatorio di cui al D.P.R. n. 380/2001, costituisce specifico e puntuale onere dell’interessato comprovare l’esistenza di un titolo abilitante la realizzazione dell’opera edilizia oggetto di demolizione ovvero la consistenza e la risalenza nel tempo della stessa ad un’epoca in cui la normativa illo tempore vigente non esigeva il rilascio di un titolo autorizzatorio da parte dell’amministrazione preposta al cd. governo del territorio.

13.1 Da qui l’infondatezza della censura relativa al mancato accertamento, da parte del Comune di Scido, dell’epoca di risalenza del manufatto in contestazione, da ritenersi, dunque, in frontale contrasto con il costante orientamento della giurisprudenza, anche di questo Tribunale, secondo cui è onere dell’ingiunto e non già dell’amministrazione esercente il potere sanzionatorio dimostrare in maniera rigorosa il carattere risalente delle opere edilizie, collocandone la realizzazione in epoca anteriore alla c.d. legge ponte n. 761 del 1967 (che con l’art. 10, novellando l’art. 31, l. n. 1150 del 1942, ha esteso l’obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano).

Ciò nella misura in cui “solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto, mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio” (così Consiglio di Stato sez. II, 26/01/2024, n. 858; cfr. anche sez. II, 22/06/2022, n. 5132).

La prova in merito deve, quindi, essere fornita non già dall’ente locale – quale condizione per l’esercizio del potere sanzionatorio – bensì dal destinatario del potere in questione e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e, comunque, su elementi oggettivi ed incontrovertibili, concernenti non soltanto la risalenza del manufatto ma anche la specifica consistenza dello stesso, per come eventualmente modificatasi nel tempo (cfr. T.A.R. Reggio Calabria, 04/06/2024, n. 356; 22/04/2024, n. 307; 15/06/2023, n. 509; Cons. Stato, sez. VI, 3 gennaio 2022, n. 4; Cons. Stato, Sez. VI, 20 aprile 2020, n. 2524).

14. Tale onus probandi non è stato assolto dal ricorrente.

Ed invero, a prescindere dalle contraddittorie allegazioni ricorsuali circa l’epoca di risalenza dell’opera in questione e tenuto conto delle precisazioni, sul punto, rese in sede di memoria di replica depositata in data 25.07.2025 – secondo cui vi sarebbe una parte seminterrata, risalente al ‘700 ed oggetto dell’atto di permuta, ed una parte sopraelevata, realizzata sine titulo dal sig. Settineri tra il 1992 ed il 1994 – rileva il Collegio come l’interessato non abbia fornito la prova della legittimità dell’opera edilizia in contestazione.

Anzi, per converso, le complessive allegazioni del ricorrente, in uno alla documentazione dallo stesso versata in giudizio, dimostrano l’abusività dell’opera edilizia de qua.

Ciò solo si considera come, pur volendo ritenere che la parte seminterrata del manufatto risalga al ‘700 e che questa costituisca parte integrante dei due fabbricati adiacenti di vecchissima costruzione, entrambi oggi in rovina, di cui all’atto di permuta del 30.07.1992 sottoscritto con il sig. Settineri (complessivamente contraddistinti in Catasto Urbano alla partita 673, foglio 8, particella 194 e partita 390, foglio 8, part. 195, quest’ultimo sorgente su suolo in Catasto Terreni alla particella 512 del foglio 8; cfr. identificazione catastale di cui all’atto di permuta), tale manufatto deve ritenersi illegittimo.

Ciò nella misura in cui, per come si evince non soltanto dalle previsioni dell’atto di permuta (in atti) ma anche e soprattutto dalla relazione descrittiva del progetto assentito con la concessione edilizia di demo-ricostruzione prot. n. 1149/1992 del 13.08.1992, l’opera in questione avrebbe dovuto essere integralmente demolita, in uno all’intero fatiscente complesso edilizio (“in Catasto con i mappali foglio 8 particelle 194 – 512 del Comune di Scido”), di cui avrebbe costituito parte integrante, onde legittimare l’edificazione del nuovo fabbricato avente una superficie coperta pari a quella del fabbricato da demolire, nonché una uguale volumetria vuoto-pieno (così nella relazione descrittiva al progetto, doc. all. 27 alla memoria difensiva depositata dall’ente in data 2.05.2025).

15. La dedotta circostanza secondo cui siffatta porzione seminterrata sarebbe stata, nel tempo, dapprima “ristrutturata”, con materiali più moderni, e, successivamente, abusivamente sopraelevata, da parte del sig. Settineri, tra il 1992 ed il 1994, per un verso, è rimasta priva di qualsivoglia riscontro probatorio e, per altro verso, non è, comunque, idonea a legittimare l’insistenza dell’opera in questione sul territorio comunale, con conseguente legittimità dell’impugnato ordine demolitorio.

16. Priva di riscontro è rimasta, altresì, l’ulteriore allegazione ricorsuale – invero smentita dalle stesse precisazioni da ultimo operate dal ricorrente, in sede di memoria di replica – secondo cui il manufatto oggetto di demolizione trarrebbe titolo nella concessione edilizia prot. n. 1149/1992 del 13.08.1992. Al contrario, siffatta autorizzazione, per come evincibile dagli atti del relativo fascicolo (cfr. doc. all. in data 2.05.2025), è stata adottata dal Comune di Scido sul presupposto che il Settineri demolisse integralmente i vetusti fabbricati in rovina a questi pervenuti, in permuta, dai sigg.ri Soffrè/Malara, ivi incluso, pertanto, per come preteso dal ricorrente, il manufatto in contestazione, del quale, in effetti, non vi è traccia né nella relazione descrittiva né tantomeno nei relativi elaborati grafici e planimetrici.

16.1 La stessa denuncia di accatastamento presentata in data 2.7.1998 avuto riguardo all’immobile de quo, contraddistinto dalla particella 676 sub 4, successivamente divenuto sub 14, categoria F3, reca l’indicazione di un’unità immobiliare in corso di costruzione, su suolo libero graffato al fabbricato, rispetto alla quale il ricorrente non ha comprovato l’esistenza di un idoneo titolo.

17. Considerato il mancato assolvimento, da parte dell’interessato, dell’onus probandi sullo stesso incombente avuto riguardo alla legittimità dell’immobile oggetto di demolizione, la richiesta di verificazione da questi formulata non è accoglibile, in quanto tendente a sopperire a tale inadempimento.

18. In conclusione, il ricorso è infondato e, come tale, deve essere rigettato.

19. Le spese seguono la soccombenza del ricorrente nei confronti dell’amministrazione comunale. Sussistono, invece, i presupposti per la compensazione delle stesse nei confronti dell’interveniente, sig. Settineri.

TAR CALABRIA – REGGIO CALABRIA, I – sentenza 14.10.2025 n. 661

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