*Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Contratto di subappalto e omessa indicazione dei costi della manodopera e de numero di ore minime inderogabile

*Obbligazioni e contratti – Tutela del credito – Contratto di subappalto e omessa indicazione dei costi della manodopera e de numero di ore minime inderogabile

1. – Il Collegio accoglie preliminarmente l’eccezione sollevata da Innova S.p.a. di inammissibilità della perizia tecnica prodotta dall’appellante, trattandosi di nuova prova prodotta per la prima volta in grado di appello in assenza di sopravvenienze oggettive in violazione del divieto di cui all’articolo 104, comma 2, c.p.a. (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. VII, 18 febbraio 2025, n. 1381; id., sez. IV, 10 febbraio 2025, n. 1080; id., sez. VI, 14 novembre 2023, n. 9753).

Al riguardo, è condivisibile l’assunto dell’appellata secondo cui attraverso la perizia ex novo prodotta l’appellante mira a ulteriormente argomentare la congruità della propria offerta, sviluppando il thema decidendum attraverso un mezzo di prova che avrebbe dovuto essere prodotto in prime cure, a nulla rilevando l’obiezione che l’esigenza istruttoria sia asseritamente sorta in funzione della confutazione delle statuizioni sfavorevoli del TAR.

Né, per quanto si vedrà nel prosieguo, il Collegio ravvisa la necessità di attivare ex officio un autonomo approfondimento istruttorio che corrobori la disamina dei contrapposti argomenti fatti valere dalle parti in causa.

2. – Dipoi, va scrutinata l’eccezione articolata dall’interveniente ASST Pini, che adombra l’inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa notificazione a essa stessa, quale “destinataria del servizio” oggetto dell’affidamento per cui è causa.

Il rilievo ostativo va disatteso in ragion del fatto che, ai fini dell’ammissibilità del gravame in caso di impugnazione di una gara di appalto svolta in forma aggregata da un soggetto per conto e nell’interesse anche di altri enti, il ricorrente è onerato esclusivamente della notifica nei confronti della pubblica amministrazione che ha emesso gli atti impugnati – nella specie, ARIA quale stazione appaltante – e non anche nei riguardi delle altre amministrazioni che compongono l’aggregazione le quali, pur dovendo successivamente stipulare uno specifico contratto con l’aggiudicatario, non abbiano preso parte alla procedura (v. Cons. St., Ad. Plen., 18 maggio 2018, n. 8).

3. – Per completare la disamina delle eccezioni preliminari in rito, va, infine, esaminata la prospettata inammissibilità del ricorso di primo grado, riproposta da ARIA – che si è costituita aderendo alle domande di parte appellante -, articolata – per asserita violazione del divieto di venire contra factum proprium – sul rilievo che, avendo le originarie ricorrente e controinteressata “stimato costi simili” nelle rispettive offerte, l’offerta di Innova S.p.a. sarebbe “in astratto” affetta dagli stessi profili di anomalia che essa ha lamentato in relazione a quella dell’originaria aggiudicataria.

3.1. – L’eccezione è infondata.

In primis, siffatta obiezione avrebbe dovuto trovare ritualmente ingresso nel giudizio di primo grado mediante impugnazione incidentale “escludente” avente ad oggetto l’ammissione alla procedura della stessa ricorrente – iniziativa che non è stata con tutta evidenza utilmente intrapresa né dall’Amministrazione, né dalla controinteressata – di tal ché essa non può essere dedotta nel presente giudizio nella veste di mera eccezione.

3.2. – Inoltre, in disparte le repliche con le quali l’appellante evidenzia i profili differenziali relativi ai costi indicati nelle due offerte, con particolare riguardo ai costi della manodopera, posti a base della ritenuta insostenibilità dell’offerta originariamente risultata aggiudicataria, l’eccezione non sarebbe scrutinabile favorevolmente in quanto presupponente uno scrutinio su poteri non ancora esercitati ex art. 34, co. 2, c.p.a. consistente, in sostanza, nel vaglio congetturale sull’esito dell’eventuale esercizio del potere di verifica dell’anomalia dell’offerta di Innova, una volta accolta l’impugnazione principale e riaperta la procedura di gara.

4. – Spostando ora il fuoco della disamina sul merito della controversia, il Collegio deve esaminare il primo profilo di censura con il quale l’appellante principale reitera l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti di primo grado, in quanto a suo dire sollecitante un sindacato sul merito delle valutazioni discrezionali compiute dall’Amministrazione in sede di verifica della congruità dell’offerta risultata prima in graduatoria, con non consentito travalicamento dei limiti del sindacato giurisdizionale ammissibile in subiecta materia.

4.1. – La doglianza deve essere pianamente respinta a mente della costante giurisprudenza amministrativa per cui la valutazione di anomalia costituisce espressione della discrezionalità tecnica di cui l’Amministrazione è titolare per il conseguimento e la cura dell’interesse pubblico ad essa affidato dalla legge, e, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o travisamento dei fatti (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 30 luglio 2025, n. 6748). Sicché, il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni operate dalla stazione appaltante in ordine al giudizio di anomalia dell’offerta non può estendersi oltre l’apprezzamento della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, nonché della congruità della relativa istruttoria, essendo preclusa all’organo giurisdizionale la possibilità di svolgere un’autonoma verifica circa la sussistenza o meno dell’anomalia, trattandosi di questione riservata all’esclusiva valutazione dell’Amministrazione (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 28 agosto 2024, n. 784; id., 29 aprile 2024, n. 3854).

Tenuto conto che nelle ipotesi di giudizio favorevole di congruità dell’offerta la stazione appaltante non è tenuta ad una motivazione analitica, la concorrente che voglia dolersi dell’omessa esclusione non ha alternativa al dedurre cause specifiche che cagionino, a suo dire, l’insostenibilità economica dell’offerta comprovandole con le opportune allegazioni probatorie e articolandole in circostanziate censure che giocoforza devono prendere le mosse dal corredo giustificativo prodotto dall’aggiudicataria.

4.2. – Dipoi, la riedizione dei calcoli di convenienza economica condotta sulla scorta della documentazione tecnico-economica versata agli atti di gara costituisce di norma un esercizio algebrico pianamente esperibile sia dalla parte, sia dal giudice amministrativo fintantoché non postuli apprezzamenti incidentali di merito o comunque intrinsecamente opinabili in quanto espressione del nucleo duro della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione: nel caso di specie, come meglio si argomenterà nel prosieguo, la ricorrente di primo grado ha circoscritto in modo puntuale le voci di costo che non risultavano congruamente dimensionate in virtù di circostanziate considerazioni tecnico-giuridiche le quali non impingono nella sfera di opinabilità insindacabile della discrezionalità tecnica. Indi, i profili di erroneità o inadeguatezza della valutazione di congruità effettuata dalla stazione appaltante decampano a pieno titolo nell’ambito della manifesta illogicità o irragionevolezza pianamente sindacabile da questo Collegio nella giurisdizione generale di legittimità.

5. – Neanche il secondo motivo di appello si appalesa conferente.

5.1. – In primis non può essere condiviso nella parte cui censura le conclusioni del primo giudice laddove ha ritenuto che l’offerta economica dell’odierna appellante principale scontasse una sottostima del costo della manodopera, emersa in sede di verifica allorché la stazione appaltante ha chiesto di applicare le Tabelle Ministeriali della Provincia di Milano in luogo di quelle nazionali, con ciò facendo sì che in sede di giustificazioni la società interessata operasse una modifica in minus del proprio monte ore rispetto a quello risultante dall’offerta.

Come visto in narrativa, l’assunto da cui prende l’abbrivio l’appellante si può riassumere nella considerazione che il monte ore indicato nell’offerta – e su questo vi sarebbe stato l’errore del primo giudice – sarebbe quello “teorico”, riveniente anche dalla necessità di riassorbire tutto il personale già impiegato dal gestore uscente, e non esprimerebbe il quantitativo effettivo delle ore di lavoro che l’offerente si impegna a prestare. Di contro, in sede di giustificazioni sarebbe fisiologico computare un monte ore diverso da quello indicato in offerta, perché quest’ultimo deve tenere conto anche dei costi sostenuti per le sostituzioni dei lavoratori assenti per ferie, malattie etc., mentre in sede di verifica dell’anomalia deve tenersi conto delle ore effettivamente lavorate, essendo i costi della sostituzione già compresi nell’offerta economica e diversamente avendosi una duplicazione degli stessi (sul punto viene richiamata pacifica giurisprudenza). In estrema sintesi, CNS insiste anche nelle memorie difensive nell’affermare che le ore mediamente lavorate complessive (rectius: ore effettive) nei cinque anni di durata del servizio devono essere moltiplicate per il costo orario individuato dalle Tabelle ministeriali della Provincia di Milano ottenendo così il costo della manodopera complessivo (euro 29.463.798) dal cui riscontro si evince che l’offerta di CNS sarebbe capiente e congrua, comportando addirittura un accantonamento precauzionale di circa € 1.300.000,00, per eventuali ulteriori extra costi della manodopera.

5.2. – Tale modus procedendi è fallace e non può essere condiviso dal Collegio a mente della costante giurisprudenza amministrativa formatasi sul punto giusta la quale nelle gare in cui – come nel caso che qui occupa – la lex specialis non stabilisca un monte ore minimo inderogabile, ma si limiti a richiedere lo svolgimento di un determinato quantitativo di servizi, il numero di ore indicate dal concorrente nella propria offerta corrisponde al “monte ore contrattuale”, ossia alle ore di lavoro che l’offerente si obbliga a svolgere per l’esecuzione del servizio, e non a un “monte ore teorico”. Segnatamente, il monte ore contrattuale si riferisce al rapporto tra stazione appaltante ed appaltatore, ovvero alla quantità di prestazioni che il secondo dovrà erogare a favore della prima, integrando, in sostanza, l’obbligazione principale dell’appaltatore nell’ambito del sinallagma contrattuale tra le parti, che si riverbera sui profili obbligatori del contratto, mentre il monte ore teorico si riferisce al rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, ovvero all’obbligazione principale del lavoratore nell’ambito di un rapporto d’impiego: il costo della manodopera va determinato dalle ore contrattuali offerte in gara, sicché è su tale valore, e non sulle ore mediamente lavorate, che deve giustificarsi il costo orario complessivo (cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 aprile 2025, n. 3080).

I copiosi richiami giurisprudenziali operati dall’appellante, pur avallando certamente l’affermata diversità tra il numero delle ore di lavoro indicate nell’offerta e quello considerato in sede di verifica dell’offerta sospetta di anomalia, non smentiscono il consolidato assunto per cui quello individuato nell’offerta costituisce di regola il “monte ore contrattuale”, ossia quello dal quale comunque si deve muovere – detratti i costi delle sostituzioni – quando si tratti di giustificare la congruità dell’offerta con riferimento ai costi della manodopera (cfr. in particolare Cons. Stato, sez. III, 2 aprile 2025, n. 2769, che enuclea in chiave definitoria le nozioni di “monte ore contrattuale” e “monte ore reale o effettivo” precisando che il primo è rappresentato dal numero di ore di lavoro indicate in offerta e rappresentante l’impegno contrattuale assunto dal concorrente nei confronti dell’Amministrazione al fine di assicurare la suddetta quantità di servizi, il secondo esprime il numero di ore lavorate al netto delle sostituzioni, e del quale – come pure si è detto – si tiene conto in sede di verifica della congruità dei costi della manodopera).

5.3. – Orbene, calando queste coordinate ermeneutiche al caso di specie, CNS ha presentato nell’offerta tecnica un progetto imprenditoriale che prevede l’impiego di 239 unità di personale per 7.228 ore settimanali che, proporzionate al lasso quinquennale della commessa, ammontano a 1.886.508 ore quale “monte ore contrattuale”.

Di contro, lo stesso CNS ha stimato nell’offerta economica il costo della manodopera in relazione a 236 unità di personale – con esclusione, quindi, dei tre manutentori il cui costo viene imputato alla voce “spese generali” – per un monte orario, proporzionato al periodo della commessa, pari a 1.563.746,80 ore indicato espressamente nell’offerta, quantificando un costo per la manodopera pari a € 29.463.798,36 in applicazione dei minimi tabellari del CCNL Settori pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo.

Senonché, in sede di seconde giustificazioni (in riscontro alla richiesta di chiarimenti del 27 febbraio 2024) l’appellante ha indicato di stimare il costo della manodopera proposto prendendo come base di riferimento le ore mediamente lavorate di cui alle tabelle ministeriali pari a 1.604 ore annuali per ogni unità (FTE) le quali sono state poi moltiplicate per il costo medio orario, sempre indicato nelle tabelle ministeriali, in relazione ad ogni singola figura professionale, per cinque anni. In questo modo, CNS è giunta a quantificare il costo per la manodopera pari a € 28.120.333,52 e quindi un costo inferiore a quello originariamente indicato in offerta pari a € 29.463.798,36. Il risparmio di costi (€ 1.343.464,84), che si è realizzato, è stato poi impiegato per giustificare la sottostima del costo della manodopera secondo le tabelle ministeriali provinciali.

A parere del Collegio, CNS – e il RUP – avrebbero dovuto ben diversamente moltiplicare il monte ore contrattuale (1.886.508 ore) per il costo medio orario risultante dalle tabelle ministeriali per la Provincia di Milano: approssimando tale costo medio orario a 19,71 euro per ora – valore ripreso dalla stessa perizia di parte – per una mera proiezione in questa sede si giungerebbe ad un costo della manodopera ben più alto e pari ad euro 37.183.072, assolutamente insostenibile sotto ogni punto di vista. Ne riviene che tale aggravio assorbirebbe innanzitutto il primo importo evidenziato a titolo di accantonamento pari a 1.300.000 per minor costo della manodopera, che come emerge dal calcolo corretto, non sussiste affatto.

Indipendentemente dai computi di dettaglio, che resterebbero riservati al ri-esercizio del potere di verifica dell’anomalia dell’offerta, per quanto rileva ai fini del decidere, emerge in modo conclamato la fallacia metodologica seguita nella ricostruzione del costo della manodopera, tale da inficiare insanabilmente – come correttamente opinato in prime cure – il giudizio di congruità dell’offerta di CNS con assorbimento delle ulteriori deduzioni dell’appellante su presunti ulteriori risparmi di spesa all’evidenza inidonei a traguardare il differenziale che viene a generarsi applicando correttamente il monte ore contrattuale.

In conclusione, la doglianza deve essere recisamente respinta.

6. – In ordine logico, deve essere poi esaminato il terzo motivo di appello, con il quale è censurato l’ulteriore capo di decisione con cui è stata ritenuta illegittima anche la mancata indicazione dei costi della manodopera previsti per i tre lavoratori in subappalto addetti ai servizi di manutenzione: in sede di verifica, l’odierna appellante ha chiarito che tali costi erano stati allocati sotto la voce “Spese generali” (provvedendo anche a quantificarli e comunicarli alla stazione appaltante), e il T.A.R., da un lato, ha ritenuto legittimo tale “scorporo”, dall’altro, ha stigmatizzato il fatto che tali costi non fossero stati oggetto ab initio di indicazione separata, ciò precludendo alla stazione appaltante la verifica del rispetto del trattamento salariale minimo anche per questi lavoratori.

6.1. – Il thema decidendum concerne, dunque, l’omessa indicazione separata dei costi relativi ai tre manutentori e non già l’osservanza dei livelli minimi salariali previsti dalla contrattazione collettiva, che viene tutt’al più in rilievo in via mediata nelle cadenze argomentative del primo giudice giacché l’omessa esposizione di tali oneri risulterebbe di per sé impeditiva anche del riscontro di congruità rispetto ai minimi contrattuali di fonte collettiva.

Ciò premesso, giova richiamare le posizioni espresse dalla giurisprudenza in ordine al dovere di indicazione dei costi della manodopera, sancito dall’articolo 95, comma 10, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, con riguardo alla specifica ipotesi in cui alcune delle prestazioni oggetto dell’affidamento siano destinate a essere svolte tramite subappalto.

Al riguardo, si è affermato che in via generale il concorrente che intenda avvalersi del subappalto ha l’onere di rendere puntualmente edotta l’Amministrazione dell’effettivo costo del personale fornitogli dal subappaltatore, al fine di consentirle un effettivo controllo della sostenibilità economica dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 marzo 2018, n. 1500); infatti, la previsione suindicata non può che essere estesa a tutti i costi che l’offerente, direttamente o indirettamente, sostiene per adempiere alle obbligazioni contrattualmente assunte, diversamente essa prestandosi a facili elusioni, se si consentisse di scorporare dal costo totale della manodopera il costo sostenuto dai subappaltatori.

6.2. – Tuttavia, la giurisprudenza che più approfonditamente si è occupata della questione ha anche operato significativi distinguo tra costi diretti della commessa – ossia i costi della manodopera che esegue il servizio oggetto dell’appalto, che devono essere indicati in sede di offerta – e costi indiretti – ossia i costi relativi al personale di supporto all’esecuzione dell’appalto o a servizi esterni, che non devono essere oggetto di dichiarazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2023, n. 782) – e tra i costi dei dipendenti impiegati stabilmente nella commessa, i quali devono essere indicati in sede di offerta in quanto voce di costo che può essere variamente articolata nella formulazione dell’offerta, e i costi relativi alle figure professionali impiegate in via indiretta, che operano solo occasionalmente, ovvero lo fanno in maniera trasversale a vari contratti, il cui costo non si presta ad essere rimodulato in relazione all’offerta da presentare per il singolo appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 agosto 2023, n. 7815).

6.3. – L’excursus del panorama giurisprudenziale appena sunteggiato impone di esaminare immediatamente in questa sede il secondo motivo dell’appello incidentale, logicamente preliminare ancorché proposto in via condizionata da Innova S.p.a., con il quale è censurata propria la prima parte del capo di decisione in esame, laddove il T.A.R. – prima di ritenere doverosa l’esclusione dell’offerta della controinteressata per altra ragione, ossia per la mancata indicazione separata dei costi della manodopera in subappalto – ha ritenuto legittimo lo scorporo di tali costi dall’indicazione dei costi complessivi della manodopera e la loro allocazione sotto la voce “Spese generali”; alla stregua della giurisprudenza sopra richiamata, è ragionevole ritenere che tale scorporo sarebbe legittimo soltanto laddove ai servizi di manutenzione potesse riconoscersi effettivamente carattere accessorio, come assume l’appellante principale: ed è proprio tale carattere a essere messo in dubbio nel motivo di appello incidentale in esame, al fine di sostenere che i costi de quibus non avrebbero potuto essere scorporati e avrebbero dovuto invece essere esposti fin dall’inizio nell’ambito dei costi della manodopera.

6.4. – Tanto precisato, il motivo incidentale coglie nel segno a mente del fatto che le attività di manutenzione in parola costituivano incontestatamente prestazioni da eseguire in maniera stabile e continuativa ai sensi della disciplina di gara, tanto da trovare tangibile rappresentazione in un impegno medio di 40 ore settimanali, dal che discende l’impossibilità di qualificarli come servizi “accessori” od “occasionali”, con correlata sottrazione all’obbligo di indicazione di cui all’articolo 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016. Ne riviene che il rinvio omnicomprensivo alle “Spese generali” posto in essere dal CNS si rivela un mero tentativo – irrimediabilmente tardivo – di giustificare tale voce di costo in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta a dispetto del chiaro onere di immediata e separata esposizione dei costi di manodopera nell’offerta economica.

Il Collegio deve, quindi, concludere, in parziale ricalibratura dell’iter argomentativo della pronuncia di prime cure, che il CNS, nel conglobare i costi previsti per i tre manutentori in subappalto nella voce indistinta appostata per le “Spese generali”, ha mancato di assolvere compiutamente all’onere di esplicita rappresentazione dei costi della manodopera ex art. 95, co. 10, d.lgs. n. 50/2016 inficiando la propria offerta con effetto conclusivamente escludente.

7. – Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello principale deve essere integralmente rigettato, mentre l’appello incidentale deve trovare accoglimento parziale limitatamente al secondo motivo di censura per quanto rileva agli effetti della conferma con diversa motivazione della statuizione di prime cure e della correlata esclusione dell’offerta di CNS dalla procedura e deve essere dichiarato improcedibile per i restanti motivi.

8. – La peculiarità della controversia giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.

CONSIGLIO DI STATO, III – sentenza 15.10.2025 n. 8047

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