1. Il signor Vinci Giuseppe, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della ditta M.V.M. Costruzioni S.r.l. agisce per l’annullamento del provvedimento prot. n. 63327 del 3 settembre 2024, comunicato il giorno successivo, con cui il Comune di Agrigento ha respinto l’istanza, prot. n. 56864, in data 11.11.2008, con la quale il ricorrente aveva richiesto il permesso di costruire per la edificazione di alcune villette a schiera da realizzarsi in C.da Pisciotto, all’interno del Piano Particolareggiato della zona C1, a monte del Quadrivio Spinasanta di Agrigento.
2. Espone il ricorrente che l’intimata Amministrazione, dopo aver approvato con note prot. 25122 del 6 settembre 2009 e prot. 64511 del 12 novembre 2010 il progetto in questione, con provvedimento prot. n. 6606 del 3 febbraio 2015, ha rigettato l’istanza di concessione edilizia per la costruzione delle progettate 21 villette.
Il diniego è stato adottato in considerazione del fatto che il lotto di terreno interessato dall’intervento ricade, quasi interamente, all’interno del piano particolareggiato denominato PP IV – Quadrivio Spinasanta (confermato dal P.R.G. del 2009), con destinazione ad attrezzature di interesse collettivo.
Per chiedere l’annullamento di tale provvedimento è insorto il ricorrente con il ricorso n. 1284/2015 r.g., che la Sezione ha accolto con sentenza n. 202 del 27 gennaio 2022 evidenziando che:
– “Le previsioni del piano particolareggiato, invero, in virtù del sopra riportato art. 29 delle norme tecniche di attuazione, sono state recepite dal p.r.g. del 2009. Il vincolo ad opere di interesse pubblico, indicato nel piano particolareggiato, è stato, dunque, in tal modo reiterato…;
– Il vincolo in esame, ad attrezzature di interesse collettivo…non può che considerarsi di natura espropriativa, con conseguente perdita di efficacia allo scadere del termine di cinque anni dall’approvazione del p.r.g. del 2009…;
– Alla data di adozione dell’impugnato diniego, dunque, il vincolo non era più efficace, dal che discende l’illegittimità del provvedimento, che merita annullamento”.
Con la citata sentenza il Tribunale, per altro verso, ha rigettato la domanda risarcitoria pure dedotta dal ricorrente evidenziando che “Dalla pronuncia di annullamento, invero, discende l’obbligo per l’amministrazione di pronunciarsi nuovamente sull’istanza, con conseguente possibilità, in presenza dei presupposti di legge, di conseguire il bene della vita agognato”.
3. Sulla scorta della citata sentenza il ricorrente riproponeva l’istanza di permesso di costruire, che il Comune però nuovamente rigettava con la citata nota prot. 63327 del 3 settembre 2024 sulla scorta dei seguenti rilievi:
“Il TAR, nella Sentenza 202/2022 ha sancito che il vincolo apposto sulle aree oggetto di richiesta di nuova edificazione è di natura espropriativa, poiché “riferito alla realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica”; Il vigente P.R.G. approvato con D.D.G. 1106/2009, all’art. 29 ha riconfermato i P.P. e i P.d.L. approvati in attuazione del PRG/1978, tra cui il “PP IV Quadrivio Spinasanta”; Il vincolo espropriativo previsto dal PP IV, tuttavia, ha perso efficacia allo scadere del termine di cinque anni dall’approvazione del P.R.G. del 2009; L’area oggetto della richiesta di Permesso di Costruire ricade all’interno del perimetro del Centro Abitato, approvato con Deliberazione di G.M. n. 108 del 29.9.2006 e successiva Deliberazione di G.M. n. 23 del 15.3.2007; Sulla scorta delle superiori considerazioni, l’area interessata rientra nella fattispecie di “area subordinata ad esproprio per pubblica utilità in presenza di vincoli decaduti”, come normata dall’art. 9 del D.P.R. 380/2001, recepito dall’art. 4 della L.R. 16/2016 e s.m.i. In tali aree sono consentiti esclusivamente a) gli interventi previsti dalle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, come introdotto dall’articolo 1, che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse; b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell’area di proprietà”.
4. Per chiedere l’annullamento del nuovo provvedimento di diniego è insorto il ricorrente con il ricorso in epigrafe, notificato e depositato il 30 ottobre 2024.
L’impugnazione è affidata ad un’unica articolata censura con la quale parte ricorrente lamenta: “Illegittimità per erronea interpretazione ed applicazione di legge (art. 9 del D.P.R. 8/6/2001 n. 327, art. 9 del D.P.R. 6/6/2001 n. 380 recepito dall’art. 4 della l.r. 16/2016). Motivazione perplessa e viziata”.
Sostiene in sintesi il ricorrente che erroneo sarebbe il richiamo del Comune all’art. 9 del D.P.R. n. 380/2001, atteso che tale norma si riferirebbe soltanto agli Enti privi di strumenti urbanistici, mentre nel caso di specie il Comune di Agrigento era ed è in possesso del Piano Regolatore Generale approvato nel 2009 sicché, nonostante il vincolo espropriativo derivante dal piano particolareggiato del quadrivio Spinasanta abbia perso efficacia allo scadere del termine di cinque anni dall’approvazione del P.R.G., nella fattispecie avrebbero ripreso vigore le norme di piano che consentono in zona l’edificazione con le regole ed i parametri delle zone C, coincidenti con quelli dei Piani Particolareggiati.
In sostanza, secondo il ricorrente la zona sarebbe edificabile giacché appunto normata dal P.R.G. vigente.
5. Il Comune di Agrigento non si è costituito in giudizio.
Con ordinanza n. 617 del 22 novembre 2024, non appellata, la Sezione ha evidenziato “che le questioni prospettate non si prestano ad una sommaria delibazione cautelare, necessitando dell’approfondimento proprio della fase di merito, e che la posizione della parte ricorrente appare adeguatamente tutelata attraverso la fissazione dell’udienza di trattazione del merito”.
In vista della discussione parte ricorrente non ha versato nel fascicolo processuale nuovi documenti o prospettazioni difensive e la causa è stata trattenuta in decisione in esito all’udienza pubblica del 10 ottobre 2025.
6. Il ricorso è infondato e va perciò respinto.
Osserva il Collegio che, con sentenza n. 202 del 27 gennaio 2022, non impugnata e passata perciò in giudicato, la Sezione ha accertato che il vincolo ad attrezzature di interesse collettivo apposto dall’Amministrazione sulle aree interessate “non può che considerarsi di natura espropriativa”.
Al citato approdo si è giunti premettendo che “Secondo un diffuso orientamento giurisprudenziale, cui la Sezione ritiene di aderire, il vincolo è ad effetto espropriativo qualora si riferisca alla realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica e, pertanto, nel caso di parcheggi pubblici come nei casi di strade e spazi pubblici, spazi pubblici attrezzati, parco urbano, attrezzature pubbliche per l’istruzione (cfr. C.G.A. n. 329/19; n. 344/2015)” e che “dunque… se l’ente pubblico vuol destinare un’area a uso pubblico (generale) deve procurarne l’espropriazione, non potendo altrimenti costringere il proprietario a comprimere il suo godimento al di là del contenuto minimo essenziale della proprietà” (così C.G.A. n. 329/19)”. Tanto premesso, il Tribunale ha concluso rilevando che “Il vincolo in esame, ad attrezzature di interesse collettivo, alla luce degli appena richiamati principi, non può che considerarsi di natura espropriativa, con conseguente perdita di efficacia allo scadere del termine di cinque anni dall’approvazione del p.r.g. del 2009”.
Dalla accertata natura espropriativa del vincolo in parola deriva, secondo la prevalente giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Lazio, sez. II quater, 17 luglio 2021, n. 8522; in termini anche TAR Lazio, sez. II stralcio, 19 dicembre 2023, n. 19225), da cui in questa sede non vi sono ragioni per derogare, che la scadenza di tale vincolo, a differenza di quanto avviene in relazione ai piani attuativi, comporta l’applicazione del regime delle cosiddette zone bianche di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 380/2001 richiamato dall’art. 9 del D.P.R. n. 327/2001, caratterizzato da un ridottissimo indice di edificabilità fondiaria, che è quello delle zone poste fuori dal centro abitato (cd. zone agricole).
Da qui la non assentibilità dell’intervento edilizio per cui è causa, in quanto non coerente con la disciplina urbanistica dettata dal P.R.G.
Il Giudice di appello ha infatti chiarito che la scadenza di un vincolo espropriativo comporta, in ogni caso, l’applicazione del regime restrittivo previsto per le c.d. zone bianche, non potendosi ritenere ammissibile l’applicazione della disciplina generale concernente la zona omogenea (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 novembre 2016 n. 4758).
In sostanza, una volta cessata, per scadenza del termine, la destinazione impressa dal PRG, l’area oggetto dell’istanza di permesso di costruire deve considerarsi, in assenza di validi atti di reiterazione del vincolo, priva di ogni pianificazione quale “zona bianca”: per tali aree, si ritiene venuta meno la disciplina del piano regolatore vigente, senza che questa sia automaticamente sostituita da altra normativa di piano.
È quindi rimessa al potere discrezionale dell’Amministrazione comunale la verifica e la scelta della destinazione che, in coerenza con la più generale disciplina urbanistica del territorio, risulti più adeguata in relazione all’interesse pubblico al corretto e armonico utilizzo del territorio: nelle more, l’art. 9, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, richiamato dall’art. 9 del D.P.R. n. 327/2001, consente, infatti, nelle zone sprovviste di regolamentazione urbanistica, soltanto interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo di edifici esistenti e, nelle zone fuori del perimetro dei centri urbani, permette interventi di nuova edificazione con densità fondiaria di 0,03 mc/mq, potendo il ricorrente attivare il procedimento di riqualificazione urbanistica della zona bianca.
7. In conclusione per le ragioni esposte il ricorso è infondato e va perciò respinto.
8. La mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata esonera il Collegio da ogni statuizione in ordine alle spese di lite.
TAR SICILIA – PALERMO, II – sentenza 14.10.2025 n. 2238