1.La questione controversa riguarda l’utilizzazione residua di due particelle derivanti da un frazionamento intervenuto il 2 settembre 1992 di un unico appezzamento, originariamente part. 851, sul quale è stato rilasciato un permesso di costruire in sanatoria ex l.47/1986, rilasciato il 21 maggio 1996 (provv. 336/96), in ordine alla pratica edilizia n. 350 presentata il 18 marzo 1986; in particolare, l’istanza del permesso di costruire in esame (n. 49650 del 13 giugno 2023) è volta alla realizzazione di un parcheggio all’aperto.
Il provvedimento di diniego del permesso di costruire è stato notificato a mezzo pec il 10 agosto 2023, ed è stato impugnato con il ricorso introduttivo; con successivo provvedimento n. 4961 del 15 gennaio 2024, è stato adottato il diniego definitivo a seguito del riesame del permesso di costruire pratica prot. n. 49650 del 13 giugno 2023, quest’ultimo impugnato con motivi aggiunti.
L’istanza di permesso di costruire, nello specifico, riguardava il rilascio del titolo abilitativo per la realizzazione e l’esercizio di un’attività di autorimessa privata (parcheggio all’aperto) su suolo sito in Acerra, via Verdi n. 54, identificato catastalmente al foglio 38, particelle 1441 e 1442.
2. Con il ricorso introduttivo, la Società ricorrente ha impugnato il primo diniego (notificato a mezzo pec il 10 agosto 2023) motivato sulla incompatibilità dell’intervento con la destinazione d’uso della zona omogenea del vigente PRG in cui ricade il lotto; inoltre, il diniego era motivato dal fatto che i lotti oggetto dell’intervento derivavano dal frazionamento del lotto di maggiore consistenza, originariamente part. 851, ove era realizzato l’immobile oggetto della concessione edilizia in sanatoria.
2.1. Con ordinanza n.1960 del 3 novembre 2023 il giudice di primo grado ha accolto la domanda cautelare proposta nell’ambito del ricorso ai fini del riesame del provvedimento di diniego.
Pertanto, il Comune ha riavviato il procedimento confermando parte dei motivi ostativi già comunicati in fase di primo esame dell’istanza; in particolare, ha ritenuto superata, anche solo in parte, l’incompatibilità dell’intervento con la specifica destinazione d’uso della zona, ritenendo comunque impossibile l’utilizzo del lotto, il quale, a suo avviso, aveva già esaurito le proprie potenzialità edificatorie a seguito del frazionamento del lotto p.lla 851, avvenuto nel 1992, nelle p.lle 1441 e 1442.
3. Con la sentenza quiimpugnata, il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania accoglieva il ricorso introduttivo per la violazione dell’art. 10-bis l.241/1990 e per difetto di motivazione e istruttoria in ordine alle ragioni del diniego.
Il Giudice di primo grado ha:
– rilevato che il contrasto dell’intervento di realizzazione di un parcheggio commerciale con le destinazioni urbanistiche consentite nella zona non ha trovato conferma nelle NTA del Comune di Acerra, le quali consentono, invece, lo svolgimento di attività terziarie, ossia di servizio da valutare in relazione alle attività legittimamente insediabili nella zona; il parcheggio in questione è stato ritenuto un’attività commerciale, complementare, peraltro, alle attività residenziali e terziarie ammesse in zona;
– accolto il ricorso per motivi aggiunti, ritenendolo fondato quanto al difetto di istruttoria e motivazione in ordine alla sussistenza di ulteriore capacità edificatoria del lotto, in relazione all’istituto del c.d. asservimento pertinenziale. Nel caso in questione, ha ritenuto il giudice di primo grado, nessun elemento è stato fornito dall’Amministrazione nel provvedimento impugnato con i motivi aggiunti non essendo possibile ricavarlo né dalla documentazione catastale prodotta, né dai grafici allegati al permesso di costruire in sanatoria, depositati in atti, dai quali, quindi, non è stato possibile accertare la superficie dei due mappali oggi allibrati ai nn. 1441 e 1442.
4. Avverso la sentenza del Tribunale amministrativo per la Campania, il Comune di Acerra ha promosso appello, formulando il seguente unico articolato motivo di doglianza:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 63, 64 e ss. del C.p.a. – Violazione del DPR 380/01 – Violazione del D.M. 1444/1968 – Violazione della L. n. 47/85 – Violazione della l. n. 241/90 – Error in iudicando: errata percezione dei fatti nonché dello specifico contenuto degli atti di causa; Violazione dei principi generali in materia di edilizia; Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto; Travisamento; Sviamento; difetto di motivazione; illogicità; contraddittorietà.
L’appellante in particolare contesta l’illegittimità della sentenza impugnata nella sola parte in cui accoglie il ricorso per motivi aggiunti, relativamente al secondo diniego.
L’ente comunale ha inoltre depositato le visure catastali storiche che fanno emergere il frazionamento della particella 851 nelle particelle 1441, 1442 e 1431, ottenuto dalla Società resistente a seguito della costruzione del fabbricato su cui è stata presentata la richiesta di permesso di costruire in sanatoria.
Secondo la prospettazione dell’appellante, la particella 1431 è quella dove insiste il suddetto fabbricato, mentre le particelle 1441 e 1442 sono quelle asservite alla precedente; detta documentazione (visure catastali e titolo in sanatoria), ad avviso dell’appellante, sarebbe idonea a ricostruire la situazione.
Si è costituito in giudizio l’appellato Sig. Puopolo Vittorio, in proprio, nonché nella qualità di rappresentante legale della Elena Costruzioni S.r.l. in liquidazione, contestando quanto ex adverso proposto, e chiedendo il rigetto dell’appello e della domanda di sospensione degli effetti della sentenza appellata.
Con ordinanza del 24 febbraio 2025, n. 724, questo Consiglio di Stato ha fissato il termine perentorio del 30 marzo 2025 per la regolarizzazione della procura rilasciata dal legale rappresentante dell’appellato Puopolo Vittorio; ha altresì accolto l’istanza cautelare ai soli fini della sollecita definizione del giudizio nel merito, fissando l’odierna udienza pubblica.
5. Nelle diverse memorie, depositate agli atti di causa, l’appellato contesta le censure addotte dall’ente comunale appellante, rilevando, in via preliminare, l’inammissibilità ed improcedibilità dell’appello per sopravvenuto difetto di interesse. In particolare, secondo la prospettazione dell’appellato, non avendo l’Amministrazione assunto alcuna decisione provvedimentale dal 13 settembre 2024 ossia dalla data della notifica della sentenza del giudice di primo grado, si sarebbe formato il silenzio-assenso sulla domanda del permesso di costruire.
6. Il ricorso è fondato.
Al riguardo, quanto alle eccezioni di rito sollevate dall’appellato esse sono da respingere: la formazione del silenzio assenso di cui all’art 20 d.P.R. 380/2001 non è riferibile alla fattispecie in esame nella quale è intervenuta la decisione del giudice di primo grado che in quanto tale è esecutiva.
In una tale eventualità l’odierno appellato poteva attivare, come ha fatto, il giudizio di ottemperanza ma non invocare il silenzio che è ipotesi “ordinaria” e non pertinente ove venga in questione l’attuazione di una decisione giurisdizionale.
Inoltre è ammesso l’ulteriore materiale probatorio (visura catastale storica, permesso di costruire e documentazione inerente il condono) essendo, ai sensi dell’art 104 c.p.a. indispensabile al fine del decidere.
6.1 Quanto al merito va premesso che il provvedimento di diniego qui impugnato fa correttamente riferimento all’esigenza di non considerare i frazionamenti successivi al fine di considerare il volume disponibile.
In particolare, il provvedimento impugnato richiama la giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. VI n. 2215 del 2019), che rileva come “qualora un lotto urbanisticamente unitario sia già stato oggetto di uno o più interventi edilizi, la volumetria residua, o la superficie coperta residua, va calcolata previo decurtamento di quella in precedenza realizzata, con irrilevanza di eventuali successivi frazionamenti catastali o alienazioni parziali, onde evitare che il computo dell’indice venga alterato con l’ipersaturazione di alcune superfici al fine di creare artificiosamente disponibilità nel residuo”.
Vainoltre considerato che, come chiarato dalla Giurisprudenza, dal provvedimento edilizio abilitativo – il cui rilascio definisce le potenzialità edificatorie di un fondo, determinandone anche la cubatura – sorge un vincolo di asservimento per cui, una volta esaurite le potenzialità edificatorie, le restanti parti del fondo sono sottoposte ad un regime di inedificabilità che discende ope legis dall’utilizzazione del fondo medesimo (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., Sentenza, 23 settembre 2009, n. 3); detto criterio vale anche, a maggiore ragione, nell’ipotesi in esame nella quale il vincolo di asservimento consegue ad un titolo in sanatoria che ha legittimato l’immobile nella sua conformazione, all’epoca esistente, ossia comprensivo dell’intero suolo ove insiste.
6.2 Nel caso in esame lo stesso provvedimento qui impugnato mette in rilievo – fondando su ciò il motivo di diniego – come all’atto della richiesta di condono, il lotto di intervento era unico e comprendeva anche le particelle che, successivamente frazionate, oggi verrebbero essere destinate a parcheggio.
Ne consegue che occorre rifarsi al titolo edilizio, nella specie in sanatoria, al fine di considerare come asservita anche la parte del terreno successivamente frazionato (dal 2 settembre 1992 come da documentazione in atti) nelle part. 1441 e 1442 ove l’odierno appellato intenderebbe realizzare il parcheggio all’aperto; nel caso specifico, indipendentemente dalla data in cui è stato rilasciato il permesso di costruire (n.336 del 21 maggio 1996), occorre fare riferimento al momento del perfezionamento dei relativi presupposti, ossia al momento dell’ultimazione dei lavori entro il 1° ottobre 1983 ex art. 31, l.47/1985, data antecedente al frazionamento.
Alla luce di queste considerazioni è quindi da ritenersi legittimo il provvedimento in esame.
6.3 In questa ottica diventa ultronea la questione circa la sufficienza o meno dei parcheggi pertinenziali perché quello che rileva è che in base ad una eccezionale scelta legislativa è intervenuta la sanatoria dell’immobile nella conformazione in cui lo stesso insisteva sull’unica particella 851, non rilevando gli ulteriori frazionamenti.
7. In considerazione di quanto sopra il ricorso è da respingere.
8. Sussistono idonei motivi per una compensazione delle spese.
CONSIGLIO DI STATO, IV – sentenza 14.10.2025 n. 8038