Secondo quanto previsto dall’art. 133 co. 1 lett. e) n. 2) c.p.a., rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie “relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”.
Per individuare il giudice avente giurisdizione sul rapporto sostanziale, occorre far riferimento al criterio ordinario del petitum sostanziale, sulla base degli indirizzi già enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, che hanno dapprima preso atto dell’attuale, ampia formulazione dell’art. 133 c.p.a. che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la materia della revisione prezzi, senza distinguere come in precedenza le controversie relative all’an, riservate alla giurisdizione amministrativa, dalle controversie circoscritte al quantum, afferenti alla giurisdizione ordinaria, ma hanno poi precisato che, quando la contestazione sia relativa ad una prestazione inserita nel contratto, essa ha ad oggetto una mera pretesa di adempimento contrattuale e, pertanto, appartiene integralmente alla giurisdizione del giudice ordinario perché in relazione ad esso la P.A. non si pone su un piano autoritativo, bensì paritario con il privato contraente.
Ciò in quanto la sussistenza di una giurisdizione esclusiva, secondo quanto affermato dalla Corte Suprema di Cassazione, non comporta che la giurisdizione sia riservata in toto al giudice amministrativo. L’espressione “esclusiva”, che dal punto di vista semantico lo attesterebbe, dal punto di vista giuridico invece non può essere intesa in tal senso, in quanto rinviene la propria fonte costituzionale nell’art. 103 Cost. che conferisce agli organi di giustizia amministrativa “giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi“.
Deve, dunque, ritenersi che l’art. 103 Cost., a fronte della giurisdizione “esclusiva” del giudice amministrativo, non possa escludere la giurisdizione del giudice ordinario, essendo, infatti, prevista l’estensione (“anche”) della giurisdizione amministrativa ai diritti soggettivi in ambiti particolari, la cui determinazione è affidata a una riserva di legge.
La Corte costituzionale ha chiarito che il presupposto della giurisdizione esclusiva è costituito dalla sussistenza e dall’esercizio, anche in via indiretta, di un potere dell’ente amministrativo – così qualificabile “pubblica amministrazione-autorità” -, e non soltanto dalla “materia” scelta dal legislatore (Corte Costituzionale, sentenza 6 luglio 2004 n. 204; sentenze 11 maggio 2006 n. 191, 27 aprile 2007 n. 140, 5 febbraio 2010 n. 35 e 15 luglio 2016 n. 179).
In ragione di quanto premesso, l’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2 codice del processo amministrativo logicamente non è stato inteso, dalle Sezioni Unite, come conferente al giudice amministrativo qualunque controversia relativa alla revisione dei prezzi degli appalti pubblici per servizi ad esecuzione continuata o periodica, sviluppandosi un’applicazione del criterio fondato sulla esistenza e sull’esercizio di potere per la tutela dei correlati interessi pubblici. Mentre, infatti, qualora per la revisione dei prezzi le parti del contratto pubblico non abbiano pattuito alcuna clausola la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si dispiega senza dubbio, fronteggiandosi solo l’esercizio del potere autoritativo della pubblica amministrazione (S.U. 20 aprile 2017 n. 9965; S.U. ord. 26 settembre 2011 n. 19567; S.U. 12 luglio 2010 n. 16285), la problematica si configura ogniqualvolta nel regolamento negoziale sia stata inserita una specifica clausola, dovendosi allora vagliarne il contenuto per apprenderne gli effetti sul rapporto tra le parti, prospettandosi l’alternativa tra la permanenza di una posizione di potere della committente e il raggiungimento di una piena pariteticità dei contraenti.
Pertanto, nelle controversie relative alla clausola di revisione del prezzo negli appalti di opere e servizi pubblici, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in conformità alla previsione di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. e), n. 2), sussiste nell’ipotesi in cui il contenuto della clausola implichi la permanenza di una posizione di potere in capo alla P.A. committente, attribuendo a quest’ultima una valutazione discrezionale nel disporre la revisione, mentre, nella contraria ipotesi in cui la clausola individui puntualmente e compiutamente un obbligo della parte pubblica del contratto, deve riconoscersi la corrispondenza di tale obbligo ad un diritto soggettivo dell’appaltatore, il quale fa valere una mera pretesa di adempimento contrattuale, come tale ricadente nell’ambito della giurisdizione ordinaria (Cass. n. 21990 del 2020; Cass. civ., Sez. Unite, Ordinanza, 22/11/2021, n. 35952).
Con riguardo al caso in esame non si pone alcuna questione interpretativa su una clausola di revisione prezzi, poiché l’art. 8 della Convenzione espressamente vieta la possibilità di modificare il contenuto economico dell’appalto.
Secondo l’appellante, tuttavia, la mancanza di una clausola di revisione dei prezzi non escluderebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché l’art. 133 co. 1 lett. e) n. 2 c.p.a. la prevede in relazione anche alle controversie aventi ad oggetto i “provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”.
L’art. 133 co. 4 D.Lgs. n. 163/2006, infatti, prevedeva la possibilità di variare l’accordo negoziale economico raggiunto con la stipula del contratto di appalto allorché il prezzo dei singoli materiali da costruzione per effetto di circostanze eccezionali avesse subito variazioni in aumento o in diminuzione. Circostanza che determinerebbe l’affermazione di un potere valutativo-discrezionale della Pubblica Amministrazione contraente.
Il Collegio ritiene l’appello infondato.
Con riguardo al caso in esame il bando è stato pubblicato il 26 marzo 2021 e la Convenzione è stata stipulata il 21 dicembre 2022, quindi durante la vigenza del codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50/2016, che all’art. 106 contempla un procedimento di modifica del contratto nell’ambito del quale possono rinvenirsi margini di discrezionalità valutativa della stazione appaltante.
Lo ius variandi dei contratti pubblici è, infatti, indicativo di un potere discrezionale dell’Amministrazione preordinato ad assicurare il migliore soddisfacimento dell’interesse pubblico perseguito con la stipula del contratto di appalto.
Siffatto potere può essere regolamentato mediante un’apposita clausola contrattuale, come quella di revisione prezzi, che le Sezioni Unite hanno ritenuto giustificativa della giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133 co. 1 lett. e) n. 2 c.p.a. qualora la relativa disciplina pattizia contempli margini di apprezzamento da parte dell’Amministrazione e non una predeterminazione rigida di tutti gli aspetti potenzialmente idonei ad incidere sul contenuto contrattuale al punto da riconoscere all’appaltatore un vero e proprio diritto soggettivo alla modifica del contratto.
Di conseguenza, se in presenza di una clausola di revisione prezzi non vincolata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è configurabile, a maggior ragione deve esserlo allorché non vi sia alcuna clausola di siffatto tipo (Cass. S.U. 20 aprile 2017 n. 9965; S.U. ord. 26 settembre 2011 n. 19567; S.U. 12 luglio 2010 n. 16285) poiché il potere dell’Amministrazione è libero da pattuizioni contrattuali.
A differente conclusione deve, invece, pervenirsi qualora, come nella fattispecie, l’esercizio di siffatto potere discrezionale sia stato del tutto inibito dalla previsione di un’espressa clausola con la quale l’Amministrazione e l’appaltatore abbiano pattuito l’immodificabilità dell’accordo raggiunto in caso di sopravvenienze potenzialmente idonee ad incidere sull’equilibrio economico del contratto.
Siffatta clausola, infatti, esclude qualsivoglia possibilità di modifica del prezzo concordato per l’esecuzione della prestazione promessa dall’appaltatore e, quindi, preclude l’esercizio dei poteri discrezionali di cui l’Amministrazione sarebbe titolare.
Di conseguenza, il conseguimento del bene della vita anelato dall’appellante postula la stipula di un accordo modificativo del contratto che superi quanto previsto dalla predetta clausola oppure la declaratoria di nullità della clausola stessa.
Tralasciando la prima ipotesi, la seconda implica non un sindacato sulla legittimità di determinati atti amministrativi emanati dalla stazione appaltante ma una valutazione sulla validità di una clausola contrattuale espressamente voluta da tutti i contraenti e, quindi, sulla conformità all’ordinamento giuridico di un atto paritetico.
La nullità contrattuale, infatti, non è una sanzione ma un limite alla tutela civilistica direttamente desumibile sia dall’art. 1173 c.c., secondo cui gli atti o fatti possono essere fonti di obbligazioni soltanto se conformi all’ordinamento giuridico, sia dall’art. 1322 c.c. che riconosce l’autonomia negoziale delle parti purché entro i limiti imposti dalla legge.
L’accordo non conforme all’ordinamento giuridico non può, dunque, essere fonte di obbligazioni per le parti che lo hanno stipulato e siffatta valutazione non coinvolge norme disciplinanti poteri pubblici.
Non è, infatti, la conformità alla legge di un potere pubblicistico esercitato o la legittimità del mancato esercizio di un potere l’oggetto del giudizio, essendolo, invece, la conformità all’ordinamento giuridico di un accordo che preclude qualsivoglia modifica al prezzo pattuito in deroga a quanto previsto dall’art. 1664 c.c..
Non essendo, dunque, in discussione né l’applicazione di una clausola che preveda la revisione del prezzo, né provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi, ma la validità di una clausola contrattuale che preclude alle parti la possibilità di variare l’accordo economico pattuito, non sussistono i presupposti per l’affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133 co. 1 lett. e) n. 2) c.p.a..
Non possono, infatti, condividersi eventuali interpretazioni estensive della disposizione codicistica citata poiché la giurisdizione esclusiva è contraddistinta da un carattere di specialità ed eccezionalità rispetto a quella ordinaria e, dunque, la relativa casistica deve interpretarsi in senso restrittivo, non essendo suscettibile di estensione in via analogica in ossequio al divieto contemplato dall’art. 14 disp. prel. c.c..
Come, infatti, chiarito dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza del 2 febbraio 2016 n. 19, «Se … l’introduzione di un nuovo caso di giurisdizione esclusiva può essere effettuata solo da una legge − come prescrive l’art. 103, primo comma, Cost., e nel rispetto dei principi e dei limiti fissati dalla sentenza n. 204 del 2004 di questa Corte − risulta inammissibile il petitum posto dal giudice rimettente, che si risolve nella sostanza … nella richiesta a questa Corte di introdurre essa stessa, con una sentenza additiva, tale nuovo caso, che può invece essere frutto di una scelta legislativa non costituzionalmente obbligata” (sentenza n. 259 del 2009)».
Non essendo, dunque, espressamente prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in ordine alle controversie concernenti la validità di una clausola che precluda la modifica dei prezzi stabiliti in un contratto di appalto, deve escludersi la possibilità di ricondurre la controversia in esame nell’ambito dell’art. 133 co. 1 lett. e) n. 2) c.p.a., secondo cui rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie “relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”.
La citata previsione codicistica è, infatti, chiara nel riferirsi ad una clausola che disciplini la revisione del prezzo in senso positivo, ossia che espressamente ammetta la possibilità di variazione del prezzo pattuito, come direttamente desumibile dalla menzione dell’atto che costituisca attuazione della clausola stessa, essendo prevista la giurisdizione esclusiva in relazione alle controversie concernenti la clausola di revisione del prezzo ed il relativo “provvedimento applicativo”.
Alle medesime conclusioni deve pervenirsi con riguardo anche alle controversie concernenti i provvedimenti propedeutici a disporre l’adeguamento dei prezzi, intendendo il legislatore riferirsi agli atti con i quali l’Amministrazione ha modificato il prezzo originariamente concordato.
In questi casi, infatti, è possibile la spendita di un potere che giustifichi la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo.
Lo stesso non può, invece, dirsi allorché si controverta sulla validità di una clausola che disciplini la revisione dei prezzi in senso negativo, ossia escludendola del tutto anziché ammetterla in quanto inibente l’esercizio dei poteri che giustificherebbero la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo.
Peraltro, occorre sottolineare che se il legislatore avesse inteso devolvere nell’ambito di operatività della predetta giurisdizione anche le controversie concernenti le clausole contrattuali inibenti la revisione dei prezzi lo avrebbe espressamente previsto nell’art. 133 co. 1 lett. e) n. 2) c.p.a.,come avvenuto nel caso del “divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture”.
Se, quindi, il sindacato del Giudice Amministrativo è ammissibile allorché si controverta sull’interpretazione ed applicazione di una clausola che preveda, ammetta e disciplini la revisione dei prezzi, a differente conclusione deve pervenirsi qualora il thema decidendum sia costituito dalla validità di una clausola contrattuale che proibisca la predetta revisione, non venendo in rilievo l’esercizio di poteri pubblicistici.
Con riguardo al caso in esame, trattandosi, dunque, di una controversia attinente alla fase di esecuzione di un contratto di appalto non rientrante nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo di cui all’art. 133 co. 1 lett. e) n. 2 c.p.a., il sindacato sulla causa spetta al Giudice Ordinario, come correttamente affermato dal T.A.R..
L’appello è, pertanto, infondato e deve essere respinto.
Gli orientamenti non sempre univoci della giurisprudenza in ordine alla giurisdizione sulle controversie inerenti la revisione dei prezzi e la peculiarità della fattispecie in esame giustificano la compensazione delle spese processuali.
CGA, GIURISDIZIONALE – sentenza 02.10.2025 n. 735