Responsabilità civile – Cane investito sulla carreggiata autostradale, non può esserci addebito per l’ANAS

Responsabilità civile – Cane investito sulla carreggiata autostradale, non può esserci addebito per l’ANAS

L’unico motivo di ricorso è per violazione dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.3 c.p.c. per avere il Tribunale basato la decisione di accoglimento dell’appello incidentale di (OMISSIS) S.p.a. sulla sola circostanza che la presenza del cane in autostrada non era stata segnalata all’ente gestore prima dell’impatto e tanto, secondo il giudice dell’appello, costituirebbe prova del fortuito avente efficacia liberatoria dell’ente gestore dell’autostrada.

Il motivo fa particolarmente leva su un precedente di questa Corte (Cass. n. 9610 del 24/03/2022) relativo a un sinistro verificatosi sulla stessa autostrada, in un diverso tratto ma pur sempre tra le città di Palermo e Trapani e ne richiama la decisione di cassazione con rinvio, affermando che la fattispecie ivi oggetto di scrutinio è del tutto sovrapponibile a quella oggetto del presente ricorso.

Il Collegio, compulsato il detto precedente di questa Corte, ritiene che nella specie la sentenza sia conforme a diritto, dovendosi integrare la motivazione ai sensi dell’art. 384, comma quarto, c.p.c. nel senso che il Tribunale ha ritenuto prova adeguata del fortuito, di cui all’art. 2051 c.c., la circostanza dell’essere rimasto acquisito che la parte di autostrada in cui è avvenuto il sinistro non presentava varchi nella recinzione o comunque circostanze tali, quali l’assenza di idonea recinzione, che avrebbero consentito l’ingresso a animali, fossero questi cani o di altro genere. In tal modo l’attraversamento della sede stradale da parte di un cane randagio ha assunto rilevanza di caso fortuito non adeguatamente prevenibile da parte dell’ente gestore esercitando i poteri inerenti la relazione di custodia.

Induce a questa conclusione l’avere il giudice dell’impugnazione di merito affermato che l'(OMISSIS) aveva dato prova di avere verificato quotidianamente la presenza, o, meglio, l’assenza di ostacoli sulla sede stradale e comunque l’integrità delle opere di recinzione e manutenzione in quel tratto (sul punto si veda Cass. n. 6826 del 11/03/2021), cosicché la presenza del cane randagio (in quanto è rimasto acclarato che l’animale non aveva alcun microchip) sulla sede stradale assurge, in quanto evento imprevedibile e non adeguatamente controllabile in un breve lasso di tempo, a circostanza effettivamente idonea a integrare il caso fortuito avente efficacia liberatoria del custode, ai sensi dell’art. 2051 c.c.

In relazione a quanto sopra affermato in ordine al precedente di questa Corte, prospettato quale avente efficacia vincolante dalla difesa del ricorrente, e al fine di consentire la comprensione della ragione della mancata adesione al precedente, pur nella consapevolezza di questa Corte del non esservi un obbligo di conformazione, secondo la legge e la stessa giurisprudenza di legittimità (sul punto si rinvia a Sez. U n. 11747 del 3/05/2019 e a Cass. n. 13000 del 31/05/2006) poiché non può ritenersi che il giudice sia obbligato, salvo il caso del giudizio di rinvio, a decidere conformemente all’interpretazione già effettuata precedentemente dallo stesso o da altro giudice in relazione ad un’altra controversia, giova evidenziare l’evidente diversità di giudizio fattuale. Invero l’accertamento dei fatti sotteso alla pronuncia richiamata dalla difesa del ricorrente era stato effettuato a mezzo di istruttoria testimoniale – dalla quale, nonostante l’asserita irritualità dell’assunzione, fatta valere dalla difesa del conducente dell’autovettura incidentata, era emerso che il cane si era verosimilmente introdotto in autostrada nei pressi di uno svincolo ove la recinzione era divelta o comunque presentava dei varchi – che, nella controversia in esame, non risulta essere stata espletata, per ragioni che in questa sede sono rimaste ignote, cosicché il detto precedente si connota per una diversità intrinseca di fattispecie concreta e non può essere idoneamente addotto a sostegno della tesi di parte ricorrente.

In conclusione, l’accertamento in fatto, in relazione alla fattispecie concreata era, pertanto, radicalmente diverso e il discorso motivazionale sull’efficacia del detto precedente deve, pertanto, essere concluso nel senso della non vincolatività.

Il ricorso è, pertanto, rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e, tenuto conto dell’attività processuale svolta e del valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.

La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Cass. civ., III, ord., 09.10.2025, n. 27068

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