1. La decisione impugnata, nei suoi contenuti, è aderente al contenuto della disposizione di cui all’art. 656 comma 4 bis cod.proc.pen..
2. Il particolare meccanismo procedurale de quo è stato introdotto dall’art. 1 del d.l. n. 78 del 1 luglio 2013, convertito nella legge n.94 del 9 agosto 2013 (nell’ambito delle misure volte a fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento carcerario anche in considerazione di quanto statuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Torregiani c. Italia dell’8 gennaio 2013) e tende a rendere possibile la sospensione dell’ordine di esecuzione (di cui al comma 5 del medesimo art.656 cod.proc.pen.) attraverso il riconoscimento in via immediata della liberazione anticipata (art. 54 ord.pen.) nelle occasioni in cui l’entità della ‘pena scontata’ (sia in ragione della fungibilità tra custodia cautelare e pena che, appunto, in ragione della attribuzione dei periodi di liberazione anticipata maturati) renda possibile la sospensione della efficacia esecutiva del titolo. Ciò perché, come è noto, il titolo esecutivo – tranne le ipotesi di deroga di cui all’art.659 comma 9 – va sospeso in rapporto ad una determinata ‘quota’ di pena residua da espiare (pari ad anni quattro nella ipotesi ordinaria, in ragione dei contenuti della pronunzia n.41 del 2018 Corte cost.). Il meccanismo si pone in rapporto alla finalità essenziale dell’istituto della sospensione dell’ordine di esecuzione che, come è noto, è quella di consentire al condannato di proporre – da libero – la domanda di misura alternativa alla detenzione, evitando in tal modo l’ingresso di costui nel circuito carcerario (come rimarcato proprio da Corte cost. n.41 del 2018, ove si è affermato con nettezza che la natura servente dell’istituto oggetto del dubbio di legittimità costituzionale lo espone a profili di incoerenza normativa ogni qual volta venga spezzato il filo che lega la sospensione dell’ordine di esecuzione alla possibilità riconosciuta al condannato di sottoporsi ad un percorso risocializzante che non includa il trattamento carcerario).
Come ritenuto da Sez. IV n.48993/2017, rv 271157, la trasmissione degli atti al Magistrato di Sorveglianza ex art.656 comma 4 bis, affinchè provveda alla eventuale applicazione della liberazione anticipata – lì dove ciò possa incidere sulla sospendibilità del titolo esecutivo quoad poenam – è atto vincolato, tanto da poter dar luogo, in caso di omissione dell’adempimento, alla ipotesi di ingiusta detenzione per la emissione del titolo non sospeso.
La disposizione di legge in parola, tuttavia, contiene un divieto di applicazione espresso «nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’articolo 4 bis della legge n.354 del 26 luglio 1975». Si tratta di un divieto chiaro e inequivoco, che non tollera interpretazioni riduttive o, meno che mai, abrogative.
Il legislatore, in buona sostanza, ha voluto escludere dal cono applicativo della disposizione i soggetti che, in rapporto ai contenuti del titolo esecutivo, risultino condannati per uno dei reati ricompresi nell’elenco di cui all’art.4 bis ord.pen., senza operare distinzione alcuna tra l’ipotesi in cui l’attribuzione della liberazione anticipata (sul titolo ostativo) possa aprire la strada alla sospensione del titolo (che è, per l’appunto l’in sé della norma) e le altre.
Sotto tale profilo il provvedimento impugnato non contiene alcun vizio rilevabile nella presente sede di legittimità.
3. La questione incidentale di legittimità costituzionale della disposizione in parola è, tuttavia, rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento ai principi espressi dagli articoli 3 e 27 Cost., per le ragioni che seguono.
Quanto al profilo della rilevanza si osserva che aderendo alla prevalente interpretazione espressa da questa Corte in ordine alla «scindibilità del cumulo» anche lì dove si tratti di dare applicazione, da parte del Pubblico Ministero, ai contenuti dell’articolo 656 del codice di rito, la pena riferibile a reato ostativo dovrebbe ritenersi, come affermato dal ricorrente, interamente espiata in ragione del periodo di presofferto e del preventivo scomputo del periodo di liberazione anticipata.
Come è noto per «scissione del cumulo» si intende la attribuzione dei periodi di pena già espiata al reato che condiziona l’applicazione in concreto di una disposizione di legge peggiorativa del trattamento penitenziario, come è quella dell’art.4 bis ord.pen.. Ciò allo scopo di rendere possibile e dovuta l’applicazione – in rapporto al segmento temporale di pena ancora da scontare – delle disposizioni di legge che disegnano il trattamento penitenziario cd. ordinario.
L’istituto, quanto alle dinamiche applicative della disposizione di legge di cui all’art.4 bis ord.pen. trova radici storiche e di sistema in Corte cost. n. 361 del 1994, intervenuta proprio per dissipare il dubbio circa la applicabilità del generale principio di scindibilità del cumulo alle situazioni esecutive sorte dopo la introduzione (già con il d.l. n.152 del 13.5.1991) della disposizione peggiorativa. Il giudice delle leggi, nella citata decisione ha affermato che [..] non si rinvengono dati normativi per sostenere che la nuova disciplina recata dall’art.4-bis abbia creato una sorta di status di “detenuto pericoloso” che permei di sè l’intero rapporto esecutivo a prescindere dal titolo specifico di condanna. Al contrario, proprio perchè la disciplina sulle misure alternative si articola, ancor più che nel passato, in termini diversi in relazione alla tipologia dei reati per i quali è stata pronunciata condanna la cui pena è in esecuzione, deve ritenersi ulteriormente valorizzato il tradizionale insegnamento giurisprudenziale della necessità dello scioglimento del cumulo in presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilità, richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle relative pene. La contraria opinione collega invece il permanere della pericolosità soggettiva al dato contingente di un rapporto esecutivo in atto; con la conseguenza che, per circostanze meramente casuali (dipendenti ad esempio dal sopravvenire di nuovi titoli detentivi nel corso della esecuzione della pena per precedenti condanne) verrebbe ad atteggiarsi in modo differente il regime dei presupposti per l’applicazione delle misure alternative. Una tale conseguenza configurerebbe, sotto il profilo della irragionevole discriminazione di situazioni tra loro assimilabili, la lesione dell’art. 3 Cost.; sicchè, in presenza del riferito contrasto di orientamenti giurisprudenziali deve comunque essere preferita la soluzione interpretativa conforme a Costituzione, che è quella di cui è espressione l’orientamento tradizionale [..].
In sede nomofilattica il principio è stato riaffermato già da Sezioni Unite Ronga del 1999 secondo cui [..] questa visione, per così dire “pluralistica”, del reato continuato è stata confermata da Sez. un. 1997, Vernelli, la quale ha riaffermato la legittimità dello scioglimento del cumulo giuridico, oltre che ai fini appena menzionati, anche quanto a individuazione del termine di prescrizione [..] .. a conforto della soluzione quì accolta può essere richiamata anche la recente decisione resa dalla Corte in sez. I, 26 marzo 1999, n. 2529, la quale, in armonia con la regola affermata da Corte cost. n. 361 del 1994, evidenzia, tra l’altro, come la tesi della inscindibilità del cumulo genererebbe inaccettabile diversità di trattamento a seconda della eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico, conseguente al cumulo, ovvero di distinte esecuzioni dipendenti dai titoli che scaturiscono dalle singole condanne. Infatti, solo in tale seconda ipotesi, sottolinea la decisione in commento, l’avvenuta espiazione della pena inflitta per il titolo ostativo, determinando l’esaurimento del corrispondente rapporto esecutivo, permetterebbe la successiva fruizione dei benefici penitenziari in relazione ad altre condanne; mentre, nel primo caso, l’unificazione delle pene, ancorché destinata a temperare l’asprezza del cumulo materiale, produrrebbe il paradossale effetto negativo di assegnare alla quantità di pena riferita al titolo di reato ostativo una sorta di efficacia impeditiva permanente agli effetti dei benefici penitenziari, giacché, nell’ipotesi in cui il corrispondente periodo sia stato già espiato, la preclusione di che trattasi permarrebbe per l’intera durata delle pene cumulate, anche dopo il concreto “esaurimento” della condanna ostativa. Ma tali conseguenze, conclude la decisione, si porrebbero in contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di uguaglianza e della funzione risocializzante della pena; conseguenze che – come ha rilevato la Corte costituzionale con sentenza n. 386 del 1989 – non possono ritenersi assecondate dal principio della pena unica sancito dall’art. 76 comma 1 cod. pen. [..] Concludendo, sul punto, va affermato il principio di diritto secondo il quale nel corso dell’esecuzione della pena il vincolo della continuazione tra reati è scindibile, in riferimento alla pena applicata per più reati astretti dal vincolo della continuazione, al fine di consentire la valutazione della sussistenza, o meno, di ostacolo, veniente dalla tipologia di un dato reato, giudicato in continuazione, alla concessione dei benefici penitenziari ex art. 4-bis l. 26 luglio 1975, n. 354, come sostituito dall’art. 15 comma 1 lett. a) d.l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito dalla l. 7 agosto 1992 n. 356.Per effetto dello scioglimento del cumulo, poi, ciascuna fattispecie di reato riacquista la sua autonomia, sia quanto a pena edittale, sia quanto a pena applicata o applicabile in concreto la quale, per scongiurare l’effetto ostativo, deve risultare interamente scontata [..] .
Più di recente, Sez. U, n. 30753 del 15/12/2022, dep. 2023, Zavettieri, Rv. 284820 ha ribadito il generale principio per cui in caso di cumulo di pene concorrenti deve ritenersi scontata per prima quella più gravosa per il reo ed ha rimarcato, offrendo continuità alla prevalente interpretazione nomofilattica, come in ragione del principio della scindibilità del cumulo «una volta avvenuta l’espiazione della pena inflitta in ordine ai delitti ricompresi nell’art.4 bis ord.pen. il divieto di concessione dei benefici penitenziari ai condannati per uno dei delitti ostativi non ha più ragione di operare».
4. Ora, è importante precisare, al fine di affermare la rilevanza del dubbio di costituzionalità, che la prevalente linea interpretativa di legittimità ritiene applicabile detto principio anche alla fase della sospensione dell’ordine di esecuzione.
Si tratta di un momento procedimentale che è connotato da una giurisdizionalità eventuale (essendo possibile la instaurazione di un incidente di esecuzione ai sensi degli artt.666 e ss. cod.proc.pen. lì dove il Pubblico Ministero non abbia dato luogo alla sospensione e il condannato invochi la applicazione dell’art. 656 comma 5 cod.proc.pen. v. per tutte Sez. I n.36007 del 2011, rv 250786), essendo affidato alle determinazioni del Pubblico Ministero quale organo di attuazione del titolo esecutivo. Ma da ciò non può derivare alcuna variazione di assetto in punto di necessaria applicazione dei principi di diritto che governano la fase di emissione dell’ordine di esecuzione e l’accessibilità alle misure alternative alla detenzione.
Come è stato di recente ribadito – in termini generali – da Sez. I n. 29469 del 30 maggio 2025, Pesapane, n.m. (ove si richiama, tra le altre, Sez. I n. 23902 del 2013, rv 256139, nonché le decisioni non massimate Sez.I n. 35390 del 18.02.2019, Sez. In.10024 del 21.12.2022, dep.-2023, Sez. I n. 51412 del 2023) non sarebbe tollerabile, sul piano della tutela della libertà personale, la diversità di approccio tra Pubblico Ministero e Giudice della esecuzione, sicchè la sola conclusione sostenibile è quella che vede l’applicazione del principio anche alla fase di cui all’art.656 cod.proc.pen. .
Da ciò deriva: che la previsione di cui all’art.656 comma 9 lettera a), nella parte in cui esclude la possibilità di sospensione del titolo nei confronti dei condannati per i delitti di cui all’art.4 bis della legge n.354 del 1975, può trovare applicazione solo se ed in quanto (in caso di cumulo eterogeneo) la quota di pena riferibile al reato ricompreso nell’elenco di cui all’art.4 bis non sia stata già interamente scontata; che la questione di legittimità costituzionale è rilevante, posto che è proprio il divieto di applicazione della speciale procedura di cui all’art.656 comma 4 bis – nel caso del ricorrente – a rendere ‘non integralmente scontata’ la pena riferibile al reato ostativo.
5. Va dunque esaminato il profilo della non manifesta infondatezza della questione.
Ad avviso del Collegio la questione non può dirsi manifestamente infondata, per le ragioni che seguono.
A venire in rilievo, al di là del principio del finalismo rieducativo di cui all’art.27 Cost., inciso dall’obbligatorio passaggio in carcere di un soggetto che potrebbe essere destinatario di una misura alternativa, è essenzialmente il principio di ragionevolezza di cui all’art.3 Cost., principio che impone di rinvenire il fondamento razionale di una scelta legislativa di diversificazione (in peius) del trattamento.
Ciò perchè il possibile vulnus al principio di ragionevolezza sta proprio nel fatto che la disposizione di legge in esame realizza esclusivamente un «modello di tipo procedurale» ispirato, come si è detto, alla semplificazione del procedimento di eventuale attribuzione della liberazione anticipata di cui all’art.54 ord.pen., istituto che, sul piano della conformazione legislativa, non tollera diversificazioni in rapporto al titolo di reato (essendo per espresso dettato di legge applicabile anche ai soggetti condannati per reati che rientrano nell’elenco di cui all’art.4 bis ord.pen.), né in rapporto alla specie di pena (essendo applicabile anche ai condannati all’ergastolo in virtù di quanto deciso da Corte cost. n.274 del 1983).
Se dunque l’attribuzione della liberazione anticipata – in via ordinaria – è prevista dal legislatore anche in riferimento al periodo trascorso in stato di custodia cautelare, ove abbia raggiunto almeno un semestre (con i criteri valutativi espressi da Sez. I n. 6204 del 12.11.1999, rv 214832 e da Sez. I n. 894 del 9.9.2019, dep.2020, rv 278465) e se il soggetto destinatario dell’ordine di esecuzione non si trova in stato di custodia cautelare in carcere (perché in tal caso opera la deroga alla sospendibilità del titolo di cui all’art.656 comma 9 lett. b) la condizione del soggetto condannato per un reato ricompreso nel nutrito elenco di cui all’art.4 bis ord. pen. (v. Corte cost. n.139 del 2025 al par. 8.2 del Considerato in diritto) non differisce – sul piano della aspirazione ad ottenere la valutazione immediata della liberazione anticipata – rispetto a quella dei condannati per altri titoli di reato.
La inapplicabilità del meccanismo procedurale di cui all’art.656 comma 4 bis a tali soggetti ne determina, pertanto, l’ingresso temporaneo in carcere anche nelle ipotesi in cui la domanda di misura alternativa (in virtù delle ricadute del ricordato principio di scissione del cumulo) sarebbe resa possibile dalla immediata attribuzione della liberazione anticipata, con obbligo – a quel punto – di sospensione del titolo.
Ciò rende ad avviso del Collegio evidente il dubbio di legittimità costituzionale, posto che dalla negazione di accesso (per il solo titolo di reato) ad un meccanismo esclusivamente procedurale che mira a semplificare la concessione (in presenza dei presupposti) della liberazione anticipata deriva un surplus di afflittività che non trova razionale giustificazione, posto che – per definizione – il soggetto condannato che aspira alla sospensione del titolo non si trova sottoposto ad una misura cautelare custodiale, il che depone per l’assenza di pericula libertatis da contenere.
In altre parole, va rilevato che nel caso dell’art.656 comma 4 bis cod.proc.pen. il diniego di applicazione del meccanismo, sin qui descritto, si risolve in un pregiudizio «in rito» il cui fondamento non è di immediata percezione (posto che, come si è detto, la liberazione anticipata è istituto di portata generale) e da cui può, in concreto, derivare un pregiudizio sostanziale di rilevo, con transito temporaneo in carcere di un soggetto che ben potrebbe aspirare alla sospensione, essendo potenziale destinatario di una liberazione anticipata già maturata (durante il periodo di custodia cautelare) ma non oggetto di valutazione da parte del Magistrato di Sorveglianza.
Cass. pen., I, ud. dep. 06.10.2025, n. 32882