Proprietà, possesso e diritti reali – Si all’istallazione di un mini-ascensore per l’abolizione delle barriere architettoniche purché sia tutelata la stabilità del condominio

Proprietà, possesso e diritti reali – Si all’istallazione di un mini-ascensore per l’abolizione delle barriere architettoniche purché sia tutelata la stabilità del condominio

1.-Il ricorso di C. I., A. M. e A. V. lamenta:

la violazione o falsa applicazione ”del d.m. n. 236/1989, della Direttiva Macchine (Decreto Legislativo 27 gennaio 2010, n. 17), del d.m. n. 246/1987 in tema di larghezza delle scale condominiali – manutenzione straordinaria e non edificio nuova costruzione”;

l’omesso esame circa un fatto decisivo in relazione alla legge n. 13/1989, al d.m. 236/1989, al d.m. 246/1987, al d.lgs. 17/2010 (Direttiva Macchine), all’art 1120 c.c. e all’art. 1102 c.c., agli artt. 115 e 116 c.p.c.: la larghezza delle scale condominiali quale mezzo per superare le barriere architettoniche;

la violazione o falsa applicazione della legge n. 13/1989, del d.m. n. 236/1989, del d.mn.332/1999: dimensioni della porta di accesso della piattaforma elevatrice e le dimensioni delle sedie a ruote per disabili;

l’omesso esame circa un fatto decisivo in relazione alla legge n. 13/1989, al d.m. n. 236/1989, al d.m. n. 246/87, al d.lgs. n.17/2010 (Direttiva Macchine), all’art. 1137 c.c. e all’art. 112 c.p.c.: installazione di montascale alternativi – limiti di sindacato del giudice sulle delibere condominiali;

l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione agli artt. 1102 e 1120 c.c.: sovvertimento del principio di solidarietà condominiale;

l’omesso esame circa un fatto decisivo in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c.: pretesa esistenza di progetti alternativi.

2. – I sei motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, per la loro connessione, risultando fondati nei sensi di cui in motivazione.

3. – Il primo profilo da dipanare riguarda la natura e la portata giuridica della deliberazione approvata il 5 giugno 2013 dall’assemblea del Supercondominio (OMISSIS) di (OMISSIS).

3.1. – Per quanto riportato nella sentenza impugnata e non contraddetto da ricorrente e controricorrente nei modi di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., tale delibera fu adottata su richiesta dei condomini C. I., A. M. e A. V.  e approvò la “realizzazione di un miniascensore/piattaforma elevatrice interna alla tromba scale del fabbricato per abbattimento barriere architettoniche secondo il progetto allegato”. La Corte d’appello di Milano discute di “impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini”, pur riconoscendo alla deliberazione “un incontestato contenuto decisorio”.

3.2. – In effetti, i giudici di appello hanno dichiarato la delibera carente dei “requisiti di cui agli artt. 1102 e 1120 c.c.”, ma queste due disposizioni riguardano fattispecie differenti, che si pongono in rapporto di reciproca esclusione.

Secondo costante elaborazione di questa Corte, le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. si distinguono dalle modificazioni disciplinate dall’art. 1102 c.c., sia dal punto di vista oggettivo, che da quello soggettivo. Sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione, che incidono sull’essenza materiale della cosa comune e determinano l’insorgenza in capo a tutti condomini dell’obbligo di sostenerne le spese (art. 1123, comma 1, c.c.), salve le ipotesi di cui all’art. 1121 c.c., mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà individuali riconosciute al singolo condomino, con i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c., per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa. Per quanto concerne, poi, l’aspetto soggettivo, nelle innovazioni rileva l’interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell’assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un interesse generale, bensì con quello del singolo condomino, al cui perseguimento sono rivolte (tra le tante, Cass. n. 20712 del 2017n. 11490 del 2020; n. 3440 del 2022).

3.3. – Peraltro, vertendosi in controversia tra privati, relativa alla realizzazione di opere per l’eliminazione delle barriere architettoniche in un edificio condominiale, ciò che rileva è soltanto la lesione dei diritti soggettivi di proprietà e di condominio regolati dal codice civile, esaurendosi nell’ambito del rapporto pubblicistico tra la pubblica amministrazione ed il richiedente ogni questione sull’osservanza delle prescrizioni tecniche, di carattere regolamentare, necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità del fabbricato (diffusamente richiamate nei motivi di ricorso), cui è subordinato altresì il rilascio del titolo edilizio e dell’agibilità.

4. – Ne consegue che l’installazione, come nella specie, di un ascensore o di una piattaforma elevatrice realizzati da uno o da alcuni condomini a proprie spese nelle parti comuni (scale) del fabbricato al fine della eliminazione delle barriere architettoniche, da considerarsi indispensabili ai fini dell’accessibilità dell’edificio, in quanto idonei, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione (Cass. n. 6129 del 2017), deve valutarsi alla stregua dell’art. 1102 c.c. secondo il criterio del pari uso, che conferisce a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri.

3.1. – Per le modifiche di iniziativa individuale alle parti comuni finalizzate alla eliminazione delle barriere architettoniche non è richiesta alcuna preventiva autorizzazione dell’assemblea, salvo che tale autorizzazione sia imposta da una convenzione contrattuale approvata dai condomini nell’interesse comune, mediante esercizio dell’autonomia privata.

Alla eventuale autorizzazione ad apportare tali modifiche non di meno concessa dall’assemblea, può attribuirsi altrimenti il valore di mero riconoscimento dell’inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini rispetto alla concreta utilizzazione del bene comune che voglia farne il singolo partecipante (Cass. n. 1554 del 1997; n. 36389 del 2022; n. 1337 del 2023).

È dunque erronea l’affermazione, talvolta espressa dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui l’ordinamento richiede sempre, ai fini dell’istallazione di un ascensore, la deliberazione del condominio, anche nel caso in cui questo sia finalizzato ad eliminare le barriere architettoniche per le persone con disabilità (o altri soggetti fragili) e realizzato a proprie spese.

3.2. – Allorché l’assemblea “autorizzi” uno o alcuni condomini alla realizzazione sulle parti comuni di opere e interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche e, come nella specie, un condomino agisca in giudizio per contestare il determinato uso fatto di esse ed il potere dell’assemblea di consentirlo, per la menomazione dell’utilità subita nel godimento della res, occorre valutare tale delibera alla stregua dell’art. 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, come modificato dapprima dalla legge n. 220 del 2012 e poi dal d.l. n. 76 del 2020, convertito nella legge n. 120 del 2020. Sulla disciplina legislativa sopravvenuta ha espressamente preso posizione il controricorrente nella memoria ex art. 378, comma 2, c.p.c., depositata il 23 maggio 2025.

Secondo tale disposizione, le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’art. 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all’art. 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, sono approvate dall’assemblea del condominio con le maggioranze previste dal secondo comma dell’art. 1120 del codice civile. Tali innovazioni non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell’art. 1121, primo comma, del codice civile. Per la loro realizzazione, ed è quanto qui rileva, resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell’art. 1120 del codice civile (e dunque non anche i divieti ulteriormente ivi contemplati dell’alterazione del decoro architettonico e della inservibilità all’uso o al godimento pure di un solo condomino). Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni necessarie, gli interessati possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili.

È logico desumere che per le modificazioni apportate a sue spese dal singolo condomino valgano le medesime restrizioni nell’uso delle parti comuni imposte all’assemblea dal vigente art. 2 della legge n. 13 del 1989 (pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato) (arg. da Cass. n. 179 del 1977; n. 3084 del 1994; n. 25790 del 2020).

3.3. – È vero che per valutare la validità o meno di una deliberazione assembleare occorre aver riguardo alla legge vigente al momento della sua approvazione, e non anche a norme intervenute successivamente. Tuttavia, l’indicato “ius superveniens”, introdotto in pendenza del giudizio di cassazione (ed applicabile anche d’ufficio in ogni stato e grado, salvo che sulla questione controversa si sia formato il giudicato interno), incide sulla legittimità di modifiche dirette ad eliminare le barriere architettoniche, non potendo dichiararsi illegittime o disporsi la riduzione in pristino di opere ed interventi che siano comunque consentiti alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione.

3.4. – Avendo la Corte d’appello di Milano annullato la delibera approvata il 5 giugno 2013 dall’assemblea del Supercondominio (OMISSIS), perché l’installazione dell’ascensore provocherebbe il “pregiudizio della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell’andito occupati all’impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini”, la sentenza impugnata va cassata, dovendosi valutare unicamente se l’innovazione sia comunque idonea, anche se non ad eliminare del tutto, quantomeno ad attenuare sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione e se possa recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato.

3.5. – Al riguardo, il controricorrente ha dedotto che l’eventuale realizzazione dell’impianto di ascensore/piattaforma oggetto di causa precluderebbe alle persone su sedia a ruote definitivamente ed irreversibilmente la fruizione degli spazi comuni condominiali, richiamando il passaggio della relazione peritale secondo cui “con riferimento al progetto in esame, il rischio evidente è quello di imbattersi nel paradosso per il quale con l’intenzione di abbattere le barriere architettoniche si ottenga una situazione in cui non sono più accessibili né le scale né il nuovo ascensore (o piattaforma elevatrice)”.

Si tratta di allegazione che certamente sarà esaminata dai giudici del rinvio, conformemente al monito proveniente dalla dottrina secondo cui prevale in materia, rispetto alla tutela dominicale del condomino, la necessaria adeguatezza oggettiva dell’immobile alle esigenze di chiunque possa potenzialmente trovarsi in situazioni di disagio.

3.6. – Nella sostanza, la segnalata modifica dell’art. 2 della legge n. 13 del 1989, che, come visto, per la realizzazione delle opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche, lascia ora “fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell’articolo 1120 del codice civile”, concretizza le indicazioni già fornite nella sentenza della Corte costituzionale n. 167 del 1999, che nella legislazione di settore – in particolare nella stessa legge 9 gennaio 1989, n. 13, e nella legge 5 febbraio 1992, n. 104 – ravvisava “un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità, considerati ora quali problemi non solo individuali, ma tali da dover essere assunti dall’intera collettività”. Di tal che l’‹‹accessibilità››, e cioè la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia, è divenuta “una qualitas essenziale degli edifici privati”, quale conseguenza dell’affermarsi, nella coscienza sociale, del dovere collettivo di rimuovere, preventivamente, ogni possibile ostacolo alla esplicazione dei diritti fondamentali delle persone disabili, “anche in deroga alle norme sul condominio negli edifici”.

4. – Il ricorso va perciò accolto, nei sensi di cui in motivazione. Consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame della causa, uniformandosi ai principi enunciati, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Cass. civ., II, sent., 03.10.2025, n. 26702

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