Giurisdizione e competenza – Testimonianza resa da persona offesa vulnerabile e abnormità dell’ordinanza di rigetto dell’incidente probatorio

Giurisdizione e competenza – Testimonianza resa da persona offesa vulnerabile e abnormità dell’ordinanza di rigetto dell’incidente probatorio

Il ricorso è fondato.

1. Il giudice del Tribunale di Milano, rilevata la natura dell’istituto dell’incidente probatorio, derogatoria della regola generale della assunzione della prova in dibattimento, e, dunque, strutturata in termini di eccezionalità, ha ritenuto che, nel contemperamento delle opposte esigenze della riaffermata centralità del dibattimento, e di predisposizione di un meccanismo processuale atto ad evitare la dispersione della prova, ritenuta, nella specie, l’ipotesi ‘atipica’ di ammissibilità dell’incidente probatorio prevista dall’art. 392, comma 1-bis, cod.proc.pen, il legislatore abbia inteso con tale disposizione «conferire una maggiore libertà di assumere la prova anche al di fuori dei presupposti tassativi previsti dal precedente comma 1, quando si verte in materia di reati caratterizzati generalmente da una vulnerabilità della persona offesa», da cui la non obbligatorietà dell’accoglimento della richiesta; ha ritenuto dunque non sussistere i presupposti per anticipare l’esame testimoniale in considerazione della possibilità che l’audizione della stessa avvenisse, in forma protetta, anche in sede dibattimentale ai sensi dell’art. 498, comma 4-ter, cod.proc.pen., e che eventuali scelte processuali dell’indagato potessero non render necessario l’esame della minore parte offesa, risparmiandole il trauma dell’audizione; ha ritenuto, altresì, che la invocata perizia sulla capacità a testimoniare della minore, non complessa, non giustificasse la prognosi di una eventuale sospensione del dibattimento per un tempo superiore a sessanta giorni.

2. La questione oggetto del ricorso ha dato luogo nella giurisprudenza di legittimità ad un contrasto interpretativo, alfine risolto da Sez. U, n. 10869 del 12/12/2024 Cc. (dep. 18/03/2025) Rv. 287607 – 01, che ha affermato che «[E’] abnorme e, pertanto, ricorribile per cassazione il provvedimento con il quale il giudice rigetta, per insussistenza delle condizioni di vulnerabilità della vittima o di non rinviabilità della prova, la richiesta di incidente probatorio avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell’elenco di cui all’art. 392, comma 1-bis, primo periodo, cod. proc. pen., trattandosi di presupposti la cui esistenza è presunta per legge».

2.1. A fronte di un primo indirizzo giurisprudenziale secondo cui il provvedimento con cui il giudice rigetta la richiesta di incidente probatorio per l’assunzione della testimonianza della persona offesa nei casi indicati dall’articolo 392, comma 1-bis, primo periodo, cod.proc.pen. è legittimo perché rientrante nella sfera del potere discrezionale spettante al giudice (l’art. 35 della Convenzione di Lanzarote del 2007, l’art. 18 della Convezione di Istanbul del 2011, gli artt. 18 e 20 della Direttiva 2012/29/UE pur affermando l’esigenza dell’interesse primario alla adozione di misure finalizzate alla limitazione delle audizioni della vittima non comporterebbero alcun automatismo probatorio, né l’obbligo del giudice di disporre l’assunzione della testimonianza mercè l’incidente probatorio), se ne è registrato un secondo, per il quale le disposizioni di fronte sovranazionale finalizzate a scongiurare per le vittime di determinati reati il rischio di fenomeni di “vittimizzazione secondaria” impongono l’anticipazione nel tempo dell’audizione di quelle persone offese di cui occorre salvaguardare l’integrità fisica e psicologica, altrimenti messa in pericolo da un indebito ritardo ovvero da una ripetizione degli ascolti nel corso del procedimento penale. Il giudice è dunque obbligato ad ammettere l’incidente probatorio finalizzato all’assunzione della testimonianza della persona offesa vulnerabile richiesto ai sensi dell’articolo 392, comma 1-bis, primo periodo, cod.proc.pen., potendo rigettare l’istanza solo in assenza degli ulteriori specifici presupposti che legittimano l’anticipazione dell’atto istruttorio.

La Corte, nel suo massimo consesso, ha individuato i presupposti applicativi della disposizione di cui all’art. 392, comma 1-bis, cod.proc.pen., da cui la “possibilità” di procedere con incidente probatorio alla assunzione della testimonianza di persona minorenne o anche maggiorenne al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1 della medesima disposizione.

Per la disamina delle ragioni addotte a sostegno dell’indirizzo, maggioritario nella giurisprudenza di legittimità fino alla recente sentenza delle Sezioni Unite, cui il Collegio intende dare continuità, si fa espresso rinvio al § 2.1, pag. 7 e segg. della sentenza, e, di seguito, per quelle a sostegno dell’orientamento minoritario, al successivo § 2.2., pag. 8 e segg.

Giova in questa sede ribadire come la tesi della abnormità del provvedimento di rigetto nei limiti e per le ragioni affermate dalle Sezioni Unite discende, anche, dalla lettura della stratificazione normativa dell’istituto “incidente probatorio” e degli innesti che sulla disposizione originaria (con la tassativa indicazione, al comma 1, delle ipotesi di possibile anticipazione della assunzione della prova disciplinate dalla lettera a) alla lettera g), e la previsione, al comma 2, della anticipazione legata alla necessità di effettuare una perizia possibile causa di sospensione del procedimento superiore a sessanta giorni, onde tutelare il principio di concentrazione del dibattimento) le ripetute modifiche normative (art. 13, comma 1, l. 66/1996art. 13, comma 3, l. 269/1998art. 15, comma 7, l. 228/2003art. 14, comma 2, l. 38/2006, art. 9, comma 1, lett. b), d.l. 11/2009, art. 5, comma 1, lett. g), l. 172/2012, art. 1, comma 1, lett h), l. 212/2015) hanno determinato (cfr. § 3, pag. 11 e segg).

2.2. Intende il collegio ribadire, in sintesi, le ragioni addotte a sostegno della decisione delle Sezioni Unite: a) il dato, ritenuto di inequivoco valore semantico, dell’interpretazione letterale della disposizione dettata dall’articolo 392, comma 1-bis, primo periodo, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che l’incidente probatorio cosiddetto “speciale”, riguardante l’assunzione della testimonianza della persona offesa maggiorenne di uno dei reati compresi nell’elenco ivi contenuto,, venga ammesso anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1; disposizione che autorizza «a sostenere che il riconoscimento dello status di vittima vulnerabile connesso alla tipologia del reato per il quale si procede, preclude al giudice la verifica concreta della indifferibilità dell’atto ovvero della non rinviabilità dell’assunzione della prova; si tratta di presupposto dell’incidente probatorio che deve considerarsi oggetto di una presunzione iuris et de iure sicché, in presenza della acclarata appartenenza del teste da ascoltare ad una delle categorie protette, l’accertamento in concreto dell’esistenza del requisito della non rinviabilità deve considerarsi escluso per legge non rientrando nello spettro del sindacato discrezionale spettante, in tale ipotesi, al giudice» ; b) l’interpretazione logico-sistematica della disposizione in commento, col raffronto tra primo e secondo periodo del comma 1-bis dell’art. 392 cod.proc.pen., «nella sua composizione binaria», con l’introduzione, con secondo periodo, di un ulteriore ipotesi, di incidente probatorio “atipico” (cfr. incipit «in ogni caso»), per il quale al giudice è demandato un più ampio potere di accertare, seguendo i dettami dell’art. 90-quater cod.proc.pen., se la persona offesa da ascoltare si trovi “in condizioni di particolare vulnerabilità”, anche minorenne, invece nel primo caso (392, comma 1-bis, primo periodo) «in cui si procede per specifici gravi reati a sfondo sessuale ovvero espressione di violenza domestica o di genere, [… ] lo status di soggetto vulnerabile presunto per legge».

2.3. Opzione interpretativa, quella appena esposta, compiuta anche sulla scorta della disamina, negativamente compiuta, circa l’esistenza di elementi di segno contrario a quanto appena sinteticamente rappresentato desumibili dalla lettura di altre disposizioni codicistiche (cfr.§ 4.3., pag 15 e segg.).

2.4. Opzione interpretativa supportata, altresì, dalla «esegesi costituzionalmente orientata della disposizione processuale in esame» (cfr § 5, pag 18 e segg). Hanno fatto riferimento le Sezioni Unite alla pronuncia della Corte Costituzionale che – nel dichiarare l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che nei procedimenti per i delitti indicati l’assunzione della testimonianza in sede di incidente probatorio richiesta dal pubblico ministero o dalla persona offesa dal reato debba riguardare la persona minorenne che non sia anche persona offesa del reato – ha chiarito come quella prevista dalla disposizione in argomento sia una presunzione legislativa di sussistenza della condizione di vulnerabilità che avvince entrambe le categorie di soggetti, quella dei minorenni e quella delle persone offese di uno dei reati ivi elencati (parificazione in linea con l’ampio sistema normativo risultante anche dall’adozione di normative di fonte internazionale), presunzione ritenuta conforme a dati di esperienza generalizzati riassumibili nella formula dell’ id quod plerumque accidit; la scelta, conforme ai parametri della Carta Costituzionale, compatibile con la sfera di discrezionalità riservata al legislatore, rappresenta una deroga al principio della immediatezza della prova, strettamente connessa alla «presunzione di indifferibilità e non rinviabilità dei contenuti testimoniali proprio in ragione della natura dei reati contestati e della condizione di vulnerabilità dei soggetti da audire», alla necessità di tutela dello sviluppo della personalità del minore, consentendogli di uscire al più presto dal circuito processuale, alla garanzia della genuinità della formazione della prova (Corte Cost. n. 14/2021, e, conforme, n. 63 del 2005, Ord. 10 del 2003, sent. N. 529 del 2002).

Hanno rammentato altra pronuncia, relativa all’art. 76, comma 4-ter, dPR 115/2002, nella parte in cui determina l’automatica ammissione al patrocinio a spese dello Stato della persona offesa dei reati indicati nella norma medesima – quasi del tutto coincidenti col catalogo di cui all’art. 392, comma 1-bis, cod.proc.pen. -, sentenza con la quale la Corte delle leggi ha ritenuto il previsto automatismo, che ha posto sullo stesso piano la persona offesa minorenne alla persona offesa maggiorenne dei reati di cui al citato comma 1-bis, beneficiarie di una presunzione iuris et de iure, frutto di una scelta del legislatore immune da censure di irragionevolezza, corrispondente all’ id quod plerumque accidit (Corte Cost. n. 1/2021).

Hanno, infine, segnalato come sempre la Corte Costituzionale, nella verifica della tenuta delle garanzie difensive postulate dagli artt. 24 e 11 Cost. alla luce delle scelte operate dal legislatore con la introduzione della «disciplina riservata alle forme “speciale” o “atipica” dell’incidente probatorio – che hanno finito per costruire, nella materia della prova penale, una sorta di “sub-sistema” dedicato all’assunzione della prova testimoniale del minorenne o del maggiorenne vulnerabile», ha attestato il corretto bilanciamento di valori contrapposti: quello connesso alla tutela della personalità del minore o della persona vulnerabile, obiettivo di sicuro rilievo costituzionale, e i valori coinvolti dal processo penale, quali quelli espressi dai principi, anch’essi di rilievo costituzionale, del contraddittorio e del diritto di difesa, in forza dei quali l’accusato deve essere posto in grado di confrontarsi in modo diretto con il materiale probatorio e in specie con le prove dichiarative (Corte costituzionale, sentenze nn. 92 del 201814 del 2021; 262 del 1998), scelte legislative pure giudicate compatibili (Corte Cost. 132 del 2019) con i principi del giusto processo (art. 6 Ced).

2.5. La soluzione interpretativa del Supremo Consesso è stata, ancora, ritenuta rispettosa delle disposizioni tutte dettate dalle fonti normative sovranazionali (cfr. § 6, pag. 21 e segg.), cui, per ragioni di economia della motivazione, integralmente si rinvia, anche per ciò che concerne il copioso riferimento alla giurisprudenza di legittimità ivi operato.

3. Si intende, altresì segnalare come la decisione delle Sezioni Unite di cui si sono indicati solo gli snodi fondamentali, si è anche occupata di risolvere «l’ulteriore e complementare profilo, vale a dire se l’ordinanza del giudice di rigetto della richiesta di incidente probatorio, avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nell’elenco di cui all’articolo 392, comma 1-bis, primo periodo, cod.proc.pen., motivata con riferimento alla vulnerabilità della persona offesa o alla non rinviabilità della prova, sia impugnabile con ricorso per Cassazione», il che, in assenza di una disposizione che ne preveda l’impugnabilità, ha imposto di risolvere il quesito se «una siffatta ordinanza possa essere qualificata come abnorme e, dunque, possa costituire oggetto di un ricorso per Cassazione, che, come noto, è, a quelle condizioni, l’unico rimedio esperibile in deroga al principio della tassatività dei mezzi di impugnazione».

3.1. L’abnormità, come noto, costituisce una forma di patologia dell’atto giudiziario priva di riconoscimento testuale in un’esplicita disposizione normativa, ma frutto di elaborazione da parte della dottrina e della giurisprudenza, tramite cui si è inteso porre rimedio, attraverso l’intervento del giudice di legittimità, agli effetti pregiudizievoli derivanti da provvedimenti non previsti nominatim come impugnabili, ma affetti da tali anomalie genetiche o funzionali, che li rendono difformi ed eccentrici rispetto al sistema processuale e con esso radicalmente incompatibili (Sez. U., n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715 – 01).

Le Sezioni Unite hanno affermato in una prima, risalente, pronuncia, che «è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo “strutturale”, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo “funzionale”, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo» (Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, Magnani, Rv. 215094 – 01; conforme: Sez. 2, n. 2484 del 21/10/2014, dep. 2015, Tavoloni, Rv. 262275 – 01). Successivamente, le medesime Sezioni Unite (n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590), hanno offerto una rigorosa e puntuale delimitazione dell’area dell’abnormità – ricorribile per cassazione – secondo una duplice accezione, «strutturale» e «funzionale», ma ricondotta ad un fenomeno unitario, caratterizzato dallo «sviamento della funzione giurisdizionale» (inteso non tanto quale vizio dell’atto, che si aggiunge a quelli tassativamente stabiliti dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., quanto come esercizio di un potere in difformità dal modello descritto dalla legge).

Le Sezioni Unite della corte hanno in seguito precisato che la categoria dell’abnormità è «riferibile alle sole situazioni in cui l’ordinamento non appresti altri rimedi idonei per rimuovere il provvedimento giudiziale, che sia frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile per le situazioni soggettive delle parti» (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715 -01; Sez. 3, n. 34091 del 16/05/2019, Sarcone, n.m.).

E’ quella che si potrebbe chiamare abnormità per «sviamento di potere».

Nello specifico settore dei rapporti tra giudice e pubblico ministero, l’abnormità «strutturale» è stata così ritenuta sussistente (n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590, cit.) soltanto nel caso di «esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto), ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto)».

L’abnormità «funzionale», riscontrabile nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, va invece «limitata all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo».

3.2. Seguendo le dette indicazioni questa Corte, a Sezioni Unite, ha affermato che «l’ordinanza di rigetto della richiesta di incidente probatorio, avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nel catalogo di cui all’articolo 392, comma 1-bis, primo periodo, cod.proc.pen., – laddove fondata su valutazioni che attengono alla vulnerabilità della persona offesa ovvero alla non rinviabilità dell’assunzione della prova – rientri nella categoria dei provvedimenti viziati abnormità strutturale per “carenza di potere in concreto”. Ed infatti, l’aver riconosciuto che quella disposizione, in ragione della speciale natura del reato per il quale si procede, prevede una presunzione iuris et de iure in ordine all’esistenza sia del requisito della vulnerabilità della persona offesa da esaminare, sia di quello della non rinviabilità dell’assunzione della relativa prova testimoniale comporta che l’ordinanza di rigetto motivato nei termini sopraindicati debba considerarsi manifestazione dell’esercizio di un potere caratterizzato da una radicale “deviazione del provvedimento dallo scopo del suo modello legale”. Modello, questo, che, come si è visto – al pari di quanto accade tout-court per l’assunzione della testimonianza del minorenne sempre nell’ambito di un procedimento penale riguardante uno dei reati inseriti nell’elenco più volte richiamato – trova la sua ratio nell’esigenza primaria e indefettibile di scongiurare fenomeni di vittimizzazione secondaria della persona offesa (o del teste minorenne) e di garantire la genuinità della prova da acquisire. L’adozione di un’ordinanza motivata nei termini sopra specificati è causa di un pregiudizio altrimenti non sanabile per le situazioni soggettive delle parti interessate, perché quella prova dichiarativa resta in astratto assumibile nel prosieguo del giudizio, ma il mancato accesso all’incidente probatorio determina una compromissione di bisogni di tutela che il legislatore, con il riconoscimento nella loro assoluta prevalenza posto presidio dell’operatività dell’istituto speciale in esame».

4. Sulla scorta delle coordinate ermeneutiche appena esplicitate ritiene il collegio che il ricorso del pubblico ministero, ammissibile, è fondato in quanto l’adottato provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio (cfr. § 1 del considerato in diritto) è abnorme nel senso indicato dalle Sezioni Unite, n. 10869 del 12/12/2024 Cc. (dep. 18/03/2025) Rv. 287607 – 01.

4.1. Non può condividersi, pertanto, la valutazione del giudice per le indagini preliminari di ritenere insufficiente per l’ammissione il richiamo al titolo del reato, corrispondente ad una delle fattispecie dalla norma richiamate proprio per giustificare l’assunzione della testimonianza della persona offesa minorenne anche al di fuori delle circostanze di cui al comma 1 dell’art. 392 cod.proc.pen., in presenza della doppia presunzione di vulnerabilità della persona offesa e di non rinviabilità della prova al dibattimento, che, invece, avrebbe reso il giudice tenuto ad accogliere la richiesta di incidente probatorio; eccentrica la motivazione del rigetto in ragione di possibili scelte procedimentali dell’indagato, del tutto ipotetiche.

4.2. La testimonianza di cui si richiede l’assunzione è quella di una bambina, all’epoca dei fatti indagati minore degli anni dieci, in ipotesi parte offesa del reato di cui agli artt. 609-bis e 609-ter, comma 2, ultima ipotesi, cod.pen.

Si tratta di reato rientrante nel novero di quelli per cui l’art. 392, comma 1-bis, cod.proc.pen., sicché non si richiede il vaglio giudiziale in merito alla indifferibilità dell’atto e della non rinviabilità della prova, trattandosi di presupposti che, nella specie, devono considerarsi oggetto di una presunzione iuris et de iure; in presenza della acclarata appartenenza del teste da ascoltare ad una delle categorie protette (come nella specie, trattandosi di soggetto di minore età, peraltro parte offesa di una dei reati di cui al catalogo normativamente previsto), l’accertamento in concreto dell’esistenza requisito della non rinviabilità deve considerarsi escluso per legge, non rientrando nello spettro del sindacato discrezionale spettante, in tale ipotesi, al giudice.

Neppure è tenuto, il giudice, ad indagare sulle condizioni di vulnerabilità della vittima – invece oggetto di doveroso accertamento nel caso di procedura essa si “atipica”, quella di cui all’art. 292, comma 1-bis, secondo periodo, cod. pen., nella specie, però, non configurabile – anch’esso nei casi come quello che ne occupa presunto per legge.

4.3. Ricorre, nel caso che ne occupa, l’ipotesi, delineata da questa Corte, a Sezioni Unite, secondo cui «l’ordinanza di rigetto della richiesta di incidente probatorio, avente ad oggetto la testimonianza della persona offesa di uno dei reati compresi nel catalogo di cui all’articolo 392, comma 1-bis, primo periodo, cod.proc.pen., – laddove fondata su valutazioni che attengono alla vulnerabilità della persona offesa ovvero alla non rinviabilità dell’assunzione della prova – rientr[i]a nella categoria dei provvedimenti viziati abnormità strutturale per “carenza di potere in concreto”, manifestazione di quel potere caratterizzato dalla “deviazione del provvedimento dallo scopo del suo modello legale” cui la categoria dell’abnormità pone rimedio.

4.4. Quanto, infine, alle argomentazioni rese in tema di perizia, la necessaria contestualità, anzi pregiudizialità, dell’accertamento della capacità a testimoniare e dell’assunzione della testimonianza, ne palesa la illogicità, mentre nulla è addotto dal giudice a sostegno della ritenuta assente complessità dell’accertamento peritale, essendo, invece, il focus della motivazione centrato sulla non complessità dell’accertamento dei fatti, in un’ottica che ingiustificamente confonde i due piani, invero distinti e separati.

Anche sotto tale profilo dunque la ordinanza impugnata risulta censurabile.

5. Ne consegue l’annullamento della impugnata, senza rinvio come la decisione in termini di abnormità impone.

Cass. pen., III, ud. dep. 03.10.2025, n. 32599

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