Giurisdizione e competenza – Formazione del giudicato e onere di attuazione da parte della P.A. della decisione esecutiva

Giurisdizione e competenza – Formazione del giudicato e onere di attuazione da parte della P.A. della decisione esecutiva

1. Con sentenza n. 14499, depositata in data 2 ottobre 2023, questa Sezione accoglieva il ricorso proposto dal Sig. Pasquale Onori nei confronti del Comune di Palombara Sabina, esperito avverso il provvedimento tacito di diniego formatosi sulla domanda prot. n. 242 del 10 gennaio 2011, avanzata ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001. Detta domanda era stata presentata al fine di conseguire l’accertamento di conformità in relazione ad un intervento edilizio consistente nella realizzazione di n. 4 box auto edificati “al di sotto del piano di campagna” ai sensi dell’art. 9 l. n. 122/1989 (cd Legge Tognoli), per i quali era stata rilasciata la concessione edilizia n. 4279 del 27 ottobre 1994, successivamente annullata in autotutela dal Comune con ordinanza n. 22 dell’11 maggio 1996.

2. In data 14 giugno 2024 il Comune, in relazione alla prefata domanda, ha emesso un preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis l. n. 241/1990, con cui, appurato che il fabbricato ricade in zona urbanistica “B2” (completamento) per la quale “risulta insistere vincolo Comunale di rispetto monumentale e archeologico (A1), n. 43 art. 19 della NTA di PRG, «area di rispetto assoluto e di totale inedificabilità ml. 200 deliberazione della Giunta Regionale 15 dicembre 1983 n. 7424 Approvazione del PRG»”, ha ritenuto la domanda non accoglibile con la seguente motivazione: “dall’esame istruttorio le opere oggetto di Permesso di Costruire in Sanatoria non risultano compatibili alle norme tecniche del piano riferite alla zona dove è ubicato l’immobile, per tale motivo si esclude la possibilità di rilasciare il presente permesso”.

3. Con ricorso notificato in data 29 aprile 2025 e depositato l’8 maggio 2025, esperito ai sensi degli artt. 112 e ss. cod. proc. amm., il Sig. Onori ha agito per l’ottemperanza della prefata sentenza n. 14499/2023, passata in giudicato (come da certificazione di Segreteria versata in atti), lamentando che il Comune non ha ancora provveduto a conformarsi al suo contenuto, pur essendo “obbligato a provvedere al rilascio del richiesto accertamento di conformità per espressa statuizione dei relativi presupposti da parte di codesto Ecc.mo Tribunale”.

In particolare, il ricorrente denuncia che la condotta dell’amministrazione municipale concreterebbe una violazione o comunque un’elusione del giudicato amministrativo, nella misura in cui “il preavviso di rigetto emesso al posto del dovuto accertamento di conformità si fonda su una questione (supposta difformità rispetto alla normativa tecnica comunale) non prospettata nel corso del giudizio impugnatorio e, dunque, ormai coperta dal giudicato: codesto Ecc.mo T.A.R. (…) ha, infatti, espressamente ritenuto sussistere nella fattispecie la cd. doppia conformità prevista dall’art. 36 T.U. Ed. annullando, per tale ragione, il rigetto tacito comunale”, e risulterebbe conseguente viziata da carenza assoluta di potere, non residuando alcun margine di riedizione del potere a fronte dell’obbligo per l’Amministrazione “di provvedere espressamente sull’istanza presentata dal privato «in termini conformati» all’accertamento compiuto in sentenza (v. Corte Cost. n. 42/2023)”.

4. Il Comune si è costituito in giudizio con atto del 21 maggio 2025 e, con memoria del 4 luglio 2025, corredata da documentazione, ha chiesto il rigetto del ricorso per insussistenza dei presupposti di attuabilità del giudicato. In sintesi, la parte resistente ha offerto una ricostruzione – da essa ritenuta più completa – della vicenda (sostanziale e processuale) nel corso della quale si era innestata l’istanza di regolarizzazione avanzata ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, rappresentando, in particolare, che la medesima era stata presentata quando ancora risultava pendente, in appello, il giudizio avverso l’ordinanza n. 22/1996 di annullamento del titolo edilizio, provvedimento la cui legittimità era stata confermata dal T.A.R. con la sentenza n. 6603/2006 – che aveva accertato che il manufatto ricadeva in area soggetta a rispetto assoluto con vincolo di totale inedificabilità previsto dall’art. 19 della NTA di PRG, in ragione della vicina Chiesa di Santa Maria. Detta sentenza era impugnata con ricorso per revocazione, dichiarato inammissibile con sentenza n. 32114/2010, fatta oggetto di appello al Consiglio di Stato, il quale veniva rigettato con sentenza n. 394/2011.

La difesa comunale ha dato altresì atto che l’amministrazione medio tempore ha comunicato un secondo preavviso di rigetto (con prot. n. 17117 del 18 giugno 2025, notificato al ricorrente il successivo 23 giugno), in cui elencava tutti i vincoli presenti nell’area, ivi incluso il “vincolo comunale di rispetto monumentale-archeologico” inserito nel PRG (segnatamente all’art. 19 delle NTA), il cui mantenimento (in sede di redazione di una successiva variante) era stato confermato dalla Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale con nota prot. 12780 del 9 dicembre 2015, resa su richiesta formulata dal medesimo Comune (la difesa civica ha sottolineato che il ricorrente sarebbe consapevole dell’esistenza di detto vincolo, avendo infatti presentato in data 19 febbraio 2025 istanza di “parere archeologico”). La nota comunale ha altresì evidenziato il contrasto delle opere abusive con la disciplina urbanistico-edilizia vigente, sia all’epoca di costruzione del manufatto (1994-1996), sia alla data di presentazione della domanda di accertamento di conformità (2011), confermando l’impossibilità di rilasciare il titolo in sanatoria.

5. Entrambe le parti hanno presentato memorie illustrative, depositate rispettivamente nelle date 5 e 19 settembre 2025.

6. Il ricorso è stato discusso alla camera di consiglio del 23 settembre 2025 e trattenuto in decisione.

7. In limine litis va preso atto che il ricorrente, con dichiarazione resa in udienza dal suo difensore e trascritta a verbale, ha rinunciato ai termini a difesa in relazione alla memoria comunale del 19 settembre 2025, tardiva, sicché il Collegio non procederà a disporre lo stralcio di tale atto processuale, tenendone conseguentemente conto ai fini del decidere.

8. Ciò chiarito, nel merito il ricorso in ottemperanza merita accoglimento.

9. A tale riguardo appare dirimente rammentare, in via preliminare, la portata del cd effetto conformativo del giudicato, quale diretto a vincolare la successiva attività dell’amministrazione in sede di riedizione del potere conseguente ad un annullamento giudiziale di un primo provvedimento sfavorevole.

Alla stregua soccorre un consolidato indirizzo pretorio secondo cui “Il contenuto della sentenza coperto dal vincolo del giudicato in caso di una pronuncia di annullamento del giudice amministrativo, è ravvisabile sia nell’obbligo di rispetto dell’effetto demolitorio – non potendo l’Amministrazione adottare ulteriori atti esecutivi di quello annullato – sia nell’impossibilità di reiterare, in sede di adozione di un nuovo provvedimento, gli stessi vizi che hanno comportato l’annullamento del precedente atto e, comunque, nel dovere di rispettare il dictum della sentenza di cognizione quanto ai profili di illegittimità acclarati. Tali vincoli, rientranti nel cosiddetto effetto conformativo del giudicato del giudice amministrativo, sono contenuti, oltre che nel dispositivo di annullamento, generalmente limitato all’effetto demolitorio, nella motivazione della sentenza, che evidenzia le ragioni dell’annullamento medesimo, dettando il perimetro della pronuncia giurisdizionale che l’Amministrazione, in sede di riesercizio del potere, deve rispettare, pena la nullità degli atti per violazione o elusione del giudicato” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2025, n. 2904; conf. Cons. Stato, sez. II, 15 gennaio 2025, n. 316; id. 23 febbraio 2024 n. 1821, id., 27 ottobre 2023, n. 9292).

Ne deriva che, nella sede processuale dell’ottemperanza, il giudice amministrativo sarà tenuto, in primo luogo, a ricostruire la portata oggettiva del giudicato, avuto riguardo “a tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, comprese le questioni e gli accertamenti che rappresentano le premesse necessarie e il fondamento logico-giuridico ineludibile della pronuncia e che si ricollegano, quindi, in modo indissolubile alla decisione formandone l’indispensabile presupposto” (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 28 gennaio 2021, n. 832; id., Sez. II, 16 marzo 2021, n. 2248).

In secondo luogo, il giudice, nel vagliare l’azione amministrativa posta in essere in sede di riedizione del potere, dovrà appurare la sussistenza di un vizio di violazione e/o elusione del giudicato, ossia del dictum giudiziale come sopra perimetrato: allo scopo è stato chiarito che “non è sufficiente che l’azione amministrativa posta in essere dopo la formazione del giudicato intervenga sulla stessa fattispecie oggetto del pregresso giudizio di cognizione o alteri l’assetto di interessi definito. Al contrario, è necessario che l’Amministrazione eserciti la medesima potestà pubblica, già incisa dalla sentenza di annullamento, in contrasto con il contenuto precettivo del giudicato (cioè con un obbligo assolutamente puntuale e vincolato, integralmente desumibile nei suoi tratti essenziali dalla sentenza), così integrando una violazione del giudicato, ovvero che l’attività asseritamente esecutiva dell’Amministrazione sia connotata da un manifesto sviamento di potere diretto ad aggirare l’esecuzione delle puntuali prescrizioni stabilite dal giudicato, in tal guisa integrando l’ipotesi di elusione del giudicato” (cfr., tra gli altri, Cons. Stato, Sez. IV, 17 luglio 2020, n. 4594.).

Ed ancora: “l’amministrazione, in sede di attuazione di una decisione esecutiva del giudice amministrativo, non può rimettere in discussione quanto accertato in sede giurisdizionale. L’amministrazione è pertanto tenuta a non frustrare la legittima aspettativa del ricorrente vittorioso con comportamenti elusivi, in aperto contrasto, nella prospettiva pubblicistica, con il principio costituzionale del buon andamento e, in quella privatistica, con i principi di correttezza e buona fede (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2)” (v. Cons. Stato, sez. IV, 5 novembre 2024, n. 8856).

10. Venendo al caso di specie, assodato che dalla sentenza di annullamento n. 14499/2023 discendeva, in capo al Comune di Palombara Sabina, l’obbligo di riprovvedere sulla domanda di permesso in sanatoria prot. n. 242 del 10 gennaio 2011, questo giudice è chiamato oggi a verificare, sulla scorta delle premesse di cui sopra, quale sia il perimetro oggettivo del citato giudicato e conseguentemente se l’Autorità comunale abbia effettivamente tenuto, nella fase di riedizione del potere (e come dedotto dalla parte ricorrente), una condotta contrastante con gli effetti preclusivi o conformativi discendenti dal medesimo.

È circostanza assodata che il Comune non si è costituito nel corso del relativo giudizio né ha proposto appello avverso la prefata sentenza.

11. Quanto al primo profilo, la sentenza ottemperanda, dopo aver richiamato per tabulas le disposizioni di cui agli artt. 9 L. n. 122/1989, recante una disciplina di favore per la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari “anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”, e 36 d.P.R. n. 380/2001 in tema di accertamento di conformità, riportando i tre requisiti ivi previsti ai fini del rilascio del permesso in sanatoria, ha così testualmente statuito: “Nel caso di specie sussistono i suddetti tre requisitiSussiste l’assenza del titolo abilitativo, in quanto la concessione n. 4279 del 27.10.1994 era stata successivamente annullata dal Comune in autotutela. E sussiste la c.d. doppia conformità, sia al momento della realizzazione dell’intervento edilizio (in data compresa tra il 27.10.1994 e l’11.05.1996) sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria (10.01.2011), alla disciplina urbanistica ed edilizia. Infatti, l’intervento realizzato rientra tra quelli previsti dal citato art. 9 L. 122/1989, che prevede espressamente la deroga ex lege agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, sicché non è necessario al Collegio giudicante acquisire conoscenza di tali ultimi atti normativi, vigenti presso il Comune intimato. Si deve pertanto ritenere l’illegittimità, per violazione di legge, del provvedimento tacito di rifiuto, formatosi ai sensi dell’art. 36, co. 3, cit., essendo ampiamente decorso il termine per provvedere di 60 giorni ivi stabilito. Tale provvedimento di rifiuto deve quindi essere annullato”.

11.1. In altri termini, il pronunciamento del giudice ha espressamente acclarato la sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti normativamente previsti per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, con statuizione puntuale e precisa, che all’evidenza non lascia margini per una difforme attività interpretativa e/o valutativa in capo all’amministrazione (cfr. Corte cost., sent. n. 43 depositata in data 16 marzo 2023, capo 3.1.3., in cui, dopo aver illustrato la portata dell’onere probatorio gravante sul privato, quale “diversamente modulato a seconda che si qualifichi il potere di sanatoria in termini vincolati o tecnico-discrezionali”, è stato statuito che “Nella riedizione del potere, l’amministrazione sarà (…) o totalmente vincolata dal compiuto riscontro giudiziale della doppia conformità o fortemente condizionata dalle indicazioni giudiziali sui necessari riscontri istruttori, o, infine, continuerà a vantare margini di valutazione tecnico-discrezionali”).

Tale accertamento, infatti, costituisce la portata oggettiva del giudicato, e dunque il vincolo precettivo cui il soccombente Comune di Palombara Sabina è obbligato a conformarsi in sede di riedizione del potere, essendogli preclusa la possibilità di rimetterne in discussione i relativi contenuti ed effetti.

Ne consegue che non può condividersi l’assunto, sostenuto dalla difesa civica, secondo cui non sarebbe “precluso, nel caso di specie, il potere/dovere del Comune di Palombara Sabina di accertare la effettiva sussistenza delle condizioni di applicabilità della suddetta norma (art. 36 d.P.R. n. 380/2001, n.d.r.), con specifico riferimento al compimento/completamento della verifica circa la persistenza dei vincoli di inedificabilità recepiti nel PRG del 1983 e nella successiva Variante Generale” (cfr. pag. 8 della memoria del 4 luglio 2025): ciò in quanto la “sussistenza delle condizioni di applicabilità” della disposizione di cui trattasi è proprio l’oggetto e il perimetro dell’accertamento coperto dal giudicato.

11.2. Né vale la circostanza, sulla quale fa leva la stessa difesa del Comune, che il contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia di riferimento, e in particolar modo la presenza, nell’area ove sorgono i box, di un vincolo di “totale inedificabilità” previsto dalle N.T.A. del P.R.G. (poi confermato nella sua vigenza) e l’insussistenza delle condizioni strutturali e funzionali di applicabilità dell’art. 9 della l. n. 122/1989 (trattandosi di manufatto “completamente fuori terra quanto al lato più lungo e prevalentemente fuori terra quanto ai restanti tre lati”), sia stata stato oggetto di un precedente giudicato (formatosi sulla sentenza del T.A.R. n. 6603/2006), che aveva visto il ricorrente soccombente, col risultato che il provvedimento tacito di diniego perfezionatosi sulla domanda ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 sarebbe conseguente a quell’accertamento giudiziale.

In primis giova puntualizzare che, in mancanza di un’esplicita prescrizione di decadenza, il decorso del termine di cui al comma 3 del citato art. 36 non consuma il potere dell’amministrazione di provvedere sull’istanza (cfr. ex multis T.A.R. Lazio, sez. II quater, 6 marzo 2025, n. 4838): ne deriva che il Comune aveva comunque la possibilità di adottare un provvedimento espresso, al fine di formalizzare le ragioni del diniego con un idoneo (e doveroso) corredo motivazionale, evidenziando, nella specie, il contrasto – come precedentemente accertato dal giudice amministrativo – con la disciplina di P.R.G. e l’insussistenza delle condizioni di applicabilità della disciplina derogatoria di cui alla Legge Tognoli, e la conseguente carenza del necessario e ineludibile presupposto della doppia conformità urbanistica richiesto ai fini del conseguimento del titolo edilizio in sanatoria.

In secondo luogo – ed è questo il punto dirimente – l’amministrazione, a fronte di un successivo pronunciamento giudiziale (quale quello contenuto nella sentenza n. 14499/2023) che, all’opposto, ha riconosciuto l’esistenza di tale requisito, non poteva restare inerte ma avrebbe dovuto attivarsi, con gli strumenti processuali a propria disposizione, per contestare tale statuizione.

Una volta che quest’ultima è passata in giudicato, essa è divenuta tra le parti definitiva e inoppugnabile, in forza del principio di cui all’art. 2909 c.c.

Ad abundantiam appare utile richiamare, sul punto, il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui “Ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo” (Cass. civ., sez. VI, 31.5.2018, n. 13804; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 2 maggio 2023, n. 399; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 9 aprile 2021, n. 1126; Cons. Stato, Sez. VI, 26 ottobre 2020, n. 6503; Cons. Stato, Sez. V, 6 giugno 2003, n. 3239).

11.3. In tale ottica non rileva nemmeno la circostanza rappresentata dalla perdurante esistenza (confermata a seguito di un’interlocuzione intercorsa in passato tra il Comune e la competente Soprintendenza municipale nel corso di un procedimento di adozione di una variante urbanistica) del vincolo di rispetto monumentale e archeologico discendente dalla vicina Chiesa di Santa Maria, previsto dall’art. 19 delle N.T.A. del PRG, e che la documentazione versata in atti conferma essere di natura comunale, in quanto trattasi comunque di una questione anch’essa assorbita dal giudicato di cui alla sent. n. 14499/2023, avendo detto pronunciamento all’opposto accertato la (doppia) conformità dell’intervento rispetto alla disciplina urbanistica ed edilizia di riferimento.

12. Tutto ciò opportunamente chiarito, il Collegio rileva che la condotta comunale costituisce violazione o comunque elusione del citato giudicato.

Ancorché l’amministrazione non abbia ancora esitato il procedimento di sanatoria con un atto avente valore provvedimentale, e dunque con un definitivo diniego, di cui sia possibile dichiarare la nullità ai sensi del disposto dell’art. 114, co. 4, lett. b) cod. proc. amm., in ogni caso essa ha reso, ad oggi, ben due preavvisi di diniego il cui impianto motivazionale espressamente si fonda sull’esistenza di un contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia dell’area, specie con riferimento alla presenza del citato vincolo municipale di rispetto monumentale-archeologico, così pronunciandosi in senso palesemente difforme rispetto all’accertamento vincolante contenuto nella sentenza ottemperanza.

In altri termini, i due atti endoprocedimentali di cui trattasi denunciano la volontà dell’amministrazione comunale di non dare coerente esecuzione al dictum giudiziale, e dunque sono il portato di un comportamento dell’Ente che trasmoda in violazione e/o elusione del giudicato amministrativo.

13. Per tale motivo, il ricorso in ottemperanza merita accoglimento, e per l’effetto va ordinato al Comune di Palombara Sabina di dare esecuzione alla sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione II quater, 2 ottobre 2023, n. 14499, passata in giudicato, con obbligo di riprovvedere sull’istanza prot. n. 242 del 10 gennaio 2011 in senso coerente e conforme a quanto ivi accertato, all’uopo assegnando un termine di 60 (sessanta) giorni decorrente dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione a cura di parte del presente pronunciamento.

14. Le spese di lite possono essere compensate in ragione dei marcati profili di peculiarità della vicenda.

TAR LAZIO – ROMA, II QUATER – sentenza 03.10.2025 n. 16997

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