Commerciale – Impresa – Obbligo di mantenimento della PEC per un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese

Commerciale – Impresa – Obbligo di mantenimento della PEC per un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese

2.1. Con il primo motivo, la società ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che la (omissis) Distribuzioni era legittimata alla proposizione del ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale in quanto creditrice nei suoi confronti alla restituzione di somme indebitamente versate alla stessa in assenza di un idoneo titolo giuridico, senza, per contro, considerare che: – il contratto di cessione di ramo d’azienda aveva, in sostanza, previsto non già un prezzo da pagare da parte dell’acquirente ma, al contrario, l’obbligo della venditrice (omissis) Distribuzione di pagare all’acquirente, tra l’altro, la somma di €. 475.000,00 quale indennizzo forfettariamente determinato tra le parti perché la (omissis) accettasse la cessione di un’attività che, almeno inizialmente, richiedeva una serie di attività volte alla ripresa dell’attività commerciale; – tale ripresa, tuttavia, non è potuta avvenite per fatto e colpa esclusivi della (omissis) Distribuzione, la quale, infatti, ha omesso sia di richiedere il rinnovo della licenza commerciale nel periodo tra il preliminare e il definitivo di cessione del ramo d’azienda, sia di rendere nota all’acquirente la reale situazione urbanistica dell’immobile, con grave danno per la (omissis) tanto in termini di danno emergente, quanto in termini di lucro cessante in ragione della perdita della possibilità d’intraprendere l’attività commerciale; – tale contratto, peraltro, non è stato dichiarato nullo per cui, a fronte di ordinanze meramente cautelari, la (omissis) Distribuzione non vantava alcun diritto nei confronti della (omissis) alla restituzione dell’indennizzo.

2.2. Il motivo è inammissibile. La ricorrente, infatti, mostra di non confrontarsi con la sentenza che ha impugnato: la quale, con statuizioni rimaste sostanzialmente prive di una censura specifica tanto sul piano della ricognizione dei fatti che ne costituiscono il fondamento, quanto della qualificazione giuridica degli stessi, ha, in sostanza, accertato: – intanto, che, alla luce degli accordi contrattuali intercorsi tra le parti, l’“indennizzo” versato dalla venditrice alla cessionaria (pari ad €. 475.000,00) aveva la propria causale nell’“esecuzione di lavori funzionali alla riapertura del punto vendita e per ottenere la destinazione urbanistica commerciale al dettaglio di prodotti alimentari e non alimentari”, e cioè per la riapertura del punto vendita, che, però, non è stato riaperto; – inoltre, che, sempre in forza degli accordi contrattuali intercorsi tra le contraenti, la cedente, contrariamente a quanto sostenuto dalla reclamante, non aveva l’obbligo di chiedere ed ottenere il rinnovo della licenza commerciale, né è risultato che la stessa avesse inadempiuto all’obbligo di informare la cessionaria del fatto che l’immobile era destinato alla demolizione; e, sul fondamento di tali fatti, ha ritenuto, per un verso, che gli “elementi forniti” deponevano “per il riconoscimento … in capo alla (omissis) Distribuzione S.p.A.” della qualità di creditore, nei confronti della (omissis), alla restituzione della somma di €. 475.000,00, a suo tempo versata quale “indennità per la esecuzione di lavori funzionali alla riapertura del punto vendita …”, in ragione del mancato compimento di alcuna attività per la sua riapertura, e, per altro verso, che “i fatti rappresentati dal liquidatore della società debitrice non valgono a dimostrare l’insussistenza dell’obbligazione addotta”.

2.3. La corte d’appello, procedendo al doveroso accertamento in ordine all’effettiva sussistenza del credito azionato in capo alla società ricorrente, ha, dunque, ritenuto, all’esito di una “valutazione incidentale propria del presente procedimento”, che la società istante, quale creditrice della resistente, era, di conseguenza, dotata della necessaria legittimazione attiva alla presentazione del ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale nei confronti della stessa.

2.4. Tale statuizione è giuridicamente corretta.

2.5. La Corte, infatti, ritiene che: – la legittimazione alla proposizione del ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale è assoggettata alle stesse regole che presiedevano all’analoga legittimazione alla presentazione del ricorso di fallimento; – l’art. 37, comma 2, c.c.i.i. prevede, infatti, che “la domanda di apertura della liquidazione giudiziale è proposta con ricorso”, tra l’altro, “di uno o più creditori”; – la norma è, sul punto, pressoché identica a quella già contenuta nell’art. 6, comma 1°, l.fall., lì dove era stabilito che “il fallimento è dichiarato … su ricorso di uno o più creditori …”; – la legittimazione alla proposizione della domanda di liquidazione giudiziale spetta, quindi, al pari di quella alla presentazione del ricorso di fallimento, al “creditore”, vale a dire al soggetto che deduca e dimostri in giudizio di essere, nei confronti del resistente, titolare della pretesa ad una prestazione (anche non pecuniaria) rimasta, ovviamente, in tutto o in parte ineseguita;

– non è necessario, peraltro, che il credito azionato dal ricorrente sia stato definitivamente accertato in sede giudiziale né che sia portato da un titolo esecutivo (Cass. SU n. 1521 del 2013; Cass. n. 6306 del 2014; Cass. n. 11421 del 2014; Cass. n. 21022 del 2013): anche un credito contestato (Cass. n. 11421 del 2014) ovvero illiquido o sottoposto a termine non ancora scaduto ovvero condizione sospensiva non ancora verificatasi (Cass. n. 16751 del 2013; Cass. n. 8238 del 2012) attribuisce al relativo titolare la legittimazione ad agire in giudizio per chiedere l’apertura, nei confronti del debitore, della procedura di liquidazione giudiziale come, in passato, della procedura fallimentare; – la legittimazione alla proposizione del ricorso spetta, dunque, al “creditore”, e cioè a chi deduca e dimostri in giudizio di essere titolare, nei confronti del resistente, della pretesa ad una prestazione (anche non pecuniaria), pur se priva di titolo giudiziale irrevocabile o esecutivo; – se, però, il soggetto contro il quale l’istanza è proposta contesti l’an e/o il quantum del credito ad essa sottostante (e manchi un titolo giudiziale che, in via definitiva, ne abbia accertato l’esistenza tra il ricorrente e il resistente nonché la misura), il tribunale non può negare ex se la legittimazione attiva del ricorrente; – il giudice del procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale, piuttosto, avendo riguardo ai fatti costitutivi dedotti e dimostrati dal ricorrente nonché alle difese e ai fatti modificativi, impeditivi ed estintivi eventualmente articolati e provati dal resistente (come il pagamento) ovvero rilevati (se possibile) d’ufficio (come la nullità del titolo invocato a sostegno del credito), ha il potere-dovere di accertarne, in via incidentale (Cass. n. 6306 del 2014; Cass. n. 11421 del 2014; Cass. n. 16751 del 2013;

Cass. n. 30827 del 2018) e sommaria (Cass. n. 8238 del 2012), l’effettiva esistenza (Cass. n. 16853 del 2022; Cass. n. 23494 del 2020) tra il ricorrente, che ha proposto la domanda, ed il resistente, che l’ha subita; – solo in caso di accertamento positivo del credito vantato, il ricorrente può, quindi, ritenersi legittimato a proporre l’istanza di apertura della procedura di liquidazione giudiziale nei confronti del suo debitore; – non è, dunque, sufficiente, per proporre l’istanza di apertura di tale procedura, come già del fallimento, che non ha (né aveva) natura cautelare (con conseguente sufficienza del solo fumus), che il ricorrente si dichiari creditore (Cass. n. 24309 del 2011);

– né, d’altra parte, la sola pendenza di un giudizio ordinario di accertamento del credito del ricorrente impone di per sé il rigetto della domanda di fallimento che lo stesso ha proposto; – occorre, piuttosto, che, sia pur nei limiti di una verifica incidentale, il giudice (in difetto di un titolo giudiziale definitivo) accerti, compiendo la necessaria attività istruttoria (Cass. n. 11421 del 2014), che (come ha statuito la sentenza impugnata) il ricorrente sia effettivamente creditore nei confronti del resistente (Cass. n. 4406 del 2025).

2.6. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, la ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 40, commi 6, 7 e 8, c.c.i.i., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale era stato correttamente notificato, senza, tuttavia, considerare che tale disciplina, lì dove esclude la necessità della notificazione del ricorso per liquidazione giudiziale al legale rappresentante della società debitrice nonché, quando la società stessa è stata cancellata dal registro delle imprese, ai suoi soci, determina un’eccessiva compressione del diritto di difesa previsto dall’art. 24 Cost e dall’art. 6 CEDU.

2.7. Il motivo è infondato. La corte d’appello, infatti, dopo aver rilevato che, a fronte dell’incontestata circostanza per cui la pec della società resistente non fosse attiva malgrado l’obbligo di mantenerla tale per un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese (art. 33 c.c.i.i.), la notificazione del ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale alla (omissis) s.r.l. era stata eseguita secondo la modalità prevista dall’art. 40, comma 8, c.c.i.i., ha, in sostanza, ritenuto che la questione di legittimità costituzionale di tale norma, così come sollevata dalla reclamante, era manifestamente infondata.

2.8. Tale statuizione è giuridicamente corretta.

2.9. L’art. 40, commi 6, 7 e 8, c.c.i.i., nel testo in vigore ratione temporis, con riferimento alla notificazione della domanda di apertura della liquidazione giudiziale, prevede, in effetti (anche in considerazione della norma transitoria già prevista dall’art. 361 c.c.i.i.), che: – “6. in caso di domanda proposta da un creditore … il ricorso e il decreto di convocazione devono essere notificati, a cura dell’ufficio, all’indirizzo del servizio elettronico di recapito certificato qualificato o di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti …”; – “7. …”; – “8. quando la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, per cause non imputabili al destinatario, la notifica, a cura del ricorrente, si esegue esclusivamente di persona”, ai sensi dell’art. 107, comma 1°, del d.P.R. n. 1229/1959, “presso la sede risultante dal registro delle imprese …”; – “quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese … , e si perfeziona nel momento del deposito stesso …”.

2.10. Tale norma, per la parte che rileva, è pressoché sovrapponibile a quella già contenuta nell’art. 15, comma 3°, l.fall. (nel testo introdotto dall’art. 17, comma 1, lett. a, del d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012), la quale, in effetti, prevede(va) che: – il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il relativo decreto di convocazione devono essere “notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese o dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti”; – solo “quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulta possibile oppure non ha esito positivo, la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma dell’articolo 107, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, presso la sede risultante dal registro delle imprese”; – infine, “quando la notificazione non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che si risulta nel registro delle imprese e di perfezionale nel momento del deposito stesso”.

2.11. In forza di tale norma, quindi: – il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il relativo decreto di convocazione devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore, risultante dal registro delle imprese o dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti; – solo quando, “per qualsiasi ragione”, la notificazione a mezzo posta elettronica certificata del debitore non risulti possibile o non abbia esito positivo, la notifica dev’essere eseguita, a cura del ricorrente, dall’ufficiale giudiziario, il quale, a tal fine, deve accedere di persona presso la sede legale del debitore risultante dal registro predetto ovvero, nel caso in cui neppure tale modalità sia attuabile a causa dell’irreperibilità del destinatario, provvedera al deposito dell’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro delle imprese.

2.12. Si tratta, com’è evidente, di uno speciale procedimento per la notificazione del ricorso di fallimento perché: – da una parte, esclude che residuino ipotesi in cui il ricorso di fallimento ed il decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi degli artt. 138 e s. o 145 c.p.c. (a seconda che l’impresa esercitata dal debitore sia individuale o collettiva), nei diretti confronti del titolare dell’impresa individuale o del legale rappresentante della società (cfr. Cass. n. 602 del 2017, in motiv.); – dall’altra parte, fa gravare sull’imprenditore le conseguenze negative derivanti dal mancato rispetto dei descritti obblighi di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata e di tenerlo operativo, così intendendo codificare e rafforzare il principio secondo cui il tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in camera di consiglio del debitore fallendo e ad effettuare a tal fine ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è nondimeno esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorché la situazione d’irreperibilità di quest’ultimo debba imputarsi alla sua stessa negligenza (cfr. Cass. n. 602 del 2017; Cass. n. 23728 del 2017; Cass. n. 3443 del 2020; Cass. n. 18544 del 2020; Cass. n. 22415 del 2023, in motiv.).

2.13. La norma è stata, infatti, interpretata da questa Corte nel senso che: – ogni imprenditore, individuale o collettivo, iscritto al registro delle imprese, è tenuto, a norma dell’art. 16 del d.l. n. 185/2008, conv. con modif. dalla l. n. 2/2009, come modificata dalla l. n. 35/2012, a dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata; – tale indirizzo costituisce l’indirizzo “pubblico informatico” che lo stesso, per il periodo successivo all’entrata in vigore delle disposizioni da ultimo citate, ha l’onere di attivare al momento della sua iscrizione nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 16, comma 6, del d.l. n. 185/2008, convertito dalla l. n. 2/2009, e dell’art. 5, comma 1, del d.l. n. 179/2012, convertito dalla l. n. 221/2012 (Cass. n. 31 del 2017, in motiv.); – l’indirizzo di posta elettronica certificata che le società (e gli imprenditori individuali) devono dichiarare al registro delle imprese (e “tenere operativo e rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese … e finanche per i dodici mesi successivi alla eventuale cancellazione da esso …”) equivale, in effetti, a un recapito sostanzialmente assimilabile alla sede legale di questi ultimi, per cui, di regola, (e salvo che venga fornita prova contraria) il mancato funzionamento, per qualunque causa, dell’indirizzo di posta Ric. 2023 n. 18301 – Sez. 1 – PU dell’11 settembre 2025 elettronica certificata dichiarato dalla società ovvero dall’imprenditore individuale al registro delle imprese si ascrive tra le cosiddette irreperibilità “colpevoli” del destinatario sul quale incombe l’onere di comunicare un recapito informatico che lo renda effettivamente raggiungibile (Cass. n. 16365 del 2018, in motiv.; Cass. n. 7920 del 2025, in motiv.).

2.14. Il ricorso, infine, può essere notificato ai sensi dell’art. 15, comma 3°, cit., e cioè all’indirizzo di posta elettronica certificata della società resistente anche se si tratta di società in quel momento già cancellata dal registro delle imprese (cfr. Cass. n. 23728 del 2017; Cass. n. 3443 del 2020; Cass. n. 18544 del 2020).

2.15. Questa Corte, invero, dopo aver rilevato che “la previsione dell’art. 10 legge fall., per il quale una società cancellata dal registro delle imprese può essere dichiarata fallita entro l’anno dalla cancellazione, implica che il procedimento prefallimentare e le eventuali successive fasi impugnatorie continuano a svolgersi, per fictio iuris, nei confronti della società estinta, non perdendo quest’ultima, in ambito concorsuale, la propria capacità processuale”, ha, di conseguenza, ritenuto che il ricorso per la dichiarazione di fallimento “può essere validamente notificato presso la sede della società cancellata, ai sensi dell’art. 145, primo comma, cod. proc. civ.” (Cass. n. 24968 del 2013; Cass. n. 4182 del 2018; Cass. n. 4183 del 2018; Cass. n. 26922 del 2017; Cass. n. 26277 del 2017; Cass. n. 26278 del 2017; Cass. n. 25701 del 2017; Cass. n. 14846 del 2017; Cass. n. 13874 del 2017; Cass. n. 11206 del 2017; Cass. n. 5253 del 2017) ovvero, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 15, comma 3°, l.fall. (nel testo successivo alle modifiche apportategli dall’art. 17 del d.l. n. 179/2012, conv., con modif., dalla l. n. 221/2012), all’indirizzo di posta elettronica certificata dalla stessa in precedenza comunicato al registro delle imprese o, nel caso in cui non risulti possibile (“per qualsiasi ragione”) la notifica a mezzo della posta elettronica certificata, direttamente presso la sua sede risultante dal registro delle imprese ed, in ipotesi di ulteriore esito negativo, mediante deposito presso la casa comunale del luogo in cui la medesima aveva la sede legale (Cass. n. 17946 del 2016; conf., Cass. n. 18544 del 2020; Cass. n. 3443 del 2020; Cass. n. 31052 del 2019; Cass. n. 23728 del 2017; Cass. n. 602 del 2017).

2.16. L’insensibilità della società debitrice alla sua estinzione, così come prevista dall’art. 10 l.fall., non può, infatti, che implicare, come prima evidenziato, la persistenza (nei limiti temporali dallo stesso indicati, e cioè un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese) degli obblighi legali di mantenimento dell’indirizzo di posta elettronica certificata e dell’indirizzo della sede legale a cui debbono essere notificati gli atti introduttivi del giudizio prefallimentare (Cass. n. 16365 del 2018, in motiv.).

2.17. Tali assunti, per la parte che rileva, sono stati pienamente confermati dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

2.18. Il d.lgs. n. 14/2019, infatti, allo scopo di dare attuazione ai criteri direttivi contenuti all’art. 2, comma 1, lett. i), della l. n. 155/2017 (la quale imponeva: – di prevedere che la notificazione degli atti delle procedure concorsuali al debitore imprenditore e professionista avvenisse a mezzo posta elettronica certificata; – di disporre che, ove ciò avesse avuto esito impossibile o negativo per causa imputabile al debitore, la procedura di notifica dovesse avvenire comunque mediante uno strumento telematico alternativo; – prevedere che, al fine di consentire che le notificazioni abbiano luogo con modalità telematiche, l’imprenditore fosse tenuto a mantenere attivo l’indirizzo di posta elettronica certificata per un anno dalla data della cancellazione dal registro delle imprese), ha previsto (come già in precedenza evidenziato), all’art. 40, commi 6 e 8, che: – “in caso di domanda proposta da un creditore … il ricorso e il decreto di convocazione devono essere notificati, a cura dell’ufficio, all’indirizzo … di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti …”; – “quando la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo” (ma non più, come nella norma prevista dall’art. 15, comma 3°, l.fall., per “qualsiasi ragione”, anche se imputabile al destinatario, bensì solo) “per cause non imputabili al destinatario”, “la notifica, a cura del ricorrente, si esegue esclusivamente di persona” a norma dell’art. 107, comma 1°, del d.P.R. n. 1229/1959 “presso la sede risultante dal registro delle imprese …”; – “la notificazione”, infine, “quando … non può essere compiuta con queste modalità, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese … e si perfeziona nel momento del deposito stesso …”.

2.19. E non solo: l’art. 33 c.c.i.i., dopo aver affermato il principio (già affermato, nella sostanza, dall’art. 10 l.fall.) per cui la liquidazione giudiziale può essere aperta entro un anno dalla cessazione dell’attività del debitore e che la cessazione dell’attività del debitore (che, come una società, rivesta la qualita di imprenditore) coincide (di regola) con la sua cancellazione dal registro delle imprese, ha previsto, al comma 2, che l’imprenditore (come la società) ha l’obbligo di “mantenere attivo l’indirizzo … di posta elettronica certificata … per un anno decorrente dalla cancellazione” dal registro delle imprese.

2.20. Il codice ha, dunque, confermato: (a) innanzitutto, che: – il ricorso (per l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società) è notificato (unitamente al “decreto di convocazione”) “a cura dell’ufficio, all’indirizzo … di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti

…”; – “quando la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo” (ma solo) “per cause non imputabili al destinatario”, il ricorso è notificato “a cura del ricorrente”, dall’ufficiale giudiziario, il quale deve provvedervi accedendo di persona presso la sede legale (e non la sede reale: Cass. n. 7920 del 2025) del debitore risultante dal registro predetto ovvero, nel caso in cui neppure tale modalità sia attuabile, deve procedere al deposito dell’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro delle imprese; (b) in secondo luogo, che il ricorso (per l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società) è notificato secondo le indicate modalità anche se la resistente è stata cancellata dal registro delle imprese, tant’è che la stessa ha il dovere di conservare l’attivazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata “per un anno decorrente dalla cancellazione”, con la conseguenza che, in difetto, non potendo ricorrere l’ipotesi successiva (e cioè che “la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo” “per cause non imputabili al destinatario”), il ricorso, a fronte dell’impossibilità di eseguire “la notificazione … con queste modalità” o comunque del suo esito negativo, quale emerge dalla comunicazione operata dalla cancelleria, dev’essere notificato “con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese … e si perfeziona nel momento del deposito stesso”.

2.21. Escluso, dunque, che, pur a seguito della cancellazione della società del registro delle imprese, il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale della stessa debba essere notificato, secondo le norme comuni, alla persona fisica che ne abbia rivestito la qualità di liquidatore (pur essendo possibile: Cass. n. 32533 del 2022) e legale rappresentante (“è dunque da escludersi che residuino ipotesi in cui il ricorso di fallimento e il decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi degli articoli 138 e segg. o 145 c.p.c., a seconda che l’impresa esercitata dal debitore sia individuale o collettiva, nei diretti confronti del titolare della ditta o del legale rappresentante della società”: Cass. n. 33565 del 2023, in motiv.) né, a maggior ragione, ai soci della stessa (Cass. n. 18138 del 2013, in motiv.: “non può seguirsi … la tesi … che, nel nuovo quadro normativo conseguente alla riforma del diritto societario, l’applicazione dell’art. 10 l.fall., nel caso delle società di capitale, postulerebbe la notifica del decreto di comparizione – nella procedura prefallimentare – ai soci, successori, invece che alla società in persona del suo liquidatore, in parallelismo con quanto avviene nel caso di morte dell’imprenditore individuale”, posto che, mentre “in questo secondo caso, i successori universali sono gli unici soggetti con i quali è ipotizzabile l’instaurazione del contraddittorio”, “nel caso delle società, al contrario, l’instaurazione del contraddittorio con gli organi sociali è funzionale, al tempo stesso, alle esigenze dell’istruttoria prefallimentare e alla difesa dell’impresa”; cfr. Cass. n. 18261 del 2024, per cui, in caso di fusione per incorporazione, che determina l’estinzione dell’incorporata, quest’ultima, ove insolvente, è assoggettabile a fallimento entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, ai sensi dell’art 10 l.fall., sicché, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio ex art. 15 l.fall., il debitore destinatario della notifica del ricorso e dell’avviso di convocazione va individuato nella società incorporata che, pur se estinta, conserva la propria identità ai fini dell’eventuale dichiarazione di fallimento), si pone la questione, posta dalla ricorrente, se la notifica del ricorso, nei modi e termini in precedenza esposti, finisca per determinare, per come disciplinata dall’art. 40, commi 6 e 8, c.c.i.i., un’indebita compressione del diritto di difesa della società debitrice e, per l’effetto, la violazione degli artt. 24 Cost. e 6 CEDU, che lo prevedono e tutelano.

2.22. La questione, tuttavia, è manifestamente priva di fondamento.

2.23. La Corte costituzionale, infatti, con la sentenza n. 146/2016, pronunciandosi sull’analoga questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3°, l.fall., in relazione ai parametri di cui agli artt. 3 e 24 Cost., ha puntualizzato che (a differenza della disposizione di cui all’art. 145 c.p.c., esclusivamente finalizzata all’esigenza di assicurare alla persona giuridica l’effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati e alle connesse procedure) la norma denunciata ha inteso “coniugare” la tutela del diritto di difesa dell’imprenditore “con le esigenze di celerità e speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale”, prevedendo, appunto, a tal fine, che “il tribunale è esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità quando la situazione di irreperibilità deve imputarsi all’imprenditore medesimo”.

2.24. La specialità e la complessità degli interessi (comuni ad una pluralità di operatori economici, ed anche di natura pubblica in ragione delle connotazioni soggettive del debitore e della dimensione oggettiva del debito), che il legislatore del 2012 ha inteso tutelare con l’introdotta semplificazione del procedimento notificatorio nell’ambito della procedura fallimentare, segnano, dunque, l’innegabile diversità tra il suddetto procedimento e quello ordinario di notifica ex art. 145 c.p.c. (così, sempre Corte cost. n. 146 cit.).

2.25. Il diritto di difesa, nella sua declinazione di conoscibilità, da parte del debitore, dell’attivazione del procedimento fallimentare a suo carico, è, del resto, adeguatamente garantito dalla norma in esame proprio in ragione del duplice meccanismo, dalla stessa predisposto, di ricerca della società debitrice.

2.26. Quest’ultima, infatti, ai fini della sua partecipazione al giudizio, viene notiziata: – (a) dapprima, presso il suo indirizzo di posta elettronica certificata, del quale è obbligata a dotarsi ex art. 16 del d.l. n. 185 cit. e che è tenuta a mantenere attivo durante la vita dell’impresa (e, come espressamente stabilito dall’art. 33, comma 1, c.c.i.i., “per un anno decorrente dalla cancellazione” dal registro delle imprese), e, dunque, in forza di un sistema che consente di giungere ad una conoscibilità effettiva dell’atto da notificare, in modo sostanzialmente equipollente a quella conseguibile con i meccanismi ordinari (ufficiale giudiziario e agente postale); – (b) e solo a fronte della non utile attivazione di tale primo meccanismo, segue la notificazione presso la sede legale dell’impresa collettiva, e cioè presso quell’indirizzo da comunicare obbligatoriamente, ai sensi dell’art. 2196 c.c., al momento dell’iscrizione nel registro delle imprese, la cui funzione è proprio quella di assicurare un sistema organico di pubblicità legale, che rende conoscibili (e percio` opponibili ai terzi, nell’interesse dello stesso imprenditore) i dati concernenti l’impresa e le principali vicende che la riguardano.

2.27. In caso di esito negativo di tale “duplice meccanismo di notifica”, il deposito dell’atto introduttivo della procedura presso la casa comunale “ragionevolmente si pone come conseguenza immediata e diretta della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, dei descritti obblighi impostigli dalla legge”: e cio` anche alla luce del principio per cui “esigenze di compatibilità tra il diritto di difesa e gli obiettivi di speditezza e operatività, ai quali deve essere improntato il procedimento concorsuale (rectius: di apertura della procedura concorsuale), giustificano che il tribunale resti esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità … allorquando la situazione di irreperibilità dell’imprenditore debba imputarsi alla sua stessa negligenza e a condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico” (così, sempre Corte cost. n. 146 cit.).

2.28. Deve, in definitiva, affermarsi che, come già in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, così in materia di notificazione del ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., delle norme previste, rispettivamente, dall’art. 15, comma 3°, l.fall. e dall’art. 40, commi 6 e 8, c.c.i.i. nella parte in cui dispongono che la notificazione del ricorso ad una società sia eseguita (anche se la resistente è stata cancellata dal registro delle imprese) tramite posta elettronica certificata e non (alla società ovvero liquidatore o, addirittura, ai soci) nelle forme ordinarie di cui agli artt. 145 e 137 ss c.p.c..

2.29. La diversità delle fattispecie a confronto, in effetti, giustifica, tanto in termini di ragionevolezza delle scelte normative, quanto di compatibilità della norma concorsuale con il diritto di difesa del debitore resistente, la differente disciplina, essendo le norme comuni esclusivamente finalizzate ad assicurare alla persona giuridica destinataria della notificazione l’effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati, laddove le contestate disposizioni si propongono di contemperare, in caso di imprenditore collettivo, la medesima finalità di tutela del suo diritto di essere previamente avvertito della proposizione ai suoi danni della domanda di apertura della liquidazione giudiziale con le esigenze di celerità e di speditezza proprie di tale procedimento concorsuale, caratterizzato (al di là della decorrenza del periodo sospetto di cui agli artt. 163 s. c.c.i.i.) da speciali e complessi interessi, anche di natura pubblica, idonei a rendere ragionevole e adeguato un diverso meccanismo di garanzia di quel diritto (Cass. n. 7083 del 2022; di recente, Cass. n. 7920 del 2025, in motiv., che ha ribadito “la specialità del procedimento notificatorio di cui all’art. 15, comma 3, l.fall., quale disciplina semplificata volta a coniugare la tutela del diritto di difesa del debitore con le esigenze di celerità e speditezza intrinseche al procedimento concorsuale, che perciò prevale sulla disciplina ordinaria prevista dal codice di rito, escludendone l’applicabilità”): nel senso, più precisamente, che, in caso di violazione da parte dell’imprenditore collettivo degli obblighi, previsti per legge, di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata e di tenerlo attivo durante la vita dell’impresa, la norma concorsuale nondimeno consente, attraverso il perfezionamento della notifica con il mero “deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese” e la sua efficacia “nel momento del deposito stesso”, la rapida pronuncia della sentenza di apertura della procedura e, per l’effetto, (oltre agli effetti penalistici che la presuppongono: ma l’esercizio dell’azione penale in ordine agli stessi presuppone, a norma dell’art. 346, comma 2, c.c.i.i., esclusivamente la presentazione anche contestuale della domanda di apertura della liquidazione giudiziale) l’immediata attribuzione ad un organo imparziale, come il curatore, della gestione del patrimonio sociale (art. 142 c.c.i.i.) e dei rapporti (anche processuali) pendenti (artt. 143 e 172 ss. c.c.i.i.), la contestuale impossibilità per i creditori di introdurre o proseguire azioni esecutive individuali sui beni compresi nella procedura (art. 150 c.c.i.i.) nonché la sterilizzazione (parimenti contestuale), nei confronti della massa dei creditori, degli effetti degli atti e dei pagamenti successivamente compiuti dalla società liquidata (art. 144 c.c.i.i.) e delle formalità trascritte o iscritte ai danni della stessa (art. 145 c.c.i.i.).

3. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate (a carico della sola ricorrente e non anche della società, che non risulta parte del giudizio, non avendo promosso anch’essa il ricorso per cassazione) in dispositivo.

5. Non sussistono i presupposti per l’invocata condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3°, c.p.c., in ragione delle modalità di tematizzazione della questione della legittimazione ex art. 37

c.c.i.i. sotto l’egida del nuovo codice.

6. La Corte, infine, dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Cass. civ., I, sent., 29.09.2025, n. 26370

Scrivici una domanda su questo Articolo

Le domande saranno affrontate nel prossimo incontro live